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Autore: tortuga1    20/11/2013    1 recensioni
Gli uomini e le donne sono spesso lontani pur vivendo vicini, così tanto da avere difficoltà ad incontrarsi. Pensando a questo mi è venuta l'idea di SPLIT, una storia ambientata in un futuro possibile, nella quale uomini e donne sono stati separati per un esperimento che aveva il fine di salvare l'umanità dall'estinzione. Ma qualcosa non è andato per il verso giusto, e alla fine del viaggio uomini e donne non si sono più incontrati...
La storia comincia così, nella comunità di sole donne che ha colonizzato come previsto il pianeta Terra Due, e da secoli ormai ripete un rituale di clonazione.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XII.

 

Ester è coperta di sudore, l’hanno chiusa al buio in un compartimento di servizio caldissimo che la contiene appena. Sotto i piedi nudi sente una griglia di metallo a maglie larghe con gli spigoli taglienti, e deve cambiare continuamente posizione per alleviare il dolore. Ha le mani legate in modo crudele, ogni tentativo di movimento stringe ancora di più la corda che le sega le braccia ma non i polsi. Così non le rimane nessuna lesione permanente ai nervi, il medico serve vivo ed efficiente. Da cinque giorni sta così, nuda e legata, senza potersi sdraiare né lavare, però non vuole arrendersi. Quella pazza di Eli, prima di morire ha innescato la bomba, ha aizzato Miko e le sue compagne, ora si capisce a cosa servivano quelle due stronze, a menare le mani. Alla prima mezza parola di dissenso l’hanno chiusa qui dentro, e sospetta di non essere la sola ad aver subito questo trattamento. Altro che secondo ufficiale, Eli l’ha declassata e ha ceduto il comando a Miko. Poco male, se fosse ragionevole. E invece no, le pazze direttive sono diventate vangelo. Cancellare le banche dati, distruggere l’intera cultura dell’umanità. Hanno preso i punti nevralgici della nave con la forza, e di sicuro a quest’ora hanno portato a termine il loro piano. E poi, cosa succederà? Fra poco ci sarà il primo impianto, e dovranno liberarla per forza, però cosa diranno alle giovani? La direttiva dice, cancellare tutto, parlare di una guerra, che follia, loro erano qui appunto per sfuggire ad una guerra senza pietà. E poi costruire un mondo di sole donne, Ester sogghigna nel buio, lei stessa ci aveva pensato una volta, un mondo di sole donne sarebbe migliore, perché le discordie e le guerre sono cose da maschi. Però biologicamente non si può, non si può ancora. Le cellule staminali sono stabili, a patto di non cambiare nulla nel loro genoma, altrimenti si accumulerebbero errori incompatibili con la vita. Il rimaneggiamento dei geni non si può ottenere artificialmente. Però… Ester appoggia il viso incrostato di sporcizia alla paratia, leggermente più fresca dello stanzino soffocante. In fondo perché ribellarsi, se la missione è fallita e non c’è modo di fare diversamente? Le direttive sono pazze, ma non c’è di meglio in alternativa. Manda giù a fatica la saliva densa, e fortuna che ne ha un po’, le danno da bere solo due volte al giorno. Deciso. Tira un calcio alla paratia, che rimbomba sordamente. Un altro calcio, la porta si apre appena un po’, lasciando entrare un delizioso soffio di aria condizionata.

- Che vuoi? Se non la smetti…

- Basta… – si schiarisce la voce, è uscita rauca e sibilante. – basta, ho capito. Dì a Miko che ho capito.

- Non è un trucco per fregarci, eh? – Helga la guarda diffidente attraverso la fessura, ma no, è ridotta uno straccio e puzza come una fogna, sono state davvero brave a farle calare la cresta.

- Cretina testa di legno! Ti ho detto che ho capito. Chiama Miko.

 

