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Autore: Evilcassy    05/12/2013    2 recensioni
Odino le accarezzò la guancia morbida e lei voltò appena il viso per baciargli il palmo: “Frigga di Fjörgynn. Frigga, la mia sposa. Frigga, Regina di Asgard.” Mormorò piano Odino, come se quei titoli li stesse assaporando, trovandoli finalmente tangibili: “Frigga, la stella più splendente al centro del cielo.”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Frigga, Odino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Al Centro del Cielo

 

 

Al Centro del Cielo

 

 

Seconda Stella : Alnilam

 

 

La vecchia Eir aveva il capo ed il collo perennemente avvolti da una stola grigia che le lasciava scoperto solo il viso arcigno e rugoso e camminava, incessantemente, curva sotto il peso dei suoi anni e dei suoi brontolii in un perpetuo e nervoso movimento.

Quando la Regina aveva manifestato i primi segni della gravidanza se l’era ritrovata tra il suo seguito su ordine di Odino: “È una levatrice esperta, ha visto nascere mio padre, me e i miei fratelli. Ti affido a mani esperte e sicure.”

Le mani erano esperte e sicure – bastava che le tastasse il ventre rigonfio per capire la posizione del bambino e la sua crescita – quanto il suo carattere severo e bisbetico: battibeccava in continuazione con le ancelle accusandole di essere delle contadinotte provinciali e teneva la Regina sotto stretto controllo. Le aveva proibito di cavalcare e stare troppo tempo in piedi, se a corte si teneva un banchetto insisteva perché si ritirasse presto senza partecipare alle danze e continuava a studiarle la pancia con occhio critico: il ‘troppo piccola’ degli inizi si era trasformato in breve tempo in ‘troppo grande’.

Aveva addirittura avuto da ridire sull’assidua frequentazione del talamo da parte di Odino: “Il lavoro è già stato fatto, a che serve che visiti continuamente le vostre stanze?” brontolava al mattino, quando entrava per svegliarla dopo che Odino se ne era già andato. L’unica spiegazione per una tale affermazione era che fosse ancora nubile. “Sono stata sposata per ben QUATTRO volte. L’ultimo marito l’ho seppellito con la pestilenza.” Aveva berciato in risposta. “Quando il lavoro è fatto è fatto!” Continuò a blaterare, mentre l’ancella che si stava occupando dell’acconciatura della Regina si era morsa le labbra per non ridere. Tra il serio e il faceto Frigga l’aveva sfidata a convincere Odino a starle lontano. “Oh non credete! L’ho fatto con suo padre, lo farò con lui. Ci andrò proprio ora: il Re mi darà immediata udienza, se la chiedo per la vostra salute.”

Era tornata dopo poco con lo sguardo più torvo del solito.

Quella notte ne avevano riso: “Le ho detto che se mi fossi azzardato a disertare il tuo letto saresti piombata come una furia nel mio.”

Si era accarezzata la pancia nuda e gonfia: “Una furia pingue.”

“Non meno pericolosa, a mio avviso.”

 

 

“Questa pancia è troppo grossa e bassa per non aver ancora raggiunto il termine.” Eir l’aveva tastata a lungo e poi aveva brontolato arrabbiata il suo responso.

Frigga si era rialzata da letto vincendo l’ormai usuale fitta alla schiena per risponderle piccata che la sua condizione tale era e tale rimaneva: “Se il bambino è grosso è un buon segno. Mezza corte prevedeva – o forse sperava – che non avrei dato eredi degni di questo nome ad Odino, ed invece suo figlio sarà sano e forte.”

“Essere grosso non significa questo. E non sarete così lieta delle sue dimensioni quando lo darete alla luce. Se ha ereditato le spalle del Re si incastrerà e dovrò saltarvi sulla pancia per farlo uscire. Urlerete e piangerete e sanguinerete come un agnello sgozzato.”

“BASTA!” urlò Frigga. “Non hai alcun diritto di parlarmi in questo modo. Modera il tono o ti faccio sbattere nelle segrete!”

