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Autore: thedgeofbreakingdown    01/12/2013    2 recensioni
E a quel punto, Annabeth fece una cosa che mi sorprese sul serio. Indietreggiò di un paio di passi prima di scattare e.. abbracciarmi.
Mi strinse le braccia al collo facendomi anche leggermente indietreggiare, ma mi strinse, talmente forte e dolcemente allo stesso tempo che per un attimo ne rimasi sorpreso.
Lo scontro finale, la mia idea di come sarebbero dovute andare le cose quando Percy vede i suoi genitori nella Prius, a pochissima distanza da dove si era svolta la battaglia
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You are more important than you think

Ero stremato, non ce la facevo più e mi sembrava quasi che il peso dell'intera battaglia fosse sulle mie spalle. Mi sembrava quasi che la responssabilità di ogni cosa fosse mia.
Non mi dispiaceva, anzi. Ero fiero di essere il capo, ero fiero di aver la fiducia. Per la prima volta, sembrava che stessi facendo qualcosa di giusto, qualcosa per cui valeva la pena morire, ma era ugualmente difficile, difficile allo stato puro quando vedi i tuoi amici morire, quando vedi tutto ciò che più ami al mondo, scomparire come se nulla fosse e con una facilità che non ti saresti mai aspettato.
Quello era terrificante e per quanto immune fossi alle ferite, non ero di certo immune alle mille emozioni, sicuramente troppe per un ragazzo di sedici anni, che mi avvolgevano le membra ogni secondo.
In battaglia era più facile, mi limitavo a non pensare e fare ciò che mi riusciva meglio, combattere, con una scarica di adrenali che mi scorreva in corpo e la consapevolezza di essere più forte di quanto non lo fossi mai stato.
E le emozioni, lo sapevo bene, dovevano andare dritte dritte a farsi un viaggio al Tartaro. Non c'era spazio per pentimento, amore, giustizia.. la guerra non lo permetteva, la guerra eliminava tutto ciò che compreva umanità e dolcezza, almeno verso il tuo nemico.
Per quanto mi riguardava, facevo sempre di tutto per aiutare i miei compagni e facevo ugualmente di tutto per non uccidere i semidei "stregati". Loro non sapevano quale era la parte buona e la pate cattiva, anche se, molto spesso, mi chiedevo anche io se fossi nel giusto.
I sentimenti non devono esistere in guerra, alla fatica fisica avevo imparato a resistere ma forse, non ero così forte come pensavo, per nulla. 

Mi passai una mano nei capelli, i nervi tesi a mille e l'adrenalina che ancora pompava nelle vene ed elimina la fatica che avrei dovuto provare dopo ore e ore di battaglia. Camminavo, ma senza un vero obbiettivo, camminavo senza sapere davvero il perché. Camminavo osservando gli amici caduti, i mortali addormentati nelle loro auto, camminavo pensando a Charlie, che pur di salvare me, era morto e il senso di colpa bruciava ancora.
Era tutto tremendamente surreale e incredibile, nel senso più sbagliato del termine perché quella non era una battaglia nostra, era una battglia degli dei. Erano morti troppi amici, troppi ragazzi con i quali avevo riso, scherzato, lottato durante le esercitazioni, e non averli, non vederli sbucare da qualche parte per chiedermi come fossimo messi, mi lasciava un vuoto talmente grande che si sarebbe potuto paragonare a una voragine, nel petto.
Vidi Annabeth in lontananza e la osservai mentre puliva il coltello dal sangue dei mostri.
L'unica ragazza carina anche in armatura, non avrei mai smesso di dirlo.
La guardai. Quasi mi incantai, a dire la verità, mentre non distoglievo lo sguardo dal suo corpo atletico, dai capelli biondi costretti in una coda seppur alcuni ciuffi ribelli fossero liberi, dall'espressione rilassata dopo ore di tensione. Era bella, bellissima a dire il vero e per un attimo, mi chiesi che cosa avrei fatto se fosse morta lei in battaglia. Se avessi visti i suoi occhi grigi vitrei, il corpo scomposto sul suolo.
