Serie TV > I Cesaroni
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Autore: Nike93    04/05/2008    1 recensioni
La diciottenne India si trasferisce a Garbatella per due anni. Lì farà la conoscenza della grande famiglia Cesaroni e, soprattutto, dei Masetti: un ragazzo spensierato e irriverente, una professoressa vigile e severa, un meccanico simpatico e distratto. Non tutto ciò che sembra complicato lo è davvero...
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 31 – Esami

 
Se i quattro giorni trascorsi dopo l’annuncio di Laura erano stati terribili, quelli che seguirono furono ancora peggio. Insopportabili, quasi.

Se tu parti, io non ce la faccio.
Quelle parole erano impresse a fuoco nella mente di India, insieme a molte altre, e continuavano a tormentarla ad ogni ora del giorno e della notte.
Walter.
Quante cose avrebbe voluto dirgli. In un certo senso gliele aveva spiegate, le sue ragioni. Taglio netto. Veloce e indolore. Per quanto questo fosse possibile, certo. C’erano stati gli ultimi giorni di scuola, e India non poteva mettere una benda e non guardarlo più.
Aveva avuto la tentazione di chiedergli se avesse voluto dirlo a qualcuno. Veronica, Marco, Eva, Stefania… Ma cosa c’era, poi, da dire? Le avrebbero chiesto perché, se per caso non si potesse fare qualcosa, se era colpa di qualcuno. Le stesse domande che le aveva fatto Walter. Ma se parlare con lui non era servito a nulla, a cosa sarebbe servito il resto?
Se India avesse avuto il coraggio necessario, gliel’avrebbe detto, tutto quello che le passava per la testa.

 
Walter, non so più cosa pensare di te.
Da una parte ti odio, e non immagini neanche quanto. Perché mi hai spronata a riprendere i rapporti con mia madre, convincendo anche me che fosse la cosa giusta. E poi, proprio quando stavo cominciando a credere di vivere in un sogno, sono caduta dal letto. Sapessi quanto mi sono fatta male, Walter. Ho un bernoccolo che non accenna a voler sparire.
Ed è solo colpa tua.
Se tu non avessi cominciato a farmi sognare, il risveglio non sarebbe stato così doloroso. Ma io non avevo mai fatto sogni così belli, prima, quando tu non eri ancora entrato nella mia vita. Quindi dovrei anche ringraziarti, no?
Ma ci sono talmente tante cose per cui vorrei ringraziarti, che mi sembra di aver perso il conto.
Quante cose hai fatto per me?
Troppe, forse. Troppe cose che non sono neanche più certa di aver meritato.
E questo è uno degli infiniti motivi per cui ti amo, Walter. Che poi è la stessa ragione per cui ti odio.
Ecco, se tu non mi avessi ispirato sogni così dolci, non mi sarei fatta tanto male cadendo. Se tu non ti fossi fatto amare quanto io posso e quanto tu meriti, ora non ti odierei.
Ma se non ti odiassi vorrebbe dire che non ti amo, no?
E allora preferisco così.
Ti ho chiesto di dimenticarmi. Forse te l’ho chiesto proprio perché sapevo che per me sarà impossibile dimenticare te.
Non lo so, non so più niente.
Vorrei mettere tutto questo in un foglio di carta, in una lettera, vorrei poterti dirti quello che c’è da dire. Ma allora penso che non riuscirei più ad andarmene.
E io voglio amarti, Walter, ma più di tutto voglio che tu sia felice. E questo non sarà possibile se continuerò ad essere legata a te come lo sono stata e come vorrei continuare ad essere…
E allora perdonami, Walter.