La vecchia assunse un’espressione sdegnata che le fece addensare la ragnatela di rughe sulla faccia: “Vi sto solo mettendo in guardia per quello che passerete. Ora siete accecata dall’amore per la creatura che avete in grembo e dall’onore di ammantarvi del vostro titolo, ma Vostra Maestà deve tener bene in mente che non vi sarà nulla di poetico. Sangue e dolore: già quando li si mette al mondo, i figli di Asgard fanno capire alla madre cosa dovrà patire per tutta la vita. Preferivate che vi accarezzassi, che vi facessi i miei complimenti e vi vezzeggiassi con parole dolci? Oh no, io non sono quel tipo di levatrice: io preparo. Quando mi vedrete con un forcipe in mano e un bisturi nell’altra, tutto l’amore del mondo non potrà aiutarvi in quel momento: sarà solo la vostra forza e la vostra preparazione a portare a tarmine il compito. Avete ancora dei fianchi stretti, il bambino sarà grosso, resterà incastrato e non sarà immediato farlo uscire. Se al dolore assocerete la paura di perderlo per voi sarà la fine.”

Frigga si era lasciata cadere sulla sedia, le mani entrambe appoggiate al ventre e lo sguardo duro dritto in quello di Eir: “Non è spaventandomi, che mi aiuterai.”

“Oh, non vi dico che la verità, mia Signora. E il parto non è la fine, ma solo l’inizio. Un giorno mi ringrazierete.”

 

Odino l’aveva raggiunta nei giardini che circondavano il palazzo nel tardo pomeriggio; vedendolo arrivare le ancelle si inchinarono, per poi allontanarsi velocemente. Frigga, invece, a malapena aveva alzato gli occhi dal suo ricamo.

“Altro litigio con la vecchia Eir?”

La Regina aveva alzato appena il viso per rivolgergli un’occhiata in tralice: “Tale è l’evidenza?”

“Ha servito mia madre e la madre di mio padre. Non sarà una persona malleabile, ma la sua esperienza è tale da renderla indispensabile.”

“Ne sei spaventato? Della nascita, intendo. Forse ti sei lasciato influenzare dai tuoi Consiglieri, che…”

“Voglio solo che la mia Regina sia in mani sicure.”

“Se mi vuoi in mani sicure, dovresti restare al mio fianco, invece di preparati a scendere su Midgard per affrontare gli Jotun. Quando tuo figlio nascerà sarai lontano e chissà quando tornerai per conoscerlo.”

“Sono il Sovrano di Asgard, Frigga!” Alzò la voce: “E anche se qui restassi? Sono un Re, un guerriero, non un cerusico! Quelli sono affari da donne, ti ho affiancato Eir apposta. Che tu lo voglia o no, la sopporterai finché mio figlio non sarà nato.”

Nostro figlio.” Frigga aveva interrotto il ricamo – un filo tirato tra le dita nervose – per fulminarlo con lo sguardo: “Sino ad ora, hai condiviso con me solo la parte divertente: troppo poco per considerarlo solo tuo.”

“Donna cocciuta!"

La Regina aveva ripreso il suo ricamo: “Molto bene, allora seguirò l'ordine di Eir. Non provare a cercare conforto tra le mie braccia: da qui in poi troverai la mia porta chiusa.”

 

 

Il Bifrost era un lungo serpente brulicante di soldati. Le picche alte e le armature brillanti sotto le stelle, marciavano alla volta di Midgard in una notte di tardo inverno.

Frigga aveva taciuto il suo cuore e lasciato parlare il rigore dell'etichetta: salutò Odino di fronte alla corte con frasi sul suo coraggio, porgendogli l’elmo prima della partenza come voleva la tradizione.

Odino aveva lasciato i suoi occhi azzurri su di lei un istante più del necessario, abbastanza da far vacillare l’orgoglio con cui l’aveva tenuto lontano da sé. Avrebbe voluto dirgli quanto lo amava, che avrebbe vegliato ogni notte dalla loggia della Sala del Trono sperando nel suo ritorno e che nonostante la stesse lasciando sola con il suo ventre scalpitante era orgogliosa del suo Re e del suo sposo. “La tua Regina governerà in tua vece.” Poté solamente affermare.

