Al Centro del Cielo
Seconda Stella : Alnilam
La
vecchia Eir aveva il capo ed il collo perennemente avvolti da una stola grigia
che le lasciava scoperto solo il viso arcigno e rugoso e camminava,
incessantemente, curva sotto il peso dei suoi anni e dei suoi brontolii in un
perpetuo e nervoso movimento.
Quando
la Regina aveva manifestato i primi segni della gravidanza se l’era ritrovata
tra il suo seguito su ordine di Odino: “È una levatrice esperta, ha visto
nascere mio padre, me e i miei fratelli. Ti affido a mani esperte e sicure.”
Le
mani erano esperte e sicure – bastava che le tastasse il ventre rigonfio per
capire la posizione del bambino e la sua crescita – quanto il suo carattere
severo e bisbetico: battibeccava in continuazione con le ancelle accusandole di
essere delle contadinotte provinciali e teneva la Regina sotto stretto
controllo. Le aveva proibito di cavalcare e stare troppo tempo in piedi, se a
corte si teneva un banchetto insisteva perché si ritirasse presto senza
partecipare alle danze e continuava a studiarle la pancia con occhio critico:
il ‘troppo piccola’ degli inizi si
era trasformato in breve tempo in ‘troppo
grande’.
Aveva
addirittura avuto da ridire sull’assidua frequentazione del talamo da parte di
Odino: “Il lavoro è già stato fatto, a che serve che visiti continuamente le vostre
stanze?” brontolava al mattino, quando entrava per svegliarla dopo che Odino se
ne era già andato. L’unica spiegazione per una tale affermazione era che fosse
ancora nubile. “Sono stata sposata per ben QUATTRO volte. L’ultimo marito l’ho
seppellito con la pestilenza.” Aveva berciato in risposta. “Quando il lavoro è
fatto è fatto!” Continuò a blaterare, mentre l’ancella che si stava occupando
dell’acconciatura della Regina si era morsa le labbra per non ridere. Tra il
serio e il faceto Frigga l’aveva sfidata a convincere Odino a starle lontano.
“Oh non credete! L’ho fatto con suo padre, lo farò con lui. Ci andrò proprio
ora: il Re mi darà immediata udienza, se la chiedo per la vostra salute.”
Era
tornata dopo poco con lo sguardo più torvo del solito.
Quella
notte ne avevano riso: “Le ho detto che se mi fossi azzardato a disertare il
tuo letto saresti piombata come una furia nel mio.”
Si
era accarezzata la pancia nuda e gonfia: “Una furia pingue.”
“Non
meno pericolosa, a mio avviso.”
“Questa
pancia è troppo grossa e bassa per non aver ancora raggiunto il termine.” Eir
l’aveva tastata a lungo e poi aveva brontolato arrabbiata il suo responso.
Frigga
si era rialzata da letto vincendo l’ormai usuale fitta alla schiena per
risponderle piccata che la sua condizione tale era e tale rimaneva: “Se il
bambino è grosso è un buon segno. Mezza corte prevedeva – o forse sperava – che
non avrei dato eredi degni di questo nome ad Odino, ed invece suo figlio sarà
sano e forte.”
“Essere
grosso non significa questo. E non sarete così lieta delle sue dimensioni
quando lo darete alla luce. Se ha ereditato le spalle del Re si incastrerà e
dovrò saltarvi sulla pancia per farlo uscire. Urlerete e piangerete e
sanguinerete come un agnello sgozzato.”
“BASTA!”
urlò Frigga. “Non hai alcun diritto di parlarmi in questo modo. Modera il tono
o ti faccio sbattere nelle segrete!”
La
vecchia assunse un’espressione sdegnata che le fece addensare la ragnatela di
rughe sulla faccia: “Vi sto solo mettendo in guardia per quello che passerete.
Ora siete accecata dall’amore per la creatura che avete in grembo e dall’onore
di ammantarvi del vostro titolo, ma Vostra Maestà deve tener bene in mente che
non vi sarà nulla di poetico. Sangue e dolore: già quando li si mette al mondo,
i figli di Asgard fanno capire alla madre cosa dovrà patire per tutta la vita.
