Serie TV > Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: Wolfass_    24/11/2013    2 recensioni
-Dovresti tornare dentro, fa freddo qui fuori- Fu l'unica cosa che le dissi, prima di alzarmi e porgerle un mano.
Poi, senza che me ne accorgessi, lei si alzò senza il mio aiuto e, inizialmente titubante, mi abbracciò senza stringere troppo.
Fu un gesto inaspettato ma decisi comunque di ricambiare la stretta, le posai una mano sui capelli e mi accorsi che era piuttosto bassina.
Aveva posato la testa sul mio petto involontariamente, era lì che mi arrivava, proprio dove batteva il cuore.
-
Un’altra lacrima solcò silenziosa la mia guancia e lui, prontamente, allungò la mano per asciugarla.
Il contatto con la sua mano calda contro la mia pelle fredda e bagnata mi fece rabbrividire appena, forse perché quel gesto fu del tutto inaspettato ma comunque piacevole e rassicurante.
 
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Settima stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Hey, scusate per il ritardo ma la scuola mi ha tolto molto tempo!
Torno questa volta con uno Shirley's pov. mentre credo che il prossimo sarà di Sam
Ho voluto scirvere cosa provasse una delle nuove protagoniste anche perchè non vorrei passasse inosservata, i Leviatani questa volta l'hanno fatta grossa!
Vex e i suoi capricci non mancano mai naturalmente, servono per rendere più comica una storia già parecchio seriosa di suo.
Ho cambiato il titolo originale dell'episodio perchè era troppo lungo, gli avvenimenti però sono più o meno simili.
Spero che questo capitolo non vi deluda, vi lascio alla lettura e se avete bisogno di spiegazioni scrivetemi un messaggio personale :)
Alla prossima xx


The Jersey Devil

Shirley’s pov.


Io e Dean eravamo appena usciti da un Fast Food, erano circa le dieci del mattino.
Sam, Alanis e Vex ci aspettavano al Motel, sarei dovuta rimanere anche io ma in quell’ultimo periodo cercavo continuamente di trovare qualcosa da fare altrimenti sarei sprofondata nella più totale depressione.
Avevo perso entrambi i miei genitori e non riuscivo ancora a capacitarmene, ogni volta che i miei pensieri volavano a loro era come se mi spegnessi, ricordavo quella maledetta notte e mi pentivo di non essere uscita dalla mia camera e morire al posto loro.
Erano morti a causa mie e del mio essere diversa, sbagliata.
Non ero una ragazza come tutte le altre, ero un Nephilim e questo proprio non riuscivo ad accettarlo.
Anche se la mia natura malvagia faticava ad uscire, c’èra ugualmente ed era proprio quella a rendermi un mostro.
Ma nonostante tutto i miei genitori mi amavano ed erano pronti a salvarmi la vita, ero la loro bambina e lo sarei stata per sempre.
Non sarei mai stata in grado di dimenticare gli abbracci di mia madre, tutte le volte che mi aveva aiutato quando avevo bisogno di aiuto e i suoi continui “ti voglio bene” .
Quando a scuola i compagni mi erano contro, non avevo amici e tornando a casa in lacrime lei mi disse: “Sai perché fanno così? Perché sono deboli, sono fragili e incoscienti. Non devi preoccupartene, tesoro, un giorno avranno ciò che meritano e tu sarai felice perché sarai circondata da persone che ti amano a differenza loro, soli in un mondo che non li accetta.” Poi, asciugandomi le lacrime con i dorsi delle sue mani mi disse: “Io per te morirei..”
A quei tempi, però, non sapevo che quelle parole si sarebbero avverate.
Quando ero piccola chiedevo sempre a mia mamma di non morire mai, di essermi sempre accanto e lei mi rispondeva che ci sarebbe sempre stata, anche quando un giorno non l’avrei più vista.
E ora sapevo che lei c’èra, mi sarebbe sempre stata vicina, anche se non allo stesso modo di prima.
Poi ricordai i sorrisi di mio padre, quelli rari ma sinceri.
Perché lui era così, in diciotto anni non mi aveva mai detto “ti voglio bene” ma sapevo benissimo quanto amore provava per me e che ogni suo rimprovero serviva a rendermi più forte, a preparami alle ingiustizie che la vita mi avrebbe riservato.
Ma che vita sarebbe stata la mia senza di loro? Semplicemente non era una vita, perché io quella notte ero morta con loro ma nessuno se ne era ancora accorto, fingere un sorriso e mostrarsi indifferente bastava a far credere alle persone di stare seriamente bene.
-Tutto okay?- Chiese Dean, riportandomi alla realtà.
Quei pensieri mi avevano fatto cedere, la mia barriera si era sbriciolata senza che me ne rendessi conto.
-Si, tutto apposto..-
Guardai in alto per ricacciare indietro le lacrime, sistemandomi i capelli per nascondere il gesto.
Non sembrava molto convinto dalle mie parole ma decise comunque di lasciar perdere, con me era una battaglia persa.
Entrammo in macchina e per la prima volta mi sedei di fianco a Dean.
Mi faceva piacere averlo vicino, sapevo che era l’unico a capire come ci si sentisse, suo fratello mi aveva raccontato quello che aveva passato e inizialmente non gli credesti.
Mi girai per guardarlo alla guida, gli occhi verdi fissi sulla strada, la mascella serrata e la solita espressione da duro, come se quello che stesse accadendo non lo scalfisse di un centimetro.
Sapeva fingere piuttosto bene, quello era sicuro.
La luce lo colpì dritto in viso e fu costretto a chiudere gli occhi in due fessure, notai solo in quel momento che delle piccole lentiggini gli contornavano il naso e le guancie, erano quasi del tutto impercettibili ma ugualmente adorabili.
Sorrisi, era piacevole alla vista, i capelli biondo cenere e la barba rasata sempre ben curata, le labbra ben definite, leggermente a forma di cuore e sicuramente anche molto morbide.
Quando si accorse che lo stavo fissando così intensamente, alzò un sopracciglio confuso.
Abbassai immediatamente lo sguardo, sulle cosce avevo il pacchetto del Fast Food ancora caldo che mi bruciava un po’ la pelle.
Non sapevo che fare, visto che c’èra un silenzio piuttosto imbarazzante decisi di accendere la radio.
Proprio in quel momento passava una delle mie canzoni preferite, quella che amavo cantare insieme a mio padre.
“Don’t cry” dei Guns N’ Roses, ovvero il mio gruppo preferito.