“Lascio fiducioso il trono nelle tue mani.” Le rispose, e dallo sguardo che rivolse al ventre capì che non sarebbe tornato solo per quello.

 

Eir non si addolcì, anzi, le vietò la magia quando aveva notato che la fronte le si imperlava di sudore ogni volta che ne faceva uso. “Coloro che vi hanno preceduta non avevano il vostro dono, eppure sono sopravvissute lo stesso. Avrete notizie del Re quando le potrete avere. Finitela di torturarvi e di sfiancarvi, o non avrete energie per mettere al mondo il bambino. Sentite quanto scalcia: che sia maschio o femmina vi darà parecchio da fare.”

 

Se durante il giorno la Regina riusciva a mantenere saldo il controllo e ferma la voce, la veglia notturna la piegava. La pioggia gelida rigava le vetrati come il reticolato delle sbarre di una prigione e nel sonno Frigga non conosceva sollievo: sognava di cavalcare di fianco a suo fratello, di raggiungere la sua dimora nel Fjörgynn dove la attendevano i suoi genitori. Sognava un passato perfetto in cui non c’era Odino e nessuno a lei caro era morto o in grave pericolo. Eppure anche nei suoi sogni il suo ventre era ampio e scalpitante. Il legame con suo figlio era già così inossidabile, in ogni sua fibra era già madre prima ancora di poterlo stringere tra le sue braccia.

Una notte si svegliò in preda al terrore più puro, immersa nel buio della camera, ed il bambino nella pancia le rispose con un calcio ed una pressione sulle costole che per un attimo le smorzò il respiro.

Fuori infuriava la tempesta, chicchi di grandine colpivano il palazzo e la città, illuminata da fulmini e scossa da tuoni. La mareggiata spingeva le onde contro la scoglieva con violenza ed il rombo attraversava i muri ed echeggiava tra i corridoi bui.

Si appoggiò ad una colonna e chiuse gli occhi. Fece affiorare l’energia dentro di sé e la lasciò diffondere nel suo corpo, poi cercò Odino in quella terra lontana e quando lo trovò si spinse sino a lui.

 

Il Re era immerso sino alle ginocchia nella neve gelida e si muoveva a fatica, muovendo fendenti con Gugnir per disperdere i nemici che lo circondavano. Attorno a lui, tra il vento gelido e la neve che turbinava, Jotun e Asgardiani combattevano e perivano, cadendo gli uni sopra gli altri mescolando il proprio sangue.

Sembrava che Asgard fosse in netto svantaggio, tanto che uno dei fanti si era portato alle labbra il corno della ritirata, fermato all'ultimo istante dal ringhio del Re: “ASGARD NON CEDE IL PASSO!”

Era stato distratto e la cuspide ghiacciata di uno Jotun gli aveva sfiorato l’armatura e aperto una riga scarlatta sul petto. Un secondo gigante aveva invece decapitato il soldato.

Gugnir li aveva abbattuti entrambi, ma alle sue spalle un altro Jotun aveva preso la rincorsa per colpirlo. La magia che ribolliva nelle vene di Frigga esplose: non aveva fatto null’altro che diventare visibile agli occhi del gigante, ritta a difesa della schiena del Re: una semplice distrazione che aveva tardato il calare della lama per l'istante necessario perchè Odino si voltasse e lo incenerisse con la sua lancia.

 

Con lampo, Frigga si ritrovò nella sua stanza piegata in due dal dolore.

Le ancelle erano accorse al suo grido ed Eir con loro, impartendo precise istruzioni: “Sul letto, le gambe vicino al bordo, che riesca a raggiungerla e ad operare comodamente. Mettetele dei cuscini dietro alla schiena.” Aveva guardato infine per terra: “Si sono già rotte le acque, l’ora è giunta; vedremo se tutta la vostra antipatia nei miei confronti darà i suoi frutti. E voi, contadinelle, che fate lì impalate? Acqua bollente, pezzuole, muovetevi!”

“È ancora presto…” Gemette la Regina.

