Ecco
pronto il quarto capitolo. Come prima cosa saluto e ringrazio vivamente Evans Lily (troppo buona, troppi
complimenti, più del solito! Ebbene sì: dal titolo troverai la
risposta alla tua domanda…), Sakura182blast
(grazie come sempre, sorellina, mi ha fatto molto piacere il tuo commento!)
e Pikki SakuraChan (come ti capisco,
anch’io ho un sacco di problemi con la rete! Comunque sono contenta che
la mia storia ti piaccia e mi piacerebbe sentirti anche su MSN, che ne dici?).
Adesso,
come sempre, vi auguro buona lettura!
Aamyan degli Elfi
4
Incontri
Shaoran
cavalcava senza posa. Non riusciva più a ricordare l’ultima volta
in cui si era fermato a riposare o a mangiare un boccone. Aveva con sé
una bisaccia ancora mezza piena, e aveva appena finito di metter mano alle
provviste, senza nemmeno scendere di sella. Non sapeva neanche lui
perché fosse tanto ansioso di giungere presto alla meta.
Era in viaggio da una settimana circa. Il giorno in cui
aveva visto Clow per l’ultima volta e lo aveva sentito raccontare ai
bambini della città la storia dello Specchio degli Elfi, subito dopo
essere tornato alle scuderie a preparare il suo cavallo, era partito senza
guardarsi indietro. Dopo un paio di giorni aveva varcato il confine, evitando i
posti di guardia dei suoi conterranei: si era sentito un disertore, un traditore
della patria; non aveva detto nulla della sua partenza che sapeva di fuga ai
suoi compagni d’armi, né alla Principessa Meiling, alla cui scorta
era stato recentemente assegnato. Ma sapeva che era giusto così, e se
doveva essere considerato un disertore, poco importava, perché lui non
si sentiva più in grado di servire nessuno, nemmeno se stesso.
Costeggiando il fiume si era dunque inoltrato nella Terra
della Luce. Non si era aspettato di vedere nulla di diverso rispetto alla
propria terra, e in effetti le poche persone che aveva incontrato avevano gli
stessi sguardi spenti, le stesse mani sporche di sangue, le stesse diffidenze
degli abitanti della Terra del Buio. Lo spettro della guerra produceva su tutti
gli stessi inconfondibili effetti. Ancora una volta aveva evitato i luoghi in
cui era più facile incontrare soldati o cavalieri, ma si era tenuto alla
larga anche dagli occhi curiosi dei contadini. Quando il fiume aveva svoltato a
sud con un lungo braccio esteso fin quasi all’estremo confine del Regno,
Shaoran aveva proseguito verso est, nella trepidante attesa di vedere stagliate
all’orizzonte le lontanissime chiome della Foresta degli Elfi.
Era ormai passato il crepuscolo, e la luce che
rischiarava il suo cammino proveniva unicamente dalle stelle, quando Shaoran
fermò il cavallo e smontò per proseguire a piedi, sgranchendosi
finalmente le gambe, in cerca di un posto dove passare la notte.
Camminava lentamente, cercando di riabituarsi alla
sensazione di tenere i piedi a terra dopo la lunga cavalcata. Si sentiva
sfinito, fisicamente e interiormente.
Dove lo avrebbe portato quel viaggio? Possibile che
stesse davvero seguendo le orme di uno Specchio in grado di realizzare i
desideri degli animi puri? Ma lo avrebbe mai trovato? E chi avrebbe potuto
usarlo? Mille domande senza risposta gli turbinavano nel petto, togliendogli
quasi il respiro.
Cercò di scuotersi e di allontanare quei pensieri.
Al momento doveva solo preoccuparsi di dover passare un’altra notte all’addiaccio.
Si mosse con più decisione, tirando dolcemente il cavallo per le redini,
finché gli sembrò di vedere una debole luce, lontana tra gli
alberi. Cautamente, si diresse in quella direzione.
Sakura
ingoiò un pezzo di carne di daino e si soffermò con lo sguardo su
Tomoyo.