 
Ma non c’era stato bisogno di chiedere nulla. Gli sguardi dei suoi amici dicevano tutto.
In un primo momento, Veronica sembrava voler picchiare India, poi l’aveva abbracciata stretta.
- Perché non m’hai detto niente, maledizione a te?! –
- Vero, non voglio che nessuno stia male, basto io. – A quelle parole, Veronica si era sciolta dall’abbraccio e aveva puntato i suoi occhi azzurri in quelli verdi dell’amica.
- Questa è la stessa cosa che hai detto a Walter, vero? –
E India si era vergognata come non mai.
- India, dove c’hai la testa? Quello là è distrutto. Perché fai così? Non se lo meritava da parte tua, sai? –
- Vero, per favore, la pianti di rimproverarmi?! –
- No, non la pianto! Sei liberissima di andare dove ti pare e piace, India, puoi dimenticarci tutti quanti, ma non puoi chiederci di fa’ lo stesso con te. – India aveva rialzato lo sguardo ed aveva incrociato quello di Veronica. Questo era bastato a farla sciogliere di nuovo.
- Oh, Vero… come puoi dire una cosa del genere? Io non dimenticherò mai nessuno di voi, e anche se volessi non ci riuscirei! – aveva mormorato, abbracciandola e cercando di non piangere, senza molto successo. – Cavolo… maledizione a te, piuttosto! Non ne posso più di fare la fontana ambulante! –
- Prepara le riserve, India, anche Marco vuole parlare con te. –
- Allora siamo a posto… -
E aveva parlato anche con lui, infatti.
- E’ uno scherzo, vero? – era stato il suo esordio.
- No, è la verità. – Inizialmente la tensione era palpabile tra i due, ma poi India cercò di non far precipitare di nuovo il morale a terra. Con Marco era abbastanza facile lasciarsi trascinare dalla depressione. – Dài, ti immagini? Ora dovrete trovarvi un’altra baby sitter. Chissà che non sia il tuo futuro grande amore! –
Ma lo sguardo che Marco le aveva lanciato in risposta non era certo allegro.
- Ma non sarai tu. –
- Marco, ti prego… Non rendermela ancora più complicata. –
- Per carità, spero solo che tu ti renda davvero conto di quello che stai facendo. –
- Credi che ne sia felice? – Per un attimo si erano guardati in cagnesco, poi India l’aveva abbracciato, così, senza pensarci neanche. – Venitemi a trovare, un giorno, tu ed Eva… e portate anche gli altri, eh?, che laggiù ci si deve stare benissimo. –
- Cavolo, India, che combini? –
- Io non combino niente, sono gli altri che combinano tutto al mio posto… -
- Certe volte non ti capisco. Come puoi accettare una cosa del genere? –
Visto?, avrebbe voluto dirgli. Tu e Walter non siete poi così diversi.
Chissà se in futuro sarebbero riusciti a trovare un nuovo punto d’accordo… Forse sarebbe rinata un’amicizia, e con la sua assenza si sarebbero ritrovate due persone che erano state lontane per troppo tempo.
Aveva parlato anche con gli altri Cesaroni, quella grande famiglia di cui ormai si sentiva un po’ parte. Aveva visto le lacrime di Mimmo, aveva risposto alle domande di Giulio, aveva visto il muso lungo di Rudi accompagnato da un ostinato silenzio. E si era resa conto che le sarebbero mancati tutti, dal primo all’ultimo, alla stessa misura.
C’erano stati gli esami, ma India aveva pensato solo a concentrarsi su se stessa, sul suo tema, sulla sua versione, sui suoi orali. Non si era fermata a vedere quelli di nessun altro, si era trattenuta solo quei tre quarti d’ora scarsi che erano serviti a rendere conto di quello che aveva imparato in un anno di studio.

Ho imparato molto di più fuori da questa scuola, sapete?
Stefania sembrava non sapere niente dell’imminente partenza di India. Era stata cordiale e sorridente come sempre, forse anche troppo allegra. No, decisamente non lo sapeva. Dunque Walter aveva deciso di tenerlo per sé, quel piccolo dolore.
Ma sarebbe passato. Doveva passare.
C’erano stati i risultati. India andò a vedere i quadri all’inizio, il primo giorno, di mattina presto, per essere sicura di non incontrare nessuno.
Scorse con lo sguardo la lista di nomi stampati sul foglio.