La nave è deserta, oggi non c’è venuto nessuno. Eppure i due ingegneri avevano lasciato il lavoro a metà, una delle incubatrici smontata con i circuiti esposti, e tutti gli utensili sparsi sul bancone. Sebastian passa da una postazione all’altra, niente, deserto senza motivo. Solo la guardiana è arrivata verso le nove, ha guardato con attenzione le due file di orme fresche sulla neve, poi si è messa in posizione verificando che il fucile fosse carico. Questa è una novità, fino ad oggi la ragazza orientale toglieva le cartucce e le metteva in tasca, oggi invece ha fatto il contrario. Le orme di chi sono? Sebastian rimpiange di non aver attivato il sistema di registrazione, qualcuno è venuto mentre lui stava studiando, e se n’è andato senza entrare. Chi era? Stringe l’inquadratura sulla guardiana, sembra molto giovane, più di Paula, ma lui sa che hanno la stessa età. Si muove con grazia malgrado il mantello e l’arma, certamente è addestrata per combattere, però non contro un simulatore. Il vecchio gli ha detto che la regola fondamentale è non sottovalutare l’avversario. Se dovrà battersi con qualcuna di loro non può illudersi di essere più forte, anzi deve tenersi pronto a difendersi da un’insidia mortale. In questo caso l’insidia è nascosta molto bene, le mani eleganti della ragazza sembrano incapaci di fare del male. Un movimento lo distrae, è arrivato qualcuno, una sagoma avvolta nel mantello. Attiva l’audio.

- Sarah! Cerco Paula! L’hai vista? – la voce della ragazza bruna è piena d’ansia, il viso di Sarah resta impassibile.

- No. Stamattina non c’era nessuno. Però qualcuna era venuta e se n’era andata, c’erano le impronte sulla neve.

- Ero io! Ero venuta a cercarla qui, non c’è a casa, non c’è qui… dobbiamo dirlo alle altre, forse le è successo qualcosa…

- È inutile, non serve agitarsi.

- Cosa… cosa vuoi dire?

- Che lei per ora è al sicuro. Io lo so. Le… altre lo sanno, quelle che contano.

- Non capisco, spiegati meglio!

- Calmati. – lo sguardo di Sarah è freddo come la neve. Giulia trattiene la valanga d’insulti che aveva pronta, e la guarda interdetta. – Paula tornerà appena… potrà.

- Ma Anna… Anna sta male. Ha bisogno di Paula!

- Sta davvero così male?

- Sì! Ha la febbre altissima! Ho paura…

- Se è così… – l’espressione dura di Sarah si distende per un attimo – allora provvederò io. Cos’ha Anna?

- Una bronchite, ha detto Paula… le ha dato degli antibiotici.

- E ora cos’è successo di nuovo?

- Tossisce di continuo, è agitata, quando si assopisce si lamenta nel sonno… la febbre non è scesa, capisci! Io non so cosa fare…

- Va bene, ho capito. Tu resta qui alla nave, sorveglia tu l’ingresso. Io torno subito.

- Ma… perché si deve sorvegliare l’ingresso?

- Lo ha detto Miko. Io non discuto mai i suoi ordini. Anche tu dovresti fare lo stesso.

- Ma… – si trattiene, ha capito cosa vuole dire Sarah – va bene, resto qui. Ma tu fa’ presto.

- Farò presto. – la ragazza orientale si allontana a passi rapidi, Sebastian la segue finché può con le telecamere esterne, percorre il viottolo e si dirige alla prima casa, bussa e s’infila subito dentro lo spiraglio che si è aperto nella porta. Rimane dentro una decina di minuti, mentre Giulia passeggia nervosamente davanti all’ingresso della grotta, poi esce quasi di corsa. In pochi minuti è di ritorno.

- E allora?

- Stai tranquilla. Paula dice di aumentare la dose di antibiotico. Due compresse invece di una, ogni dodici ore. Dice di non preoccuparti, la malattia deve fare il suo corso. Ah, dimenticavo, dice di farle bere molto tè con il miele. – sorride per un attimo – il miele piace anche a me.

- Grazie, Sarah! – l’afferra per le spalle e la bacia sulle labbra, lei rimane a bocca aperta, ma Giulia è già sparita di corsa.

 

Paula ha deciso. L’ha convinta la vista di Emily, che si è agitata disperatamente per tutta la notte e ora sembra svenuta, ha chiamato aiuto ma nessuna delle carogne ci fa caso, anzi ci provano gusto. Flavia tiene duro, però ha le guance rigate di lacrime e si rifiuta di parlare. In fondo potrà dire una verità addomesticata, e prendersela con Ester, che ormai non ha niente da temere.

- Ehi, Miko! Vieni, ho deciso di dirti tutto. Hai sentito? Miko! Helga! – dopo un po’ la porta si apre e compare la brutta faccia di Helga. Ha gli occhi gonfi e rossi, si direbbe che è stata lei a passare una notte intera appesa al gancio.

- Che cazzo vuoi, tu? Non stai comoda?

- Perché non fai la prova? Ma tanto è inutile ragionare con te. Voglio parlare con Miko. Dai, chiamala.