Preferivate che vi accarezzassi, che vi facessi i miei complimenti e vi
vezzeggiassi con parole dolci? Oh no, io non sono quel tipo di levatrice: io preparo. Quando mi vedrete con un
forcipe in mano e un bisturi nell’altra, tutto l’amore del mondo non potrà
aiutarvi in quel momento: sarà solo la vostra forza e la vostra preparazione a
portare a tarmine il compito. Avete ancora dei fianchi stretti, il bambino sarà
grosso, resterà incastrato e non sarà immediato farlo uscire. Se al dolore
assocerete la paura di perderlo per voi sarà la fine.”
Frigga
si era lasciata cadere sulla sedia, le mani entrambe appoggiate al ventre e lo
sguardo duro dritto in quello di Eir: “Non è spaventandomi, che mi aiuterai.”
“Oh,
non vi dico che la verità, mia Signora. E il parto non è la fine, ma solo
l’inizio. Un giorno mi ringrazierete.”
Odino
l’aveva raggiunta nei giardini che circondavano il palazzo nel tardo
pomeriggio; vedendolo arrivare le ancelle si inchinarono, per poi allontanarsi
velocemente. Frigga, invece, a malapena aveva alzato gli occhi dal suo ricamo.
“Altro
litigio con la vecchia Eir?”
La
Regina aveva alzato appena il viso per rivolgergli un’occhiata in tralice:
“Tale è l’evidenza?”
“Ha
servito mia madre e la madre di mio padre. Non sarà una persona malleabile, ma
la sua esperienza è tale da renderla indispensabile.”
“Ne
sei spaventato? Della nascita, intendo. Forse ti sei lasciato influenzare dai
tuoi Consiglieri, che…”
“Voglio
solo che la mia Regina sia in mani sicure.”
“Se
mi vuoi in mani sicure, dovresti restare al mio fianco, invece di preparati a
scendere su Midgard per affrontare gli Jotun. Quando tuo figlio nascerà sarai
lontano e chissà quando tornerai per conoscerlo.”
“Sono
il Sovrano di Asgard, Frigga!” Alzò la voce: “E anche se qui restassi? Sono un
Re, un guerriero, non un cerusico! Quelli sono affari da donne, ti ho
affiancato Eir apposta. Che tu lo voglia o no, la sopporterai finché mio figlio
non sarà nato.”
“Nostro figlio.” Frigga aveva interrotto
il ricamo – un filo tirato tra le dita nervose – per fulminarlo con lo sguardo:
“Sino ad ora, hai condiviso con me solo la parte divertente: troppo poco per considerarlo solo tuo.”
“Donna
cocciuta!"
La
Regina aveva ripreso il suo ricamo: “Molto bene, allora seguirò l'ordine di
Eir. Non provare a cercare conforto tra le mie braccia: da qui in poi troverai
la mia porta chiusa.”
Il
Bifrost era un lungo serpente brulicante di soldati. Le picche alte e le
armature brillanti sotto le stelle, marciavano alla volta di Midgard in una
notte di tardo inverno.
Frigga
aveva taciuto il suo cuore e lasciato parlare il rigore dell'etichetta: salutò
Odino di fronte alla corte con frasi sul suo coraggio, porgendogli l’elmo prima
della partenza come voleva la tradizione.
Odino
aveva lasciato i suoi occhi azzurri su di lei un istante più del necessario,
abbastanza da far vacillare l’orgoglio con cui l’aveva tenuto lontano da sé.
Avrebbe voluto dirgli quanto lo amava, che avrebbe vegliato ogni notte dalla
loggia della Sala del Trono sperando nel suo ritorno e che nonostante la stesse
lasciando sola con il suo ventre scalpitante era orgogliosa del suo Re e del
suo sposo. “La tua Regina governerà in tua vece.” Poté solamente affermare.
“Lascio
fiducioso il trono nelle tue mani.” Le rispose, e dallo sguardo che rivolse al
ventre capì che non sarebbe tornato solo per quello.
Eir
non si addolcì, anzi, le vietò la magia quando aveva notato che la fronte le si
imperlava di sudore ogni volta che ne faceva uso. “Coloro che vi hanno
preceduta non avevano il vostro dono, eppure sono sopravvissute lo stesso.
Avrete notizie del Re quando le potrete avere. Finitela di torturarvi e di
sfiancarvi, o non avrete energie per mettere al mondo il bambino. Sentite quanto
scalcia: che sia maschio o femmina vi darà parecchio da fare.”
