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Autore: giuliasvoice    24/11/2013    3 recensioni
Draco non sorrideva mai.
Che senso aveva sorridere se la vita ti stava crollando addosso?
Astoria sorrideva sempre.
Aveva la convinzione che come si potevano trovare dei fiori agli angoli delle strade, così si poteva trovare qualcosa di buono in ogni cosa.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy | Coppie: Draco/Astoria
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Salve a tutti. Questa è la mia prima fan fiction su Harry Potter. Spero vi piaccia leggerla come a me è piaciuto scriverla.
 

COME UN FIORE AL MARGINE DELLA STRADA
 

Draco non ricordava l’ultima volta che avesse sorriso.
Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che non era nemmeno certo di ricordare come si facesse.
A volte, quando veniva sommerso dai  ricordi e riviveva gli ultimi anni, la fedeltà all’oscuro signore, la guerra che culminò con una disfatta di quella che avrebbe dovuto essere la sua fazione e la pace che sembrava aver pervaso negli ultimi tempi tutto il mondo circostante, evitando accuratamente villa Malfoy, dubitava di averlo mai fatto in tutta la sua vita.
Lo assalivano nei momenti più inaspettati, i ricordi.
Le giornate che si susseguivano ininterrottamente l’una all’altra gli scivolavano addosso, senza lasciare alcuna traccia, senza che vi fosse una differenza sostanziale da quella precedente.
I giorni lo guardavano vagare senza meta per la casa dove si era rinchiuso volontariamente, passando da una stanza all’altra, osservando tutto con gli occhi vitrei rassegnato al fatto che tutti gli oggetti, le stanze,i dettagli che un tempo gli avrebbero ricordato i tempi felici passati in quel luogo ora gli provocassero sofferenza.
Quasi ogni cosa, per quanto piccola o insignificante, portava invariabilmente la sua mente ai tempi di Hogwarts e i ricordi lo sommergevano, lo calpestavano, lo soffocavano senza pietà mostrandogli ciò che era stato.
Si era marchiato contro la sua volontà di atti atroci che erano impressi a fuoco nella sua mente chiari quanto il simbolo nero che pulsava sul braccio che gli riversava addosso in ugual modo le colpe sue e quelle di tutti coloro che nella seconda guerra si erano schierati dalla parte di Vold…Vo…
Anche ora che era morto non riusciva a pronunciare il suo nome. Ce l’aveva lì, sulla punta della lingua ma tutte le volte non riusciva a dirlo per intero, solo pensarlo gli provocava un misto di ansia, paura e timoroso rispetto che gli avevano insegnato a provare quasi da prima che imparasse a parlare. Questi sentimenti erano così radicati nel suo essere e allo stesso tempo così discrepanti da ciò che realmente provava che questa lacerazione lo stava distruggendo, lentamente e irrimediabilmente.
Hai combattuto per qualcosa in cui nemmeno credevi sul serio. Ti sei rovinato sotto una bandiera a cui nemmeno sentivi di appartenere.
Erano queste le parole che gli riecheggiavano nelle orecchie, urlate dagli spettri del suo passato.
Erano le parole che si ripeteva quando vedeva il disgusto negli occhi delle persone che lo guardavano per strada e vedevano in lui il figlio dei Malfoy, il fanatico del sangue, l’orribile Mangiamorte. Sentiva quegli sguardi pungerlo come aghi mentre avrebbe voluto urlare: “Non sono come loro! Non volevo!” ma le parole gli morivano in gola con la stessa rapidità con cui nascevano mentre il marchio nero gli pesava sull’avambraccio e ne sentiva quasi la presenza alle sue spalle, come qualcosa di tangibile e visibile a tutti i passanti.
Aveva deciso di rinchiudersi nella sua villa quasi due anni prima.
Era per strada e come sempre la gente lo guardava disgustata. C’era chi passava e semplicemente gli lanciava un’occhiata di sbieco, chi invece si fermava a fissarlo senza preoccuparsi di nasconderlo. L’astio in quei volti era così palese da essere quasi tangibile. Ci avrebbe mai fatto l’abitudine?