“Non troppo: mancano tre settimane al termine, il bambino si è già formato e ha decisamente fretta.” Le aprì le gambe e gliele fece piegare, arrotolando la camicia da notte sulle ginocchia ed ordinando ad una delle ancelle di aumentare la luce: “Se sentite il bisogno di urlare… beh, fatelo: Non vi risparmiate che non ce ne è bisogno.” Frigga aveva urlato forte per l’arrivo della prima, forte contrazione. “Sì, esattamente così.”

 

Il Bifrost si era aperto ed aveva inondato di luce fragorosa il suolo gelato.

Il messaggero era comparso in mezzo al campo di battaglia ormai vuoto, con i primi roghi dei morti che si confondevano con quelli con cui cercavano di scaldarsi i vivi.

Cercò la tenda del Re e vi entrò domandando perdono e prostrandosi: “Maestà, porto notizie da Asgard.”

Seduto in compagnia di due generali dall’aria stravolta, Odino era una maschera di fango e sangue, il petto fasciato ed una curatrice a lui vicina piegata su un braccio: “Parla.”

“La Regina, mio Signore, ha dato alla luce il vostro erede. Un maschio.”

Il Re si era abbandonato allo schienale della seggiola con un sospiro sollevato. I generali si erano scambiati uno sguardo d’approvazione e anche la curatrice ne aveva sorriso: “È un bambino sano, maestà, forte e…”

“E la Regina?”

Il messaggero aveva iniziato a balbettare: “Beh, ecco… il bambino è molto grande e…”

Il Re si alzò in piedi improvvisamente, senza curarsi di aver rovesciato le ampolle ed i bendaggi della curatrice. “PARLA!”

“Ha faticato molto, Maestà. È viva, ma Lady Eir dice che… dice che è molto debole e… e la febbre…”

 

Era entrato a palazzo come una furia, incurante di indossare ancora l’armatura sporca e lacera. Un’ancella aveva gridato spaventata quando l’aveva visto arrivare, un’altra aveva lasciato cadere una cesta di panni sporchi di sangue.

Infine aveva fatto irruzione negli appartamenti della Regina, accolto da Eir che teneva un fagotto azzurro tra le braccia: “Mio Signore, è con gaudio che vi presento…”

“DOV’E’?”

Lady Eir aveva sospirato ed indicato la porta oltre il salotto: “È davvero impossibile tenervi fuori dalla sua camera da letto.”

 

“È un maschio” Erano state le prime parole con cui Frigga l'aveva accolto, gli occhi socchiusi e pallida come un cencio, adagiata sui cuscini del letto:  “L’ho sentito piangere …!”

“È forte e vigoroso, ed io te ne sono grato. Cosa ti ho fatto subire…!”

“Niente di diverso da quello che accade ad ogni donna.” Frigga respirò profondamente: “Solo che tuo figlio aveva fretta di nascere e spalle troppo larghe. Dovevo rischiare la vita allora, per vederti tornare?”

“Donna cocciuta.” Le accarezzò la guancia trovandola caldissima. La guardò meglio e si accorse solo in quel momento che i suoi capelli lunghi e ricci avevano lasciato il posto ad una corta zazzera scomposta.

“Glieli ho dovuti tagliare per alleggerirla ed aiutarla a sfebbrarsi.” Spiegò brevemente Eir, entrando con il bambino ancora in spalla.

Frigga riaprì gli occhi al vagito del fagotto ed allungò la mano verso la donna, che glielo appoggiò tra le braccia reticente: “Se inizia a girarvi la testa…”

Ma Frigga aveva già iniziato a sciogliere il nodo della scollatura, quasi rianimata da nuova energia: “Ti chiamerò, promesso.” Il bambino si era attaccato subito al seno, avido. “È bellissimo, Odino. È un bambino bellissimo.”

Il Re lo fissava annuendo: “Thor.”

“Thor?”

“Il suo nome, Thor. L’ideale, per chi è nato in una notte di battaglia e di tempesta.”

“Se è per questo, neppure in questa stanza si stava molto tranquilli.” Frigga sorrise dolcemente e catturò una manina stretta in un pugnetto. “Thor.” Sussurrava assaporando il suono secco del suo nome. “Se non diventi forte almeno la metà del dolore di metterti al mondo, subirai tutta la mia collera.”

