Ringrazio The Man Who Sold Peace per aver messo la storia fra i suoi preferiti.
E... uh, spero che questo capitolo sia meglio. Yay.
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La società più potente, 356 anni dopo l’inizio della nuova
era, si chiamava Coma F.cor. Doveva il suo nome alle prime invenzioni che aveva
messo in commercio, tutte di utilizzo medico.
Nel corso degli anni aveva aperto i propri orizzonti,
arrivando a vendere le più varie attrezzature per lavoro: il punto forte
rimaneva comunque la medicina, tanto che tutte le nuove scoperte in campo
medico erano state create e vendute dalla Coma F.cor.
Grazie alle sempre maggiori entrate la società aveva
finanziato in molti orfanotrofi il ‘programma di recupero giovanile ’: tale
programma si prefissava di istruire il ragazzo a ciò a cui era più portato e,
al raggiungimento della maggiore età, di trovargli un posto di lavoro. Negli
otto anni – il periodo dell’adolescenza – in cui i ragazzi ne facevano parte questi
ricevevano istruzione scolastica e universitaria, senza doversi preoccupare di
rette che, in assenza di genitori o tutori, sarebbero state proibitive.
Dagli orfanotrofi finanziati dalla Coma F.cor uscivano
alcuni dei più capaci dipendenti dell’azienda stessa, oltre che alcuni dei più
conosciuti professionisti al mondo.
Erano stati chiamati in quel luogo per una semplice
intervista: si cercava di capire come avesse influito il programma su chi vi
aveva partecipato, così da placare quelle voci che insistevano nel dire che gli
orfani erano stati sottoposti a dei “lavaggi del cervello”. Anche se Isaac
sapeva che quelle voci erano ridicole mai gli era venuta la voglia di confutare
quelle storie: erano stati i suoi colleghi – Nora e Andrè – a portarlo con loro
quel giorno.
Nora era finita in orfanotrofio a tre anni. A tredici anni
aveva dimostrato uno spiccato interesse per l’informatica e la meccanica, ed al
raggiungimento della maggiore età era divenuta un ingegnere meccanico per conto
del Coma F.cor.
Andrè era invece stato il rampollo di una famiglia
benestante che, ai suoi diciotto anni, gli aveva pagato l’università di
Biotecnologia, da cui era uscito come valente ingegnere genetico. Non essendo
orfano e non avendo partecipato al programma, Isaac non riusciva a capire cosa
ci facesse Andrè con loro: questo aveva però risposto con un breve ma
esauriente “mi annoiavo” che gli aveva fatto perdere qualsiasi voglia di
discutere.
Nora ed Andrè erano sicuramente due valenti scienziati, ma
avevano un carattere allegro e gioviale che li rendeva, agli occhi di Isaac,
completamente inaffidabili. Reputava, in un certo senso, un bene che i due
fossero li con lui invece che al lavoro.
Isaac non tentò di nascondere l’ennesimo sbuffo mentre i
suoi due colleghi continuavano a parlare accanto a lui. Non amava perdere
tempo, come non amava il contatto prolungato con altre persone: avrebbe di gran
lunga preferito essere al lavoro piuttosto che seduto in quella sala d’aspetto
a fissare fuori da una finestra.
Distolse lo sguardo e cominciò a massaggiarsi delicatamente
le tempie, con un gemito. Quando non riusciva a concentrarsi su qualcosa, a
distrarsi, la testa cominciava a pulsargli dolorosamente: in quei momenti avere
vicino i due gioviali colleghi gli era, se possibile, ancora più odioso.
Sapeva che il suo turno di lavoro doveva essere finito da un
pezzo: non aveva un orologio e non aveva voglia di chiedere a Nora o ad Andrè,
ma doveva essere sera inoltrata. Cercò di distrarsi con quel pensiero: di
pensare a cosa avrebbe fatto se fosse stato a casa. Nulla di speciale,
probabilmente avrebbe letto un libro, forse avrebbe mangiato qualcosa,
sicuramente avrebbe preso qualche sonnifero e poi sarebbe andato a dormire. Una
routine faticosamente costruita giorno dopo giorno su cui si basava il suo
fragile equilibrio psico-fisico.
