Capitolo
30 – Sospesa
Non
è possibile.
Era
questo l’unico pensiero sensato che India riuscì a
formulare dopo la
discussione con sua madre.
Andarsene
da Roma? Semplicemente, non era possibile. Vivere in una terra che
sarebbe
rimasta per sempre sconosciuta, lontana dalla sua vita vera?
No,
non era possibile…
Eppure
stava per succedere.
Nei
quattro giorni successivi, India rimase come sospesa, in trance. Sua
madre si
rifece viva solo per dirle, con il massimo distacco, che sarebbero
partite
esattamente tre settimane dopo. Il tempo di fare gli esami e vedere i
risultati. Già, ma non aveva calcolato il tempo che avrebbe
impiegato India a
digerire l’idea. O forse proprio perché non
l’avrebbe digerita mai.
Come
dirlo alle persone che conosceva?
Cosa
dico a Veronica? A Marco… A
Stefania… a Walter?
Se non
era riuscita neanche a realizzarlo da sé, come avrebbe fatto
a spiegarlo agli
altri?
Semplice.
Non dico niente.
Ma
non era difficile accorgersi che doveva essere successo qualcosa.
Qualcosa di
grave.
-
India! Sveglia! – la richiamò a gran voce
Stefania. India alzò la testa dalle
braccia conserte.
- Eh?
Ah, sì, scusi, professoressa. – Stefania le
lanciò un’occhiata preoccupata
prima di tornare al proprio lavoro. Mancavano solo pochi giorni agli
esami.
India avrebbe voluto che non arrivassero mai, e non per la paura di
dover
rendere conto a insegnanti sconosciuti di cosa aveva imparato in un
anno di
scuola. Quella era una cosa da niente.
-
India? India, porca paletta, mi vuoi ascoltare?! –
-
Cosa? – Solo in quel momento India realizzò che
Veronica si era attaccata al
suo braccio e la stava scuotendo senza pietà. E la classe
era pure vuota. Toh.
Doveva essere suonata la ricreazione.
- Ma
che hai, India? Perché stai così? –
Diretta come al solito, Veronica.
Preoccupata ma sbrigativa. Che ne poteva sapere, lei? Che ne potevano
sapere,
tutti?
-
Niente, Vero… Niente. –
-
Guarda che non sono cretina! Avanti, sputa il rospo! – Ma
India rimase in
silenzio, fissando il vuoto davanti a sé. –
E’ successo qualcosa con Walter? –
Effettivamente
non si parlavano da quattro giorni. O meglio, era India a non
rivolgergli la
parola e a evitarlo come la peste. Se stava già male lei,
perché condannare
anche lui? Scosse debolmente la testa.
- E
allora cos’è successo? – Dato che
l’amica seguitava a non rispondere, Veronica
lanciò uno sguardo fuori dalla porta per controllare che non
ci fosse nessuno.
Poi si alzò e andò a chiuderla. Tornò
a sedersi accanto a India. – India, non
ti posso vede’ così. Me lo dici
cos’è successo? – Il suo tono si fece
più basso
e dolce. – Ti prometto che non lo dico a nessuno, se non
vuoi. Ma se stai così
dev’essere una cosa grave. Allora? – India
alzò lo sguardo, incrociando i dolci
occhi azzurri di Veronica.
Avanti,
parla. Non è difficile.
- Io…
è che… - cominciò con voce sommessa,
ma un violento scoppio di pianto le impedì
di andare oltre la terza parola. – Scusami, Vero…
scusami… - singhiozzò.
Veronica stava per sporgersi ad abbracciarla, ma in quel momento si
aprì la
porta e Walter fece il suo ingresso nell’aula. Era chiaro
dalla sua espressione
che stava per dire qualcosa, ma non appena vide India in quello stato,
prima
rimase bloccato sulla porta, poi le si avvicinò di corsa.
-
India! India, cos’è successo? – le
chiese con evidente preoccupazione,
circondandole le spalle con un braccio. Veronica si alzò
lentamente dalla
sedia.
