Libri > Percy Jackson
Ricorda la storia  |       
Autore: Water_wolf    20/11/2013    26 recensioni
Tutti conoscono Percy Jackson e Annabeth Chase. Tutti sanno chi sono. Ma ancora nessuno sa chi sono Alex Dahl e Astrid Jensen, semidei nordici che passano l'estate a sventrare giganti al Campo Nord.
Che cos'hanno in comune questi ragazzi? Be', nulla, finché il martello di Thor viene rubato e l'ultimo luogo di avvistamento sono gli States.
Chi è stato? No, sbagliato, non Miley Cyrus. Ma sarà quando gli yankees incontreranno il sangue del nord che la nostra storia ha inizio.
Scritta a quattro mani e un koala, cosa riusciranno a combinare due autori non proprio normali?
Non so bene quando mi svegliai, quella mattina: so solo che quel giorno iniziò normale e finì nel casino. || Promemoria: non fare arrabbiare Percy Jackson.
// Percy si diede una sistemata ai capelli e domandò: «E da dove spunta un arcobaleno su cui si può camminare?» Scrollai le spalle. «L’avrà vomitato un unicorno.» «Dolcezza, questo è il Bifrost» mi apostrofò Einar. «Un unicorno non può vomitare Bifrost.»
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Annabeth Chase, Gli Dèi, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Nord'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Achtung: Water_wolf è una ragazza, sesso femminile, periodo rosso ogni mese. AxXx  ( http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=218778 ) invece è un ragazzo, sesso maschile. Grazie per l'attensione :)

Sangue del Nord

 
 

Nuovi Arrivati al Campo Nord e un po’ di Divine Urla

•Alex•
 
 
Non so bene quando mi svegliai, quella mattina: so solo che quel giorno iniziò normale e finì nel casino.
Ok, forse dovrei esserci abituato, visto che cinque divinità su dodici del nostro Pantheon sono consacrate alla guerra e non vedono l’ora di ricordarci quanto siano fighi e forti, ma ogni tanto anche un figlio di Odino vuole riposare. Il suono della sveglia fu subito interrotto dalla mia mano che si schiantava su di essa.
Ok, è il mio settimo anno al Campo Nord e già devo cambiare la mia venticinquesima sveglia. Dovrei ricordarmi di non essere troppo rude. Mi alzai e mi lavai la faccia, le mani e i denti; dovevo fare buona impressione. Dopodiché, entrai nell’atrio principale del dormitorio dell’Orda del Drago, la mia Orda di semidei vichinghi assetati di sangue.
Molti dicevano che essere figli del Re degli Dèi era una raccomandazione. Mai furono dette parole più false. Divenni capo dell’Orda in modo assolutamente imprevisto, quando battei Geram in un allenamento con la spada. Lui si infuriò per la sconfitta e mi sfidò affermando che avevo disonorato l’Orda e mise in palio il proprio titolo di capo. Ora, devo precisare che nessuno si fece male sul serio, ma dovetti comunque fasciarmi un braccio e fui fortunato che nessun altro mi sfidò dopo. Secondo le regole, infatti, il capo di un'Orda non viene eletto, ma ognuno può diventarlo battendo in uno scontro a mani nude il capo precedente. Inoltre, non ci sono periodi specifici in cui farlo, un guerriero può diventare capo di un’orda in qualsiasi momento e il comandante deve accettare qualsiasi sfida, anche se ne ha già affrontate decine in precedenza.
Ecco perché dico che fui fortunato: pur avendo un braccio messo malissimo, nessuno mi sfidò. E posso confermare che un arto in meno, in combattimento, è un grande svantaggio. Comunque sia, ebbi la fortuna di batterlo quel giorno e per tutto ciò finii a capeggiare l’Orda.