Fabiani India: 100/100esimi. Evviva.
Non riuscì a resistere alla tentazione e lanciò un’occhiata di sfuggita ad altri quattro nominativi, quasi fosse reato vedere i voti degli altri. Anche Eva era uscita con 100. Marco aveva preso 80, Veronica se l’era cavata con un 60…

Masetti Walter: 95/100esimi.
Le venne quasi da ridere. Cinque punti.

Che saranno mai?
Avessero dato un voto al loro impegno, ai pomeriggi passati insieme, a quello che ne era nato…
- India! –
Sentendosi chiamare, India si voltò di scatto verso la direzione da cui proveniva la voce. Stefania correva verso di lei sorridendo e agitando una mano. La raggiunse in fretta. – India, non ci speravo! Dopo gli esami te ne sei scappata, pensavo che ti avrei rivista direttamente a luglio! Perché ce la fai una visitina quest’estate, vero? – India mandò giù il nodo che le si era formato in gola e si sforzò di sorridere.
- Certo… Se potrò. – Stefania sorrise e lanciò un’occhiata ai quadri.
- Allora, soddisfatta del risultato? –
- Non c’è male. –
- Oh, ma che vi prende a tutti? – esclamò scoppiando a ridere. – Fino a qualche mese fa Walter avrebbe ringraziato tutti i Santi in ginocchio se fosse stato sicuro di prendere 60 e adesso, tra poco inciampa nel suo mento. Cos’è, stanchezza post-esami? –
- Forse, Stefania, forse… - La donna la guardò con tenerezza.
- India, non mi capaciterò mai abbastanza del fatto che da settembre non sarai nella mia classe. Però mi fa piacere che potremo continuare a vederci. Mi raccomando, tirati su, continua così e fatti sentire, ok? –
Forse perché non sapeva cosa rispondere, India si sporse ad abbracciarla.
- Grazie, Stefania. Grazie di tutto. –

 
Le 23;30.
Walter si gettò sul divano, sfinito per il continuo avanti e indietro che faceva ormai da mezz’ora per il corridoio. La notte sarebbe passata, prima o poi. Peccato che fosse solo all’inizio.
Dopo quella che gli sembrò un’eternità, strizzò gli occhi e tornò a guardare l’orologio.
Le 23;32.
Fantastico, erano passati solo due minuti.

Sarà una notte lunga.
Dall’altra parte della casa, Ezio russava sonoramente.

Speriamo che almeno lui faccia sonni tranquilli.
Walter rimase lì dov’era, immobile e stravaccato sul divano, senza sapere più neanche a cosa pensare. Nella sua mente si erano accumulati talmente tanti pensieri, tante domande che si sentiva come se avesse appena sbattuto la testa contro un muro.
Ma di quelli duri.

India, che mi combini, limortaccitua?!
Gli sembrava impossibile. Eppure eccolo lì, Walter Masetti che, dopo diciannove anni passati senza alcuna preoccupazione al mondo, ora si disperava fino a notte fonda per una ragazza che probabilmente non avrebbe visto mai più. Le cose erano due: o era lui ad essere impazzito, o la ragazza in questione era veramente speciale.
Un po’ tutte e due, magari.
Solo una cosa era certa: non poteva passare un minuto di più in quello stato, o sarebbe impazzito sul serio. Si tirò faticosamente su dal divano e cominciò a rovistare nei cassetti del mobile del soggiorno finché non trovò carta e penna. Scostò bruscamente una sedia dal tavolo e vi si lasciò cadere, mettendosi davanti il foglio bianco e la penna, senza preoccuparsi del fracasso che stava provocando.
Tolse il cappuccio alla penna e cominciò a scarabocchiare: “Cara India…” e rimase a contemplare quelle due parole, solitarie in cima al foglio, per un’eternità. Dopo pochi minuti le cancellò con un veloce tratto di penna, e passò al rigo successivo.
India,