Tra tutti quei volti però qualcosa lo colpì. Una bambina che poteva avere al massimo sei anni lo stava fissando con un broncio pensoso sulle labbra. Era semplicemente incuriosita. Draco stava per sorriderle quando la madre della bambina la trascinò via con uno strattone. “Non lo guardare tesoro, lui è cattivo” furono le parole che le diede a mo’ di spiegazione mentre la bambina si voltava di nuovo verso Draco con le sopracciglia aggrottate in quella che voleva essere un’espressione truce.
Draco, attonito, rimase fermo per qualche attimo senza accorgersi del brusio che si stava diffondendo nella folla. Pochi secondi dopo nessuno gli stava più prestando alcuna attenzione, tutti gli sguardi erano rivolti ad un punto alle sue spalle. Il ragazzo si voltò piano e riconobbe subito quella chioma corvina arruffata e quegli occhialetti ridicoli. Potter. Pensò con un disprezzo che ormai non gli apparteneva più.
L’altro ragazzo era circondato da una gran folla festante. La gente acclamava gridando il suo nome, si accalcava per cercare di toccarlo o per ottenere un briciolo di attenzione dal salvatore del mondo magico che cercava di dedicarsi a tutti e, allo stesso tempo, uscire dalla folla che gli si era radunata attorno. E tra tutti i volti, Draco fu colpito da quello della bambina di poco prima che, radiosa, cercava di aggrapparsi a Potter.
La consapevolezza di aver sbagliato tutto si abbatté su Draco con la forza di un pugno.
Si voltò e sparì in una stradina laterale prima che l’altro lo vedesse.
Gloria, onori. Questo era ciò che era promesso a coloro che si univano alla crociata del signore oscuro e ciò era l’unica consolazione che aveva Draco, costretto ad unirsi ai Mangiamorte e a combattere una guerra in cui non credeva. Cosa gli rimaneva invece?
Un cazzo! Pensò il ragazzo con rancore tirando un pugno al muro e sentendo lo scricchiolio delle nocche che si frantumavano contro la pietra fredda.
Mugolando di dolore Draco si trascinò a casa.
Da quel giorno non aveva più trovato il coraggio per uscire.
Che senso aveva sorridere se la vita ti stava crollando addosso?
 
Astoria sorrideva sempre.
Da quando era una bambina nessuno era mai riuscito a cancellare la piega allegra delle sue labbra. Ogni espressione, ogni sguardo, ogni suo movimento esprimeva energia, era vibrante di vita.
Astoria era una purosangue ma a differenza delle altre ragazze non le era stata insegnata la rigida compostezza che caratterizzava le purosangue.
Le sue compagne camminavano spedite con la testa alta e la schiena rigida, fissando dritte davanti a loro voltando lo sguardo solo per rivolgere occhiate superbe a chi ritenevano inferiore.
Astoria, invece, camminava a passo svelto, quasi correndo e per questo aveva sempre le guancie leggermente imporporate e i ricci arruffati che la facevano sembrare più piccola di quanto già non sembrasse a causa dei lineamenti delicati, la statura minuta e la voce cristallina.
Come i bambini, Astoria si guardava intorno con l’aria di chi sta scoprendo il mondo per la prima volta e vede ogni cosa con sorpresa e meraviglia.
Era solo tre anni più giovane di Draco e nonostante fosse stata a Hogwarts negli anni della seconda guerra magica poco gli avvenimenti di quegli anni l’avevano segnata.
Figlia minore dei Greengrass, i suoi genitori e sua sorella maggiore Daphne si erano sempre comportati in maniera estremamente protettiva nei suoi confronti cercando di tenerla lontana da quella realtà il più possibile. I discorsi riguardo Voldemort, i mangiamorte e i mezzosangue erano banditi in presenza di Astoria.
Certo, la ragazza leggeva ciò che era scritto sui giornali e sentiva ciò che si diceva a scuola, era immersa nell’atmosfera di tensione e paura che aveva preceduto la Battaglia (a cui non aveva preso parte), ma la guerra non l’aveva toccata davvero così, dopo poco tempo, aveva potuto riprendere serenamente la sua vita come molti degli altri studenti di Hogwarts e il mondo era tornato il suo parco giochi personale.
 
Questa era l’ingenua visione del mondo della ragazza per questo fu così sorpresa di vedere Draco così triste quando lo incontrò per la prima volta dopo Hogwarts.