I know how you feel inside I've
I've been there before
Somethin's changin' inside you
And don't you know


So come ti senti dentro
Ci sono passato prima
Qualcosa sta cambiando dentro di te
E tu non lo sai


Bene, ci mancava solo quella canzone per ricordarmi che mi ritrovavo in una situazione di merda.
Cercai di ricacciare le lacrime che minacciavano di scendere, mi imposi di guardare fuori dal finestrino.
Mi passai un mano davanti agli occhi umidi, tirai ancora più giù le maniche del golfino arancione e cercai di respirare piano per riprendere il controllo.
-Se vuoi mi fermo..- Disse Dean accorgendosi del mio disagio ma rimanendo comunque con gli occhi fissi sulla strada, freddo.
-Si, grazie-
Lo vidi fermarsi a pochi metri su una strada secondaria, prima di aprire la porta mi ripromisi di non guardarlo negli occhi, mi vergognavo troppo.
Lo vidi posarsi sul cofano della macchina con le mani nelle tasche, io feci lo stesso ma gli diedi le spalle.
Guardai il cielo davanti a me e fui sopraffatta dalle emozioni.
Non ho più niente, ho perso i miei genitori, la mia casa e la mia vita non può più definirsi una “vita”.
Pensai, maledicendomi per essere nata.
Iniziai a tremare, scrollai il capo e nascosi il viso tra le mani, non potevo più far finta di nulla.
Sentivo le lacrime annebbiarmi la vista, scendere presuntuose sulle guance e il mascara macchiarmi il viso di nero.
-Parlami-
-Non ho nulla da dire, non a te..- La mia voce uscì roca, incerta e per niente autoritaria, al contrario sembrava che stessi chiedendo aiuto.
-Sicura?- Si voltò per guardarmi, riuscivo a sentire il suo sguardo gravare sulle mie spalle – Perché so come ci si sente, sai?-
-Davvero? Perché io invece vorrei..-
-Non sentire nulla? Neanche una dannatissima cosa- Disse lui interrompendomi e aveva ragione, avrei solo voluto chiudere gli occhi e non svegliarmi con il solito macigno sul petto.
Lentamente mi girai e solo in quel momento incontrai il suo sguardo, non era più freddo come prima, sembrava più comprensivo e rilassato.
Un’altra lacrima solcò silenziosa la mia guancie e Dean, prontamente, allungò la mano per asciugarla.
Il contatto con la sua mano calda contro la mia pelle fredda e bagnata mi fece rabbrividire appena, forse perché quel gesto fu del tutto inaspettato ma comunque piacevole e rassicurante.
-Ora saliamo in macchina, dobbiamo tornare al Motel o ci prenderanno per dispersi-
Si lasciò cadere la mano lungo il fianco e con un’ultima folata di vento tra i miei capelli, mi sedetti di nuovo accanto a Dean e, questa volta più serena, ripresi il viaggio in macchina.

