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Autore: Ily Briarroot    02/12/2013    2 recensioni
Due sorelle divise da un destino che le segnerà profondamente. Due cuori profondamente uniti ma costretti a separarsi. Due cuori che battono all'unisono, ma che non sono liberi di farlo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Akemi Miyano | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quinto capitolo
 

Fu lui a contattarla per primo.
Accadde appena una decina di giorni dopo l'incidente, dopo che lei gli ebbe lasciato il suo numero di telefono facendosi promettere di contattarla non appena vi fossero notizie sulle sue condizioni di salute.
L'uomo, inizialmente sorpreso, si limitò a sorriderle e accettò la sua proposta, notando la lieve agitazione che aveva preso il sopravvento su di lei nel vederlo sdraiato sul letto d'ospedale con le bende strette attorno al capo.
Nonostante Akemi avesse cercato in tutti i modi di nascondere l'ansia per ciò che fosse appena successo, sapeva che Dai Moroboshi avesse compreso il suo stato d'animo senza alcuna fatica.
Il telefono squillò parecchio prima che la giovane si precipitasse verso la camera, con i capelli bagnati e l'asciugamano legato intorno al corpo.
Non fece in tempo a rispondere, perché partì la segreteria telefonica dopo qualche squillo.
“Qui casa Miyano, non posso rispondere in questo momento, ma se lasciate un messaggio vi richiamerò, parlate dopo il-”
“-Akemi? Akemi Miyano?”.
Aveva allungato la mano verso la cornetta del telefono, ma si bloccò quando sentì il suono di una voce profonda e seria. Una voce che le sembrava di aver già sentito, da qualche parte.
“Sono Dai Moroboshi. Nel caso ti sia dimenticata... quello che hai investito con la macchina” vi fu una breve risatina, interrotta nuovamente dal suo tono quasi distaccato “Ti volevo dire che sono stato dimesso oggi dall'ospedale. Ho mantenuto la promessa di farti avere mie notizie, visto? Però a quanto pare non ci sei, quindi posso sempre-”
Akemi sollevò d'impulso la cornetta, il cuore che chissà per quale motivo le batteva forte nel petto.
“-Sì, ci sono! Scusami, sono arrivata tardi per rispondere”.
“Appena in tempo, stavo per riattaccare” ridacchiò lui, cambiando per un attimo il solito timbro serio.
“Lo sospettavo dalle tue parole” rispose lei, togliendosi l'asciugamano che le avvolgeva la testa, mentre i capelli corvini le ricadevano dolcemente sulla schiena.
“Sì, immagino. Beh, volevo dirti che sto bene. E che voglio sdebitarmi”.
“Sdebitarti? Per cosa?”.
La giovane donna non riuscì a capire. Un'altra cosa che non riusciva a spiegarsi, oltre ai battiti veloci del suo cuore.
“Per avermi assistito in ospedale tutto quel tempo. Non è una cosa da tutti”.
“Non potevo mica lasciarti lì. E poi sono stata io a investirti, ricordatelo”.
Dai sorrise, anche se lei non poteva vederlo.
“Ti voglio comunque ringraziare per ciò che hai fatto. Ti chiedo solo di andare insieme a prendere qualcosa in caffetteria. Che ne dici?”.
Akemi non seppe cosa rispondere. Completamente colta alla sprovvista, si limitò a farfugliare qualcosa d'incomprensibile prima di riuscire a formulare una frase sensata.
“Quando?”
“Adesso”.
Lei sgranò gli occhi, sorpresa. Inizialmente non disse nulla, confusa dalla sua proposta.
“Ma come?”.
Sentì di nuovo la risata sommessa di Dai, aspettando una spiegazione.
“Affacciati alla finestra” aggiunse lui, mentre il suo tono mutava ancora una volta in qualcosa di più calmo e profondo.
Akemi percepì per l'ennesima volta un battito un po' più forte rispetto agli altri. Non ne sapeva il motivo, ma lo fece. Si avvicinò lentamente alla finestra della camera, scostando le tende.
In quel momento lo vide.
Dai Moroboshi, capelli scuri, lunghi fino in vita, appoggiato alla colonna dell'edificio di fronte. Il cellulare appoggiato all'orecchio e l'altra mano in tasca, guardava dritto verso la finestra dove si era affacciata.
“Cosa?! Ma come hai fatto a-”
“-Storia lunga. E qualche ricerca. Non ti preoccupare, non cercherò di perseguitarti. Allora, questo caffè lo prendiamo o no?”.

Aveva perso il conto dei giorni che si susseguirono dopo l'incontro con Dai.
Le settimane volarono, così come i mesi. Il tempo passava troppo in fretta e tutto era cambiato così velocemente, senza neanche un minimo preavviso.
Non riusciva a capacitarsi di come fosse successo. Non avrebbe mai potuto definirsi più felice in vita sua. Forse, soltanto quando Shiho tornava dagli Stati Uniti. Forse quando la vedeva in aeroporto con i propri occhi, quando le faceva vedere cosa c'era di nuovo nel suo appartamento o soltanto quando passavano insieme qualche ora.
No, non era niente di tutto ciò.
Quella che Akemi provava stavolta, era una felicità diversa.
Una felicità di quelle che riempiono la vita e che sembra non finisca mai. Una felicità che non aveva mai provato prima e che aveva conosciuto soltanto con l'arrivo di qualcuno che non si aspettava avrebbe fatto breccia così in profondità nella sua vita.
Dai era tutto. Dai riusciva a regalarle il mondo soltanto con un sorriso. Era il suo appoggio, la sua distrazione dai giorni bui. Da quelle automobili nere parcheggiate di tanto in tanto sotto casa sua.
Inizialmente, lui non le chiese nulla.
Non capiva se facesse finta di niente o se davvero non vi facesse caso, ma per lei era meglio così. Voleva dimenticare una vita che non avrebbe voluto vivere e, probabilmente, Dai era l'appiglio giusto. Per aiutarla. Per tornare a vivere. Per cominciare a farlo realmente.
Akemi ringraziò sul serio – senza sapere chi o per quale motivo – per aver conosciuto una delle persone più importanti della sua vita. L'unica, a parte sua sorella.