Era una calda giornata di metà luglio. Astoria era tornata da pochi giorni a casa dopo il suo ultimo anno di scuola. Decise di sfruttare la bella giornata per una passeggiata. Era così rara una giornata come quella in Inghilterra! Faceva caldo ma il tempo non era afoso (come se fosse stato possibile!) e non c’era una nuvola in cielo. Sarebbe stato un peccato sprecare una giornata del genere.
Vagabondò dapprima nel paese poi, senza una meta ben precisa, imboccò una stradina stretta e poco affollata. Qualche minuto dopo le case lasciarono posto al verde della campagna inglese. Camminò ancora per un po’, ad occhi chiusi e con il viso rivolto al cielo per bearsi della sensazione del sole sul viso finché non si rese conto di essere arrivata in un luogo familiare.
Una casa immensa, a tre piani circondata da file di alberi ben curati si stagliava sul panorama circostante.
Villa Malfoy. Pensò la ragazza riconoscendo il posto. Era venuta lì spesso da bambina. I Greengrass e i Malfoy erano in ottimi rapporti e, grazie anche alla vicinanza, le famiglie si facevano spesso visita. Si accigliò al pensiero di Draco e sua sorella Daphne che durante quelle visite stavano sempre insieme tagliandola fuori perché più piccola.
Scosse leggermente la testa, come a scacciare il pensiero, e si avvicinò ancora fino ad arrivare all’entrata principale. In tutti quegli anni non era cambiato nulla. Le tende però erano tutte chiuse. Era ancora abitata?
Venne distratta da quei pensieri da un aiuola lì vicino dove crescevano fiori colorati di ogni genere.
Astoria adorava i fiori, credeva che non ci fosse nulla di più bello e perfetto al mondo. Eppure erano così comuni. La gente si aspettava che la bellezza e la perfezione fossero cose irraggiungibili, cose su cui fantasticare e per cui struggersi non potendo averle, eppure era tutto lì.
I fiori crescevano ovunque. Nei parchi, nelle campagne, talvolta anche ai margini delle strade. Per Astoria quella era la prova che qualcosa di buono si potesse trovare ovunque.
Si inginocchiò accanto all’aiuola e chiuse gli occhi inalando a pieni polmoni l’odore delicato poi si incantò a fissarli volendo memorizzare ogni tipo di fiore, le diverse forme dei petali e le infinite sfumature di colore.
Era così assorta da non accorgersi che qualcuno aveva scostato leggermente le tende della finestra e la stava osservando. Non si accorse nemmeno quando la porta della villa si aprì e qualcuno si avvicinò a lei, la sua attenzione era stata catturata da una candida margherita che spuntava timida in mezzo a tutti quei fiori.  Allungò la mano per coglierla ma una voce alle sue spalle la fece sobbalzare.
“Cosa stai facendo?” proruppe una voce roca alle sue spalle.
Astoria scatto in piedi arrossendo leggermente. “Oh, io stavo solo…insomma la margherita…spero non ti dispiaccia…” farfugliò imbarazzata senza alcuna ragione. Poi alzò lo sguardo. Davanti a lei c’era un ragazzo di qualche anno più grande. Era alto e magro. I capelli biondi, troppo lunghi gli ricadevano sul volto pallido e smunto. Astoria fece fatica a riconoscerlo.
“Oh, Draco” le uscì involontariamente mentre collegava quel viso a quello del ragazzo che aveva visto solo pochi anni prima a scuola. Era così cambiato!
Sul volto di Draco passò un espressione leggermente confusa. “Ci conosciamo?” chiese alzando un sopracciglio.
“Sì” annuì vigorosamente Astoria facendo cadere una ciocca riccia di capelli davanti agli occhi che poi scostò con uno sbuffo infastidito. “Sono Astoria Greengrass. Ti ricordi?”
Draco annuì. “Sì. Che ci fai qui?”
La ragazza rimase leggermente sorpresa dal tono burbero. “Ecco ero venuta a fare una passeggiata e mi sono trovata qui vicino.” Draco non rispose, probabilmente non aveva nemmeno ascoltato ciò che aveva detto la ragazza ma, dopo alcuni lunghi istanti per lei il silenzio divenne fastidioso.