Trovava irritante essere in quel luogo e non a casa sua,
come trovava irritante essere circondato da persone che non conosceva: e per
quanto i due colleghi avessero tentato più volte di distrarlo parlando di
qualcosa, Isaac non riusciva a non trovare irritante anche loro due.
Si riscosse dai suoi pensieri quando la porta dell’ufficio
si aprì, lasciando uscire un tipetto nervoso che tentava di non guardare
nessuno dei presenti in faccia. Isaac non poté fare a meno di alzare gli occhi
al cielo quando Nora e Andrè, in uno dei più classici esempi di deformazione
professionale, cominciarono a scommettere su che cosa stesse rendendo il tipo
così tanto nervoso: era uno scompenso ormonale oppure l’effetto collaterale di
qualcosa che prendeva?
Senza perdersi in inutile chiacchiere con i due colleghi
Isaac si alzò in piedi, seguendo la donna all’interno dell’ufficio. Squadrò
rapidamente il nuovo ambiente in cui si trovava, quindi si sedette sulla sedia libera,
di fronte a tre uomini all’apparenza decisamente stanchi.
“Lei è Isaac Dee,
giusto?”
Isaac annuì, come al solito parco di parole. La donna che
poco prima l’aveva chiamato nell’ufficio cominciò a scrivere qualcosa, ma Isaac
decise di ignorarla, concentrandosi nell’aspetto fisico dell’uomo: la fede al
dito, segno che era sposato, la stanchezza, segno che aveva lavorato per molto
tempo, insieme significavano forse che il suo matrimonio era in crisi? Oppure,
molto più romanticamente, la moglie era morta e lui si stava buttando nel
lavoro?
La donna si schiarì la gola, attirando l’attenzione di
Isaac
che, come aveva già fatto con l’uomo assonnato –
come lo aveva ribattezzato fra
se e se – , cercò di analizzarla e trovare quanti
più particolari possibili: la conclusione di questa sua piccola
indagine si limitò a confermare ciò che aveva pensato
fino a prima, ovvero che lei era un assistente sociale e che il
tailleur grigio che stava indossando era quanto di più triste
fosse stato creato.
“Nella sua scheda è
stato riportato che ha sofferto di depressione.”
E la gente ricambia,
pensò Isaac guardandola negli occhi.
“Allora ero un
adolescente.” Biascicò Isaac, tenendo la voce bassa. “Gli adolescenti sono
depressi.”
Uno dei tre uomini – quello al centro, a destra del tizio
stanco – si schiarì la voce, tentando di attirare l’attenzione di Isaac.
“La scheda afferma
che lei è uno scienziato del livello Gamma. Può spiegarci cosa significa?”
A quanto pareva, quello era un uomo sposato al suo lavoro.
L’uomo sposato al suo lavoro sembrava notevolmente
interessato a quel discorso, o almeno così sembrava da com’era cambiato il suo
sguardo.
Appena prima che Isaac potesse realmente cominciare a
rilassarsi, però, il terzo uomo, quello all’estrema destra, si sporse in avanti
per chiedere qualcosa.
Lo scienziato non riuscì a controllare la sua personale
deformazione e, come aveva già fatto con gli altri tre, cominciò ad analizzarlo:
le occhiaie erano un ovvio segno di sonno arretrato, il colletto sbottonato
indicava nervosismo.
Assieme, quei due segni dovevano significare qualcosa, ma Isaac
si stupì nel constatare che il suo brillante cervello non riusciva a
comprendere cosa.