Scossi la testa con vigore per scacciare quell'immagine orribile dalla mia mente e mi massaggiai il collo nel tentivo di rilassarmi un attimo, seppur si stesse dimostrando impossibile.
Fuori le emozioni, Percy. Non c'è posto per loro, vedi di ricordartelo.
Sbuffai continuando a camminare tra mortali addormentati e macchine, mentre i pensieri mi invadevano la mente escludendo il resto.
E vi giuro, che come venni riportato alla realtà non fu assolutamente piacevole.
Vidi una macchina blu con delle ammaccature familiari sul cofano mentre il conducente e la passeggera dormivano che era una bellezza. Ma non era quello il punto, il punto era che quelle ammaccatture erano troppo familiari e quelle due persone troppo importanti e troppo vicine alla battaglia perché potessi continuare a mantenere i nervi saldi come avevo fatto sino a quel momento.
- no, no, no, no!- gridai correndo verso la Prius di Paul dove potei osservare al meglio lui e mia madre.
Ero talmente impegnato a guardarmi, con il cuore che mi martellava nel petto in un mix perfetto di rabbia e paura che non mi ero neanche accorto di come Annabeth era scattata in piedi nel sentirmi urlare.
Tirai la maniglia dello sportello con forza e grugnii disperato vedendo che nonostante i miei sforzi, quella non si apriva.
- Percy! - chiamò Annabeth appena mi fu accanto, - o no.. - gemette appena vide ciò che stavo vedendo io.
- Dei! Questa macchina si deve aprire! Si deve aprire, cavolo! - gridai.  Annabeth si premette una mano sulla bocca sbarrando gli occhi grigi menre prendevo a calci lo sportello.
- calmati - sussurrò, più a sè stessa che a me.
- Calmarmi? - feci senza guardarla, - erano..erano.. erano nel bel mezzo della battaglia -realizzai in quel momento, il petto che si alzava e abbassava velocemente per il poco fiato. - Devo salvarli, Annabeth! In tutto questo tempo hanno rischiato di morire e io non me ne sono accorto.. - gemetti, prima di estrarre Vortice dalla tasca dei jeans, toglierle il cappuccio e infilarla nel finestrino del passeggero, lasciando che la lama trapassasse il vetro come se fosse burro.
I miei genitori erano lì, nel bel mezzo della battaglia, alla mercé di non volevo neanche immaginare quanti mostri e io non me ne ero accorto. Avevano rischiato di morire per causa mia. Ero stati in pericolo per ore, per causa mia.
Il respirò mi mancò ancora come se avessi sbattuto la schiena a terra dopo una caduta di almeno un metro e mezzo, e attaccai ad ansimare.
Le mani presero a tremare senza controllo e Vortice cadde a terra. Il suono che però emise la lama a contatto con l'asfalto, non lo sentii.
Mi concentrai sul vaso di Pandora.
Il titano aveva detto che sarebbe tornato nei miei momenti di maggiore debolezza.. si, possiamo dire che in quel momento la mia forza era andata a farsi un giro in campagnetta assieme alle sue amiche, Sanità Mentale e Autocontrollo.
Ansimai ancora, incapace di intendere e volere come avrei dovuto e tentai invano di stringere i pugni, ma le mani continuarono a tremare.
Attacco di Panico.
Avevo un attacco di panico.
Sferrai un pugno al finestrino facendo ballare tutta la macchina, provando quasi piacere nel dolore che l'impatto provocò a tutta la mano, partendo dalle nocche.
- Percy! - chiamò Annabeth, una nota di terrore nella voce che in quel momento però, non notai assolutamente.
Diedi un altro pungo, stavolta più forte del precedente e senza una minima logica. Forse volevo far svegliare i miei genitori, o forse volevo solo recuperare quel vaso e aprirlo, con la speranza che tutto questo schifo sarebbe finito.