“Sai,”  proseguì quindi la ragazza senza curarsi se Draco la stesse ascoltando o no “è bellissimo qui. È esattamente come lo ricordavo. Se avessi un parco del genere probabilmente passerei tutte le mie giornate a passeggiare qui intorno.” Draco mugugnò una risposta che doveva essere un assenso.
Non aveva voglia di fare conversazione, specie con la piccola Greengrass. Se la ricordava abbastanza bene sia quando era una bambina sia quando era una ragazza, non che ci fosse stato un grande cambiamento durante quelle due fasi. Era rimasta allegra, energica, un po’ frivola e soprattutto irritante.
Draco non aveva mai sopportato il suo non stare mai ferma, il suo riempire qualunque silenzio di parole, senza curarsi di quanto stupide o inutili fossero e il suo sorridere per ogni cosa come se tutto fosse qualcosa di meraviglioso che le rallegrava la giornata.
“Come va?” concluse la Greengrass che nel frattempo aveva continuato il suo sproloquio che Draco non si era preoccupato di ascoltare neanche per metà.
Il ragazzo di nuovo non rispose stavolta perché a corto di parole. Cosa avrebbe dovuto dirle? Che era la prima volta che metteva un piede fuori casa da due anni? Che passava le sue giornate a rimuginare sugli errori del suo passato? Che non avrebbe retto ancora a lungo quella situazione?
Si limitò ad emettere un suono indistinto e a scrollare le spalle.
Dopo qualche secondo di silenzio, prima che Astoria potesse di nuovo aprire bocca Draco si congedò. “Io torno dentro. Buona giornata” disse voltandosi.
“Aspetta!” lo richiamò pochi attimi dopo la voce di Astoria. “Quindi posso?”
Draco la guardò con un’espressione confusa. “Puoi cosa?”
“Cogliere qualche fiore” disse la ragazza come se stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo.
Draco boccheggiò stupito qualche istante. Di tutte le cose potesse dirgli quella era l’ultima che si aspettava. “Fa’ quello che ti pare” borbottò voltandosi di nuovo mentre vide, con la coda dell’occhio, la ragazza aprirsi in uno dei sorrisi più radiosi che avesse mai visto.
“Grazie!” gli urlò Astoria mentre lui si chiudeva la porta alle spalle.
Si avvicinò alla finestra e vide la ragazza chinarsi di nuovo sui fiori e raccogliere la margherita con il sorriso stampato sulle labbra.
Bah, pensò Draco in un misto di sorpresa e fastidio mentre chiudeva di scatto la tenda, sorridere per un fiore.
Sulla via di casa, rigirandosi la margherita tra le dita, Astoria ripensò all’incontro con Draco, al suo aspetto, ai suoi modi scostanti ma soprattutto ai suoi movimenti. Ciò che più l’aveva colpita era il suo modo di camminare.
Camminava lentamente, strisciando i piedi e con le spalle curve come se stesse portando il peso del mondo addosso e camminare gli costasse un’immane fatica.
Come poteva stare così? Nonostante i modi scorbutici e i rapporti ormai lontani Astoria era affezionata a Draco. Sarebbe andata da lui il giorno successivo. Il pensiero di poter essere di disturbo o che il ragazzo volesse semplicemente stare solo non la preoccupò minimamente. Conosceva Draco e sapeva che, nonostante l’educazione ricevuta, non si sarebbe fatto alcuno scrupolo a cacciarla se non era desiderata.
Quando il giorno dopo Draco vide arrivare Astoria, con la sua solita andatura svelta, a tratti saltellante fu pervaso da un misto di sorpresa e irritazione. Cosa ci faceva di nuovo lì? Si chiese allontanandosi dalla finestra da cui l’aveva vista arrivare. Si rispose con una scrollata di spalle che probabilmente voleva soltanto cogliere altri fiori dalle aiuole o fare un giro nel parco di villa Malfoy.
Grande fu il suo stupore quando sentì quattro rapidi colpi alla porta. Andò ad aprire riluttante e si trovò davanti Astoria, sorridente come sempre, che lo inondò con un fiume di parole.