Se
durante il giorno la Regina riusciva a mantenere saldo il controllo e ferma la
voce, la veglia notturna la piegava. La pioggia gelida rigava le vetrati come
il reticolato delle sbarre di una prigione e nel sonno Frigga non conosceva
sollievo: sognava di cavalcare di fianco a suo fratello, di raggiungere la sua
dimora nel Fjörgynn dove la attendevano i suoi genitori. Sognava un passato
perfetto in cui non c’era Odino e nessuno a lei caro era morto o in grave
pericolo. Eppure anche nei suoi sogni il suo ventre era ampio e scalpitante. Il
legame con suo figlio era già così inossidabile, in ogni sua fibra era già
madre prima ancora di poterlo stringere tra le sue braccia.
Una
notte si svegliò in preda al terrore più puro, immersa nel buio della camera,
ed il bambino nella pancia le rispose con un calcio ed una pressione sulle
costole che per un attimo le smorzò il respiro.
Fuori
infuriava la tempesta, chicchi di grandine colpivano il palazzo e la città,
illuminata da fulmini e scossa da tuoni. La mareggiata spingeva le onde contro
la scoglieva con violenza ed il rombo attraversava i muri ed echeggiava tra i
corridoi bui.
Si
appoggiò ad una colonna e chiuse gli occhi. Fece affiorare l’energia dentro di
sé e la lasciò diffondere nel suo corpo, poi cercò Odino in quella terra
lontana e quando lo trovò si spinse sino a lui.
Il Re
era immerso sino alle ginocchia nella neve gelida e si muoveva a fatica,
muovendo fendenti con Gugnir per disperdere i nemici che lo circondavano.
Attorno a lui, tra il vento gelido e la neve che turbinava, Jotun e Asgardiani
combattevano e perivano, cadendo gli uni sopra gli altri mescolando il proprio
sangue.
Sembrava
che Asgard fosse in netto svantaggio, tanto che uno dei fanti si era portato
alle labbra il corno della ritirata, fermato all'ultimo istante dal ringhio del
Re: “ASGARD NON CEDE IL PASSO!”
Era
stato distratto e la cuspide ghiacciata di uno Jotun gli aveva sfiorato
l’armatura e aperto una riga scarlatta sul petto. Un secondo gigante aveva
invece decapitato il soldato.
Gugnir
li aveva abbattuti entrambi, ma alle sue spalle un altro Jotun aveva preso la
rincorsa per colpirlo. La magia che ribolliva nelle vene di Frigga esplose: non
aveva fatto null’altro che diventare visibile agli occhi del gigante, ritta a
difesa della schiena del Re: una semplice distrazione che aveva tardato il
calare della lama per l'istante necessario perchè Odino si voltasse e lo
incenerisse con la sua lancia.
Con
lampo, Frigga si ritrovò nella sua stanza piegata in due dal dolore.
Le
ancelle erano accorse al suo grido ed Eir con loro, impartendo precise
istruzioni: “Sul letto, le gambe vicino al bordo, che riesca a raggiungerla e
ad operare comodamente. Mettetele dei cuscini dietro alla schiena.” Aveva
guardato infine per terra: “Si sono già rotte le acque, l’ora è giunta; vedremo
se tutta la vostra antipatia nei miei confronti darà i suoi frutti. E voi,
contadinelle, che fate lì impalate? Acqua bollente, pezzuole, muovetevi!”
“È
ancora presto…” Gemette la Regina.
“Non
troppo: mancano tre settimane al termine, il bambino si è già formato e ha
decisamente fretta.” Le aprì le gambe e gliele fece piegare, arrotolando la
camicia da notte sulle ginocchia ed ordinando ad una delle ancelle di aumentare
la luce: “Se sentite il bisogno di urlare… beh, fatelo: Non vi risparmiate che
non ce ne è bisogno.” Frigga aveva urlato forte per l’arrivo della prima, forte
contrazione. “Sì, esattamente così.”
Il
Bifrost si era aperto ed aveva inondato di luce fragorosa il suolo gelato.
Il
messaggero era comparso in mezzo al campo di battaglia ormai vuoto, con i primi
roghi dei morti che si confondevano con quelli con cui cercavano di scaldarsi i
vivi.