- Se è un trucco io…

- Tu chiamala. Poi facciamo i conti, io e te. Dovrai venire a farti curare i tuoi guai, prima o poi.

- Curare?

- Ma certo, io so cosa ti verrà, in quella pancia gonfia, Ester me l’ha detto. E so pure cosa dovrò fare per aiutarti, quando griderai giorno e notte per il dolore.

- Griderò… – la faccia ottusa di Helga diventa smorta.

- E ti torcerai peggio di come ha fatto questa poveraccia. E io ti dirò che ti sta bene.

- E io ti ammazzo prima!

- Fallo, e nessuno ti curerà, nessuno saprà come fare. Dovrai spararti in testa, per smettere di soffrire!

- Io…

- Chiama Miko, non farmi perdere la pazienza!

- Vado a cercarla. – Paula respira profondamente e cerca di assumere un’espressione calma. Deve farcela in qualche modo. Passa tempo, Miko forse non è nella stanza accanto, o forse stava dormendo. Entra con passi silenziosi, non degna di uno sguardo Emily che ha ripreso a contorcersi inutilmente, e Flavia immobile con gli occhi chiusi.

- Che vuoi? Ancora siamo all’inizio, dovresti saperlo.

- È inutile, perché ripetere la storia? Lo so che non posso resistere a lungo. Quanto? Due giorni? Una settimana? Non ce la farò più e mi metterò a gridare. Tanto vale parlare prima.

- Non ci credo. – Miko la guarda freddamente, gli occhi piccoli e scuri sembrano spilli. – non è da voi. Voi lottate.

- Ma perché farlo se è inutile? E poi, puoi controllare se è vero quello che ti dico.

- Cosa vuoi dirmi?

- La verità. Ho copiato quella… cosa, dal computer del laboratorio. Fino a pochissimo tempo fa non ne sapevo l’esistenza. È stata Ester.

- Cos’ha fatto Ester?

- Ha nascosto la commedia, lo sai benissimo! Se la storia si ripete, si è ripetuto anche questo.

- No! Questa… cosa non l’avevamo mai vista.

- E va bene, si vede che la nostra linea è stata capace di mantenere il segreto per più tempo. Ester era appassionata di teatro, me ne parlava sempre. Forse ne aveva una copia in un disco, non lo so, non me lo ha detto. Me l’ha mostrata poco prima di morire, e mi ha chiesto di tramandarla a… quella che sarebbe venuta dopo. È solo una commedia, l’unica trasgressione è che contravviene alle direttive…

- Ti sembra poco? Le direttive sono tutto.

- Sì, ma in fondo cosa c’è di male? Tu l’hai vista fino in fondo?

- No! Io non voglio saperne nient'altro.

- Però se la vedessi capiresti che non c’è niente di male. È una storia. In questa storia ci sono uomini e donne, insieme. Questo contravviene alle direttive, però Ester non credeva che le direttive fossero infallibili.

- Bisogna dimenticare!

- E noi abbiamo dimenticato. Non resta niente della cultura dell’umanità, solo le nostre nozioni tecniche. Le tue arti marziali, la mia scienza medica ferma a settecento anni fa. Non siamo cresciute, siamo destinate a morire.

- Noi non moriremo mai. Le nostre linee…

- Anche le cellule finiranno prima o poi. Credimi, Miko, stai combattendo con le ombre. Ester non ci credeva, nelle direttive, ma le ha rispettate. Non mi ha detto niente finché non sono cresciuta. E anche allora aveva poco da dirmi. Pensa che non mi aveva nemmeno messa in guardia contro di te.

- Non ti aveva detto cosa era… successo?

- No. Io non sapevo niente. E queste due sventurate, che colpa hanno? Si sono ribellate sette secoli fa? Lo capisci com’è assurdo? Liberaci, e torniamo a fare il nostro lavoro.

- Ti sei comportata in modo molto sospetto. Perché?

- Ma non lo capisci! Avevo addosso il disco, sapevo che era una cosa proibita… quando Sarah mi ha fermata ho avuto paura e lei lo ha sentito. Non so nascondere le mie emozioni, lo sai! Come sono stupida.

- Vorrei crederti. Cos’è che posso verificare da sola?

- Andiamo nel laboratorio. C’è una parte della sezione medica che forse non conosci, ecco perché non hai mai trovato niente di sospetto. Troverai il file nel computer, è da lì che l’ho preso. – mentre lo dice, Paula se ne pente, ma è troppo tardi. E se Sebastian si fa vedere? Sarebbe la fine. Però non può fare più niente, se Miko sospetta che ha mentito ancora, chissà di cosa è capace.