“Buongiorno!” trillò con voce cristallina “Hai visto che bella giornata oggi? Ancora più bella di quella di ieri. Ho pensato che sarebbe stato un peccato sprecarla non ti pare? Così ho deciso di venire a fare una passeggiata qui nel tuo parco, spero non ti dispiaccia. Avevo chiesto a Daphne di accompagnarmi ma non è voluta venire, doveva uscire con un ragazzo” continuò accigliandosi leggermente “però come già detto non volevo perdere questa giornata e così eccomi qui! Ti va di venire con me?” Concluse poi guardandolo con occhi speranzosi.
Draco avrebbe voluto rispondere che no, non era una bella giornata e non gliene fregava un cazzo che andasse sprecata, che sì, gli dispiaceva, e anche parecchio, che fosse di nuovo lì e soprattutto che categoricamente no, non gli voleva andare con lei. Tuttavia, conto ogni logica si trovò ad annuire.
“Fantastico!” esultò Astoria “Andiamo”.
Si incamminarono lungo un sentiero lì vicino. Draco teneva la testa bassa, senza fare troppo caso al chiacchiericcio di Astoria che considerava un fastidioso rumore di sottofondo e cercava nel frattempo un modo per dirle che voleva tornare indietro e soprattutto che lei lo lasciasse in pace. Tuttavia tutte le volte che apriva la bocca per parlare qualcosa lo tratteneva. E così richiudeva la bocca sbuffando esasperato. Dopo quello che a Draco parve un tempo interminabile arrivarono al lago dove giocava quando era bambino.
Ad Astoria si illuminarono gli occhi non appena vide quella piccola distesa d’acqua. Lanciò via le scarpe e corse ad un basso ponticello lì vicino dove si sedette immergendo i piedi in acqua e muovendoli in modo da creare piccoli schizzi e onde. Fece cenno a Draco da avvicinarsi. “Dai prova anche tu, è piacevole tenere le gambe a mollo” disse Astoria fissando il ragazzo in piedi a pochi metri da lei. “No, grazie” declinò lui freddamente “sto bene così.”
 Astoria scrollò le spalle “Come ti pare” disse semplicemente. Poi riprese a chiacchierare.
Draco accolse il tramonto con un sollievo mai provato prima.
“Buonanotte Draco” lo salutò Astoria dandogli un veloce abbraccio.
“Uhm…Ciao” rispose imbarazzato Draco davanti a quel piccolo gesto d’affetto. E a mai più rivederci pensò mentre guardava la ragazza allontanarsi.
 
Le preghiere di Draco tuttavia non furono esaudite. La ragazza si presentò a casa sua l’indomani, poi il giorno dopo e quelli successivi. Tutte le volte Draco avrebbe voluto cacciarla ma una parte di lui (una parte molto masochista evidentemente) glielo impediva. Trascorrevano le giornate come avevano passato le prime. Passeggiavano per il parco di villa Malfoy mentre Astoria parlava e Draco mugugnava qualcosa in risposta.
Qualche giorno dopo Draco si scoprì ascoltare davvero ciò che la ragazza diceva. E fu sorpreso nel constatare di essere divertito e addirittura…interessato. Non si sarebbe mai aspettato che la piccola Greengrass potesse dire cose intelligenti.
Parlavano di qualunque cosa. Di scuola, dei vecchi professori, si raccontavano aneddoti di quegli anni, di quidditch, di libri, di qualunque argomento venisse loro in mente.
Qualche tempo dopo Draco si rese conto con sorpresa che Astoria e le sue visite non lo infastidivano più, ma soprattutto che le aspettava con ansia.
Se ne accorse una mattina di inizio settembre quando il cielo, che fino ad allora era stato stranamente clemente, con il suo azzurro mai turbato dalle nubi, divenne una cappa grigia da cui cadevano enormi gocce.
E se quella mattina non fosse venuta? Pensò Draco mentre nervosamente camminava avanti e indietro per il salotto. È solo un po’ di pioggia, no? Non la fermerà di certo. Pensò poi per rassicurarsi. Sì, ma se non fosse venuta? Pensò di nuovo nervoso. Si morse un labbro mentre fissava l’orologio sul camino. A quell’ora generalmente lei era già lì. “Oh, al diavolo!” sbottò avviandosi verso la porta per andare a casa della ragazza ma, quando aprì la porta, quasi sobbalzò trovandosi davanti Astoria con i capelli gocciolanti d’acqua che si sfregava le mani per riscaldarsele.