- Vi
lascio soli… - mormorò prima di dirigersi verso
la porta e uscire. Intanto,
India continuava a singhiozzare senza accennare a fermarsi.
- Piccola,
perché fai così? E’ successo qualcosa?
– Dapprima India scosse la testa.
- No…
n-no, niente… -
- Ma
che niente! Me vuoi dire che c’hai? – India
tirò su col naso, ma poi incrociò
lo sguardo preoccupato del suo ragazzo e riprese a piangere
sconsolatamente. Walter,
non sapendo bene cosa fare, la strinse a sé, sperando
così di calmare i suoi
singhiozzi. Era fin troppo chiaro che India non era in condizioni da
spiegargli
cosa fosse accaduto. Per il momento, non poteva fare altro che cercare
di
consolarla. Dopo pochi minuti il pianto si calmò e India si
sciolse
dall’abbraccio, asciugandosi le lacrime con il dorso della
mano.
-
Allora? – mormorò dolcemente Walter,
accarezzandole una guancia. – Ti va di
parl… - Ma la sua voce fu coperta dal suono della campanella
e dal brusio dei
ragazzi che cominciavano a rientrare in classe. –
Vabbè, mi spieghi dopo… – Le
diede un bacio e si alzò, facendo come per andarsene, ma
istintivamente India
lo trattenne.
-
Walter… resti qui? – mormorò. Walter
sorrise e le accarezzò i capelli, tornando
a sedersi al posto di Veronica. Baciò India sulla fronte e
le prese una mano,
intrecciando le dita con le sue.
- Stai
tranquilla, ok? – India annuì debolmente, senza
dire nulla. Dubitava che anche
lui sarebbe riuscito a rimanere tranquillo, poche ore dopo.
All’uscita,
prima di uscire dalla classe, India scorse Veronica alzare in alto il
pollice e
farle l’occhiolino. A sua volta, tentò di
sorriderle in risposta, ma il
risultato non fu molto convincente. Walter le mise di nuovo un braccio
intorno
alle spalle.
-
Vuoi venire da me? Magari ne parliamo anche con mia madre… -
- No,
no, grazie. – si affrettò a rispondere lei.
– No… Vieni tu da me? – Walter le
sorrise e le scompigliò affettuosamente i capelli.
-
Andiamo, dài. – Fecero il tragitto in silenzio,
senza scambiare una sola
parola. Walter sembrava solo vagamente preoccupato per quello strano
comportamento… di certo non immaginava cosa vi si celasse
dietro.
Una
volta arrivati a casa, India ebbe la tentazione di mandarlo via con una
scusa,
magari dicendogli che quelle lacrime erano solo la manifestazione dello
stress
per gli esami. Ma cosa avrebbe risolto, così? Come gli
avrebbe spiegato il
motivo del suo distacco nei giorni precedenti? Walter non era certo uno
che si
accontentava di quattro parole messe una dietro l’altra. Non
da India.
Salirono
le scale in silenzio, dopodiché India entrò in
casa con estrema lentezza, come
se così facendo avesse potuto rimandare la “resa
dei conti”. Posò lo zaino e il
giubbotto e aprì la finestra, poi si appoggiò al
davanzale con un lungo e
penoso sospiro. Meglio fissare bene nella mente le immagini di Roma, le
sue
strade, i suoi negozi, i suoi abitanti, perché non avrebbe
più avuto modo di
rivederli.
Due
mani le cinsero la vita e subito dopo sentì Walter
appoggiare il mento sulla
sua spalla.
- Va
tutto bene, piccola? –
Quell’odioso
groppo in gola.
- No,
non va tutto bene. –
Quelle
mani grandi e delicate, e quelle carezze…
- E
allora cosa c’è che non va? –
Quella
voce dolce e vellutata, riservata solo a lei.
- Io…
-
Quelle
lacrime dispettose e brucianti…
Walter
le passò un braccio dietro la schiena, facendola voltare
verso di lui, e le
accarezzò una guancia.
-
Tesoro, perché fai così? – India scosse
la testa, passandosi una mano sugli
occhi.
