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Autore: MrsSilviaHoran    30/11/2013    1 recensioni
Dal 1° capitolo:
Tolsi i tacchi e corsi in mezzo alla strada ma non mi accorsi di una macchina che stava passando.
Mi cadderò le scarpe dalle mani.
Una luce mi abbagliò.
Sentivo che la mia ora sarebbe appena venuta.
Tutto stava andando storto, tutto.
Stavo per caso morendo?
****
Dal 5° capitolo:
Rimasi lì per ancora pochi minuti, giusto il tempo per finire quello che avevo ordinato.
Era strano forte quel ragazzo, ma almeno sembrava simpatico.
Finita tutta la colazione, raccolsi le mie cose e uscì dal locale.
D’ora in poi sarei sempre venuta qui, il luogo del nostro piccolo incidente.
****
Questo è il mio trailer: https://www.youtube.com/watch?v=RlmAEwEtzgA&feature=c4-overview&list=UUMf44fstPuhXUJw3HTz1YQg
Se vi ho incuriosito entrate e scoprite...XD
Baci, -S
Genere: Drammatico, Fluff, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap 6

The painful truth

 

Rimasi lì per ancora pochi minuti, giusto il tempo per finire quello che avevo ordinato.

Era strano forte quel ragazzo, ma almeno sembrava simpatico.

Finito tutta la colazione, raccolsi le mie cose e uscì dal locale.

D’ora in poi sarei sempre venuta qui, il luogo del nostro piccolo incidente.

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Ero uscita dal locale.

Il vento tirava molto forte e il cielo si stava coprendo di nuvole grigie.

Mi strinsi nella felpa e mi diressi verso casa.

La città si stava svegliando e tutte le luci delle case si stavano accendo, creando un atmosfera bellissima.

Era una cosa indescrivibile e sensazionale.

 

Mi guardai intorno e notai un uomo in accappatoio che usciva di casa a prendeva il giornale; da una casa più avanti si sentivano le grida di alcuni bambini, molto contenti della colazione preparata dalla mamma.

Peccato che io non abbia potuto vivere così…

Solo per i miei primi anni di vita, quando ancora mio padre c’era, la mattina mia madre mi preparava i pancake ed il loro dolce profumo mi svegliava.

Mio padre è uno stupido…ha tradito mia madre con un’altra donna.

Mi ricordo ancora quando ero piccola che loro litigavano e papà picchiava mamma, io invece, come una codarda, mi andavo a nascondere sotto le coperte e piangevo per ore ma d’altronde ero solo una bambina di cinque anni.

Mi manca essere una vera famiglia, una famiglia vera ma in fondo la mia famiglia sono mia madre, mia sorella e Cat.

È sempre stata una forza della natura

Ci siamo conosciute all’asilo.

 

Stavo giocando sulla sabbia dell’asilo.

Intravidi un gruppetto di bambine più grandi, le odiavo.

Erano delle bulle e mi facevano stare male.

Più in là, una bambina dai capelli lunghi e castano scuri stava giocando.

Non la conoscevo molto, anzi non la conoscevo proprio, era la prima volta che la vedevo.

Ad un tratto mi ritrovai davanti le bulle.

-Ehi nana spostati!- mi ordinò una bambina dalle lunghe trecce bionde.

-Ma qui ci sto giocando io- piagnucolai.

-Spostati- mi gridò quella che doveva essere il “capo”.

-No, lei non si sposta!- protestò la bambina che giocava poco più in là.

-Mocciosa, cosa vuoi?- chiese la bambina dalle trecce bionde.

-Tieni questo- e così detto calpestò il piede al “capo”.

-Ahia! Adesso te la faccio vedere io- l’aggredì spingendola a terra.

Tutto il gruppetto si allontanò ridacchiando.

La bambina accanto a me era accovacciata a terra e le lacrime scendevano copiose dai suoi occhi.

-Ti sei fatta male?- chiesi.

-Un po’. Guarda.- disse indicando il ginocchio graffiato.

-Grazie per avermi difeso-.

-Dovevo farlo, mi sembravi simpatica. -disse con nonchalance.

-È la prima volta che ti vedo qui, sei nuova?- chiesi.

-Sì, mi sono appena trasferita.-.

L’aiutai ad alzarsi e insieme tornammo a giocare.

 

Da quel momento non ci siamo più separate, è come una seconda sorella per me.

Un tuono squarciò il cielo e la pioggia incomincio a cadere.

Non mi misi a correre come una persona normale ma andai lenta, facendomi bagnare da quelle goccioline.