Cercò
la tenda del Re e vi entrò domandando perdono e prostrandosi: “Maestà, porto
notizie da Asgard.”
Seduto
in compagnia di due generali dall’aria stravolta, Odino era una maschera di
fango e sangue, il petto fasciato ed una curatrice a lui vicina piegata su un
braccio: “Parla.”
“La Regina,
mio Signore, ha dato alla luce il vostro erede. Un maschio.”
Il Re
si era abbandonato allo schienale della seggiola con un sospiro sollevato. I
generali si erano scambiati uno sguardo d’approvazione e anche la curatrice ne
aveva sorriso: “È un bambino sano, maestà, forte e…”
“E la
Regina?”
Il
messaggero aveva iniziato a balbettare: “Beh, ecco… il bambino è molto grande
e…”
Il Re
si alzò in piedi improvvisamente, senza curarsi di aver rovesciato le ampolle
ed i bendaggi della curatrice. “PARLA!”
“Ha faticato
molto, Maestà. È viva, ma Lady Eir dice che… dice che è molto debole e… e la
febbre…”
Era
entrato a palazzo come una furia, incurante di indossare ancora l’armatura
sporca e lacera. Un’ancella aveva gridato spaventata quando l’aveva visto
arrivare, un’altra aveva lasciato cadere una cesta di panni sporchi di sangue.
Infine
aveva fatto irruzione negli appartamenti della Regina, accolto da Eir che
teneva un fagotto azzurro tra le braccia: “Mio Signore, è con gaudio che vi
presento…”
“DOV’E’?”
Lady Eir
aveva sospirato ed indicato la porta oltre il salotto: “È davvero impossibile
tenervi fuori dalla sua camera da letto.”
“È un
maschio” Erano state le prime parole con cui Frigga l'aveva accolto, gli occhi
socchiusi e pallida come un cencio, adagiata sui cuscini del letto: “L’ho sentito piangere …!”
“È
forte e vigoroso, ed io te ne sono grato. Cosa ti ho fatto subire…!”
“Niente
di diverso da quello che accade ad ogni donna.” Frigga respirò profondamente:
“Solo che tuo figlio aveva fretta di nascere e spalle troppo larghe. Dovevo
rischiare la vita allora, per vederti tornare?”
“Donna
cocciuta.” Le accarezzò la guancia trovandola caldissima. La guardò meglio e si
accorse solo in quel momento che i suoi capelli lunghi e ricci avevano lasciato
il posto ad una corta zazzera scomposta.
“Glieli
ho dovuti tagliare per alleggerirla ed aiutarla a sfebbrarsi.” Spiegò
brevemente Eir, entrando con il bambino ancora in spalla.
Frigga
riaprì gli occhi al vagito del fagotto ed allungò la mano verso la donna, che
glielo appoggiò tra le braccia reticente: “Se inizia a girarvi la testa…”
Ma
Frigga aveva già iniziato a sciogliere il nodo della scollatura, quasi
rianimata da nuova energia: “Ti chiamerò, promesso.” Il bambino si era
attaccato subito al seno, avido. “È bellissimo, Odino. È un bambino
bellissimo.”
Il Re
lo fissava annuendo: “Thor.”
“Thor?”
“Il
suo nome, Thor. L’ideale, per chi è nato in una notte di battaglia e di
tempesta.”
“Se è
per questo, neppure in questa stanza si stava molto tranquilli.” Frigga sorrise
dolcemente e catturò una manina stretta in un pugnetto. “Thor.” Sussurrava
assaporando il suono secco del suo nome. “Se non diventi forte almeno la metà
del dolore di metterti al mondo, subirai tutta la mia collera.”
Odino
aprì gli occhi di scatto e trasalì sulla brandina. Gli era sembrato che
qualcuno gli sfiorasse il viso, una carezza calda e morbida dolcemente
famigliare: “Frigga…” si lasciò sfuggire, e lo sguardo vagò tra i suppellettili
della tenda immersa nel buio.
Una
candela, una minuscola fiammella si accese in un angolo vicino al suo
giaciglio. Si riflesse nei grandi occhi chiari di Frigga illuminandone il
sorrisetto compiaciuto: “Mesi di lontananza non hanno cancellato dalla tua
memoria il mio tocco, me ne rallegro!”