Ok, ora mi direte: «Ma sei capo! Che figata!»,  è vero, è bello se conti che hai un alloggio personale, il servizio tavola migliore, ti becchi carne ogni giorno, bevi quello che ti pare e sei rispettato da tutti. Ma voi non avete idea di cosa significhi mantenere l’ordine in un’Orda di pazzi scalmanati sempre pronti a fare a botte. Calmare litigi che finiscono sempre in rissa… ti va via la voce, dopo un po’.
Poi devi scegliere i tuoi secondi, chi guiderà le truppe primarie in battaglia… e anche qui c’è da ridere. Non puoi passare un, e dico un secondo tranquillo perché subito lo vogliono diventare tutti.
Ogni volta che devo prendere una decisione provoco una rissa che devo calmare. Alla lunga è stancante.
Mi infilai la mia divisa da comandante in capo MADE IN ASGARD e raggiunsi gli alloggi degli altri: trenta ragazzi, tutti semidei, figli di varie divinità Norrene. Una buona parte -forse il venti per cento- erano figli di Freyja, dea dell’amore e della guerra; tutti gli altri appartenevano ad altre divinità.
Io ero uno dei due figli di Odino del Campo, ed unico dei due ad essere capo. Mia sorella era uno dei secondi dell’Orda del Sangue. Abbondavano i figli di Thor e Eir, dea della medicina, nonché comandante delle Valchirie.
Gli alloggi erano abbastanza comodi, tutti suddivisi in stanze coabitate dove si dormiva in quattro. Ognuna di queste camere era provvista di bagno comune, scrivania e un baule personale; si affacciavano su un corridoio che dava sulla Sala Comune, un enorme stanzone con grandi tavoli dove si mangiava. Da lì,  si usciva all’esterno, ma non direttamente sul Campo. Infatti ogni Orda abitava in una sorta di fortino e l’edificio principale era affiancato da un’armeria, una stalla e un campo di allenamento personale. Il tutto circondato da mura di legno con tanto di guardiole. All’esterno delle palizzate si trovavano un’arena, vari campi sportivi, altri terreni di allenamento e tredici templi, ognuno appartenente ad una divinità Norrena. Inoltre, poco lontano, vi era un sesto forte dove dimorava il nostro Comandante Supremo: Hermdor, figlio di Odino, considerato quasi una divinità, benché  fosse solo un semidio.
Egli ricevette l’immortalità dopo che salvò Baldr, dio del Sole, dalle grinfie di Hell e divenne il capitano di un gruppo di semidei anziani e elfi guerrieri, tutti addestrati a comandare e a amministrare le Orde. Essi intervenivano solo in caso di litigi gravi che coinvolgevano intere Orde e avevano il compito di evitarli.
Comunque le cose andavano bene, ultimamente. L’estate era iniziata da poco e il Campo era tranquillo. Protetto dalle sue impenetrabili difese magiche che tenevano lontani mostri e mortali, i vari semidei potevano sbizzarrirsi, divertendosi come piaceva a loro. Mentre io dovetti subito difendermi dalla parvenza di un attacco mortale, quando mi vidi volare contro una lattina di Coca-cola.
«Come mi hai chiamato!?»
«Mi hai sentito! Ti ho chiamato idiota senza cervello!»
«Non chiamarlo così, guarda che te le suono!»
«Stanne fuori, biondo, non è affar tuo!»
E giù di botte.
Eric, figlio di Baldr, doveva avere di nuovo detto che uno dei figli di Thor era un idiota tutto muscoli e niente cervello. E la discussione era degenerata in rissa con i figli dell’uno e dell’altro dio che se le davano. E indovinate chi dovette calmare lo scontro?
«Basta! Cosa succede, adesso!?» chiesi, alzando la voce più che potei per farmi sentire sopra il clamore della rissa.
Nonostante il casino riuscii a farmi sentire. Alleluia, un passo avanti.
«Eric mi ha detto che sono un idiota! Deve imparare un po’ di rispetto!» sbottò Egil, il biondo figlio di Thor, che si rialzò con un occhio nero. Anche se non era muscoloso come altri suoi fratelli era una vera furia.
