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Autore: Unhappy_Reader    21/11/2013    13 recensioni
|INTERATTIVA|
Panem, 60th Hunger Games. Altri ventitré tributi moriranno, un altro vincitore verrà acclamato. Ma sarete voi a mandarli nell'arena, a soffrire, a morire, a vincere con loro.
E allora, possa la fortuna essere sempre a loro favore.
TRIBUTI AL COMPLETO.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovi Tributi, Strateghi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Distretto 12
Duemila piccoli visi guardavano il palco, dove Brina Tellyer, l’accompagnatrice del Distretto 12, parlava del video sui Giorni Bui appena visto.
- Non pensate che sia fantastico? Che sia meraviglioso? Ma sì che lo pensate! – cinguettò sorridendo compassionevole alla folla.
- E ora, signore e signori, è giunto il momento di estrarre la giovane donna che sarà così fortunata da partecipare ai sessantesimi Hunger Games! –
Brina si avvicinò all’urna posizionata alla sua sinistra. La sua mano si introdusse nel contenitore e mescolò i bigliettini di carta bianca. Poi le sue dita raccolsero un unico foglietto. La donna tornò al centro del palco.
- E il tributo femminile è… - adorava tenere il 12 sulle spine. – Cassandra Lovelace! –
Tra la folla c’erano due ragazze identiche: due alte e magre diciottenni dai capelli rossi. Una teneva i capelli sciolti, l’altra raccolti in uno chignon. Fu quest’ultima a salire sul palco accompagnata dall’urlo strozzato di sua zia Adriane, ormai una madre per Cassandre. Appena salita sul palco, il tributo guardò sua sorella gemella Clarissa, sua zia e suo fratello Hector; annuì verso di loro per far capire che ce l’avrebbe fatta, che ci avrebbe provato per loro. Non poteva permettersi di far soffrire sua zia anche per la morte di una nipote, dopo quella della sorella, del marito e del cognato. Non le avrebbe mai fatto questo.
- Molto bene! Ci sono volontari? – chiese Brina. Come prevedibile, nessuno fiatò.
- Splendido! E ora, il giovane uomo! –
Fra i diciottenni vi era Magnus Starkweather, un ragazzo dai capelli neri e gli occhi verdi. Era il migliore amico di Cassandra, e ora ripensava a quel giorno di primavera.
- Perché l’hai fatto? – gli chiese Cassandra. – Serviva a te! Alla tua famiglia! –
- L’ho fatto per te. –
- Perché? Perché, Magnus? –
- Perché devo proteggerti. Te lo prometto: da oggi in poi, qualunque cosa accada, ti proteggerò da ogni male. –
- Sii serio, Mag… -
- Sono serio. E ormai ho promesso. –
Allora i due bambini risero e si presero per mano.
Gliel’aveva promesso. E poi cos’aveva da perdere? Un padre che non lo guardava più per la sua somiglianza con la moglie morta? Un letto vuoto che ogni giorno gli ricordava la morte di sua sorella?
- John Rubbes – chiamò Brina. Un ragazzo dalla faccia anonima salì sul palco impaurito.
– Bene! Ci sono volontari? –
, pensò Magnus. Sì, sì, sì.
- Sì – disse. – Io. –
- No! – questa volta fu Cassandra ad urlare. – No! Non salire sul palco! – gridò. Odiava mostrare le proprie debolezze, voleva apparire sicura, ma non poteva pensare a Magnus negli Hunger Games con lei.
- Oh, ma che… che scena dolce! – gongolò Brina. – Complimenti! Qual è il tuo nome? –
- Magnus Starkweather – disse il ragazzo. Poi sorrise a Cassandra. Mentre si stringevano le mani, alle orecchie della ragazza giunse la voce di Magnus che sussurrava: - Una promessa è una promessa. –
 
- Avete tre minuti. –
- Oh, bambina mia, ti prego, provaci, provaci, forse riuscirai a… a tronare… - Adriane scoppiò in lacrime e affondò il viso in un fazzoletto, l’unico fazzoletto di famiglia.
- No, zia, non piangere, dai – le sussurrò Cassandra. Poi si voltò verso i suoi fratelli. Questa volta fu lei a piangere. Lì non c’era nessuno a giudicarla e poteva mostrare tutte le sue debolezze. Abbracciò Hector e tra i singhiozzi gli disse: - Resta con me, anche alla TV, ma non lasciarmi. –
- Non lo farei mai – le rispose il fratello. Mancava solo Clarissa.
- Devi tornare – sussurrò Clarissa.
– Se tu muori, muoio anch’io. Devi… devi tornare! –
E così rimase solo Hector l’unico a non aver pianto in quella stanza.
 