«Sei sicura di non volerne assaggiare?»
La ragazza che non era umana le sorrise e scosse la
testa.
«Ti ringrazio, ma gli Elfi non tollerano di
nutrirsi di carne animale. Gli animali sono creature come noi, e non potremmo
mai nemmeno pensare di ucciderne uno, figurarsi di mangiarli. Ma so che la tua
razza la pensa diversamente, e ancora una volta rispetto le scelte di chi
è diverso da me e dalla mia specie.»
Sakura abbassò lo sguardo sulla sua cena, a
disagio. Scuotendo la testa, addentò un altro boccone e lo
masticò assaporandolo a fondo, osservando
Era passato solo un giorno da quando aveva incontrato
Tomoyo, eppure aveva l’impressione che lei la conoscesse da sempre.
Sembrava leggerle dentro con estrema facilità, e più di una volta
Sakura si era chiesta se gli Elfi non potessero anche leggere nel pensiero. E
quegli occhi… Quegli occhi avevano l’indubbia capacità di
stregarla. Che fosse per questo che aveva deciso di accompagnarla?
Perché davvero Sakura ancora non riusciva a capire
come avesse potuto lasciarsi convincere. Lei era totalmente indifferente al
resto del mondo, perché era sempre stata sola, in opposizione
all’insieme del mondo circostante; era così disinteressata e
neutrale che non sentiva nemmeno il bisogno di voler tentare di guardare il
proprio riflesso nello Specchio degli Elfi e desiderare la fine della guerra,
né tanto meno di esprimere un qualsiasi altro desiderio. Eppure a quella
fanciulla che governava un popolo misterioso e sapeva tutto di lei, finanche
ciò che lei stessa ignorava, non aveva saputo dire di no. E forse era
proprio questo che l’aveva legata a Tomoyo, il fatto che lei la
conosceva, e il fatto che si stava dirigendo in quella che, come aveva appena
scoperto, era la terra delle sue origini. O forse c’era dell’altro?
Sakura scrollò le spalle mentre terminava la sua
cena. Aspettò che anche Tomoyo si fosse rifocillata con il suo cibo,
prima di accoccolarsi contro la grossa radice d’albero su cui era stata
seduta, cercando una posizione per addormentarsi.
All’improvviso sobbalzò, alzandosi di nuovo
a sedere, attenta.
Dei passi si avvicinavano tra gli alberi, con suoni lenti
e pesanti. Stivali. E zoccoli di cavallo.
Sakura si voltò verso Tomoyo e vide sul suo viso
la sua stessa attenzione. Le fece segno di tacere, poi si alzò
silenziosamente, spense le ultime fiamme del fuoco che aveva acceso per cuocere
il daino e andò a prendere Tomoyo per un braccio, nascondendosi con lei
in un intrico di cespugli.
Attesero in silenzio.
Shaoran
fermò il cavallo e si guardò intorno. Il bagliore che aveva
intravisto e seguito era scomparso. Fece ancora qualche passo e presto si
accorse che la luce delle stelle colpiva i resti di un piccolo falò.
Si avvicinò lentamente e ispezionò il posto
con lo sguardo. Qualcuno doveva essersene andato di lì da poco. Si
chinò accanto ad una robusta radice di un albero, e in quel momento i
suoi sensi addestrati dal campo di battaglia percepirono un movimento.
All’erta, finse di concentrarsi sul fuoco spento, ma i suoi occhi erano
chiusi, la mano contratta sulla spada nel fodero appeso alla cintura, tutto il
corpo teso per capire da quale direzione provenisse il… qualcosa.
D’un tratto, ebbe la netta consapevolezza di una
presenza.
Si voltò di scatto e sollevò la spada
all’altezza degli occhi, contrastando appena in tempo un colpo di pugnale
diretto alla sua testa. Si alzò e tenne la spada contro il coltello, ma
non sentì il misterioso nemico arretrare. Quando le due lame si
abbassarono, consentendogli di guardare in faccia l’avversario, Shaoran
si ritrovò a ricambiare lo sguardo di due occhi di una stupefacente tonalità
di verde.