- E va bene. – con gesti rapidi scioglie la corda che assicura Paula al gancio, lasciando appese le altre due. – aspettateci qui, non ci metteremo molto tempo.

- Liberale, Miko! Specialmente Emily, soffre molto…

- Fatti i fatti tuoi. Tu non soffri? – tira le corde e Paula suo malgrado fa una smorfia di dolore. – allora pensa per te. – la trascina nella stanza accanto e le appoggia sulle spalle il mantello, chiudendolo sul davanti. – Helga, stai attenta a quelle due. Non ti fare impressionare, non le liberare nemmeno se hanno le convulsioni.

- Stai sicura, Miko.

- E non bere! Ti sei scolata una bottiglia intera di quella schifezza!

- Vaf… va bene, Miko. – Helga reprime la parolaccia che le veniva dal cuore, ha imparato a sue spese che non si deve scherzare con il fuoco.

- E tu, se fai qualche scherzo ti giuro che lo rimpiangerai, capito? – strattona le corde fino a farla gemere – allora, hai capito?

- Sì… ho capito. Dai, andiamo.

- Non mi sembri molto contenta. Perché?

- Che domande cretine! Come posso essere contenta? Me lo dici? Sono sfinita, piena di dolori…

- E cammina, sembri un ciuco, non t’impuntare! – la trascina per il sentiero, la casa di Miko è molto vicina alla grotta. Paula respira profondamente, sembra che l’aria fredda le lavi i polmoni, non nevica, in cielo c’è una grande schiarita celeste. Oltrepassano Sarah che non fa domande, e si fermano davanti alle porte chiuse della sezione medica.

- Ora devo dimostrare la mia identità. Devo mettere la mano sulla piastra. Slegami, per favore.

- No. Ti aiuto io. – le toglie il mantello e la spinge bruscamente verso la piastra. Il protocollo non prevede nessuna formalità, solo che sia davvero lei. Così basta che Miko appoggi una mano di Paula sulla piastra, e la porta scorre. – e ora dove dobbiamo andare?

- Nel laboratorio. Qui davanti.

- Qui non c’è niente.

- Ti sembra. Componi questo codice sulla tastiera. – detta un lungo codice alfanumerico e la paratia si apre rivelando l’antisala del reparto d’isolamento.

- È questo il laboratorio? Io non lo conoscevo.

- È questo. – guarda ansiosamente lo schermo del computer, è acceso con il logo della missione. Per fortuna non compare niente di inopportuno. – e ora guarda nella directory principale del computer, troverai la maledetta commedia. E se vorrai potrai cancellarla. Tanto, non ci tenevo nemmeno a vederla.

- Ora guardo. – armeggia con i tasti e trova il file, lo apre. – è proprio lui. Perché Ester lo teneva nascosto?

- Ester… – Paula fa un profondo respiro e cerca di essere convincente, non è facile con Miko che sembra passare da parte a parte con i suoi occhietti lucidi. – Ester diceva che era una bella storia, che io dovevo vederla come l’aveva vista lei. Tutto qui.

- Tutto qui. Troppo semplice! – Miko le toglie il mantello e la lascia seduta su una sedia girevole mentre curiosa per il locale. Guarda dappertutto, dentro gli armadietti e sotto gli scaffali, ma non trova niente di sospetto. – La tua storia è poco plausibile… però credo che non potrò tenerti così per sempre, no?

- Lo penso anch’io. – Paula trattiene il respiro, forse è fatta. – allora, mi liberi?

- Ma sì. – Miko scioglie un piccolo nodo sul davanti, e le corde cadono per terra. Paula rimane immobile con le mani dietro la schiena, senza riuscire a spostarle di un millimetro. Per la prima volta ha paura.

- Non… non posso più muovermi. Che mi succede…

- Niente, ti succede, ti è andata bene. Fra una mezz’ora ti sentirai normale.

- Mi… ridarai le mie cose? - Paula porta lentamente le braccia lungo il corpo, con una smorfia di dolore.

- Certo, le chiavi di casa e il tuo palmare. Però ho deciso di tenerlo io, quel pezzo di computer di Ester. E cancellerò la tua commedia. Così tu e quelle che verranno dopo non avrete più niente da nascondere. Sono stufa, dannatamente stufa di questa storia che si ripete! – Con gesti rabbiosi ordina la cancellazione del file, e aspetta la conferma.