- Avete tre minuti. –
Il padre di Magnus si sedette accanto a lui senza guardarlo.
- E così – sospirò. – È toccato anche a te. –
- Grazie per la tristezza dimostrata – gli sibilò il figlio.
- Rimarrò solo e senza figli. Vedrò morire anche l’ultimo mio parente. Se avessi spazio per la tristezza sarei già morto. –
- Non disturbarti. Puoi anche non guardarmi. Lo fai da anni, tanto. –
- È vero. –
-Sei… sei spregevole! Non mi vedrai mai più, papà! Almeno questa volta guardami! –
L’uomo si voltò verso di lui. Non riuscì a sostenere lo sguardo.
- Uguale a lei… uguale a lei… - era sotto shock.
- Sai, penso che tre minuti siano troppi. Puoi anche andare – lo provocò Magnus.
Ma il padre si alzò e uscì senza più parlare. Il ragazzo passò il resto del suo tempo a soffocare le sue urla nel cuscino.
 
Distretto 11
Nel Distretto 11 non erano duemila i visi a fissare il palco. Erano settemilacinquecento. E non uno di quei visi aveva un sentimento positivo stampato sopra. Non mentre Waily Medràss stava per sorteggiare due tributi.
- E chissà chi sarà, quest’anno! Quali giovani cuori intrepidi intraprenderanno questo avventuroso viaggio! – cantilenava Waily sorridendo. Parlava sempre per scioglilingua.
- E ora sorteggeremo con l’aiuto della sorte la giovane donna, il tributo femminilmente femminile! – trillò.
Dopo aver pescato il consueto biglietto, l’accompagnatrice si accinse a leggerlo.
- Latvia Almonds? – chiamò.
Dalla massa di persone emerse un’esile quindicenne dai capelli chiari e gli occhi innocenti. Stringeva in mano un girasole, che Alyssa, la padrona di casa che sfruttava lei e le sue sorelle, le aveva eccezionalmente concesso di cogliere dal campo. Salì sul palco a passi incerti. A tutti sembrò una smidollata, una “morta-nel-bagno-di-sangue”, ma nessuno sapeva che Latvia era una vera campionessa di sopravvivenza. E abbastanza intelligente da non buttarsi fra le braccia dei favoriti.
- Splendido! Ci sono volontari che si offrono volontariamente? – chiese Waily. Nessun volontario.
- Perfetto! E ora, il tributo maschilmente maschile! –
La donna si avvicinò all’urna contenente i nomi dei ragazzi dell’11 e ne estrasse un bigliettino qualunque, preso dalla superficie. Riportatasi al centro della pedana, Wayly annunciò: - Evan McHole! –
No. Non ci posso credere. Perché io? E perché con lei?, si chiese Evan. Il ragazzo aveva passato gli anni a guardare Latvia dalla finestra che potava le rose, raccoglieva la frutta, coltivava la verdura. Aveva passato gli anni a guardare quelle tre sorelle al lavoro nei campi, e si era innamorato di lei. Lei, con quella sua pelle un po’ più chiara del normale colore dell’11, lei, con quegli occhi che lo spiazzavano. Perché proprio lei?
Evan salì sul palco e sperò invano che qualcuno si offrisse volontario. Alla fine Waily li presentò a Panem e i due tributi dalla pelle scura entrarono nel Palazzo di Giustizia.
 
Le prime ad entrare furono Anne ed Elis, le sorelle di Latvia.
- Oh, Lat… avrei dovuto offrirmi volontaria – le disse Anne.
- No, non avresti dovuto farlo. Sta’ tranquilla. –
- Devi tornare, ok? Devi promettercelo – le disse Elis.
- Non posso fare promesse che non posso mantenere – sussurrò Latvia.
- Infatti, questa promessa la devi mantenere; vincerai, Latvia, è chiaro? Dovessi anche… dovessi anche uccidere tutti gli altri ventitré. Sai che per noi conterebbe solo il tuo ritorno. –
- O… ok. Ve lo prometto. –
Le tre ragazze si guardarono a lungo, poi si abbracciarono all’unisono.
Andò a farle visita anche Luna. Luna era una dolce bambina di undici anni, anch’essa sfruttata dai proprietari terrieri. Era orfana di madre e figlia unica, suo padre non trovava lavoro e così era l’unica a tenere in piedi la loro piccolissima famiglia. Per Luna Latvia era come una sorella maggiore.
Non si dissero molto, restarono solo abbracciate per un po’, poi Latvia rimase sola.
 