Shiho tornò cinque mesi dopo.
Cinque mesi in cui, entrambe, avrebbero donato anche l'anima per vedere l'altra. Soltanto che, mentre l'una difficilmente riusciva a ignorare i propri sentimenti e il proprio dolore, l'altra aveva imparato a farlo. Era una delle cose che più aveva imparato a fare negli Stati Uniti. Trattenere la tristezza che, da piccola, aveva provato nei confronti dei suoi coetanei che preferivano allontanarsi da lei. Trattenere il dolore per una famiglia che non aveva mai avuto, e che neanche aveva mai potuto amare veramente, e che l'unico pezzetto rimastole le era stato allontanando bruscamente, quasi con violenza.
“Shiho!” la sorella le corse in contro, sollevando un braccio nel tentativo di richiamare la sua attenzione.
“Ciao, Akemi”.
Le sorrise. Non poteva evitare di farlo, contagiata dall'espressione felice della maggiore.
“Shiho, lui è Dai Moroboshi. Il ragazzo di cui ti avevo parlato”.
L'uomo si avvicinò, notando i capelli ramati e gli occhi verdi che aveva già visto. Li rivedeva benissimo in quelli di Akemi.
“Dai Moroboshi”.
Le tese la mano, attendendo. Shiho lo scrutò attentamente, in silenzio. Lo sguardo serio, che non lasciava intravedere nulla, se non una punta di curiosità.
“Shiho Miyano”.

“Ehi, mi dici una cosa?”.
Dai si sedette accanto a lei, mentre quest'ultima gli faceva spazio sul divano.
“Dimmi”.
“Quei tipi che parcheggiano sempre qui sotto con le macchine nere... “ disse, appoggiando il bicchiere di Bourbon sul tavolino davanti a sé “... perché lo fanno? E' un caso o c'entri tu?”.
Akemi si paralizzò qualche istante, mentre un brivido le percorreva la schiena.
Fu quello il momento in cui dovette prendere un bel respiro e in cui prese la difficile decisione di raccontargli ogni cosa. Per la prima volta, si aprì con qualcuno. Per la prima volta, potè parlare liberamente della sua vita senza tuffarsi nel dolore dei giorni passati. Per la prima volta, c'era Dai che la sosteneva e che non le permetteva di cadere nel buio.
Per la prima volta dopo tanto tempo, l'uomo lesse nei suoi occhi un profondo velo di tristezza. Un cuore distrutto, sotto quella maschera serena. Un peso che Akemi non meritava. Con la sua dolcezza e con la sua bellezza. Con i suoi occhi che imploravano felicità. Gioia. Vita.
Lei si meritava altro.
Lei si meritava il mondo. Non quello distrutto e logorato, ma quello pieno di splendore, quello luminoso.
Per la prima volta, pensò che lei fosse nata per migliorarlo, quel mondo. Non poteva che essere così.
Credeva questo mentre, pian piano, lei si fidava di lui.

“Che ruolo ha tua sorella in tutto questo?”.
Akemi si era voltata di scatto mentre appoggiava le buste della spesa a terra, impreparata dalla domanda.
“Lei... è una scienziata. La usano per i loro sporchi esperimenti”.
“Tu ne sai qualcosa?”.
La ragazza scosse la testa, sospirando.
“So soltanto che la costringono a fare delle ricerche su un farmaco. Non so di cosa si tratti, ma ascolta... “ gli si inginocchiò davanti, scostandosi la frangia scura dagli occhi “Meno cose sai e meglio sarà per te. Ti ho già detto che mi tengono d'occhio, non ci metterebbero nulla a scoprire che-”
“E' questo il motivo per cui non hai voluto raccontarmi tutto a casa tua, vero? Pensi che abbiano posizionato delle microspie”.
Akemi annuì, un peso all'altezza del cuore le mozzava il fiato.
“Controllano tutto. Anche la segreteria telefonica”.
Dai rimase in silenzio per istanti che sembravano non trascorrere mai. Non si scompose, né la guardava, ora.
Si alzò in piedi, immerso in un ambiente che non conosceva, in un appartamento che non aveva mai visto.
“Tu non mi conosci, Akemi. Io sono uno di loro”.
Ciò che arrivò dopo, fu vento gelido sulle spalle di entrambi.
Un cuore già irrimediabilmente spezzato, ora lacerato in minuscoli frammenti appuntiti che facevano male. Lei rimane senza parole, il suo intero essere non voleva realizzare ciò che fosse appena uscito dalle sue labbra.
“Cosa... cosa stai dicendo?”.
“Sono entrato nel giro qualche mese fa”.
“No, non puoi dirlo davvero... “
“Invece sì. Non è un gioco. Agisco con l'uomo che tu conoscerai senza dubbio come Gin”.
Il respiro corto, l'intero corpo che aveva cominciato a tremare convulsamente.
Dai sparì dalla sua vista e soltanto in quel momento Akemi si accorse di essere di nuovo sola.  

  
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