Titolo: End of Time
Serie: Tokyo Mew Mew
Capitolo: Side Story -01-
Rating: Nc-14
Pairing: //
Note: Sono secoli che non prendo in mano questa fic, questo pomeriggio mi
sono decisa a rispondere alla mail di Miya in cui mi proponeva la sua idea per
il nuovo personaggio, e non so come mi è venuta l'ispirazione per questo
capitolo. Non è considerato un vero e proprio capitolo della fic perché si
tratta più che altro di una side story, di una storia a parte per
introdurre per l'appunto la new entry^^. Mi è uscito strano e -manco a dirlo-
non centra nulla con l'idea che moooolto inizialmente, mooolto tempo fa, avevo
per portare avanti la fic. Pazienza. Va bene anche così, tanto chi lo sa quando
mi deciderò a scrivere e postare nuovi capitoli>_>""...
Per i fan di Ryou e di Ichigo mi spiace ma in questa side story non compariranno, per i fan di Kisshu idem con patate v_v e per i fan di Masaya-kun, wè, fatevi sentire che non voglio esser l'unica ç_ç! Ah, comunque non compare neppure lui XD! C'è solo il nuovo pg, totalmente inventato e totalmente sotto il mio
©, almeno per ora, perché non è detto che in futuro, quando lo delineerò meglio non prenda spunto da quello che mi è stato suggerito da Miya XD!Note aggiuntive sul capitolo: Allora, il capitolo si ambienta nove mesi prima dell'inizio di tutta sta faccenda del ritorno di Kisshu, del coma di Masaya e dell'arrivo del piccolo adorabile albino*_*"... e termina portandosi in avanti di soli sei mesi. Il che, facendo un paio di calcoli significa che la "telefonata" della tizia (leggete e capirete v_v) avviene più o meno tre mesi prima dell'inizio di sta fic. Claro? No? Ma chi se ne frega*_*!
Buona lettura.
Side Story
.Bornt from Egg.
.Nine months ago.
Silenzio.
Immobilità.
Freddo.
Non respiro.
Acqua.
Buio.
Solitudine.
Non vedo niente.
Insensibilità.
Bolle.
Nulla...
Non sento niente...
SVEGLIATI!
- E' un sogno... Sto sicuramente sognando. -
Quando Saki Imura vide quel che stava accadendo decise arbitrariamente di star
sognando o, se non altro, di star avendo una visione, una di quelle convincenti,
ma sicuramente poco probabili.
- Guarda tou-san, sta nascendo! -
Quando Mai Imura vide quel che stava accadendo decise arbitrariamente che
quella ragazza stava nascendo.
Proprio così.
Una ragazza in tutto e per tutto, quindici anni d'apparenza, non dovrebbe
nascere. Dovrebbe svegliarsi. Dovrebbe alzarsi. Dovrebbe uscire da un coma,
se proprio vogliamo.
No.
Lei stava a tutti gli effetti nascendo.
O, perlomeno, il meccanismo era lo stesso.
Erano da poco passate le due e mezza del mattino quando quello strano affare
precipitò nel giardino di casa Imura, provocando un solco di quattro metri
d'altezza. Eppure non si ruppe. Fece un gran fracasso, tanto da svegliare tutto
il vicinato e toglier il fiato Soichiro, quel dannato cane rompiscatole che, per
la prima volta, non ebbe neppure il coraggio di muover un muscolo per abbaiare.
Paura. Tanta.
E quando la piccola Mai saltò giù dal suo caldo lettuccio infilandosi le grosse
ciabattone bianche e pelose dalle buffe sembianze di coniglietti, correndo fuori
sul giardino, la boccuccia si spalancò a formare una "o" per poi chiamare a gran
voce il padre. Saki Imura.
Anche lui saltò giù dal letto, sicuramente più allarmato di una bambina di sette
anni che poco poteva saperne di quel che accade nel mondo, solo che non perse
tempo a infilare le ciabatte, non infilò la vestaglia e neppure si guardò
intorno; di corsa impugnò la fidata mazza da baseball e si precipitò in soccorso
alla sua adorata Mai, per proteggerla da qualsiasi malintenzionato potesse aver
causato le sue urla.