 

 

 

Odino aprì gli occhi di scatto e trasalì sulla brandina. Gli era sembrato che qualcuno gli sfiorasse il viso, una carezza calda e morbida dolcemente famigliare: “Frigga…” si lasciò sfuggire, e lo sguardo vagò tra i suppellettili della tenda immersa nel buio.

Una candela, una minuscola fiammella si accese in un angolo vicino al suo giaciglio. Si riflesse nei grandi occhi chiari di Frigga illuminandone il sorrisetto compiaciuto: “Mesi di lontananza non hanno cancellato dalla tua memoria il mio tocco, me ne rallegro!”

Il Re si alzò a sedere: “Se ti sfiorassi scivoleresti via dalla mia vista. Deduco che tu abbia deciso di apparirmi solo per prenderti gioco di me e tormentare i miei sensi.” Frigga appoggiò la candela su uno sgabello vicino alla branda e gli passò le mani sulle tempie e lungo il viso: “Quindi sei qui davvero?” Lei annuì. “Sei impazzita, donna?” Odino scattò in piedi costringendola a fare un passo indietro: Frigga non abbassò lo sguardo né mostrò segni di pentimento e lo continuò a fissare spavalda. “Che diavolo ti salta in testa di aprire il Bifrost e raggiungermi in un campo di guerra? Questo è un luogo di battaglia, di sangue e morte, non un’alcova per mogli trascurate!”

“Vuoi farmi credere che mi cacceresti davvero via? Potrei pensare che plachi i tuoi sensi con qualcuna delle prostitute che seguono l’esercito!”

“Mi avevi giurato che avresti governato in mia assenza! È questa la tua obbedienza?"

“E lo faccio, siedo sul tuo trono attendendo il tuo ritorno, governo e cresco nostro figlio. E attendo missive dalla guerra ed ogni volta che vedo il Bifrost illuminarsi mi divido tra la speranza di vederti attraversare il ponte ed il terrore di sapere della tua morte. Questa notte avevo pensato di farti visita, di portarti notizie di Thor e di Asgard. E, sì, di dividere quella branda con te.”

“Torna ai tuoi doveri, donna cocciuta.”

“Volentieri!” Oltraggiata, Frigga raccolse le vesti e si gettò verso l’uscita. Odino l’afferrò per il polso solo un istante prima che oltrepassasse il lembo chiuso della tenda. Lei si voltò per impossessarsi della sua bocca e stringerlo tra le sue braccia. Le sciolse freneticamente i nodi del mantello, la sollevò e lei gli circondò la vita con le sue gambe. Odino staccò per un istante la sua bocca dal collo e la fissò: “Non osare mai più disobbedirmi.”

“Se la punizione è questa, pronuncerei uno spergiuro.”

 

Oziò ancora per qualche minuto tra le pellicce della branda e si stirò pigramente appoggiando la testa sul suo petto. Odino passava una mano tra i suoi capelli – erano cresciuti, le sfioravano le spalle e gli solleticavano il mento – per poi lasciarla scivolare lungo la pelle della schiena. “Dunque, quelle notizie?”

“Thor si regge sulle sue gambe e ha iniziato a balbettare le prime parole.” Condivisero un sorriso. “È ogni giorno più bello. E più irruento, una vera peste. Urla e strepita e sgambetta ovunque.”

“L’indole della mia famiglia.”

“Ah, sicuro! Mia madre diceva che io e mio fratello eravamo quasi troppo calmi!”

“Non l’avrei mai detto.”

Frigga ridacchiò, colpendolo con un buffetto sul viso. “Ha i tuoi occhi. Gli sto insegnando il tuo nome, voglio che sia la prima cosa che dice in tua presenza.” Lo bacia e circonda il petto con le braccia, stringendolo forte. "È meglio che vada, ora.” Si alzò e si rivestì in silenzio, gettandogli uno sguardo divertito quando trovò il laccio del mantello strappato e se lo riparò facendolo passare tra le dita: “C’era un’altra cosa che mi ha spinto a venir qui stanotte. Era… uno strano presentimento.”