 

Poco dopo arrivai a casa.

Quando aprì la porta, due figure femminili mi si scagliarono addosso.

-Margaret Nicole Stevenson dove sei stata fino ad adesso?- mi urlarono all’unisono.

-Sono andata a fare una passeggiata e poi sono andata da Starbucks.- raccontai.

-E come mai sei fradicia?- mi urlò mia madre nell’orecchio.

Alzai gli occhi al cielo e mi diressi verso la finestra, scostai la tenda e parlai.

-Notate questo?- chiesi riferendomi al temporale- bene io l’ho centrato in pieno mentre venivo a casa.- spiegai.

-Oooooooh- esclamarono.

-Bene, ora con permesso vado a farmi la doccia in camera.- dissi un pochino scocciata.

Mi diressi verso le scale che conducevano al piano superiore e salì pochi gradini.

-Nicole aspetta.- mi chiamò Cat.

Mi voltai.

-Mh?- la guardai alzando le sopracciglia in attesa di una risposta.

-Io adesso devo andare a casa.-

 

La scrutai bene, aveva qualcosa di strano.

Aveva i capelli mori raccolti in uno chignon disordinato, indossava un maglione abbastanza largo color beige e dei leggins color panna.

Cat aveva uno sguardo un po’ perso, stanco e preoccupato.

Deve essere successo qualcosa.

-Cat tai bene? Ti vedo strana.- osservai.

Scosse la testa, alzò le spalle e strinse le maniche del maglione nelle mani.

-No, è tutto apposto.- disse sorridendomi a mala pena.

-Sicura? Puoi dirmi tutto.- mi avvicinai.

-Sicurissima.- mi sorrise più di prima ma non mi convinceva.

-Adesso però devo andare.- prese il suo cappotto e l‘ombrello.

Mi avvicinai e l’abbracciai.

La strinsi forte a me e la lasciai.

L’accompagni all’uscio della porta e la vidi oltrepassare la soglia del mio cancello.

Si diresse subito verso la via per casa sua, non si voltò, non mi salutò.

 

CAT’S POV

Mi svegliai di soprassalto, erano solo e 6.50 e il mio telefono squillava.

Notai con dispiacere che Nicole non c’era nel letto.

Non mi preoccupai, era normale che lei si svegliasse nel mezzo della sua dormita per andare in bagno.

Finalmente il mio cellulare smise di suonare.

Portai le coperte fin sopra la mia testa e chiusi gli occhi.

Sentii il caldo avvolgermi e proprio mentre mi stavo per riaddormentare il telefono riprese a squillare.

Sollevai le coperte sbuffando e mi avvicinai al cellulare strisciando sul materasso.

Sboccai il telefono e notai che il numero era di mia madre.

-Ciao mamma, come mai mi chiami a quest’ora?-chiesi di buon umore.

-Scusi, lei è la signorina Penelope Catherine Owen ed è figlia di Marie Kate Johnson e Patrick Jamie Owen?- chiese la voce di un uomo dall’altra parte del telefono.

Mi portai istintivamente una mano al petto e respirai profondamente.

-Sì, sono io…ma cos’è successo?- domandai molto preoccupata e in ansia.

-I suoi genitori sono stati coinvolti in un incidente d’auto- disse evidentemente in pena per me.

Ma io non avevo bisogno di nessuno, avevo solo bisogno di mia mamma e di mio papà.

Il telefono mi cadde dalle mani e finì sul materasso.

-Signorina c’è ancora?- domandò la voce ormai per me quasi inudibile.

Non era possibile, non potevano essere successo.

Ripresi il telefono e l’avvicinai all’orecchio.

Ormai i singhiozzi avevano preso il sopravvento.

-Arrivo fra un po’, devo prima fare una cosa.- riattaccai e mi vestii.

Presi solo dei leggings e un maglione.

Andai in bagno e mi sciacqua la faccia.

Aspettai qualche minuto per far attenuare il rossore agli occhi.

Presi il correttore e il fondotinta e li spalmai sul viso.

Mi misi solo una riga di matita e un po’ di mascara.

Mi tirai su i capelli in uno chignon.

Mi guardai allo specchio.

Il mio viso era solcato da profonde occhiaie attenuate dal correttore, ero stana e distrutta.

Controllai l’ora e vidi che erano le 7.

Scesi e scale e andai in cucina.

Trovai la madre di Nicole seduta su uno sgabello mentre sorseggiava una tazza di the bollente.

-Salve Cristine- dissi.

Si accorse di me e si girò.

-Oh buongiorno Cat.- disse sorseggiando un altro po’ di the.