Il Re
si alzò a sedere: “Se ti sfiorassi scivoleresti via dalla mia vista. Deduco che
tu abbia deciso di apparirmi solo per prenderti gioco di me e tormentare i miei
sensi.” Frigga appoggiò la candela su uno sgabello vicino alla branda e gli
passò le mani sulle tempie e lungo il viso: “Quindi sei qui davvero?” Lei
annuì. “Sei impazzita, donna?” Odino scattò in piedi costringendola a fare un
passo indietro: Frigga non abbassò lo sguardo né mostrò segni di pentimento e
lo continuò a fissare spavalda. “Che diavolo ti salta in testa di aprire il
Bifrost e raggiungermi in un campo di guerra? Questo è un luogo di battaglia,
di sangue e morte, non un’alcova per mogli trascurate!”
“Vuoi
farmi credere che mi cacceresti davvero via? Potrei pensare che
plachi i tuoi sensi con qualcuna delle prostitute che seguono l’esercito!”
“Mi
avevi giurato che avresti governato in mia assenza! È questa la tua
obbedienza?"
“E lo
faccio, siedo sul tuo trono attendendo il tuo ritorno, governo e cresco nostro
figlio. E attendo missive dalla guerra ed ogni volta che vedo il Bifrost
illuminarsi mi divido tra la speranza di vederti attraversare il ponte ed il
terrore di sapere della tua morte. Questa notte avevo pensato di farti visita,
di portarti notizie di Thor e di Asgard. E, sì, di dividere quella branda con
te.”
“Torna
ai tuoi doveri, donna cocciuta.”
“Volentieri!”
Oltraggiata, Frigga raccolse le vesti e si gettò verso l’uscita. Odino
l’afferrò per il polso solo un istante prima che oltrepassasse il lembo chiuso
della tenda. Lei si voltò per impossessarsi della sua bocca e stringerlo tra le
sue braccia. Le sciolse freneticamente i nodi del mantello, la sollevò e lei
gli circondò la vita con le sue gambe. Odino staccò per un istante la sua bocca
dal collo e la fissò: “Non osare mai più disobbedirmi.”
“Se
la punizione è questa, pronuncerei uno spergiuro.”
Oziò
ancora per qualche minuto tra le pellicce della branda e si stirò pigramente
appoggiando la testa sul suo petto. Odino passava una mano tra i suoi capelli –
erano cresciuti, le sfioravano le spalle e gli solleticavano il mento – per poi
lasciarla scivolare lungo la pelle della schiena. “Dunque, quelle notizie?”
“Thor
si regge sulle sue gambe e ha iniziato a balbettare le prime parole.”
Condivisero un sorriso. “È ogni giorno più bello. E più irruento, una vera
peste. Urla e strepita e sgambetta ovunque.”
“L’indole
della mia famiglia.”
“Ah,
sicuro! Mia madre diceva che io e mio fratello eravamo quasi troppo calmi!”
“Non
l’avrei mai detto.”
Frigga
ridacchiò, colpendolo con un buffetto sul viso. “Ha i tuoi occhi. Gli sto
insegnando il tuo nome, voglio che sia la prima cosa che dice in tua presenza.”
Lo bacia e circonda il petto con le braccia, stringendolo forte. "È meglio
che vada, ora.” Si alzò e si rivestì in silenzio, gettandogli uno sguardo
divertito quando trovò il laccio del mantello strappato e se lo riparò
facendolo passare tra le dita: “C’era un’altra cosa che mi ha spinto a venir
qui stanotte. Era… uno strano presentimento.”
“Tu
vedi più lontano di chiunque altro. Se hai visto qualcosa su questa guerra, è
il caso che tu mi renda partecipe di ciò che conosci.”
“Non
ho visto nulla che possa essere legato a questa campagna, tuttavia mi ha
turbato." Frigga si sedette sulla brandina, accanto a lui: "Rammenti
quando abbiamo cacciato insieme la prima volta?”
“Colpisti
un cervo maschio scagliando una freccia dalla collina. Dritto nell’occhio.
Un'impresa ammirevole, ma non te ne vantasti e non volesti neppure portare quel
trofeo a Fjörgynn; ne sembravi quasi disgustata.”