-
Scusami, Walter… -
-
Ecco. Stavo aspettando. – Walter sospirò
sorridendo. – Quando capirò perché mai
devi scusarti ogni volta che sei triste, non sarà mai troppo
tardi. – Le mise
un dito sotto il mento, facendole alzare la testa e puntare lo sguardo
nel suo.
La vista di quegli occhi disperati e sofferenti gli fece quasi paura.
– India…
che stai male si vede… ma, per favore, mi dici cosa ti
è successo? Non ti posso
vedere così. –
Aiuto.
Le
cose erano più difficili di quanto pensasse. Come poteva mai
tirar fuori le
parole più adatte a spiegare quello che c’era da
spiegare? Doveva forse
aspettare che venissero fuori da sole?
- Mia
madre è qui a Roma, Walter. – Lui la
guardò senza capire.
- E non
sei contenta? –
- Lo
ero… Ma ho saputo che è tornata a sentirsi con
mio padre. –
- E…
non sono in buoni rapporti? – India si morse le labbra.
-
Anche troppo buoni. –
-
India, scusami, non capisco… Qual è il problema?
– India rimase in silenzio per
qualche secondo.
Poi,
lo disse.
- Il
problema è che mia madre torna a vivere con lui e vuole che
io vada con loro! –
esplose.
Ecco,
le parole erano arrivate. Peccato che non avesse fatto in tempo a
chiedersi se
fossero quelle giuste.
Walter
rimase ammutolito a guadarla, come se lei avesse parlato arabo.
-
Vuole che… tu…? – mormorò,
inebetito.
- Che
io me ne vada con loro, Walter, con loro! In India! Ecco cosa vuole!
– esclamò,
sull’orlo di una crisi di nervi. Ecco, gliel’aveva
detto. Non ebbe neanche modo
di vedere la sua faccia né di capire in alcun modo quale
fosse la sua reazione:
continuava a singhiozzare, ferma davanti alla finestra, Walter invece
non disse
una parola, non fece un solo movimento. Solo quando India
riuscì bene o male a
calmarsi, lo sentì proferire:
- No…
Non può essere. – India tirò su col
naso.
- Ah,
secondo te sto scherzando? Ho la faccia di una che scherza?!
– si alterò.
- M-ma…
ma non ha senso! – esclamò lui con voce
insolitamente acuta. – Perché devi
andare con loro? Non te la sei cavata da sola finora? Non…
non stai bene qui? –
- Ma
che domande mi fai?! – esplose India, riprendendo a versare
fiumi di lacrime. Le
dava fastidio questa sua improvvisa impossibilità di
frenarle, ma per quanto ci
provasse non riusciva a trattenersi. Walter rimase immobile per qualche
secondo, poi l’abbracciò, cercando forse di
confortare sé stesso più che lei.
-
Scusami, amore… scusami… - mormorò con
voce tremante, posando un bacio sulla
sua fronte. – Non… non ci posso credere.
Perché non me l’hai detto subito? –
- E
per cosa? – balbettò lei. – Saresti
stato meglio? Le cose sarebbero cambiate?
No! E’… sarebbe stato tutto inutile… è
tutto inutile… - Pianse ancora
più forte, stringendosi a lui con tutte le sue forze.
– N-non voglio andarmene!
– Walter la allontanò da sé,
prendendola per le spalle.
Fu
per la prima volta che India vide la disperazione nei suoi occhi.
- E
allora non andare. –
- Non
posso! Mi… mi ci costringerà lo stesso!
– Le mani di Walter cercarono le sue e
le strinsero. Erano stranamente fredde, a dispetto della stagione.
-
India, non… non puoi farlo. Per favore… ti prego,
non andare via. – mormorò,
stringendola nuovamente a sé. India di certo non avrebbe
pensato a una tale
reazione, ma adesso, se da una parte si sentiva liberata di un peso,
dall’altra
provava ancora più disperazione, vedendo Walter implorarla
di fare qualcosa che
avrebbe voluto, ma che non poteva fare. Nascose il viso
nell’incavo del suo
collo e chiuse gli occhi. – Ti… ti amo, India.