-Nicole dorme ancora?- chiese inarcando le sopracciglia.

-No…in verità credevo che fosse già scesa.- dissi allargando le braccia.

-Dove è andata quella ragazza di mattina così presto?- appoggiò la tazza sul tavolo e si diresse verso la finestra.

 

Restammo ad aspettarla per un po’ e finalmente arrivò.

Io me ne andai subito dopo, dovevo andare in ospedale.

Nicole sembrò rimanerci male ma i miei genitori aspettavano.

Percorsi velocemente la strada per l’ospedale, che si trovava abbastanza vicino a casa mia e di conseguenza vicino alla casa di Nicole.

 

Arrivai davanti all’edificio bianco.

Era un luogo triste, spento e privo di vitalità…almeno da fuori.

Varcai le porte scorrevoli di vetro e mi ritrovai nella reception.

Era molto accogliente e luminosa.

Le poltroncine erano di un giallo scuro e le pareti erano arancione chiaro.

Mi voltai a sinistra e vidi la ragazza a cui potevo rivolgermi.

Era abbastanza bassa, dai lineamenti dolci e gentili.

Aveva i capelli legati in uno chignon disordinato e portava un camicie blu.

Mi avvicinai a passo lento.

Doveva essere tutto un sogno, ovvio.

Adesso io ero ancora nel letto a casa Stevenson e i miei genitori stavano bene.

Ma no, questa era la realtà.

La semplice e stupida realtà.

-Mi scusi, mi può ire in che stanza sono i signori Owen?- dalla mia bocca uscirono solo flebili parole.

-In terapia intensiva, stanza 359- disse guardandomi tristemente.

 

Seguii le indicazione che mi dette e mi ritrovai al 4° piano dell’ospedale.

Vidi molte famiglie aspettare malinconiche le notizie dei loro famigliari e altre invece che piangevano perché quelle notizie erano già arrivate; non dovevo, non volevo fare a stessa fine: dovevo essere forte per me e per i miei genitori.

Un’infermiera passò lì vicino ma io la bloccai per un braccio.

Lei si voltò e mi osservo prima male e poi questa si alleviò alla vista della mia espressione preoccupata.

-Scusi, lei sa dove sono i coniugi Owen?-

-Oh, lei deve essere la figlia, giusto? - mi domandò.

-Sì, sono io.-

-I suoi genitori sono ancora nelle mani del chirurgo, ma non si preoccupi.-

Io…io non dovrei preoccuparmi?! Questo è inaccettabile!

I miei genitori sono sotto i ferri e non dovrei preoccuparmi?!

-Comunque c’è sua zia- continuò per poi indicarmi una donna più in là.

Scrutai la sagoma da lontano e vidi che era proprio mia zia.

 

Mi allontanai dall’infermiera e raggiunsi mia zia che era seduta sulle seggioline di plastica e aveva le ginocchia strette al petto.

La riconobbi dai lunghi capelli castani e dalla pelle bianca come il latte.

Si voltò non appena mi ebbe sentito.

Mi guardò compassionevole.

Non potevo di certa biasimarla.

-Penelope mi dispiace tanto.- si alzò e mi abbracciò.

La strinsi forte, lei adesso era il mio unico punto di forza.

-Ti hanno detto qualcosa?- chiesi staccandomi da lei.

Silenzio.

-Zia devi parlarmi, voglio sapere la verità.- m’imposi.

-Vedi, Cat, non è facile da spiegare…-

-Zia non usare giri di parole, voglio la semplice e pura verità.-

-I tuoi genitori adesso si stanno operando, tuo padre ha avuto un trauma cranico e invece tua madre è in condizioni migliori.- mi guardò, le scesero due lacrime e poi incominciò a piangere.

Solo allora i resi conto dei danni che avevano subito i miei genitori.

I unì a mia zia e ci abbracciammo sperando di rivedere le persone a noi più care.

Ehilà!

Salve a tutti/e,

per prima cosa volevo chiedervi se avete sentito il nuovo album

Ceh, è per-fet-to!!!  XD

Adesso pariamo della storia:

scusate se fa schifo ed è in ritardo ma ho un motivo valido

mi si è quasi rotto il dito della mano giocando a pallamano.

Allora sono crudele perchè ho fatto finire i genitori di Cat in ospedale, pregate per loro...

Questo capitolo è maggiormente di Cat ma questo capitolo è molto importate.

ED ORA VI SALUTO POVERI PLEBEI.

No scherzo, vi adoro anche se * coff coff* nessuno recensisce *coff coff*

  
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