“Ho
sognato quel cervo, Odino. Trafitto nell’occhio dalla mia freccia ma ancora
vivo e dritto sulle sue zampe. Perdeva sangue e sembrava soffrirne, ma non si
lamentava e restava con il capo alto, le corna ancora più grandi di quanto
ricordassi. Ma la cosa strana era un cerbiatto appena nato, ancora sporco di
sangue, che si reggeva a malapena in piedi. Piccolo e indifeso, piangeva con la
voce di un neonato tra le zampe del cervo adulto. Mi sono destata di soprassalto
con la certezza che avrei dovuto raccontartelo immediatamente. Così sono
partita subito.”
“Quale
sarà il suo significato?”
“Non
ne ho idea.”
Le
aveva accarezzato la gota arrossata, per poi baciarle le dita della mano
intrecciate alle sue: “Forse che questa unione inaspettata sfocerà in un
secondo erede?”
Lei
sorrise: “Potrebbe essere un'interpretazione molto plausibile. Tuttavia mi
domando: perché il cervo trafitto all’occhio?”
“Ebbene?
Era vivo, no? E allora è inutile che ti angusti troppo.”
Odino
rientrò all’accampamento reso invisibile dal caos di gemiti e sangue dei
feriti. Alla luce di un falò una curatrice stava praticando l’amputazione di un
piede ad un soldato urlante, trattenuto a stento da due suoi commilitoni, altre
due stavano ricomponendo pietosamente alcuni cadaveri insanguinati in un angolo
buio.
Passò
velocemente oltre, trattenendo il mantello davanti al petto e tenendo il capo
chino per nascondere la ferita al volto: Frigga l’aveva prevista e l’aveva
messo in guardia, eppure non era stato in grado di ripararsi in tempo; altra
pena per la sua Regina, dover fissare un volto deturpato sino alla fine dei
suoi giorni.
Con
le truppe di Asgard decimate e le curatrici impegnate con i sopravvissuti, per
lui fu quasi facile raggiungere la sua tenda. Chiuse velocemente il lembo di
tela dietro di sé e solo quando si voltò l'unico occhio rimasto catturò la
figura di un giovane vestito della piccola armatura dei messaggeri di palazzo.
“Chi
ti ha dato ordine di entrare?” Il ragazzo lo fissò con aria afflitta, poi chinò
il capo e la sua figura si sciolse in una sfumatura color smeraldo. “Frigga!”
“Perdonami,
non potevo attendere oltre.”
Odino
si sfilò l’elmo di Fjörgynn e lo lasciò cadere a terra: “Perdonami tu,
piuttosto. Per questo” Gli occhi della Regina si riempirono di lacrime quando
trovarono l'orbita vuota e sanguinante. Il Re scostò il mantello “…e per
questo.”
Nell’incavo
del suo braccio piegato c’era un neonato nudo che si muoveva lentamente, la
testina glabra che cadeva di lato come se non avesse forze per sostenerla, gli
occhi ridotti a due fessure ed il pianto ridotto ad un gemito sommesso.
“Egli
è…?”
“Il
cerbiatto del tuo sogno.”
Frigga
si avvicinò incerta e lo prese tra le
braccia tremanti, e il Re si concesse di accasciarsi su una seggiola di legno
che scricchiolò sotto il suo peso. “Abbiamo messo a ferro e fuoco la Rocca. Uno
dei miei generali sosteneva di aver sterminato la famiglia reale, che solo
Laufey si era salvato. Non era così. Quel bambino…”
“Non
può essere uno Jotun! La sua pelle, i suoi occhi, le sue dimensioni stesse! È
più piccolo di Thor alla nascita…”
“I
suoi colori sono cambiati, quando l’ho preso in braccio. E si è salvato, per
puro caso, perché qualcun altro ne aveva già deciso la morte. Lasciato sulla
pietra del tempio, in balia della tempesta e della fame.”
“Abbandonato?
Perché?”