Isaac si trattenne dal portare una mano alla tempia: la
fronte aveva ripreso a pulsare dolorosamente, come se stesse andando in
sovraccarico. Era come se stesse osservando un rebus e la soluzione fosse li,
evidente, ma i suoi occhi non riuscissero a decifrarla.
La domanda. Pensa alla
domanda.
Isaac inspirò profondamente, cercando di concentrarsi sulla
domanda che l’uomo gli aveva appena posto. Il mal di testa continuava ad
aumentare e le sue capacità dialettiche cominciavano a risentirne: le parole,
che di solito sarebbero venute dopo pochi istanti, in quel momento apparivano a
rilento, facendosi strada nella fitta nube di dolore che era ormai diventata la
sua mente.
Isaac sentì il cuore perdere un colpo mentre registrava quell’informazione:
l’uomo aveva le pupille a spillo.
Di colpo la sua mente si raffreddò, finalmente giunta al
logico risultato che tanto cercava: le occhiaie, il nervosismo appena accennato, la miosi, tutti
erano possibili sintomi d’astinenza.
“I nostri prodotti
sono ancora in via strettamente sperimentale e in quanto tali segreti.
Potrebbero divenire accessibili fra qualche mese così come fra un paio d’anni.”
Quella semplice regola funzionò pure quel giorno: l’uomo
tornò ad appoggiare la schiena sulla sedia, soddisfatto, e Isaac cominciò
finalmente a rilassarsi.
Così facendo si ricordò di quanto reputasse
seccante essere in quel luogo, di quanto avrebbe preferito essere al
lavoro e
di come trovasse irritante dover parlare con qualcuno per più di
cinque minuti: finalmente si ricordò che non ne poteva
più d’essere li, e
quando vide che la donna si stava preparando a fare una nuova domanda
Isaac
decise che n’aveva avuto abbastanza.
“Lei-”
“Vi pagano ad ore,
per caso?”
“Siamo noi che
poniamo le domande, mister-”
“Certo, certo. È solo
che voi continuate a chiedermi cose che non centrano con il Programma, quindi era
logico presupporre che volevate soltanto perdere tempo con domande inutili per
gonfiare la vostra busta paga.”
Per quanto Isaac si fosse mantenuto su un tono cortese, i
tre uomini capirono subito che quello era un avvertimento: dovevano smettere di
fargli perdere tempo.
La donna, invece, sembrava sorda alla minaccia, tanto che
ricominciò a scrivere nella scheda che aveva sotto mano: il continuo muoversi
della penna in un qualche modo disturbava Isaac, che si convinceva ogni momento
di più che doveva andarsene.
“Per tornare al
discorso originale, il Programma mi ha dato un’istruzione e un lavoro che
adoro: che dalla sapiente analisi della… dell’assistente sociale qui presente
venga fuori che io sono sbagliato, quello è un altro conto. Arrivederci.”
Detto ciò Isaac si alzò in piedi, facendo un leggero
cenno
con la testa a mo di saluto, e s’incamminò verso la porta.
Sapeva che aveva ancora pochi attimi, prima che uno dei quattro si
riprendesse dallo
stupore e dicesse qualcosa, ed Isaac preferiva sfruttarli per scappare
ed evitare
qualsiasi ulteriore spreco di tempo: voleva solo tornare a casa e
dormire.
“Io sono una
psicologa.”
Isaac aveva già sposato la mano sulla maniglia quando la
donna disse quella frase. Si fermò, lasciando che ogni sillaba gli rimbombasse
nella mente e perdesse qualsiasi significato logico, quindi si voltò verso di
lei. Di nuovo analizzò tutti i particolari di quella donna, inarcando un
sopracciglio in segno di sorpresa quando, per la seconda volta, giunse alla
conclusione che doveva sicuramente essere un’assistente sociale.
Poi scrollò le spalle, disinteressandosi alla faccenda.
“Capita.”
Prima che la donna potesse dire qualcos’altro Isaac era uscito dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.