- Percy, basta! - continuò Annabeth, le mani premute sulla bocca mentre le mie tremavano, nonostante continuassi a dare pugni al finestrino e calci allo sportello.
- E' colpa mia - gemetti. Pugno. - Solo colpa mia - dissi ancora con un'espressione disperata in volto.
E a quel punto, Annabeth fece una cosa che mi sorprese sul serio. Indietreggiò di un paio di passi prima di scattare e.. abbracciarmi.
Mi strinse le braccia al collo facendomi anche leggermente indietreggiare, ma mi strinse, talmente forte e dolcemente allo stesso tempo che per un attimo ne rimasi sorpreso.
Le allacciai la vita con le braccia attirandola a me mentre lei mi accarezzava leggermente i capelli.
E in quel momento, fu come se il mondo si fosse fermato, fu come se tutto potesse rimanere esattamente così com'era perché non c'era niente di più splendido.
Seppellii il viso tra i suoi capelli e per la prima volta dopo giorni di guerra, mi sentii protetto.
- Non è colpa tua - mormorò, la voce un po' soffocata per il contatto della sua bocca con la mia spalla. - Non è e non sarà mai colpa tua - si scostò prendendomi il viso tra le mani e guardandomi, - fattelo entrare in quella zucca, Testa d' Alghe, va bene? -
***
Annabeth mi aveva detto che non era colpa mia, ma per quale motivo io mi sentivo come se invece lo fosse?
Guardai il baldacchino della camera d'albergo che mi ero accaparrato al Plaza senza riuscire a dormire, gli occhi sbarrati e la stanchezza che non sembrava voler arrivare.
Sbuffai mentre la luce della luna filtrava dalla finestra, illuminando di poco la mia camera.
Mi sentivo uno schifo, stremato e distrutto come mai mi era capitato. Era come se avessi il cuore lacerato e non ci poteva essere niente peggiore di quello.
Mi passai ancora una mano tra i capelli come se il tremore, che nonostante l'abbraccio di Annabeth, un po' era passato, seppur non del tutto, potesse scomparire definitvamente, ma a quanto pare, si era affezionato particolarmente alle mie mani.
Ad un tratto, sentii la serratura della porta scattare e balzai a sedere, togliendo il cappuccio e trasformando Vortice in una spada nell'arco complessivo di tempo di circa tre millesimi di secondo.
Annabeth rise, - sono io, Testa d' Alghe e ho una mezza impressione che non mi ucciderai mai, ti sono troppo utile in battaglia -
Avrei voluto ridere come si doveva, ma uscì solo uno sbuffo nervoso e il sorriso di Annabeth venne sostituito da un'espressione preoccupata.
Si sdraiò sul letto e aspettò che mi stendessi anche io dopo aver sistemato la spada.
- come stai? - domandò con voce flebile mentre osservava il soffitto, le braccia dritte lungo i fianchi.
- verità o bugia - domandai con una mezza risata triste.
- verità - mormorò quasi.
- Sto uno schifo - risposi. Mi inumidii le labbra, la gola improvvisamente secca, - sento come se tutto sia colpa mia. Questa battaglia è un qualcosa di più grande di me e te messi insieme, Annabeth. E' qualcosa fuori dalla nostra portata. - Presi una pausa, la voce incrinata paurosamente, - Ho paura che tutto si concluda male, ho paura di trovare Grover.. morto da qualche parte, Chirone.. te - dissi in un sospiro tremante.
La mano di Annabeth, fredda nonostante fosse estate, cercò la mia e intrecciò le nostre dita stringendole leggermente e facendosi più vicina a me.