“Wow, te la cavi bene con divinazione, vedo” esordì la ragazza “non ho nemmeno avuto il tempo di bussare.”
“E tu te la cavi male con gli incantesimi, vedo. Potevi usarne uno che ti proteggesse dalla pioggia, oppure potevi semplicemente prendere un ombrello” disse Draco con una finta disapprovazione in volto.
Astoria fece una smorfia che fece ridere Draco. “Sì, ma poi che gusto ci sarebbe stato?”
Il ragazzo alzò un sopracciglio, confuso e Astoria chiarì meglio “È così piacevole camminare sotto la pioggia.”
“Già,” celiò Draco “non riesco a immaginare niente di meglio. Camminare nel fango con i vestiti fradici e altissime probabilità di contrarre una polmonite”
“Va bene, mamma. Non lo faccio più, promesso”sbuffò Astoria.
Draco alzò gli occhi al cielo sorridendo.
Mentre era con Astoria gli sembrava che il ragazzo che era stato solo un paio di mesi prima fosse solo una macchia sbiadita, un ricordo lontano offuscato dal presente.
Astoria era diventata per lui necessaria come l’aria che respirava. Tutte le cose che non sopportava di lei erano ciò che ora amava.
Il suo non stare mai ferma lo faceva sentire più vitale.
Il suo coprire i silenzi di parole, gli impediva di chiudersi in sé stesso e di perdersi nelle ombre del suo passato.
Il suo sorridere per ogni cosa gli faceva credere che forse al mondo esistesse ancora qualcosa per cui valesse la pena vivere. O qualcuno.
Tuttavia si rendeva conto che ciò che era stato non si poteva cancellare. Che lui e il ragazzo di qualche mese prima erano la stessa persona e che lui non era la persona che Astoria dovesse avere al suo fianco. Era una certezza che aveva e che tuttavia si premurava di nascondere. Non voleva che lei vedesse ciò che lui era sul serio. Tuttavia fu lui stesso a mostrarglielo.
 
Draco e Astoria erano seduti sul divano del salotto con due tazze di tè caldo in mano per scrollarsi di dosso il freddo di novembre.
Stavano parlando degli scherzi fatti e subiti a scuola.
“Sai,” disse Astoria posando la tazza vuota sul tavolino lì accanto, imitata subito da Draco “durante il mio sesto anno le mie compagne di dormitorio mi tinsero i capelli di rosso e di oro mentre dormivo” concluse con una risata a cui si unì anche Draco.
“E come mai?” chiese il ragazzo continuando a sorridere.
“Beh uscivo con un Grifondoro in quel periodo e loro la vedevano come qualcosa di talmente disonorevole da dovermi punire. Hanno usato non so ancora quale pozione ma i capelli sono rimasti di quel colore per un mese!”
Il sorriso sul volto di Draco si spense mentre una sensazione sgradevole gli attanagliava lo stomaco.
“Non posso credere che ti mischi a certa gente” disse Draco freddo.
Anche la risata di Astoria si interruppe. “Come scusa?” disse sperando di non aver capito bene.
“Ma sì, credevo che avessi gusti migliori. Insomma stare con certa gente…” disse Draco sentendo di disprezzare dal profondo quel ragazzo e tutta la casa di Godric Grifondoro, passata, presente e futura.
Astoria sbiancò poi le guancie le si colorarono di rosso mentre il viso diventava una maschera di rabbia. “Ma come ti permetti?” urlò “Come puoi giudicare le persone in base a degli stupidi pregiudizi?!”
Draco sentì montare la rabbia. “Ah, lo difendi, vedo. Deve essere una cosa seria. Peccato che lui non vada bene per te!”
“Ah sì, e chi lo dice, tu?” disse Astoria con una risata di scherno. “Chi sei tu per dirmi con chi posso o non posso stare?”.
Draco rimase a corto di parole e, quasi senza che se ne rendesse conto, il suo corpo si mosse verso Astoria e premette le labbra sulle sue con violenza mentre le metteva le mani attorno ai fianchi e la tirava più vicina a sé.
Astoria dapprima rimase immobile, sorpresa poi dopo qualche istante rispose al bacio mettendogli le braccia attorno al collo cercando di avvicinarsi ancora di più nonostante fosse impossibile.
Fu un bacio arrabbiato, passionale. Quando si staccarono erano entrambi senza fiato, rossi in volto.