ebbene sì, lo ammetto: non ho mai scritto una lettera in 19 anni. Ma tu meriti molto più di qualche riga scritta così, senza pensarci, e allora…” Si fermò, mordicchiando l’estremità della penna.
...e allora eccomi qui, seduto al tavolo in piena notte come un idiota, a cercare di mettere su carta quello che da mesi sento per te, avrebbe voluto scrivere. Ma non lo fece. Cancellò rapidamente quanto scritto, fino a formare un’uniforme macchia nera. Strappò la strisciolina di carta consumata e la accartocciò. Riprovò ancora.
Come puoi pensare che non me ne importi niente se tu te ne vai? Come fai a cancellare tutto quello che abbiamo fatto in questi mesi? Beh, sai una cosa? Io non lo farò. NON LO FARO’. Perché ti amo, India. IO TI AMO!” Si soffermò un istante a rileggere, poi accartocciò rabbiosamente il foglio e gettò via la penna.
- Ma vaffanculo! –
Walter si prese la testa tra le mani, chiudendo gli occhi e massaggiandosi le tempie. Ma aveva la vaga impressione che non sarebbe bastato a dargli neanche un po’ di sollievo.
- Walter… -
Inutile voltarsi: sapeva a chi apparteneva quella voce. Ma, nonostante ciò, il ragazzo alzò la testa e guardò nella direzione da cui proveniva il richiamo. Stefania era lì, ferma sulla soglia del soggiorno, in camicia da notte bianca, e sorrideva.
- Scusa se ti ho svegliata, mamma. – borbottò lui, voltandosi nuovamente dall’altra parte.
- E’ da un po’ che sono sveglia. – Stefania avanzò lentamente e gli si affiancò. – E tu? Non è scrivendo che si prende sonno. –
- Lo so. – Stefania scostò una sedia dal tavolo e vi si sedette, appoggiandosi con il gomito al tavolo.
- Estenuato dagli esami? –
Walter rimase in silenzio per qualche secondo, fissando il cielo stellato fuori dalla finestra, poi voltò lentamente la testa e rivolse a sua madre uno sguardo stanco. – Un po’. –
- Sono andati benissimo, lo sai. – lo rassicurò lei, con un tono che diceva chiaramente “So che non è tutto qui”.
- Diciamo che ci sono altri esami che non vorrei affrontare, ma ci sono costretto. – mormorò con voce carica di amarezza. Stefania fissò per qualche istante il foglio appallottolato e abbandonato al centro del tavolo, poi sospirò e tornò a guardare suo figlio.
- Walter, vuoi dirmi cosa c’è che non va? –
Walter non si era mai sentito troppo in confidenza con sua madre. Tutto quello che lo turbava, lo rendeva felice, lo faceva arrabbiare, non gliel’aveva mai raccontato. Ne aveva parlato con Marco. E quanto gli mancava quel parlare! Ne aveva parlato con Eva, ogni tanto… Ma non era lei la persona che avrebbe potuto aiutarlo, in quel momento.
Ne aveva parlato con India… Ma di cosa avrebbero dovuto parlare, adesso, se non riusciva più neanche a pensare a lei senza sentirsi salire il magone?
Decisamente non era da lui.
E allora avrebbe accettato fino in fondo quel cambiamento di personalità.
- Mi sento così solo, mamma… -

NdA: qui ci stanno. Anche se adesso, rileggendo la storia, mi sembra incredibilmente stupida, questo capitolo è uno dei miei preferiti. Perchè ho avuto l'onore di conoscere il "vero" Walte, Ludovico Fremont, ed è così che io me l'immagino nella vita vera. Detto questo... il prossimo capitolo sarà l'ultimo, e spero che anche i miei tanti lettori silenziosi lasceranno un commentino.

(michelle, hai ricevuto la mia email di risposta?)

  
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