Marie venne introdotta nella stanza e si gettò subito fra le braccia del fratello.
- Oh, Evy, ti prego, torna, io se no rimango sola! Torna, tu puoi vincere, Evy! – la piccola aveva otto anni ed era chiaramente disperata.
- Stai calma, andrà tutto bene, ci penserà Lorence a te, non è vero? – Evan alzò la testa e incrociò lo sguardo di Lorence Swinsky, la sua migliore amica, una delle poche persone dell’11 con la pelle chiara.
- Certo. Vieni, Mary, andiamo via, ti raggiungo fra un minuto – disse lei.
La ragazza si sedette affianco a Evan. – Ehm, Evan… io devo dirti… una cosa – balbettò.
- Sì? – la incalzò lui.
- Io… da… due anni a questa parte… cioè… forse… io… - Lorence inspirò e a occhi chiusi concluse il periodo: - Io ti amo. –
Evan restò sconcertato. Si sentiva uno stupido. Cosa le avrebbe detto? La verità? Che lui era innamorato di Latvia Almonds?
Le prese la mano e disse: - Oh, Lorence… grazie. Ma… ma io sono innamorato… di un’altra persona. –
- Lo so – disse Lorence sorridendo fra le lacrime. – Ma se tornerai… lei non verrà con te. Lo sai questo? –
- Sì – sussurrò Evan. – Lo so. –
I due ragazzi si alzarono e lui la accompagnò alla porta.
- Ti prego, Evan, vinci. Se non vuoi farlo per me… -
- Oh, certo che lo farò per te – la interruppe lui abbraccaindola.
Lorence mise una mano sulla maniglia della porta, restando però a guardare Evan.
E per un breve, infinitesimale attimo, la ragazza non poté fare a meno di impadronirsi delle sue labbra.
 
Distretto 10
I muggiti dei bovini giungevano fin là, fin sotto al Palazzo di Giustizia. Facevano sentire più al sicuro i ragazzi mentre il video sui Giorni Bui terminava, mentre l’accompagnatrice inseriva la mano nell’urna femminile ed estraeva un biglietto. Ma sapevano che due di loro sarebbero partiti, probabilmente per non ritornare.
Prisha, l’accompagnatrice, aprì il biglietto bianco e lesse eccitata il nome che vi era scritto.
- Layra Likke! – urlò enfatizzando la pronuncia del nome.
Una ragazza dai capelli biondo platino salì sul palco con espressione affranta. Perché era così che faceva Layra. Irretiva, stregava, incantava tutti con la sua bellezza e i suoi occhi dolci, ma dentro era una dura. Una ragazza da Hunger Games. Non che le piacessero, ma il suo orgoglio le aveva impedito di essere spaventata per i giochi. Doveva essere sempre sicura e fredda. Ovviamente facendo gli occhi dolci.
- Ci sono volontari? – chiese Prisha. Naturalmente nessun suicida si offrì.
- E adesso, il-lui-del-duo! – scherzò la donna come al solito. Ridacchiando estrasse un bigliettino. Prima di leggerlo scoppiò in una fragorosa e poco fine risata dovuta al ricordo dell’insipida battuta fatta poco prima.
- John Taylor? Ci sei? C’è! – urlò mentre il ragazzo saliva sul palco mordendosi le labbra.
John osservò la ragazza su cui aveva posato lo sguardo anni prima, ora sua compagno di Distretto agli Hunger Games. Con quell’espressione dolce, quegli occhi melliflui, non poteva negare di essere attratto da quella creatura angelica. Ma non ci aveva mai parlato e non conosceva il suo lato più coraggioso, pronto, istintivo, a volte acido. Per ora era solo in adorazione.
- Bene! Splendido! Signore e signori, ecco a voi i tributi del Distretto 10, Layra Likke e John Taylor! –
 