Una ragazza…
Shaoran si tirò indietro di scatto. La giovane che
lo aveva attaccato gli fu di nuovo addosso, puntandogli alla gola quello che si
rivelò essere un coltello da caccia, e si fermò con il viso
vicinissimo al suo, guardandolo con furore.
«Mai abbassare la guardia, straniero», gli
soffiò sul volto.
Shaoran scoprì di avere il respiro ansante. Non si
mosse, non reagì in alcun modo, e forse approfittando di questa sua
mancanza di reazione la ragazza lo spinse contro l’albero, con sorprendente
energia, continuando a tenerlo a portata di lama.
«Chi sei?», disse ancora. «Ci stavi
seguendo?»
Senza distogliere gli occhi dai suoi, Shaoran
spostò lentamente il braccio di lei. Stranamente, la ragazza non fece
resistenza. Sembrava perplessa, ma decisa a non darlo a vedere.
«Non ti ho mai vista prima», mormorò
il cavaliere. «Non so nemmeno con chi sei. Come potrei avervi seguito,
chiunque siate tu e i tuoi compagni?»
La sconosciuta lo fissò furente. Shaoran la
osservò. Doveva avere la sua età; aveva corti capelli castano
chiaro e vestiva come una guerriera. Eppure il suo sguardo non era quello di
una persona che conosceva la guerra… Era troppo vivo.
«Non hai risposto alla mia prima domanda,
straniero. Chi sei?»
Shaoran incontrò di nuovo quegli occhi verdi. E
guardandoli, non riuscì a non essere sincero.
«Un cavaliere della Terra del Buio.»
L’espressione di lei fu attraversata da un breve
lampo di sorpresa, poi rimontò la collera. Brandì di nuovo il
coltello, mirandolo alla sua faccia.
«Quand’è così, non sei il
benvenuto qui nella Terra della Luce.»
«Fermati, Sakura.»
Shaoran non aveva idea di chi avesse parlato. Vide la
giovane guerriera immobilizzarsi, poi voltarsi verso un punto imprecisato alla
sua destra, e seguendo il suo sguardo scorse una seconda fanciulla, il cui
colorito diafano e il cui vestito bianco sembravano riflettere la luce di tutte
le stelle del mondo.
La nuova arrivata si avvicinò alla ragazza e le
abbassò il braccio armato di coltello, poi guardò Shaoran. Il
giovane si sentì stranamente smascherato da quello sguardo, come se
andasse ad indagargli fino in fondo all’anima.
«Cosa cerchi lontano dal tuo esercito, cavaliere
della Terra del Buio?»
Shaoran la guardò, poi tornò a guardare la
guerriera. Erano due adolescenti come lui, e non c’era motivo di mentire,
loro non potevano costituire una minaccia… E poi quegli sguardi, quegli
sguardi non meritavano bugie…
«Va bene, ve lo dirò. Cerco gli Elfi.»
Le due si scambiarono uno sguardo, e Shaoran non seppe
decifrare quel che si dissero con quella breve occhiata.
«Una ricerca difficile», disse poi la ragazza
vestita di bianco, tornando a guardarlo. Nella penombra, sembrava quasi
sorridere. «Me ne domando il motivo…»
Il cavaliere andò di nuovo con gli occhi
dall’una all’altra. Non sapeva perché, eppure sentiva di
potersi fidare di loro, di poter parlare liberamente. Sospirò, si
appoggiò all’albero alle sue spalle e cominciò a parlare
senza più guardarle apertamente in viso.
«È una storia lunga. Sappiate solo che sono
venuto a conoscenza di un… uno Specchio, appartenente alla Principessa
degli Elfi… Si dice che se un Essere Umano riuscisse a guardare il
proprio riflesso in quello Specchio potrebbe realizzare il proprio desiderio
più grande, o qualcosa del genere. E io… Io so di non esserne degno,
e non mi aspetto nemmeno di poter parlare con gli Elfi, ma… Ma se solo si
potesse… Vorrei solo che tutto questo finisse… Vorrei che il Regno
possa conoscere la pace che per troppo tempo gli è stata negata.»
