Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
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Autore: Jay_Myler    04/12/2013    1 recensioni
In questo gioco mi ha sempre colpito molto Castiel, e forse è proprio per il suo disegno nella pubblicità che, incuriosita, sono andata a vedere di che cosa si trattasse Dolce Flirt. Ma quando nei primi due episodi ho incontrato Ken, non ho potuto fare a meno di trattarlo bene e – come avrete visto se avete mai giocato – quando il personaggio, la Dolcetta per intenderci, rispondeva male a Ken o pensava cose cattive su di lui, la riprendevo ad alta voce come una pazza che parla al suo computer. Poi si sa, stiamo parlando di un gioco di dating game, una visual novel, era scontato che quell'anonimo ragazzetto occhialuto sarebbe diventato uno strafigo e così trattandolo bene e tenendo il suo peluches sul comodino l'ho aspettato con ansia e il mio trattarlo bene ha ripagato i miei sforzi.
Spero vi piaccia e buona lettura.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Kentin, Nathaniel, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dolce Flirt mania'
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Ivy era rimasta stesa sul suo letto a contemplare il soffitto bianco mentre ripensava a quella splendida giornata passata con Kentin, era stata così reale eppure così effimera ripensando a tutto il trambusto che si era creato tra di loro negli ultimi tempi. Poi all’improvviso iniziò a fissare il peluche che tempo prima le aveva regalato il ragazzo, quel simpatico orsacchiotto marroncino che dal primo momento che aveva messo in quella casa non si era mai mosso dal suo comò; le sembrava davvero un’eternità e quasi sembrava che facesse parte del mobile stesso. Quel peluche le dava tante belle sensazioni e tanti bei ricordi, ma sotto di esso si celava in realtà ciò che aveva iniziato a fare deteriorare il loro rapporto… un semplice foglietto di carta, qualche lettera e qualche numero impressi sopra era bastato ad incrinare un rapporto che era durato per anni.  Ma quella giornata… oh quella giornata era stata forse la più bella che avesse mai trascorso, era così che si aspettava di festeggiare il ritorno di Ken, non come era successo. Ma ancora una volta quei pensieri negativi stavano offuscando la giornata perfetta appena trascorsa e lei non aveva intenzione di continuare su quella strada, quindi si alzò iniziando a spogliarsi per mettersi il pigiama; ora non si faceva passare nulla nella mente che non appartenesse alla passeggiata al centro commerciale.
Dling Dlong
Qualcuno bussava alla porta.
Dling Dlong Dling Dlong
Chiunque dovesse essere aveva una fretta tremenda di entrare.
Chi poteva essere a quell’ora poi? Non che fosse tardissimo, ma le nove di sera non è esattamente un orario molto consono a delle visite.
Dling Dlong Dling Dlong Dling Dlong Dling Dlong Dling Dlong Dling Dlong Dling Dlong Dling
«Un attimo!» ­­gridò Ivy mentre indossava la sua vestaglia; chiunque fosse – vista la fretta – non le avrebbe mai dato il tempo di rivestirsi.
Il campanello continuava imperterrito a suonare mentre lei scendeva le scale del suo loft più in fretta che poteva. Un po’ spaventata dalla frenesia dell’ospite fuori la sua porta… che fosse successo qualcosa di grave a qualcuno? In qualunque caso questa sembrava una scampanellata da vera emergenza ed in cuor suo sperava soltanto che la cosa fosse meno grave di quello che facevano presagire quegli scampanellii; ogni scalino che faceva le portava il cuore sempre più su ad un ritmo sempre più veloce, fino a quando non le parve di sentirlo scoppiare dritto in gola.
Quel fastidioso rumore non la finiva più, continuava imperterrito e deciso e quando finalmente aprì la porta con l’animo più in pensiero che mai si ritrovò davanti Kentin con il fiatone che appena la vide si gettò tra le sue braccia, lasciandosi andare del tutto suggellando il loro incontro con un impetuoso ma romantico bacio. Un piccolo spiraglio di luce della luna faceva capolino davanti a loro, illuminandoli appena, impreziosendo ancora di più quel momento dipingendolo di un argento quasi vitreo. Finalmente dopo anni, senza un perché, senza un preavviso, senza gli istanti prima che fanno apprezzare meglio l’atto, erano riusciti finalmente a dimostrarsi il loro sentimento attraverso l’espressione fisica di un bacio; entrambi non si perdevano un solo istante… le loro labbra si sfioravano lentamente all’inizio, si cercavano, si volevano, si bravano. Quelle di lei erano così morbide e vellutate come la seta più pregiata e rara e così tiepide ed accoglienti che potevi anche morirci dentro, desiderando la fine tra quei sublimi attimo di pura estasi e completezza. Quelle di lui erano ruvide ma calde ed umide, pronte già ad esibirsi nella frenetica danza della passione, mentre tra un misto di rudezza e dolcezza accarezzava i margini di quelle della ragazza, della ragazza che voleva con sé, della ragazza che considerava sua.