Durante il corso della giornata..

Quella mattina Sam aveva approfondito la ricerca di un nuovo caso: il presunto Diavolo del Jersey.
C’èrano già state parecchie vittime, tra cui un uomo che era stato ucciso nella foresta di Wharton State-The Pine Barrens in New Jersey.
Quindi, dopo esserci muniti di attrezzatura da campeggio, partimmo per il New Jersey nonostante le sempre più frequenti lamentele di Vex.
-Sono scesa sulla terra per fermare l’Apocalisse, non per fare una bella rimpatriata di famiglia al campeggio ed essere divorata dai morsi di zanzara e ragni velenosi!-
Ormai ci limitavamo ad alzare gli occhi al cielo, se Vex era in preda ad una crisi isterica di primo grado non potevamo fare altro che non fosse assecondarla.
Secondo il ranger capo Rick Evans, che avevamo deciso di intervistare io e Alanis, non era possibile che ad uccidere tutte quelle persone fosse stato un orso, come veniva scritto sui giornali.
Affermò anche che un suo amico, Phil, era scomparso da qualche giorno e che forse avrebbe dovuto fare rapporto.
Risultava estremamente calmo e non curante della situazione, si limitava a mangiare il suo panino Turducken con carne di pollo, anatra e tacchino, una vera bomba calorica che se solo avessi assaggiato mi sarei guadagnata ben tre o quattro chili in più.
Naturalmente Dean non si fece troppi problemi, quando ci raggiunse insieme agli altri la prima cosa che ordinò fu proprio quel panino.
Vex continuava a rubare patatine dal mio piatto e Alanis la rimprovera dicendogli che non era buona educazione.
Dopo aver pranzato ci inoltrammo per la foresta , il cinguettio regolare degli uccelli, il fruscio delle foglie degli alberi mossi dal vento e Vex che starnazzava correndo da una parte all’altra perché si era ritrovata un enorme insetto sulla spalla.
-Toglimi questo mostro gigante di dosso!- Aveva urlato prima di fiondarsi nella braccia di Sam, che per non farla cadere a terra fu costretto a prenderla in braccio.
Che la Biondina fosse cotta del minore dei Winchester era palesemente ovvio, ma la faccia di lui in quel momento fu in ripagabile.
-Sam, se proprio ci tenevi tanto a prendermi in braccio bastava chiedere eh!- Disse lei facendosi rimettere a terra e, facendo finta di niente, si spostò dal viso una ciocca di capelli.
Dopo aver camminato per circa un’ora trovammo il corpo di Phil appeso ad un ramo, o meglio ciò che rimaneva del corpo di Phil, solo un braccio martoriato a penzoloni.
Quando il capo ranger Rick arrivò sul posto avvertì la polizia del ritrovamento del corpo, ma non riuscì a terminare la chiamata che fu attaccato e trascinato via dal Diavolo del Jersey o qualunque cosa fosse.
Iniziammo a correre (tutti tranne Vex, lei non correva ma camminava svelta) e quando finalmente Bobby riuscì a colpire la creatura che si aggirava sugli alberi nel tentativo di mangiare il ranger, notammo che quello a cui aveva sparato non aveva l’aspetto di un mostro, ma di un essere umano.
Sam e Dean trasportarono il corpo dell’uomo nella baracca in cui alloggiavamo per esaminarlo meglio e scoprire le sue origini.
Gerald Browder, alto un metro e settantacinque, capelli castani e occhi azzurri..cento kilogrammi.
Diceva il suo documento, in realtà sembrava pesare davvero molto poco.
Nello stomaco dell’essere Bobby trovò resti umani e altre cose ma fu sorpreso nel vedere come le sue ghiandole surrenali fossero aumentate di volume e avessero un colore diverso.
Mentre il corpo veniva aperto e studiato Vex fu costretta ad allontanarsi, gridando che ne aveva già avuto abbastanza e che se fosse rimasta un secondo di più sarebbe svenuta.
Neanche il tempo di finire la frase che era inciampata nel tappeto e rischiava di spiaccicare il viso contro la porta nel bagno.
-Tranquilli, sto bene!- Sbraitò infine chiudendosi la porta alle spalle e brontolando qualcosa a bassa voce.
Dean, invece, non faceva altro che ripetere di essere affamato e che avremmo dovuto cenare, mentre Sam ispezionando il corpo si sforzava di non vomitare in simultanea a me.
Quando ci recammo di nuovo al ristorante Biggerson’s notammo che a Dean non importava nulla di ciò che stava accadendo, era troppo preso dal mangiare il suo panino come il resto dei clienti.