- Andrà male.. andrà male e sarà tutta colpa mia - dissi in pieno delirio, -Andrà malissimo e sarei dovuto morire io! - esclamai d'un tratto, senza abbastanza forza da potermi alzare e andare via. - Sarei dovuto morire io perché Crono vuole me! Non te, non Grover, non Nico, non Travis o Connor, me! Sa.. -
Ma Annabeth mi interruppe prima, con una nota (o due) di rabbia nella voce e si voltò su un fianco, costringendomi a fare la stessa cosa perché i nostri sguardi si potessero incrociare. -Smettila Percy! - ordinò perentoria, -smettila o giuro che prendo il mio cavolo di pugnale e te lo ficco da qualche parte- gridò sottovoce per evitare che qualcuno oltre noi si potesse sveglaire, -smettila perché tu vuoi solo scappare dai problemi facendo così! Che fai, ti tiri indietro? Abbandoni? - ruggì e per un attimo mi intimorii quasi, - Dei, Percy! Tu non hai idea di quanto mi fai incavolare quando dici certe cose! Forse non lo sai, ma sei importante! Per cui, smettila all'istante di fare l'egoista e inizia a fare l'eroe che sei e sei destinato a essere -
Non avevo mai visto degli occhi così carichi di rabbia e tristezza, ma avrei dovuto saperlo, Annabeth è speciale, talmente tanto speciale da essere unica. I suoi occhi grigi si colmarono di lacrime mentre a ogni parola che diceva mi dava un colpo alla spalla. 
Adesso era lei quella fragile, quella che aveva bisogno di aiuto e io, stupido com'ero, non gliene stavo dando. 
- Sei. Un. Idiota. Testa d' Alghe! - disse con un grido strozzato mentre le lacrime cominciavano a rigarle le guance, - pensi che per me sia facile? Eh? - disse tirandomi un altro pugno alla spalla, - Pensi solo a come stai a tu, a quanto sia difficile per te? E a me non ci pensi? Non pensi a come starei io senza di te? - tirò su col naso mentre le lacrime non davano segno di terminare, - Non ci pensi, razza di idiota? No! No, che non ci pensi! "Sono un ragazzo distrutto e dovrei morire" - fece con una pessima imitazione della mia voce mentre io, in quel momento, lo giuro, non avevo idea di cosa poter dire o fare. - Io sarei persa, brutto stupido! Persa, completamente! - pianse, pianse ancora, singhiozzando e tirandomi pugni alla spalla mentre continuavo a guardala, trovandola ancora più bella con le guance rigate dalle lacrime e gli occhi lucidi. - Ci sono almeno una ventina di semidei che adesso vorrebbe essere esattamente dove sei tu, invece di esser morti combattendo. Affermare di voler morire è un insulto alla loro memoria, Percy - concluse Annabeth, la voce ferma nonostante stesse ancora piangendo.
Stetti immobile senza sapere cosa fare e senza rendermi conto, in primo momento, che anche io stavo piangendo nel vedere il dolore di Annabeth, la sua sofferenza, che forse era addirittura maggiore alla mia, nei suoi occhi grigi.
Lei mi guardò per un attimo, prima di sbuffare e rotolare dalla parte opposta del letto per scendere e andarsene.
Forse, fu quello a svegliarmi. Quello a farmi capire cosa mi stavo perdendo e chi stavo perdendo.
Affarrai lesto il polso sottile di Annabeth attirandola a me e avvolgendola con le braccia, il più forte che potessi, nella speranza di infonderle un po' del mio coraggio, un po' della mia poca forza perché Annabeth, in quel momento, era crollata. I suoi muri, le sue colonne in apparenza forti come l'acciaio erano stati distrutte.
La strinsi a me lasciando che mi bagnasse la maglietta con le lacrime mentre tremava e la stringeva tra i pugni.
La lasciai semplicemente sfogare, quanto voleva e il più che poteva perché, se quella mattina era stata lei la forte, adesso era il mio turno. Adesso toccava a me aiutarla ad alzarsi.