In effetti la scena si dimostrò più buffa di quel che sarebbe dovuta essere.
- E quel... quell'affare che cos'è?! -
Quell'affare era un uovo.
Esattamente.
Un enorme uovo di vetro, circondato da ermetiche chiusure in un metallo
argenteo, che racchiudeva al suo interno del liquido amniotico in cui, lo
intravide, si trovava un corpo.
Qualcuno urlò.
Ci volle qualche secondo perchè Mr. Imura capisse che si era trattata della sua
voce.
Mai fece per avvicinarsi al solco che quell'Uovo-Capsula, o qualsiasi cosa fosse
stato, aveva provocato. Voleva toccarlo. Voleva vedere meglio cosa conteneva
perchè, a dirla tutta, era convinta si trattasse di un enorme uovo di pasqua, di
quelli dove nascono i pulcini però! E quello doveva essere un pulcino bello
grosso date le dimensioni.
Due metri, centimetro più, centimetro meno, e quando la parte superiore iniziò a
rompersi, un rumore acuto e fastidioso risuonò per la via.
Insopportabile.
La piccola e suo padre furono costretti a tapparsi le orecchie.
Il povero Soichiro, dotato di un udito migliore, abbaiò talmente forte che perse
la voce e, in seguito, svenne per il dolore.
Le auto parcheggiate lanciarono nell'aria il grido del loro antifurto e qualche
vicino maledisse tutto ciò che gli capitò a tiro, Buddah e tutte le divinità che
gli vennero in mente.
Poi, di colpo, tutto smise e fu di nuovo silenzio. Un assurdo silenzio, irreale,
mentre dita sottili e affusolate, molto simili a zampe di ragno, si protesero
verso il cielo e due braccia si mostrarono uscendo dal liquido amniotico in cui
erano prigioniere. Seguì un busto, le gambe ed infine il corpo nudo di una
ragazza, completamente bagnato ed infreddolito, venne alla luce senza pudore.
La pelle era liscia e pallida, di un candore molto simile a quello di un
Fantasma Errante.
I fianchi erano stretti e le gambe lunghe, il ventre piatto ed il viso dai
lineamenti morbidi.
Non aveva un seno prosperoso, tutt'altro, e proprio per questo nessuno -in
un'occasione diversa da questa- le avrebbe dato più di quattordici o quindici
anni.
Aveva capelli di un colore strano.
Non erano castani.
Non erano corvini.
Non erano rossi.
Forse potevano sembrare biondi, ma non sarebbe stata la definizione adatta.
I suoi capelli erano di un biondo sporco, di un oro spento, di un giallo cupo.
I suoi capelli avevano il colore di un Sole Morto.
Si arricciavano in boccoli ora tutti appiccicosi a causa del liquido amniotico e
non arrivavano neppure alle spalle. Incorniciavano un visino giovane che, non
appena riuscì a portarsi alla luce flebile di una luna ancora alta nel cielo,
aprì i suoi occhi per mostrare iridi vacue e senza alcuna espressioni.
- Tou-san, perchè quella ragazza è senza vestiti? - domandò Mai, puntando il
dito piccolo e paffuto in sua direzione e tirando il pigiama dell'uomo.
- Non... non lo so... Ma non è sicuro stare qui fuori... - balbettò invece Saki,
prendendo in braccio sua figlia e indietreggiando spaventato. Perchè vide altro
in quella ragazza, perchè ebbe l'orribile sospetto di esser finito sul set di
un film horror e ricordava che in certi casi i personaggi comuni come lui non
avevano mai una bella fine.
- Andiamo dentro... Andiamo via... -
Con queste ultime parole abbracciò stretto sua figlia e corse all'interno della
casa, barricandosi dentro, chiudendo con una tripla mandata la serratura,
spostando a fatica il grosso divano davanti al portone d'ingresso e controllando
che ogni finestra e persiana fosse bloccata.
In salvo.
- Tou-san, chi era quella ragazza? Perchè è uscita da un uovo? Perchè aveva
quella cicatrice? -
- Mai-chan... è solo un sogno... è solo un sogno... -
Ecco cos'aveva visto.
La cicatrice.