- Non m’importa niente della commedia, porta solo guai – con movimenti lentissimi riporta le braccia sul davanti, ora rispondono un po’ di più però le sente intorpidite e sta cominciando un formicolio doloroso. Apre e chiude i pugni, mentre il sangue riprende a circolare. – e nemmeno del ciondolo. Però libera Emily e Flavia. Loro per davvero non hanno fatto niente, la colpa è solo mia...

- Chi lo sa, io di quelle mi fido meno che di Ester e te. Voi siete più trasparenti, come un libro aperto. Quelle due invece…

- Per favore, Miko. Loro due hanno sofferto abbastanza.

- E va bene, vado a liberarle. – il viso di Miko si addolcisce leggermente, per un attimo sembra umana – Tu cosa fai, torni a casa?

- No, resto qui. Ho molto da fare, da quando Ester... non c’è più, devo ancora capire molte cose.

- Senti, Paula. Io… devo fare così. È il mio lavoro, io ci credo, è importante, è l’unico modo di sopravvivere.

- Va… bene. – Paula stringe le labbra e trattiene il torrente d’insulti che vorrebbe lanciarle in faccia. Troppo pericoloso. – Capisco il tuo punto di vista. – Miko s’inchina leggermente e si dirige verso l’uscita. Paula guarda ansiosamente la sua schiena, ora magari torna indietro e la riempie di pugni, invece no, non cambia idea, lascia il laboratorio con il suo passo leggero da ragazza. Con stupore si accorge che la porta scorrevole del laboratorio si chiude, lei non ha azionato nessun comando. Sul monitor compare la faccia preoccupata di Sebastian.

- Come stai? Mi dispiace, mi dispiace che per colpa mia...

- Tu! Tu stavi a guardarci!

- Che cosa ti hanno fatto…

- Lo hai visto. Mi hanno tenuta legata da ieri sera. Non resistevo più. Loro non sono cattive, sono qualcosa di peggio, sono inumane, sembrano macchine… Per fortuna si sono convinte, Miko si è convinta. Però mi hanno preso la scheda…

- Non fa niente, non serve più. Tutte le informazioni sono nel mio terminale. Anche la commedia. Però farai bene a guardarla da qui, sarebbe un guaio se te la trovassero di nuovo addosso...

- Al diavolo la commedia… – Paula si lascia cadere sulla sedia con un sospiro – sono sfinita.

- Non hai mangiato niente da ieri? Devi prendere qualcosa.

- Anche tu devi avere fame. – per la prima volta distende un po’ i lineamenti e abbozza un sorriso. – lo sai che la mia preoccupazione era che saresti morto, là dentro, se mi capitava qualcosa.

- E allora fammi uscire.

- No! Non posso, non voglio!

- E va bene, resterò qui finché vorrai. Ora mangiamo qualcosa, facciamo finta di essere insieme.

- Va bene. – tira fuori dall’armadio due razioni sigillate e ne mette una nel dispenser. Apre la sua davanti allo schermo e i cibi si scaldano in pochi istanti. Beve di gusto il caffè bollente, l’odore della carne liofilizzata le sembra delizioso e ne prende un grosso boccone.

- Hai davvero fame. – anche Sebastian finisce rapidamente la carne con le patate e spazzola in due bocconi la torta di mele. La guarda raccogliere le briciole dal vassoio, i suoi gesti gli piacciono, tutto di questa ragazza dal viso appuntito gli piace moltissimo, e lui sa pure perché. – e ora raccontami quello che non so.

- Da dove comincio? Tu non sai niente…

- Hai ragione, non so niente di voi. Perché sono state violente? Sai… se è successo altre volte?

- Sì, è successo. Ester voleva interrompere la catena. Ha fatto nascere te, e credeva di aver cambiato tutto. Invece…

- No, aspetta! Io non capisco niente, così! Devi spiegarmi meglio.

- Scusa. – Paula si muove inquieta sul sedile, poi diventa tutta rossa. – Io però devo…

- Scusa tu. Ora sai che facciamo? Io vado a riposare un po’, vai anche tu a riposarti. Ti aspetto fra un paio d’ore, va bene?

- Mi basta… di meno. Il tempo di fare una doccia, va bene? Userò il bagno dell’infermeria. Tu aspettami, va bene?

- Va bene, non uscirò. Promesso. – lo schermo diventa nero, Paula con un sospiro di sollievo corre alla toilette, stava per scoppiare. Poi, sotto la doccia tiepida, sente sciogliersi la tensione nei muscoli delle spalle e della schiena, e pensa come sarebbe bello fare provare alle due carogne il loro stesso trattamento.

  
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