La nonna di Layra entrò nella stanza con un mezzo sorriso in volto.
- Ti ho insegnato tutto, figliola. A usare i coltelli, a combattere, a usare la testa. Nessuno può reggere il tuo confronto. Sarai la vincitrice – le disse accarezzandole una guancia.
- E la nonna sarà ancora più orgogliosa di te. –
 
- Lo so – disse Annie.
- Cosa? – le chiese John. Lui e la sorellina di sette anni vivevano da soli in una piccola casa del Distretto 10.
- Lo so che ti piace. Ma non ti azzardare a fare l’eroe o qualcosa del genere solo per questo. Devi tornare a casa – gli occhi della bambina si riempirono di lacrime.
- Per me. –
- È ovvio che tornerò a casa – le disse il fratello.
Annie lo guardò. Sarebbe tornato a casa? No. John era troppo gentile, troppo magro, troppo buono. Avrebbe dato la vita per un favorito che un giorno gli avesse offerto un pezzo di pane. Annie lo sapeva bene, ma stette zitta.
- Tornerò, te lo prometto. E potrò comprarti l’unicorno di zucchero filato – le sorrise John.
- Sì… - sussurrò la sorellina. – Sì, lo so. –
 
Distretto 9
Arany lo sapeva. Sapeva che il suo nome aveva molte, troppe possibilità di uscire. Le tessere per foraggiare Bryan e sua madre erano indispensabili. O meglio, c’era un altro modo. Ma era orribile. Arany poteva sfruttare la sua bellezza per chiedere qualcosa ai Pacificatori. Ma nessuno di loro le aveva mai dato qualcosa senza ricevere qualcosa in cambio.
Perciò prendere le tessere era meno terribile. Fino a quando il suo a quando l’accompagnatrice del Distretto 9 non aveva letto il nome di Arany simpson davanti ai coltivatori del 9. Arany era salita sul palco e guardava la folla, attonita. Sarebbe morta, di questo era convinta.
Ora Thelma, l’accompagnatrice, stava aprendo il biglietto con su scritto il nome del tributo maschile.
- Jonah Rye Samules? – chiamò incerta.
Un ragazzo biondo salì sul palco leggermente scioccato.
- Ci sono volontari? – chiese Thelma. Come ogni anno, nessun volontario.
Jonah era però deciso a tornare. Per Adam, per June, per Tobias, il fratellino sordomuto, per sua madre, per il suo amico Edric e soprattutto per Riley, la sua ragazza. Aveva troppe persone importanti e non intendeva lasciare nessuna di queste.
 
Sua madre Rosalie e Bryan entrarono nella stanza. – Oh, no, sorellina – sussurrò il fratello.
Sua madre non disse niente, si limitava a piangere con la testa fra le mani.
– Basta, mamma, ti prego, non piangere – la consolò Arany.
- Sono ventitré, Arany! Alcuni si allenano da anni! Come… come puoi tornare indietro? – singhiozzò Rosalie.
- Ce la farò, mamma, te lo prometto. Lo prometto a tutti e due. –
- Così sono più sollevato – sorrise Bryan. – Hai sempre mantenuto le tue promesse. –
 
Le visite di Jonah furono molto più corpose. Dapprima i suoi tre fratelli – Adam che lo consolava, June che lo chiamava Angel e Tobias che lo salutava a segni -, poi la madre di natura cagionevole e infine il suo migliore amico e Riley, che erano fratelli. Sì, Jonah era fidanzato con la sorella del suo migliore amico, ma a Edric questo faceva solo piacere.
Prima scherzarono un po’, ma alla fine tutti e tre piansero di dolore. Edric uscì dalla stanza prima di Riley, e lasciò la sorella sola con l’amico.
- Ti amo – pianse la ragazza sulla sua spalla.
- Anch’io. Anch’io. –
- Devi provarci, Jon. Almeno provarci. –
- Lo sai che tornerò. Se tu sarai con me, qui dentro, lo sai che vincerò. Ma devi restare con me. –

Ta-daan! Che bella botta, eh? Ma se siete ancora qui a leggere dovete essere tipo dei fan ultrasfegatati, altrimenti come avreste resistito? 6 pagine di Word belle e buone, per una durata di tre ore di scrittura (yuppi! -_-")!
Recnsite, vi prego! Voglio sapere se ho reso bene i vostri personaggi, e se non è così bastonatemi senza pietà!
Alla prossima!


 
  
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