«Ho solo detto la verità, sei uno idiota! Chi ti ha dato il permesso di rompere il mio specchio!?» domandò stizzito Eric, squadrandolo adirato. Anche lui biondo, ma dai lineamenti molto più dolci e angelici rispetto all’altro.
«Ora basta! Ve le siete cantate e siete pari! Abbiamo altro a cui pensare, conservate la vostra furia per il campo di battaglia!» replicai io, costringendoli a stare lontani.
I due si squadrarono rabbiosi, come se valutassero quanto valeva disubbidire al loro capo per poi finire nelle prigioni del Castello del Comando per insubordinazione. Scelsero che non ne valeva la pena e si divisero.
Ufff… per fortuna è andata bene…, pensai sollevato, mentre mi dirigevo al tavolo degli ufficiali. Lato positivo del mio grado: cibo di qualità e carne squisita sempre e comunque, oltre che una poltrona come sedia al tavolo. Mi persi un attimo nei discorsi di alcuni comandanti, finché non mi accorsi che mancava una persona.
«Dov’è Astrid?» chiesi rivolto a Marcus, uno dei comandanti dell’Orda, figlio di Foreseti.
«Quella? Non ne ho idea. Forse è rimasta nella sua stanza» ipotizzò lui grattandosi il mento, pensieroso.
«Ho capito… vado a cercarla. Mi raccomando aspettateci per l’allenamento» gli raccomandai, avviandomi di nuovo verso i dormitori.
Ero uno dei pochi a notare la sua assenza. Non che fosse antipatica, anzi, era molto aperta. Il problema era la madre: Hell. Unica figlia della dea degli Abissi, la sua vita era stata difficile anche al Campo. Due anni fa era anche stata accusata di tradimento da uno dei figli di Loki -fatto che si era rivelata falso. Così si era ritrovata con, sì e no, due amici in croce. Avrei voluto anche farla mia seconda in comando, ma, ovviamente, l’Orda non avrebbe acconsentito e lei stessa mi aveva consigliato di non farlo se non volevo ritrovarmi la sua testa su un piatto d’argento a colazione.
Raggiunsi la sua porta e bussai.
«Avanti» fu la laconica risposta.
Quando entrai mi ritrovai davanti una ragazza di circa sedici anni, i suoi occhi erano pozzi neri senza fine, i capelli lunghi capelli neri le ricadevano sul petto incorniciando il viso pallido e dai lineamenti dolci. Era alta quasi quanto me e indossava una maglietta nera che raffigurava un gruppo rock a me sconosciuto.
«Allora? Come mai non sei in Sala Comune con tutti gli altri?» chiesi, chiudendomi la porta alle spalle e appoggiandomi al muro.
«Perché… be’, uffa, a me piace fare colazione come voglio io» sbottò arrabbiata,  indicando la sua scrivania dove c’era una tazza di latte e una confezione di Cereali Mußli.
Scoppiai a ridere. Oggi c’erano i biscotti, ma lei non poteva fare a meno dei suoi cereali preferiti.
«Non ridere! È una cosa seria!» continuò lei, sbracciandosi inviperita.
«Calma, calma! Ho capito, ma ti ricordo che oggi bisogna prendere i nuovi arrivati, quindi preparati» le intimai, fingendomi un comandante arrabbiato. Finzione inutile dato che scoppiammo entrambi a ridere.
«Sissignore» rispose lei, calmando le risate.
«Bravo, soldato» feci io, tornando nella mia stanza indossando la mia armatura di cuoio borchiato. Bisognava dare la giusta impressione ai nuovi semidei.
Non era difficile indossarla, bastava infilarsela come una normale maglia e stringere le cordicelle che dei fianchi ed era fatta. Niente elmo, non mi piaceva, mi copriva la visuale. Poi, presi la mia spada: un’arma che adoravo e che si trasformava in qualsiasi tipo di spada nella storia. Poteva passare dal coltellino svizzero allo spadone, ma anche a tutte le altre spade -la daga, la spada corta, la spada lunga, la spada bastarda- a seconda del luogo e dell’avversario che stavo affrontando.