Calò il silenzio. Fu la voce della guerriera a
romperlo.
«Siamo al corrente di quella storia. Ma tu, un
cavaliere, dedito alla guerra, perché mai dovresti volere la
pace?»
Shaoran sollevò il viso e incontrò i suoi
occhi. Parlò con voce vibrante di sentimenti repressi ma mai spenti.
«Credimi, non c’è altro che io voglia
a questo mondo. Sono un cavaliere, è vero, ma non ho esitato a voltare
le spalle alla mia condizione, non appena mi si è presentata
questa… strada… questa speranza. Non posso più sopportare le
battaglie e il sangue e il fatto che il mio destino sembra essere già
tracciato perché deciso da altri. No, io voglio cambiare le cose. Puoi
non credermi, se vuoi, ma è così. E non so nemmeno perché
ora sto qui a cercare di spiegarlo a due sconosciute.»
La giovane dagli occhi verdi sosteneva il suo sguardo, ma
la sua espressione non mostrava più la collera di poco prima. Era
evidente che si stava chiedendo chi fosse mai quel cavaliere di un paese nemico
che era arrivato all’improvviso con una storia non totalmente detta di
ricordi e paure.
Poi la ragazza con il vestito bianco prese la compagna
sottobraccio e si rivolse a Shaoran.
«Perdonaci, cavaliere, ma io e la mia amica
dobbiamo parlare. Ti prego di aspettarci.»
Shaoran rimase a guardarle allontanarsi, due sconosciute
con cui si era aperto senza esitazioni, due ragazze che probabilmente non
avevano idea di ciò che lui provava davvero ogni volta che pensava allo
Specchio degli Elfi. Sospirò di nuovo e rimase così, con le
spalle all’albero, gli occhi persi nel cielo della notte piena dei suoi
fantasmi.
Sakura
si fermò e si voltò a guardare Tomoyo.
«Io e la mia
amica dobbiamo parlare?», sbuffò. «Però,
convincente.»
Tomoyo la ignorò e, sporgendosi tra gli alberi
dietro i quali si erano fermate, guardò il giovane cavaliere.
«Che ne pensi, Sakura?»
Lei sbuffò di nuovo e si mise al suo fianco,
sbirciando a sua volta il ragazzo dagli occhi e i capelli castani.
«Penso che ci sta nascondendo qualcosa.
Innanzitutto, non è un po’ troppo giovane per essere un
cavaliere?»
«A volte il valore non ha nulla a che vedere con
l’età.»
«Va bene, come vuoi. Ma il fatto che si stia
dirigendo alla tua Foresta da solo non è normale. Solo, niente armatura,
niente difese… Insomma, uno non può farcela così, con un
viaggio totalmente improvvisato. Secondo me c’è sotto qualcosa. Magari
ha tutt’altre intenzioni. Ad ogni modo, io dico che dovremmo
liberarcene.»
«Ah, davvero? E cosa intendi fare?
Ucciderlo?»
Sakura non rispose. Continuò a guardare il
ragazzo; il cavallo che aveva lasciato poco distante gli si era avvicinato, e
ora lui, rinfoderata la spada, gli accarezzava lentamente il muso. Aveva
l’aria di una persona che non ha nulla e che per questo non ha paura di
mettersi in gioco e di continuare a perdere. Le ricordava un po’ se
stessa…
«Sakura», mormorò Tomoyo,
«guarda i suoi occhi. Ti assicuro che quel ragazzo non mente. Se lo
guardi, puoi capirlo anche tu. Odia la guerra, e vuole farla finita, ecco
tutto. Il suo animo è davvero puro.»
Esasperata, Sakura si voltò verso di lei.