Il problema effettivamente era proprio nella carne che lo componeva, da lì fuoriusciva la stessa melma dei Leviatani.
Iniziammo poi a seguire il furgoncino che si trovava fuori dal Biggerson’s e che trasportava le merci, intanto Dean sui sedili posteriori si era comodamente addormentato sulle mie gambe.
Alanis aveva deciso di rimanere in quella baracca insieme a Vex, quando quest’ultima si impuntava era capace di far esaurire anche il Serafino più potente.
Fortunatamente Dean si risvegliò proprio quando arrivammo davanti alla fabbrica di quei famosi panini, le mie gambe sotto il suo peso avevano completamente perso la sensibilità.
Una macchina parcheggiò a pochi metri da noi, Sam iniziò a guardare dal binocolo e ci informò che Edgar il Leviatano aveva appena fatto uscire dal cofano della sua auto Brendon, il cameriere che ci aveva servito al ristorante.
Quella notte, per evitare di essere scoperti, restammo in macchina ben nascosti da occhi indiscreti.
Il mattino seguente Sam si appostò nel retro della fabbrica e Bobby decisi di parlare a Dean riguardo a come si sentisse davvero.
Sapevo che era sbagliato, ma feci finta di dormire ed ascoltai la loro conversazione.
Sapevo che per Dean aprirsi era piuttosto difficile e personalmente non avevo voglia di rovinare il tentativo di Bobby di farlo sentire meglio.
-Bobby sono qui, ok? Sto lavorando ad un caso, qual è il problema?-
-Ho visto morire molti cacciatori e tu stai iniziando a parlare come quelli morti, Dean-
-No, sto parlando come parlano le persone quando non ne possono più- Fece una breve pausa, poi riprese – quando non riescono a capire perché pensavano che tutto questo fosse importante –
-Andiamo, hai provato a chiudere con il passato e a fare la persona con Lisa e Ben ed eccoti qua con un vecchio scorbutico e un furgone pieno d’armi!- Diceva Bobby con il tono leggermente seccato – Trovati le tue ragioni per tornare a combattere, può essere per amore, vendetta o per una scommessa da dieci dollari, non mi interessa. Sono stato ad abbastanza funerali, se muori prima di me ti ammazzo-
Ad interrompere la conversazione fu Sam entrando bruscamente sui sedili posteriori dimenticandosi di me e facendomi sbattere la testa sullo sportello opposto.
Prima che potessi dire anche un semplice “Ahi!” attraverso il binocolo Dean e Bobby videro Dick Roman scendere dalla sua lussuosissima macchina ed entrare nella fabbrica.
Ovvero l’uomo di cui non si faceva altro che parlare, ripeteva sempre: “Se vuoi vincere devi essere lo squalo e gli squali devono mangiare”
Intanto Bobby era salito sul tetto per vedere cosa succedeva dalla finestra del piano inferiore.
-Dick sta convincendo il Dottore a mangiare se stesso..-
Un altro Leviatano lo sorprese con un pugno in pieno viso e lo portò da Roman intenzionato ad interrogarlo sulle intenzioni sue e dei Winchester.
Nessuno di noi poteva salvare Bobby senza rimanerci secco, non sapevamo uccidere i Leviatani e in quella fabbrica ce ne erano minimo quattro.
L’unica cosa da fare secondo Dean era rubare un furgone ed entrare molto gentilmente dalla porta bagnando i Leviatani con il detersivo contenente il Borace.
Sentendo le urla anche Dick ci raggiunse, venne colpito anche lui ma non si scompose più di tanto, in realtà le sue ferite si stavano già rimarginando.
Bobby aveva trovato il modo di scappare e sparare alla schiena di Roman, distraendolo così che Dean potesse versargli altro detersivo addosso.
Iniziammo a correre verso il furgone, subito dopo salì anche Bobby che era rimasto un po’ più indietro.
Io nella fretta ero quasi caduta a terra , Sam però era riuscito a sorreggermi e a farmi salire con lui sul sedile davanti sulle sue gambe.
Dean mise in marcia e partimmo, nessuno di noi inizialmente si era reso conto che Dick Roman era riuscito a colpire Bobby con una pallottola dritto in testa.
-Menomale che sei salito, ti ha quasi staccato la testa!- Disse Dean senza ricevere alcuna risposta dal suo amico.
Sam gli porse il cappello ma anche questa volta non ci fu nessuna reazione da parte di Bobby, poi quando ci girammo per controllare capimmo in che condizioni era davvero.
Stava morendo e noi non se ne eravamo resi conto, non lo avevamo potuto evitare.



 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: Wolfass_