“Tu vedi più lontano di chiunque altro. Se hai visto qualcosa su questa guerra, è il caso che tu mi renda partecipe di ciò che conosci.”

“Non ho visto nulla che possa essere legato a questa campagna, tuttavia mi ha turbato." Frigga si sedette sulla brandina, accanto a lui: "Rammenti quando abbiamo cacciato insieme la prima volta?”

“Colpisti un cervo maschio scagliando una freccia dalla collina. Dritto nell’occhio. Un'impresa ammirevole, ma non te ne vantasti e non volesti neppure portare quel trofeo a Fjörgynn; ne sembravi quasi disgustata.”

“Ho sognato quel cervo, Odino. Trafitto nell’occhio dalla mia freccia ma ancora vivo e dritto sulle sue zampe. Perdeva sangue e sembrava soffrirne, ma non si lamentava e restava con il capo alto, le corna ancora più grandi di quanto ricordassi. Ma la cosa strana era un cerbiatto appena nato, ancora sporco di sangue, che si reggeva a malapena in piedi. Piccolo e indifeso, piangeva con la voce di un neonato tra le zampe del cervo adulto. Mi sono destata di soprassalto con la certezza che avrei dovuto raccontartelo immediatamente. Così sono partita subito.”

“Quale sarà il suo significato?”

“Non ne ho idea.”

Le aveva accarezzato la gota arrossata, per poi baciarle le dita della mano intrecciate alle sue: “Forse che questa unione inaspettata sfocerà in un secondo erede?”

Lei sorrise: “Potrebbe essere un'interpretazione molto plausibile. Tuttavia mi domando: perché il cervo trafitto all’occhio?”

“Ebbene? Era vivo, no? E allora è inutile che ti angusti troppo.”

 

 

Odino rientrò all’accampamento reso invisibile dal caos di gemiti e sangue dei feriti. Alla luce di un falò una curatrice stava praticando l’amputazione di un piede ad un soldato urlante, trattenuto a stento da due suoi commilitoni, altre due stavano ricomponendo pietosamente alcuni cadaveri insanguinati in un angolo buio.

Passò velocemente oltre, trattenendo il mantello davanti al petto e tenendo il capo chino per nascondere la ferita al volto: Frigga l’aveva prevista e l’aveva messo in guardia, eppure non era stato in grado di ripararsi in tempo; altra pena per la sua Regina, dover fissare un volto deturpato sino alla fine dei suoi giorni.

Con le truppe di Asgard decimate e le curatrici impegnate con i sopravvissuti, per lui fu quasi facile raggiungere la sua tenda. Chiuse velocemente il lembo di tela dietro di sé e solo quando si voltò l'unico occhio rimasto catturò la figura di un giovane vestito della piccola armatura dei messaggeri di palazzo.

“Chi ti ha dato ordine di entrare?” Il ragazzo lo fissò con aria afflitta, poi chinò il capo e la sua figura si sciolse in una sfumatura color smeraldo. “Frigga!”

“Perdonami, non potevo attendere oltre.”

Odino si sfilò l’elmo di Fjörgynn e lo lasciò cadere a terra: “Perdonami tu, piuttosto. Per questo” Gli occhi della Regina si riempirono di lacrime quando trovarono l'orbita vuota e sanguinante. Il Re scostò il mantello “…e per questo.”

Nell’incavo del suo braccio piegato c’era un neonato nudo che si muoveva lentamente, la testina glabra che cadeva di lato come se non avesse forze per sostenerla, gli occhi ridotti a due fessure ed il pianto ridotto ad un gemito sommesso.

“Egli è…?”

“Il cerbiatto del tuo sogno.”

Frigga si avvicinò  incerta e lo prese tra le braccia tremanti, e il Re si concesse di accasciarsi su una seggiola di legno che scricchiolò sotto il suo peso. “Abbiamo messo a ferro e fuoco la Rocca. Uno dei miei generali sosteneva di aver sterminato la famiglia reale, che solo Laufey si era salvato. Non era così. Quel bambino…”

“Non può essere uno Jotun! La sua pelle, i suoi occhi, le sue dimensioni stesse! È più piccolo di Thor alla nascita…”

“I suoi colori sono cambiati, quando l’ho preso in braccio. E si è salvato, per puro caso, perché qualcun altro ne aveva già deciso la morte. Lasciato sulla pietra del tempio, in balia della tempesta e della fame.”