«Kentin…» riuscì a dire in un filo di voce con la poca aria che le era rimasta in petto.
«Io non potevo… non ci riuscivo» Iniziò a dire il ragazzo mentre ancora la stringeva nella morsa del suo abbraccio.  «Sono arrivato fino sotto a casa mia e… non potevo restarmene così, senza fare questo, non me lo sarei mai perdonato. Non so come andranno a finire le cose, non so se ricapiterà ancora un’occasione del genere e se me la fossi lasciata sfuggire così, sotto gli occhi sarei stato proprio uno stupido, perdonami ma dovevo» 
Kentin la guardava fisso negli occhi, aspettandosi da un momento all’altro di essere preso a sberle in faccia, sapendo che il gesto che aveva fatto era stato stupido ed azzardato; ma in cuor suo sperava che le cose prendessero un’altra piega, quando all'improvviso le sue speranze ed i suoi pensieri furono interrotti da una sonora cinquina sulla sua guancia destra.
«Tu!»
Il ragazzo se lo aspettava, infondo era stato lui che aveva voluto affrettare le cose e non darsi un contegno e così iniziò a pentirsi della sua scelta, sotto lo sguardo infuriato della ragazza che ancora non si ostinava a lasciar andare.
«Come puoi aver aspettato così tanto per fare una cosa simile!» disse sbraitando lei ma con un sorriso stampato sulle labbra.
E così si baciarono di nuovo, ma questa volta fu lei che gli saltò addosso e questa volta fu completamente diverso: in quel bacio non c’erano solo il sentimento e la passione come quello di poco prima, erano racchiuse le sensazioni di mesi… la rabbia, la tristezza, la paura, l’indecisione, la speranza, la rassegnazione e tutto quello che per quel lasso di tempo lei aveva provato… e non solo, questo era più lascivo, più impetuoso più umido rispetto all’altro.
Ma c’era qualcosa che non differiva: esattamente come prima durante l’effusione tutto quello che era all’infuori di loro due non esisteva più, non sentivano più nulla, non vedevano altro che loro stessi così vicini e non avevano attenzioni che per l’altro. Iniziarono a ridacchiare, chi per nervosismo, chi per sollievo continuandosi a guardare negli occhi… gli occhi di lui brillavano nel loro verde smeraldo, pieni di una vita che non avevano mai avuto prima mentre quelli color cielo della ragazza ritornarono a scintillare come una volta, come quando tempo addietro passava le sue giornate con il suo Ken.
Kentin la prese in braccio facendola volteggiare in aria per un po’ poi la poggiò delicatamente a terra senza smettere mai di toglierle gli occhi di dosso; il cielo e la terra si stavano fissando senza tregua in una burrascosa guerra muta, ma pieni di parole mai dette e di sentimenti mai espressi prima d’ora… chi avrebbe vinto tra i due?
Non si mollavano un secondo ed ogni sosta che davano a quella lotta veniva scandita da un bacio sempre più lascivo, sempre più umido, sempre più lussurioso e desiderante e quando le loro lingue smettevano di rincorrersi tra di loro continuavano quel gioco di sguardi.
«I miei non ci sono, sono partiti proprio una settimana fa e staranno via per un bel po’»
Il ragazzo non chiese spiegazioni e non aggiunse altro, la prese solo tra le sue braccia e proprio come fa lo sposo con la sua novella sposa la portò in braccio per tutte le scale facendosi guidare dalle indicazioni della ragazza, fino a quando non arrivarono in camera sua.
«Il peluche che ti regalai» disse Kentin mentre poggiava la ragazza sulle coperte del letto.
«Si è proprio lui» sentenziò Ivy mentre ammirava il ragazzo che si toglieva la maglietta mostrando il suo corpo che sembrava scolpito nel marmo; quel ragazzo le piaceva anche quando era piccolo e minuto ma ora quel suo cambiamento improvviso non le dispiaceva più di tanto.
«Non credevo ti fosse piaciuto» le disse mentre, rosso in viso, si adagiava su di lei mentre le slacciava la morbida vestaglia di raso rossa.