«E allora? Noi che cosa dovremmo fare? Dargli lo
Specchio? Senti, solo ieri mi hai chiesto di aiutarti a distruggerlo. Mi hai
detto che ormai genera solo altra violenza, che non vale la pena continuare a
sperarci. Non mi dire che è bastato questo… sconosciuto dal cuore
puro per farti cambiare idea!»
«Non ho detto questo, infatti.»
«Ma…?»
«Ma…» Tomoyo distolse gli occhi dal
cavaliere della Terra del Buio e la guardò con aria sognante. «Ma
voglio dargli una possibilità. Mi fido di lui. Ascolta: gli diremo che
gli Elfi si sono trasferiti a nord, dagli Angeli, e che anche noi stiamo
andando lì. Gli proporremo di viaggiare insieme…»
«Cosa?»
«… E arrivati a destinazione, vedremo se il
suo cuore si sarà dimostrato tanto puro da poter usare Aamyan. Altrimenti,
distruggeremo comunque lo Specchio, quando sarò convinta che non
c’è più alcuna speranza perché l’Uomo possa
averlo.»
Sakura la guardava sconcertata. Dopo un breve silenzio,
sospirò e scosse la testa.
«Io proprio non ti capisco. Hai bisogno di
portartelo dietro fin lassù? Non puoi semplicemente capire già da
ora se è degno o meno di ciò che intende fare?»
«Sakura, non è questo il punto. Io vedo ogni
merito in quel ragazzo, e del resto credo che chiunque possa leggerglielo
nell’espressione. Ma l’Uomo è una creatura complessa. Il
più delle volte cambia per un nonnulla, perché vede diverse
opportunità che lo conducono alla stessa meta attraverso percorsi
differenti… Gli Esseri Umani che finora hanno tentato di avvicinarsi ad
Aamyan erano animati tutti da intenzioni nobili e sincere, ma poi la sorte li
ha mossi a suo piacimento… Io posso osservare e comprendere l’animo
umano, ma non posso prevedere il futuro. Non sono in grado di vedere fino a che
punto quel giovane manterrà la sua purezza di spirito, e se e quando si
lascerà invece scivolare in una strada più facile da percorrere,
sporca del male, come tanti hanno fatto prima di lui e come tanti faranno
ancora.»
Sakura si portò le mani alle tempie, esausta.
Tutto questo era troppo, per lei. Di solito non doveva preoccuparsi che di
sopravvivere; ora, invece, si sentiva spossata da mille pensieri da
fronteggiare, segreti da mantenere, enigmi da capire. Sospirò di nuovo.
«E va bene. Facciamo come vuoi tu.»
Shaoran
aveva gli occhi chiusi, la guancia contro il collo caldo e vivo del suo
cavallo, una mano aggrappata alla sua criniera come ad un’ancora di
salvezza, l’altra affondata nella tasca dei larghi pantaloni. Si sentiva
totalmente sperduto, lanciato in un viaggio insensato, spogliato di fronte a
persone mai conosciute prima e illuso in un’aspettativa troppo grande e
misteriosa. Forse non era stata una buona idea svelarsi così con le due
estranee che aveva incontrato sulla sua strada. Forse stava facendo una
sciocchezza dietro l’altra. I ricordi che il racconto gli aveva evocato
alla mente, i duri e vividi motivi del suo disprezzo per la guerra, non
contribuivano a dargli coraggio…
Percepì i passi leggeri delle due ragazze che
tornavano ad avvicinarsi e aprì gli occhi.
Sembravano così diverse. L’una così
impetuosa, l’altra così tranquilla. Eppure entrambe erano riuscite
in qualche modo a farsi strada nella breccia eretta intorno alla sua memoria,
inducendolo a mostrare le sue più remote debolezze.
Le due si fermarono. Shaoran vide che la guerriera dagli
occhi verdi si riallacciava il coltello in vita, senza guardarlo.
«Cavaliere», disse l’altra fanciulla,
«noi sappiamo qualcosa che tu non sai.»
Neutro, Shaoran spostò lo sguardo sul suo viso
candido quanto il suo abito.
«Gli Elfi che tu cerchi non vivono più nella
Foresta.»