- Anche io sarei perso senza di te, Annabeth - sussurrai dandole un bacio sui capelli mentre lei non cessava di piangere, - totalmente e completamente perduto, Annabeth - ammisi, mentre lei si allontanava di pochi centimentri solo per guardarmi negli occhi e tirare su col naso. - Tu sei più importante di quanto pensi, per me. Non dimenticarlo mai - dissi, talmente piano che non fui neanche del tutto sicuro che mi avesse sentito. - Sei una delle persone più importanti che ho. Non posso stare senza di te, Annabeth, anche volendo, non ce la farei - e fu a quel punto che mi avvicinai lentamente alle sue labbra prima di baciarla.
La avvicinai ancora di più a me, per quanto fosse possibile, mentre chiedevo quasi il permesso di approfondire il bacio passandole la lingua sul labbro inferiore. Lei rabbrividì ma probabilmente era inconsapevole di tutte le emozioni che stavo provando io, ne avevo talmente tante che in confronto, la mia stanza ai periodi di Gabe il Puzzone era ordinata.
Le nostre lingue giocarono assieme, curiose di esplorare l'una la bocca dell'altro e le accarezzai lentamente la schiena quasi a darle un po' di forza, ancora sorpreso per ciò che avevo fatto.
Avevo baciato Annabeth.
Io, Percy Jackson, stavo baciando Annabeth Chase.
Le mordicchiai leggermente il labbro inferiore e lei sorrise, serrando la presa dei suoi pugni sulla mia maglietta.
La baciai ancora mentre intrecciavamo le gambe per farci ulteriormente più vicini, come se dovessimo sentirci davvero più vicini per stare meglio.
Appena terminammo il bacio le lasciai un bacio sulla punta del naso e le sorrisi, notando che lei faceva lo stesso, intenerita e forse un po' imbarazzata.
- Sei importante, Annabeth Chase, non scordarlo mai - le sussurrai mentre lei seppelliva la testa nel mio petto e subito dopo mi dava un colpo alla spalla facendomi gemere.
 - Tu evita di fare discorsi idioti come quelli di prima, Testa d' Alghe - intimò seppur divertita.

Quella notte, dopo esserci baciati ancora, ci mettemmo sotto le coperte e dormimmo abbracciati. Dormimmo abbracciati scaldandoci a vicenda nonostante fosse estate, ma probabilmente, il freddo nei nostri cuori era maggiore di quanto pensassimo.
Dormimmo abbracciati senza pensare a ciò che sarebbe successo dopo.
Dormimmo abbracciati, il sorriso sulle labbra, interpretando la parte dei due adolescenti alle prime cotte, mettendo da parte l'animo e l'istinto guerriero che era e sarebbe sempre stato parte di noi.
Eravamo solo Percy e Annabeth, niente figlio di Poseidone o figlia di Atena.
Niente battaglia.
Niente Luke malvagio.
Solo io e Annabeth e questo, era assolutamente abbastanza.



Angolo autrice:
Ehiiila<3
sono tornata! Dai, non è passato molto dall'ultima volta, sono stata brava AHHAH
Allora, vorrei dirvi come mi è venuta l'ispirazione per questa Shot. E' stato grazie a un mio amico. Dovete sapere che l'ho convertito a Percy Jackson (mi sento potente al massimo) e lui oggi mi ha chiamato, poiché lo ha finito, dicendomi quanto cavolo ci voleva perché Percy e Annabeth si baciassero e che lui pensava, esattamente nel momento che ho scritto io, che si sarebbero baciati, ma giustamente, se zio Rick mette un po' romanticismo nei suoi libri, non è contento.
Bene, sono le due e quarantaquattro del mattino, io sto morendo di sonno ma ci tengo un sacco a pubblicare ora questa Shot perché l'ho fatta di getto direttamente su efp e vorrei sapere che ne pensate voi:**
Sto scrivendo una long su Percy e Annabeth ma ci vorrà ancora tanto tanto tanto tempo perché potrò pubblicarla HAHAH
Alla prossima, belli^.^
Vi voglio bene<3
  
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