“Un
bastardo, forse. Un vergogna, di sicuro. Un mezzogigante, un aborto un…” Frigga
si era scostata il mantello dal petto ed aveva abbassato la veste a scoprire un
seno candido. L’avvicinò alla bocca del bambino e lui lo prese debolmente tra
le labbra. “Non sei obbligata a farlo.” Chiarì Odino “Son certo che a palazzo
avrai balie a tue disposizione per…”
“Non
ho balie, non le ho mai usate. Thor è cresciuto con il mio seno finché non ha
reclamato un nutrimento più sostanzioso. Ed ora non ne ha più bisogno – ne sono
così desiderosa di darglielo, mordace com'è - mentre lui è talmente stremato da
non poter attendere oltre.” Sospirò accarezzando la testina: poppata dopo
poppata, il piccolo sembrava acquisire un poco di vigore. “Posso credere che
Laufey sia talmente crudele da condannare suo figlio, ma sua madre? Quale donna
ha potuto accettare che il frutto del suo ventre venisse esposto ad una simile,
atroce morte?”
“Forse
a noi è un gesto incomprensibile: abbiamo avuto un figlio sano e forte che-“
Lei
lo fulminò con uno sguardo: “Amerei nostro figlio anche se avesse cento teste e
nessuna di esse funzionante. E ad ogni modo, non è di certo colpa sua.” Gli
accarezzò una piccola gota pallida con l’indice. Il bambino ebbe un piccolo
sussulto e spalancò gli occhi. Si staccò dal seno e le sorrise, un rivolo
bianchiccio che spuntava tra le labbra bianche. Frigga rispose al sorriso con
un’altra piccola carezza e lo alzò appoggiandoselo su una spalla per battergli
delicatamente la schiena. “Quali sono le tue intenzioni? Vuoi tenerlo come
ostaggio?”
“O
come figlio?”
“Sarà
diverso da Thor.”
“Come
tu lo eri da tuo fratello. Sveleremo le sue origini quando sarà il momento, in
modo che possa reclamare il trono di Jotunheim ed instaurare una monarchia a
noi alleata. È la soluzione migliore. Nel frattempo, potrai essere per lui come
una madre?”
“Non
puoi pensare che possa essere come madre,
e solo per una parte della sua esistenza. O si è madri o non lo si è, e quando
lo si diventa lo si è per tutta la vita. Dal momento che lo senti scalciare
dentro di te o lo partorisci con dolore e lo nutri con te stessa.” Lasciò che
il neonato le catturasse l’indice con una manina e sorrise di nuovo: “È un
legame impossibile da spezzare. Tu vedi un futuro alleato, io un bambino
salvato dal cuore di un padre.” Il sorriso di Frigga è ora per suo marito:
“Tornerò ad Asgard in incognito, come l’ho lasciata, ed opererò in modo che
chiunque crederà che sia il nostro secondogenito. E quando ti presenterai a
Palazzo io sarò lì ad accoglierti per curare la tua ferita e presentarti nostro
figlio.”
“Così
facendo sacrificherai la tua sincerità in favore della mia, mi impedirai di
mentire quando dirò che venisti a trovarmi sul campo di battaglia.”
“Ed
il Guardiano, che tutto può vedere, non potrà che confermare. Parlerò ad Eir. E
modificherò i ricordi delle mie ancelle. Diremo che questa gravidanza è stata
nascosta per non distogliere l’attenzione dalla guerra, né per diffondere
notizie che potevano essere pericolose in caso di mancata vittoria.”
Odino
annuì: “Lascio tutto nelle mani della mia Regina. Ed il bambino…”
“Gli
darò un nome e lo presenterò a suo fratello. Cresceranno insieme, legati
indissolubilmente come solo i fratelli possono essere.”
Il Re
annuì, e quando la Regina si avvicinò quasi le sfiorò il volto in una carezza,
rinunciandovi solo all'ultimo istante per non toccarla con la mano sporca di
fango e sangue. Fu Frigga, invece, a raccoglierla nella sua ed avvicinarsi il
palmo alla guancia. Odino sospirò: "Povera moglie mia, a trovarsi un
simile scempio davanti agli occhi per tutto il resto della sua esistenza."
"Ebbene?
Sei vivo, no? E allora è inutile che ti angusti troppo."
Il
messaggero tornò ad Asgard insieme ad i primi feriti. Attraversò il Bifrost
spronando la cavalcatura al galoppo ed entrò a palazzo precipitosamente.
Salutò
le guardie e riferì della battaglia appena finita, chiedendo di avere
importantio informazioni da dare immediatamente la Regina e fu lasciato passare
senza essere ulteriormente trattenuto.