“Abbandonato? Perché?”

“Un bastardo, forse. Un vergogna, di sicuro. Un mezzogigante, un aborto un…” Frigga si era scostata il mantello dal petto ed aveva abbassato la veste a scoprire un seno candido. L’avvicinò alla bocca del bambino e lui lo prese debolmente tra le labbra. “Non sei obbligata a farlo.” Chiarì Odino “Son certo che a palazzo avrai balie a tue disposizione per…”

“Non ho balie, non le ho mai usate. Thor è cresciuto con il mio seno finché non ha reclamato un nutrimento più sostanzioso. Ed ora non ne ha più bisogno – ne sono così desiderosa di darglielo, mordace com'è - mentre lui è talmente stremato da non poter attendere oltre.” Sospirò accarezzando la testina: poppata dopo poppata, il piccolo sembrava acquisire un poco di vigore. “Posso credere che Laufey sia talmente crudele da condannare suo figlio, ma sua madre? Quale donna ha potuto accettare che il frutto del suo ventre venisse esposto ad una simile, atroce morte?”

“Forse a noi è un gesto incomprensibile: abbiamo avuto un figlio sano e forte che-“

Lei lo fulminò con uno sguardo: “Amerei nostro figlio anche se avesse cento teste e nessuna di esse funzionante. E ad ogni modo, non è di certo colpa sua.” Gli accarezzò una piccola gota pallida con l’indice. Il bambino ebbe un piccolo sussulto e spalancò gli occhi. Si staccò dal seno e le sorrise, un rivolo bianchiccio che spuntava tra le labbra bianche. Frigga rispose al sorriso con un’altra piccola carezza e lo alzò appoggiandoselo su una spalla per battergli delicatamente la schiena. “Quali sono le tue intenzioni? Vuoi tenerlo come ostaggio?”

“O come figlio?”

“Sarà diverso da Thor.”

“Come tu lo eri da tuo fratello. Sveleremo le sue origini quando sarà il momento, in modo che possa reclamare il trono di Jotunheim ed instaurare una monarchia a noi alleata. È la soluzione migliore. Nel frattempo, potrai essere per lui come una madre?”

“Non puoi pensare che possa essere come madre, e solo per una parte della sua esistenza. O si è madri o non lo si è, e quando lo si diventa lo si è per tutta la vita. Dal momento che lo senti scalciare dentro di te o lo partorisci con dolore e lo nutri con te stessa.” Lasciò che il neonato le catturasse l’indice con una manina e sorrise di nuovo: “È un legame impossibile da spezzare. Tu vedi un futuro alleato, io un bambino salvato dal cuore di un padre.” Il sorriso di Frigga è ora per suo marito: “Tornerò ad Asgard in incognito, come l’ho lasciata, ed opererò in modo che chiunque crederà che sia il nostro secondogenito. E quando ti presenterai a Palazzo io sarò lì ad accoglierti per curare la tua ferita e presentarti nostro figlio.”

“Così facendo sacrificherai la tua sincerità in favore della mia, mi impedirai di mentire quando dirò che venisti a trovarmi sul campo di battaglia.”

“Ed il Guardiano, che tutto può vedere, non potrà che confermare. Parlerò ad Eir. E modificherò i ricordi delle mie ancelle. Diremo che questa gravidanza è stata nascosta per non distogliere l’attenzione dalla guerra, né per diffondere notizie che potevano essere pericolose in caso di mancata vittoria.”

Odino annuì: “Lascio tutto nelle mani della mia Regina. Ed il bambino…”

“Gli darò un nome e lo presenterò a suo fratello. Cresceranno insieme, legati indissolubilmente come solo i fratelli possono essere.”

Il Re annuì, e quando la Regina si avvicinò quasi le sfiorò il volto in una carezza, rinunciandovi solo all'ultimo istante per non toccarla con la mano sporca di fango e sangue. Fu Frigga, invece, a raccoglierla nella sua ed avvicinarsi il palmo alla guancia. Odino sospirò: "Povera moglie mia, a trovarsi un simile scempio davanti agli occhi per tutto il resto della sua esistenza."