Dopodiché, tornai nella Sala comune dove si stavano radunando tutti gli appartenenti all’Orda del Drago. Tutti indossavano armature sopra i vestiti personali e avevano l’aria feroce di chi stesse per combattere. Perfetto!
«COMPAGNIA DEL DRAGO!» esclamai, come per motivarli, alzando la mia spada.
Tutti mi risposero battendo gli scudi, urlando, mentre altri levavano cinque bandiere nere con sopra dipinto un drago rosso rampante che sputava fuoco; il simbolo dell’Orda.
Mi misi in testa al gruppo, che uscì a passo di marcia verso il cortile principale, ai piedi dei cinque fortini, dove c’erano i tredici templi disposti a cerchio. Poco lontano vidi anche le altre Orde avanzare, quella del Sangue, guidata da Rebekka, figlia di Frejya; quella della Spada, guidata dal biondo Oscar, figlio del dio del Sole Baldr. Quella dello Scudo, preceduta da Grete, figlia di Eir, la dea al Comando delle Valchirie. Infine, quella del Fuoco, guidata da Havard, un possente figlio di Thor che brandiva un martello proprio come il padre.
Al centro della piazza ci attendeva Hermdor, il nostro comandante in capo, vestito in tenuta militare con tanto di elmetto, AK-47 e spadone dietro le spalle. Era un uomo slanciato, dalla carnagione chiara, i capelli neri, gli occhi grigi e di aspetto robusto. Alto due metri e passa era un vero colosso che incuteva timore anche ai più anziani tra noi. Era scortato da un drappello di elfi armati di arco, che scortavano una quindicina di ragazzi tra gli undici e i dodici anni. Il più piccolo, forse, ne aveva addirittura dieci.
Le orde si disposero ai lati della piazza, lasciando al centro i cinque capi, che si disposero alle spalle del loro direttore.
«Bene, nuovi arrivati! I vostri accompagnatori elfi dovrebbero avervi ragguagliato abbondantemente sul Campo Nord. Qui vi addestreremo in modo che nella vostra vita possiate affrontare i mostri che vi vogliono morti e a servire gli Dèi quando giungerà il Ragnarock! Ora, prima di essere smistati, vi dirò tre regole principali del nostro campo!» esclamò Hermdor ai quindici ragazzini che si guardavano intorno spaesati e impauriti, con una voce da Sergente Maggiore Hartman.
Non potei fare a meno di sorridere quando li vidi sobbalzare. Io ero arrivato da solo, al Campo, cosa abbastanza rara, ma non fui di certo risparmiato dalla ramanzina di “inizio corso”.
«Regola Numero Uno! Mai, e dico mai, avvicinarsi al Forte Principale senza permesso!» strepitò, indicando l’edificio in pietra che ospitava la sua residenza e quella degli elfi guardiani.
Quindici teste annuirono all’unisono.
«Regola Numero Due! Mai disubbidire ai vostri capi, altrimenti mi occuperò io personalmente di cavarvi gli occhi dalle orbite!»
Quindici corpi rabbrividirono di paura, mentre facevano “sì” con la testa.
«Regola Numero Tre! Mai e dico mai avvicinarsi ai confini del Campo se non volete essere bersaglio delle mine e delle torrette automatiche!»
Quindici “sì” non avrebbero potuto essere più convincenti e timorosi.
«Molto bene, lattanti! Ora, vi smisterò nelle cinque Orde! Siate l’onore dei comandanti a cui sarete assegnati! Sarete sotto la loro responsabilità, ma non aspettatevi favoritismi o salvezza, perché non verranno a salvarvi la pellaccia!»
A poco a poco, tutti furono divisi in modo parzialmente casuale. Le Orde, infatti, dovevano avere un numero più o meno pari di membri, di solito sui venticinque o trenta. A me furono assegnati: Anne, una vivace ragazzetta dai capelli biondi con le trecce; Mike, un ragazzotto un po’ robusto che ricordava un giocatore di rugby in miniatura e Serah, una bella ragazzina dai capelli lunghi ramati dallo sguardo vivace.