Una pelle nivea che brillava sotto il candore della Luna abbagliò gli occhi del ragazzo che si soffermò su ogni piccola sezione della ragazza; non si era mai accorto di come fosse pallida più di ora che la vedeva con addosso solo la biancheria intima; i suoi capelli lunghi le scendeva a boccoli sul collo e sul petto, quei capelli color cenere che le accarezzavano il corpo come una seconda pelle, il seno prosperoso, la vita stretta ed i fianchi perfetti, quel corpo così minuto, candido e perfetto che aveva sempre immaginato ora ce lo aveva davanti e quella ragazza che aveva sempre bramato ora lo guardava negli occhi… il suo sguardo non era così diverso come credeva, lo stava guardando esattamente come lo aveva sempre guardato ed anche se lui non lo sapeva ancora lo guardava con gli occhi dell’amore. Quella purezza e quell’eburneo andavano saggiati lentamente, un po’ alla volta, assaporati ed apprezzati al massimo.
«Bhè è un bel peluche perché non avrebbe dovuto piacermi?» disse lei mentre il ragazzo iniziava a baciarle il collo ed accarezzarle i fianchi.
«Ne sono davvero lusingato» sorrise lui prendendosi un attimo di respiro, per poi essere baciato da Ivy in un momento di astinenza dai suoi baci.
Appena si staccarono si sorrisero come non avevano mai fatto prima, sapendo a cosa andassero incontro fin troppo bene, mentre lui continuava a bramarle il collo con baci e piccoli e delicati morsi, lei ad accarezzargli i capelli.
Kentin si fermò e presa la mano sinistra di lei tra le sue si fermò a fissarla.
«Fa ancora male?» alludendo alla ferita sotto la fasciatura.
«Non troppo, tranquillo» lo rassicurò lei prima di andarsi a perdere di nuovo tra le sue labbra.
«Sei sicura che vuoi continuare?» le chiese mentre lentamente scendeva a baciarle prima il petto e poi le sue clavicole ben in vista.
«Oh risparmia il fiato per altro» lo riprese giocando ancora con i suoi capelli la ragazza; mentre lui la baciava, lei gli accarezzava il collo e le spalle, delle quali sentiva la possenza e la forza anche solo al tatto.  «Non vedo cosa possa fermarci» ridacchiò mentre la fasciatura le si scioglieva dalla mano e cadeva lentamente sulla maglietta buttata a terra del ragazzo. Quel momento non aveva pari ed era di sicuro la degna conclusione di una giornata perfetta, che per nulla al mondo avrebbe avuto una fine imposta ed immediata.
Ma qualcosa non era d’accordo.
Dling Dlong
Il campanello suonò per la seconda volta in quella serata; ma questa volta non c’era la fretta di andare ad aprire.
Dling Dlong
Ivy iniziò a pensare di andare ad aprire, ma Kentin le fece cambiare ben presto idea.
Dling Dlong Dling Dlong
«Lascialo suonare» disse il ragazzo prendendo per un braccio la ragazza e riportandola sul letto.
Dling Dlong
«Ignoralo» la convinse baciandola come solo lui sapeva fare.
Dling Dlong «Ivy sono io, Nathaniel, so che sei in casa c’è la luce accesa, scusami se ti disturbo ma è davvero importante»
«Nathaniel?!» esclamarono insieme i due ragazzi.
«Forza vestiti!» intimò lei al ragazzo lanciandogli addosso la maglietta che si era tolto.
«Mettiti tu qualcosa addosso piuttosto» sorrise passandole la vestaglia che poco prima le aveva tolto da dosso.
Separandosi con un bacio lei scese di cosa le scale sperando che il rossore sulle guance sparisse il più presto possibile ed andò ad aprire al ragazzo.
«Nathaniel che sorpresa, cosa ci fai qui a quest’ora?» disse cercando di essere naturale e ricordandosi solo ora di aggiustarsi un po’ i capelli.
«Scusami per l’ora ma era davvero importante; ti ho disturbata?» disse arrossendo un po’ visto la sottile e corta vestaglia di raso che indossava la ragazza.
«Ehm, diciamo che mi hai buttato giù dal letto, ma prego accomodati cosa devi dirmi?» la parte della disinvolta le sembrava che le riuscisse abbastanza bene e sperò che il biondino non si accorgesse di nulla.
«Ti ruberò giusto due minuti, tolgo il disturbo in men che non si dica» le sorrise anche se un po’ a disagio.
Mentre portava il ragazzo in cucina vide scendere Kentin per le scale e gli fece segno di uscire senza farsi vedere; purtroppo qualcosa che li avesse fermati l’aveva trovata o meglio aveva trovato lei a loro sotto forma di Nathaniel che era venuto a bussare alla porta.
«Certo che quel taglio era più grave di quel che sembrava, guarda là anche con i punti fa la sua scena» disse Nathaniel con uno sguardo un po’ accigliato.
«Il taglio?» Ivy si accorse che la fasciatura le era caduta, anche se non ci aveva proprio fatto caso.
«Non dovresti portarla coperta ancora per qualche giorno?»
Kentin intanto si era fermato a metà scalinata per restare ad ascoltare cosa voleva a quell’ora.