Quando
le porte degli appartamenti reali furono chiuse, Frigga riprese le sue forme e
si tolse il mantello che le copriva le spalle ed il bambino fasciato contro il
suo petto.
Lo
trovò addormentato, una manina premuta contro le labbra, finalmente intiepidito
dal calore del suo corpo e rasserenato dal suo odore. Lo accarezzò e gli
sorrise, adagiandolo sul letto e assicurandolo tra i cuscini.
Un'ancella
arrivò solerte al suo richiamo: "Maestà si è svegliata per le buone
notizie da Jotunheim?"
Frigga
le prese il volto tra le mani e la guardò fissa negli occhi, condividendone un
bagliore irreale: "No, la tua Regina si è svegliata per le doglie. Corri a
chiamare Eir. La gravidanza segreta di Frigga è giunta a termine."
L'ancella
restò qualche secondo immobile, lo sguardo confuso finché il bagliore fu
assorbito dalle sue iridi. Annuì assente e poi scattò come se avesse ripreso
immediatamente lucidità verso la porta.
"Non
provate a confondermi le idee con i vostri trucchetti, Maestà. Se c'è una cosa
che odio è l'ebbrezza, non tocco neppure vino per questo." Eir era
comparsa nelle sue stanze con una velocità impensabile per la sua età,
sorprendendola ad attaccarsi al seno il bambino che si era svegliato richidendo
le sue attenzioni.
"Il
Re vuole..."
La
vecchia aveva alzato gli occhi al cielo: "Mi importa della volontà del Re
quanto i Corvi dell'Yggrasil quando devono defecare: nulla."
"Eir!"
"Io
guardo voi. E dico che il vostro parto è stato decisamente più facile del
precedente." Disse infine: "Non c'è da meravigliarsene, quel bambino
è grosso la metà del vostro primogenito. So solo che speravate in cuor vostro
che fosse femmina, ma così non è e non potete far altro che felicitarvi che sia
sano, e siete lieta di aver donato a Thor un fratellino con cui giocare. Sempre
che riusciate a farlo diventare abbastanza grosso da sopportare la sua
irruenza."
Frigga
la fissò stupita, poi non potè far altro che ringraziarla. "Non c'è di
che, Maestà. Ho seguito tante donne nella mia lunga vita. Difficilmente trovo
qualcosa che possa stupirmi e so già come comportarmi in qualsiasi
occasione."
"Quindi
non vuoi sapere come..."
"Che
le Norne me ne scampino! Io vedo solo un bambino attaccato al petto di sua
madre, per il resto son fatti vostri e di Odino. Voi mi domandate solo di
mentire su questa nascita e così farò. Solo vi consiglio, per reggere il gioco,
di tenerlo lontano dal vostro letto nei prossimi giorni."
Alla
Regina scappò un sorriso: "Prima o poi dovrai spiegarmi la tua avversione
a tali frequentazioni."
La
vecchia era già sulla soglia della porta: "Difficilmente avrete tempo di
ascoltare i miei pettegolezzi con due figli a cui badare. Come vi dicevo, ne ho
viste di cose."
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Nella mitologia norrena, Eir era la
divinità a cui erano consacrate le arti mediche. Amica di Frigga, faceva parte
del suo seguito di dodici damigelle (Probabilmente tutte insieme formavano la
nazionale di Hockey Femminile su Ghiaccio Asgardiana)
Non so voi, ma io sono molto soddisfatta di
lei. Credo che sia il mio OC preferito.
Fjörgynn, invece, pare essere il nome di
suo padre. Nel dubbio, io l'ho preso in prestito per dare un nome al suo luogo
di nascita.
Questo non lo so in seguito ad approfonditi
studi sui miti nordici, ma grazie a Wikipedia. Ammetto la pochezza della mia
cultura.
Per quanto riguarda la presenza di Frigga
sul campo di battaglia, l'ispirazione mi è venuta durante Thor: TDW, dove
Frigga risponde ad Odino: "è sempre stata la mia preoccupazione a farti
tornare'. L'ho vista come un: 'Sei vivo perché ti ho sempre parato le spalle,
vecchio caprone.' Oddio, forse non con queste parole ma il succo era quello.
Grazie ancora per la vostra lettura, i
vostro commenti, ed il vostro tempo passato su queste pagine.
Alla prossima, se vorrete.
EC