Provai a indovinare le divinità di cui erano figli, ma solo di Serah ipotizzai lo zampino di Frejya. Di solito il riconoscimento avveniva dopo un anno di età, quando una divinità lasciava il proprio marchio sulla tua pelle, oppure si intuiva dal carattere. Io, per esempio, avevo il simbolo della lancia e circondata da fuoco sul braccio sinistro.
Il problema era che tutti, più o meno, avevamo degli attributi simili: oltre ad essere iperattivi e con un deficit dell’attenzione piuttosto alto, eravamo tutti molto aggressivi e strutturati per la guerra. Questo perché quasi tutte le divinità Norrene erano votate al conflitto. I più facili da intuire erano i figli della dea Frejya -che di solito ce ne buttava sempre almeno tre all’anno, nel campo-, i figli di Loki -impossibile non notare i loro capelli neri come la notte senza stelle e gli sguardi astuti- e quelli di Forseti -unici ad avere un minimo senso del pacifismo e del dialogo. Tutti gli altri erano, più o meno, allo stesso livello.
Appena il direttore ebbe concluso, si congedò salutandoci con un sorriso un po’ sinistro, seguito dagli elfi. Con un cenno, feci capire ai comandanti di rompere le fila e l’Orda si disperse e i ragazzi andarono a divertirsi. La mattina, di solito, era molto attiva. Si partiva dal riscaldamento, ma poi si spaziava in ogni attività. C’erano tutti di tutti gli sport disponibili: basket, rugby, calcio. Niente tennis o golf, gli Dèi li consideravano sport da pappamolle. Così ne approfittai per conoscere i tre nuovi arrivati.
«Allora, ragazzi, come state?» domandai, battendo le mani, cercando di assumere un sorriso rassicurante... e dalle loro reazioni dedussi che non era andata benissimo.
«Io… sto bene, signore» rispose il ragazzo, facendosi un po’ di coraggio. Forse avrei dovuto fare a meno dell’armatura.
«Va bene… sentite, io non voglio mangiarvi, ok? Ma ho il compito di guidarvi in battaglia, quindi evitatemi problemi, state lontani dai guai più grossi e seguite le tre regole, d’accordo?» dissi, abbandonano l’idea del sorriso. Forse la sincerità era l’arma migliore in quei casi -Padre Divino, aiutami tu.
I tre annuirono con un po’ meno timore. Forse avevano capito che non ero così  “comandante di ferro” come Hermdor. Li condussi a fare un giro del Campo, mostrando loro tutti i corsi e le discipline disponibili. Equitazione, arrampicata, sopravvivenza, scherma medievale, combattimento corpo a copro, tiro con l’arco, basket, calcio, medicina, artigianato e fabbricazione di armi. Man mano che mostravo loro il Campo, loro si facevano sempre meno spaventati e mi sommergevano di domande a cui io ero felice di rispondere. Mi sentivo stranamente a mio agio in quel ruolo di guida, mi faceva sentire molto più tranquillo, anche perché non dovevo sedare risse e, forse proprio per quello, non avevo mai imposto pugni di ferro o regimi dittatoriali nella mia Orda. Preferivo che la gente mi chiedesse consiglio più che condottiero.
«Questo è lo spirito di un vero capo» aveva detto papà un giorno, quando ero andato ad Asgard. «Un capo mai ordina agli altri per fare al posto suo, ma percorre la strada insieme ai suoi uomini, indicando il percorso meno impervio.»
Non ci avevo capito molto, ma compresi il succo e non mi lamentai. Ero fortunato che avesse avuto un po’ di tempo per me.
Lasciai per ultima la mia “attrazione” preferita. Entrammo in un immenso padiglione, posto vicino alla fortezza principale. All’interno vi erano delle grandi aperture dai quali si sentivano ruggiti bassi e profondi.