Il ragazzo sentì che il cuore gli saltava un
battito. Si allontanò dal cavallo e dall’albero, concentrandosi su
di lei.
«Lo Specchio di cui parli ha causato molte lotte,
molte brame, e gli Elfi si sono allontanati da tutto questo e dalla Terra della
Luce, dirigendosi a nord, nella regione abitata dagli Angeli. Ed è
proprio lì che noi due siamo dirette.»
«Voi…» Shaoran la guardò
confuso. «La terra degli Angeli? Esiste davvero? Credevo fosse solo una
leggenda per spiegare le origini dello Specchio…»
«Oh, no, niente affatto.» La ragazza sorrise,
e la tensione intorno a loro sembrò allentarsi. «Anche noi, come
te, cerchiamo un modo per sfuggire all’ombra della guerra, e intendiamo
conferire con gli Elfi. Crediamo nella tua sincerità, e vorremmo
offrirti di viaggiare insieme.»
Sbalordito, Shaoran guardò da lei alla guerriera.
Era quello il motivo di tutto quel mistero? Cercavano di capire se potevano
fidarsi di lui?
In quel momento, la ragazza che aveva cercato di ferirlo
si voltò a guardarlo. Occhi verde giada. Sotto il suo sguardo, Shaoran
provò l’assurda sensazione di gettarsi nel vuoto.
«Per me sarebbe un onore», mormorò in
risposta, senza distogliere gli occhi dalla guerriera.
L’aria
della notte era divenuta rapidamente fredda. Sakura accese un altro fuoco e
rimase a lungo accosciata accanto alle fiamme, scaldandosi le mani. Poco
lontano, Tomoyo era già profondamente addormentata. Sakura
sospirò tra sé, chiedendosi se l’idea della Principessa
elfica si sarebbe rivelata determinante, se c’era ancora un qualche
diritto di sperare in Aamyan e in un animo puro. Quel pensiero la indusse a
voltarsi verso il ragazzo.
Il cavaliere adolescente era seduto contro la stessa
radice vicino alla quale lei stava cercando di addormentarsi appena prima di
incontrarlo. I riflessi del fuoco infiammavano di riverberi i suoi capelli castani
e sembravano cancellare le ombre nei suoi occhi, che sembravano
irrimediabilmente distanti, anche se erano fissi su di lei.
A disagio, Sakura si allontanò dal fuoco e
appoggiò la schiena all’albero, piegando le gambe tra le braccia.
«Non hai bisogno di dormire, guerriera?»
Si voltò a guardare il ragazzo. Certo che ne aveva
bisogno, avrebbe voluto rispondergli; se solo lui avesse smesso di guardarla
con tanta insistenza…
«Non molto. E nemmeno tu, a quanto vedo.»
Finalmente lo vide distogliere lo sguardo. Lo aveva messo
in difficoltà, e ne provò un’inspiegabile, intima
soddisfazione, che però scemò subito. Lo sconosciuto sembrava
tormentato da demoni impossibili da evitare.
«Il tuo nome è Sakura, vero?» Lui
parlò senza guardarla. «Ho sentito la tua amica chiamarti
così… mentre cercavi di uccidermi.»
Di nuovo a disagio, Sakura si limitò ad annuire.
«Lei si chiama Tomoyo», disse, preferendo
parlare di altri che di se stessa.
Il cavaliere si voltò, con un’espressione di
sottile meraviglia.
«Come
Sakura avrebbe voluto schiaffeggiarsi per la propria imprudenza.
Cercò di uscirne con un’alzata di spalle.
«La sua famiglia è sempre stata affascinata
dagli Elfi», buttò lì.
«Capisco…»
«Qual è il tuo nome, straniero?»
Per la prima volta, lui le rivolse un mezzo sorriso.
«Shaoran.»
Beh,
direi che come primo incontro tra i nostri eroi è un po’
rocambolesco, eh? Ma vedrete, da qui in poi ne accadranno davvero delle
belle… Alla prossima!