«Si certo, devo aver scordato la fasciatura dopo la doccia, tranquillo ci farò più attenzione» cercò di sorridergli rassicurante.  «Ma ora accomodati pure così parliamo più tranquillamente».
Alzò lo sguardo per vedere se il suo amante stesse ancora sulla rampa e lo vide lì in posa plastica ascoltare i loro discorsi da metà di essa e per giunta senza maglietta; “Vestiti!” cercò di dirgli muovendo solo le labbra, ma il ragazzo o non la capiva o faceva finta di non capire; iniziava a sudare freddo mentre il segretario delegato le passava affianco per andarsi a sedere e lei continuava a fare gesti di nascosto per far almeno vestire quel ragazzo mezzo svestito per le scale.
«Possibile che tu ti faccia sempre male?» le chiese Nathaniel fermandosi al suo fianco e fissandola con un mezzo sorriso.
«C-cosa?» chiese la ragazza frenandosi di botto dal fare segnali a Kentin per farlo andare via – o almeno a rimettersi la maglietta addosso e coprire quegli addominali scolpiti.
«Ma sì, qui sul collo, a destra, ti sei fatta male… non te ne sei neanche accorta?» le disse sorridendo divertito ma allo stesso tempo un po’ preoccupato per la sua goffaggine.
«Davvero?» disse ingenuamente lei, chinando istintivamente la testa verso sinistra e toccandosi il collo dove le aveva indicato il ragazzo come a cercare con il tatto una ferita, approfittando della distrazione di Nathaniel per suggerire a Kentin di svignarsela.
«Aspetta, ma cos’è? Un… morso?!» la faccia di Nathaniel vagava tra il confuso ed il sospettoso.
«Un morso? Impossibile!» decretò lei in tono autoritario cercando di coprire il punto dove pensava fosse il segno.
Intanto Kentin era appena passato di corsa davanti alla cucina per arrivare alla porta di ingresso, la salvezza.
«Ti dico di sì, vieni con me, all’ingresso c’è uno specchio ti faccio vedere» la prese per le spalle portandola con sé fuori dalla cucina per arrivare nel corridoio.
Ivy cercò di farle desistere, ma il ragazzo aveva più forza di quanto lo pensasse capace e così la portò davanti allo specchio dell’ingresso per mostrarle il segno che da sola non poteva vedere.
«Ma quello non è Kentin che esce da casa tua?»
La ragazza si girò di scatto verso la porta d’ingresso... era spalancata “Il genio non l’ha chiusa bene e il vento l’ha finita di aprire e si è fatto sgamare… Ottimo!” pensò la ragazza tra sé e sé.
«Come mai Kentin è appena uscito da casa tua, senza maglietta per di più…»
“Quel ragazzo è proprio un idiota…”
«E tu così… svestita!» continuò Nathaniel che si portò la mano alla fronte assumendo quell’atteggiamento tipico dei genitori quando devono farti la ramanzina e proprio quello stava per andare a fare lui.
«Quei capelli, questi vestiti – per così dire – per non parlare del morso sul collo e del fatto che un ragazzo se ne sta andando in piena notte da casa tua mezzo nudo!»
“Sono appena le nove e mezza” pensò la ragazza; anche se i suoi genitori non c’erano mai c’era sempre chi ne faceva le veci per riprenderla e farle la paternale.
«Signorina da te non me l’aspettavo… io… devo andare»
Ivy non si prodigò nemmeno per un secondo a cercare di fermarlo o farlo ragionare, non le interessava nemmeno il perché era venuto da lei, l’unica cosa a cui pensava era a quanto lo detestasse in quel momento, sia perché era stato un guastafeste sia perché la trattava come fosse suo padre, cosa che di certo non era… cosa voleva far credere lui, che in tutte quelle sere passate con Melody non gli era mai passato nemmeno per un secondo nel cervello l’idea di stare con la ragazza? Anche se voleva fare il santarellino non ci avrebbe scommesso di certo, l’unica cosa certa è che aveva rovinato quel momento catartico e di sicuro no n glielo avrebbe mai perdonato.

 
 
«Allora com’è andata?»
«Non posso mica saperlo io, alla fine quello che dovevo fare era solo portarla lì»
«…»
«Perché stai facendo tutto questo?»
«Non importa il perché l’importante è che tu l’abbia portata in terrazza ieri e che oggi sia andata al centro commerciale»
«Non so dirti con sicurezza ma penso proprio che l’abbia fatto, alla fine abbiamo solo parlato per cellulare; dovresti smetterla»
«Non sono affari tuoi Lysandre, ti sei offerto tu di darmi una mano»
«Non nego mai una mano a qualcuno, ma penso comunque che tu debba finirla qui, prima che sia troppo tardi»

 
 
Jay Myler
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