–
Quelle
parole avrebbero dovuto confortarla, ma la fecero sentire ancora
più scoraggiata.
Si
liberò debolmente dell’abbraccio e fece per
rispondergli, ma si bloccò vedendo
che Walter aveva gli occhi lucidi e che una lacrima aveva segnato il
suo
percorso sulla sua guancia.
Non
l’aveva mai visto così, né avrebbe mai
pensato che sarebbe potuto succedere.
-
N-non devi dirlo, Walter. – Per tutta risposta, lui
deglutì e sorrise
forzatamente.
- Che
fai, scherzi? Te lo dirò fino allo sfinimento. –
- No,
non devi! – ripeté lei, allontanandosi di qualche
passo e distogliendo lo
sguardo. Non ce la faceva più a guardarlo negli occhi.
– Sto abbastanza male
per tutti e due, Walter. Non… cerca di non pensarci.
–
- Ma
che dici? – esclamò lui. – Come vuoi che
non ci pensi? –
- Per
favore! Renderai solo tutto più difficile! –
-
India, non puoi arrenderti così! Và a parlare con
tua madre, anzi no, se vuoi
ci parlo direttamente io, la convinciamo, le facciamo cambiare
idea… non può
finire così! –
- Non
l’ho deciso io il finale, Walter! –
replicò lei, esasperata.
Non
piangere, India… Non
provarci neanche… Sii forte ancora per un po’.
- Ma
se si può fare in modo che… -
- No!
Non si può fare niente! – quasi gli
gridò contro. – N-non complicare le cose,
ti prego. Cerca di non pensarci, ora… ora ci sono gli esami,
pensa a quelli,
non buttare all’aria mesi di lavoro, ok? E se… se
qualcuno ti chiede cos’è
successo, beh… digli che tra noi è finita!
–
Walter
restò a fissarla attonito. Non era India, quella. Non poteva
aver detto davvero
una cosa del genere. – Spero… spero che tu non
dica sul serio. –
-
Pensi che mi faccia piacere vederti stare così? –
- E
tu pensi che io starei meglio facendo finta che tu non esista,
sapendoti
lontana miglia e miglia?! – Lui stesso si
meravigliò di aver gridato così di
fronte a lei, ma gli era venuto naturale. Qualcosa stava per
distruggersi e lui
non era disposto ad arrendersi così. Ma la cosa che gli
faceva più male era che
solo lui sembrava voler combattere. – Cosa mi stai chiedendo,
India? Di fare
finta di niente? Tanto io sono forte, no? Tanto io sono quello sempre
allegro,
senza una preoccupazione al mondo! Chi vuoi che se ne accorga, di
quello che mi
frulla per la testa? Vuoi che ti implori in ginocchio di restare qui?!
–
- No,
Walter, non sto dicendo che… - farfugliò India,
cominciando a spaventarsi.
- No,
davvero, se proprio ci tieni, te lo dico eccome! Non voglio che tu
parta,
India! Forse sono solo egoista, o un bambino, o più
semplicemente un cretino, o
quello che vuoi tu, ma se tu parti… - Si interruppe per
qualche istante, poi
riprese, con voce strozzata: - Se tu parti, io… io non ce la
faccio. –
“Parce que tu pars
On restera brisé devant l'irréparable.
Parce que tu pars
On éteindra tout contre soi l'intolérable
Parce que tu pars”
(L. Fabian, “Parce que
tu pars”)
- Walter, ti
prego… - mormorò India, senza più la
forza di
aggiungere altro.
- Ti prego? Ti prego che? – Il tono di Walter
tornò basso,
dolce. Prese le mani di India tra le sue, accarezzandole con i pollici.
–
Piccola, io… -
- Per favore, vai via. – sussurrò lei senza
guardarlo
negli occhi.
- India… -
- Vai via! – ripeté con la voce rotta, liberando
le mani
dalle sue e voltandogli le spalle. Non seppe per quanto tempo Walter
rimase
alle sue spalle, immobile e in silenzio, prima che la porta si aprisse
per poi
richiudersi con un tonfo che frantumò definitivamente tutte
le sue speranze.