La certezza di non essere la persona adatta per Astoria  si fece largo più chiaramente e dolorosamente che mai. Prima che potesse impedirselo le parole gli uscirono dalla bocca: ”Mi dispiace, io… non avrei dovuto farlo. Non sono la persona adatta a te”.
Vide il volto di Astoria mutare in un’espressione dapprima confusa, poi sorpresa e infine di nuovo arrabbiata. “Lo stai facendo di nuovo!” urlò “Sono io che decido chi va bene per me! E indovina un po’? Credo che tu vada più che bene per me!” concluse Astoria alzando la voce, sorpresa di stare urlando i suoi sentimenti come fossero un insulto.
“No, tu non capisci, tu non mi conosci” ribattè Draco debolmente andando contro ogni fibra del suo essere. Sarebbe stato più facile se lei lo avesse respinto.
“Vuoi dirmi che sono in compagnia di uno sconosciuto con cui ho passato tutti i giorni della mia vita negli ultimi mesi?” disse con una risata amara.
Draco si limitò ad annuire.
“Abbi la decenza di parlare almeno adesso! Adesso che mi respingi nonostante sia stato tu a baciarmi!”
“Mi dispiace, va bene?! Ho sbagliato!” urò Draco esasperato.
“Beh, lieta di sapere di essere un errore allora!”
“Tu non…tu non sei errore chiaro?”
“Allora spiegami perché davvero non capisco!”
Draco emise un urlo di esasperazione. “Perché devi essere così cocciuta?”
“Perché altrimenti non mi risponderesti!”
Draco sospirò esausto, si massaggiò le tempie e iniziò a raccontare. Fu la prima volta che Astoria rimase senza parole.
Le parlò di ogni aspetto della sua vita di quegli ultimi anni, senza nascondere alcun particolare, per quanto orribile o scabroso. Le parlò del momento in cui aveva ricevuto il marchio nero, del compito di uccidere Silente, della battaglia di Hogwarts e degli anni della pace in cui ogni giorno era una lenta tortura. Astoria rimase in silenzio durante tutto il racconto. Anche dopo che fu finito rimase immobile, senza dire una parola. Draco la guardò intimorito, maledicendosi per paura di aver detto troppo. Le aveva raccontato tutto con lo scopo di allontanarla. Perché allora si sentiva così terrorizzato all’idea che potesse succedere davvero?
Improvvisamente sentì le braccia magre di Astoria cingerlo delicatamente. La ragazza continuava a non parlare ma sperava che quell’abbraccio esprimesse tutte le parole non dette. Va tutto bene. Il passato è passato, rimanga lì dov’è. Occupati del presente, riprenditi il futuro!
Rimasero così per un tempo imprecisato, che a Draco sembrò troppo breve.
Quando si separarono Astoria guardò Draco negli occhi e parlò con un tono che Draco non le aveva mai sentito usare: determinato, severo ma allo stesso tempo dolce. “Dipende tutto da te. Puoi continuare così o prendere in mano la tua vita, per quanto difficile o spaventosa ti possa sembrare. Sta a te decidere, io ti aspetterò.”
Draco non parlò, la guardò negli occhi e si chinò per baciarla di nuovo, stavolta delicatamente, a fior di labbra.
Quella sera, mentre la guardava andare via Draco ebbe la certezza che per lei avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche fatto i conti con il suo passato.
 
Cominciò ad affrontare il mondo esterno, a ricostruire la sua vita pezzo per pezzo dalle macerie, sarebbe risorto dalle sue ceneri come la fenice.
Non gli importava più nulla degli sguardi astiosi, della diffidenza al corso per auror, di tutte le difficoltà che aveva affrontato e che avrebbe dovuto affrontare perché stavolta aveva qualcosa per cui lottare.
Qualcosa in cui credeva davvero.



Angolo Autrice
...Si sposarono, ebbero un figlio di nome Scorpius e vissero per sempre felici e contenti.
Ok questa parte non l'ho scritta ma credo si capisca ;)
Grazie per essere arrivati fin qui. Spero che la storia vi sia piaciuta. Mi farebbe piacere avere una vostra opinione quindi fatemi sapere che ne pensate nelle recensioni.
Ciao :)
  
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