«Ehi, Vesa!» esclamai con entusiasmo.
Da una delle aperture emerse una testa allungata, serpentina e squamosa. Due occhi gialli mi squadravano stanchi. Le dimensioni davano l’idea che fosse una creatura grossa quanto un furgone. Infatti era una Viverna. La mia Viverna.
A quella vista i tre sobbalzarono, affrettandosi a nascondersi dietro gli angoli, intuendo che anche le altre aperture nascondevano creature simili. Invece io corsi ad abbracciare il muso, mentre venivo accolto da un grugnito nostalgico. Le Viverne erano creature di Asgard selvagge e simili ai draghi, anche se più piccole e non sputavano fuoco. Addestrarne una era difficilissimo e pochi le avevano. Per possederla dovevi catturarla personalmente, andando sui monti di Asgard, dove dimoravano queste creature, e sottometterla. Solo così si lasciavano addestrare. Vesa l’avevo presa un anno e mezzo prima, a costo di cinque costole rotte, due fratture, tre contusioni, dodici punti alla gamba e un occhio nero. Non era stata una mossa saggia, ma la mia testardaggine dovette averla colpita, dato che, alla fine, sembrò quasi arrendersi. Ora eravamo amici inseparabili e andavo sempre alla Stalla delle Viverne a salutarla. Dopo questa piccola avventura, decisi che era ora di tornare agli alloggi dell’orda per far fare a Serah, Mike e Anne i primi corsi di combattimento. Ma qualcosa attirò la mia attenzione.
Un urlo dal tempio di Thor.
Era successo qualcosa di grave.
 
koala's space.
Benvenuti al Nord, qui è il koala Moriarty che parla. Questa fanfiction è scritta a quattro mani da AxXx ( http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=218778 ) e Water_wolf, e il primo scriverà in rosso e la seconda in verde-occhi-di-percyche non c'è su efp
Salve, gente!
*sventola la manina* Here I am!^^
Come è venuta fuori questa loro folle idea di unire gli Dèi Norreni ai nostri amati Greci?
Mi sono fatto una canna.
Io ho procurato la roba *fischietta*
-.- Come vedete, un koala ha il QI più alto di un aspirante scrittore e di una correttrice di bozze che sclera su troppi fandom. Scriveranno i capitoli a POV alternati, AxXx Alex e Percy, e Water Astrid e Annabeth. Cercheranno di aggiornare almeno una volta alla settimana, ma in realtà non sanno bene cosa faranno.
Fumiamo canne dopotutto hahah No, non è vero, ma non prendeteci troppo sul serio.
Piccoli appunti di oggi:
Ho usato lo stesso nome del drago di Ido per la mia viverna perché non hai fantasia come me, che scelgo i nomi dal puro cuore della Norvegia, è tutto programmato, non c'è plagio. Se avete qualcosa da chiedere riguardo gli dèi, che comunque verranno introdotti man mano, chiedete a me LUI!
Per le recensioni, o risponderanno duettando come magnifici uccellacci del malaugurio ossia i corvi di Odino e idilliaci fringuelli. Inseriranno, per gioia di Water, delle imprecazioni in norvegese, perché il Campo è ubicato appunto in Norvegia.
Ci sono ragazze che amano il trucco e quelle che hanno una cotta su Oslo.
Dritt Mea culpa ^^"
Ora, non spaventatevi per l'introduzione e la battuta su Miley Cyrus (sorry smilers), la storia ne vale la pena. E visto che il rosso toscano vivo e la verde milanese (da quando Milano è verde? hahah) sono dei poveretti che hanno bisogno di cure urgenti, donate l'8% del vostro tempo per una recensione: salverete due ragazzi e probabilmente anche il mondo dalla distruzione finale.
Buona notte!
O giorno, visto che è mezzanotte e uno.
Pignola -.- Ciao!
Bao!

 
Soon on "Sangue del Nord": point of view di Astrid, la scoperta delle grida e i compagni di un'impresa.
 
  
Leggi le 26 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Water_wolf