Uno scempio, un marchio, un taglio. Qualcosa insomma che faceva male soltanto a
guardarla e che deturpava il corpo esile di quella figura femminile.
Una cicatrice che sul fianco destro ne divorava la pelle aprendosi dall'altezza
del seno e incurvandosi verso l'inguine e verso il fondoschiena a formare il
vago disegno di due piume.
Ma non erano davvero piume e quello non era davvero un disegno.
Era un ricordo, brutto, pessimo.
Era il segno di una spaventosa bruciatura.
E poi c'erano le orecchie.
Le aveva visto, ne era sicuro.
Quelle non erano orecchie normali, umane.
Gli esseri umani non hanno orecchie a punta!
- Mai... dimentica quello che hai visto... è solo un sogno... -
E forse lo fu davvero un sogno, perchè dopo qualche ora, quando l'alba permise
al sole di sorgere in un nuovo giorno, tutto fu di nuovo come sempre era stato e
quando, deglutendo spaventato, Mr. Imura fece capolino con il capo fuori dalla
porta, ne rimase totalmente spiazzato.
Soichiro abbaiava al solito contro il postino che non aveva nessuna colpa se non
quella di consegnare puntualmente il giornale.
La signora Kamimura stendeva i panni, i soliti da che ricordasse, sempre quelle
tre lenzuola bianco panna e la tuta da lavoro di suo marito, di un arancione
intenso.
Infine nessun solco, nessun buco nel giardino, nessun Uovo o Capsula, o
navicella spaziale super tecnologica e super strampalata. Soprattutto, nessuna
ragazza nuda con le orecchie a punta e la cicatrice di una bruciatura.
Niente.
Un giorno come gli altri.
- E'... è stato davvero un sogno...? -
Sì.
No.
Chi lo sa.
A Saki Imura andò perfettamente così...
.Six months later.
- Negativo. Nessuno riuscirebbe a raggiungere la Sorgente, per quanto ci abbia
provato neppure io ho trovato un modo per accedervi. -
Una voce femminile si spargeva nell'immensità del luogo, lasciando che i suoi
echi ritornassero da una parete all'altra riempiendo la stanza.
- Sìssignore, lo so, per questo sono stata incaricata di rimanere a guardia dei
Cancelli di Zaffiro. -
Una morbida cascata di boccoli ricadeva sulle spalle esili di una figura dalle
forme longilinee e slanciate, sebbene l'altezza non raggiungesse il metro e
sessantaquattro o sessantacinque.
- Sto provvedendo. Presto troverò la Chiave. -
Gocce d'acqua trasparente colavano per il corpo e fumo caldo la nascondeva in
parte alla vista mentre il corpo era immerso per metà in una fonte d'acqua
termale, al centro di un'enorme stanza dalle pareti di roccia bigia ed un
soffitto che pareva di vetro. Naturalmente non era vetro. Era ghiaccio e sempre
ghiaccio ricopriva in parte colonnati di pietra sistemati ai quattro angoli di
quel luogo.
Dita affusolate erano allacciate intorno ad uno strano trasmettitore, senza
fili, senza batteria, difficile capirne il funzionamento, difficile anche
credere che funzionasse davvero. Eppure una voce gracchiava al di là, dal tono
profondo, in una lingua che non era la stessa di quella della giovane.
Perchè lei parlava una lingua umana, giapponese per la precisione, l'uomo o
quello che poteva esser tale, parlava invece una lingua mai sentita prima.
Aliena.
- Sìssignore, ho saputo che loro si trovano in questo Mondo. Non tema,
farò il mio dovere. -
Un sospiro sfuggì da labbra morbide e carnose quando la voce smise di gracchiare
dal trasmettitore e la trasmissione venne chiusa.
Poggiò l'oggetto sul pavimento roccioso e lentamente le gambe si portarono ad
inginocchiarsi nell'acqua, immergendo completamente il suo corpo, sino a
nascondere nel caldo liquido una dolorosa cicatrice che ne deturpava il fianco
destro.
- Shir irl'k to ptehkh. - mormorò la sua voce, in un sussurro che
flebile si spense poco dopo.
Lingua aliena.
Condanna di morte.
Shir irl'k to ptehkh.
Morte ai Traditori.
.Bornt from Egg.
†THE END†