"Ebbene? Sei vivo, no? E allora è inutile che ti angusti troppo."

 

 

Il messaggero tornò ad Asgard insieme ad i primi feriti. Attraversò il Bifrost spronando la cavalcatura al galoppo ed entrò a palazzo precipitosamente.

Salutò le guardie e riferì della battaglia appena finita, chiedendo di avere importantio informazioni da dare immediatamente la Regina e fu lasciato passare senza essere ulteriormente trattenuto.

Quando le porte degli appartamenti reali furono chiuse, Frigga riprese le sue forme e si tolse il mantello che le copriva le spalle ed il bambino fasciato contro il suo petto.

Lo trovò addormentato, una manina premuta contro le labbra, finalmente intiepidito dal calore del suo corpo e rasserenato dal suo odore. Lo accarezzò e gli sorrise, adagiandolo sul letto e assicurandolo tra i cuscini.

Un'ancella arrivò solerte al suo richiamo: "Maestà si è svegliata per le buone notizie da Jotunheim?"

Frigga le prese il volto tra le mani e la guardò fissa negli occhi, condividendone un bagliore irreale: "No, la tua Regina si è svegliata per le doglie. Corri a chiamare Eir. La gravidanza segreta di Frigga è giunta a termine."

L'ancella restò qualche secondo immobile, lo sguardo confuso finché il bagliore fu assorbito dalle sue iridi. Annuì assente e poi scattò come se avesse ripreso immediatamente lucidità verso la porta.

 

"Non provate a confondermi le idee con i vostri trucchetti, Maestà. Se c'è una cosa che odio è l'ebbrezza, non tocco neppure vino per questo." Eir era comparsa nelle sue stanze con una velocità impensabile per la sua età, sorprendendola ad attaccarsi al seno il bambino che si era svegliato richidendo le sue attenzioni.

"Il Re vuole..."

La vecchia aveva alzato gli occhi al cielo: "Mi importa della volontà del Re quanto i Corvi dell'Yggrasil quando devono defecare: nulla."

"Eir!"

"Io guardo voi. E dico che il vostro parto è stato decisamente più facile del precedente." Disse infine: "Non c'è da meravigliarsene, quel bambino è grosso la metà del vostro primogenito. So solo che speravate in cuor vostro che fosse femmina, ma così non è e non potete far altro che felicitarvi che sia sano, e siete lieta di aver donato a Thor un fratellino con cui giocare. Sempre che riusciate a farlo diventare abbastanza grosso da sopportare la sua irruenza."

Frigga la fissò stupita, poi non potè far altro che ringraziarla. "Non c'è di che, Maestà. Ho seguito tante donne nella mia lunga vita. Difficilmente trovo qualcosa che possa stupirmi e so già come comportarmi in qualsiasi occasione."

"Quindi non vuoi sapere come..."

"Che le Norne me ne scampino! Io vedo solo un bambino attaccato al petto di sua madre, per il resto son fatti vostri e di Odino. Voi mi domandate solo di mentire su questa nascita e così farò. Solo vi consiglio, per reggere il gioco, di tenerlo lontano dal vostro letto nei prossimi giorni."

Alla Regina scappò un sorriso: "Prima o poi dovrai spiegarmi la tua avversione a tali frequentazioni."

La vecchia era già sulla soglia della porta: "Difficilmente avrete tempo di ascoltare i miei pettegolezzi con due figli a cui badare. Come vi dicevo, ne ho viste di cose."

 

 

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Nella mitologia norrena, Eir era la divinità a cui erano consacrate le arti mediche. Amica di Frigga, faceva parte del suo seguito di dodici damigelle (Probabilmente tutte insieme formavano la nazionale di Hockey Femminile su Ghiaccio Asgardiana)

Non so voi, ma io sono molto soddisfatta di lei. Credo che sia il mio OC preferito.

Fjörgynn, invece, pare essere il nome di suo padre. Nel dubbio, io l'ho preso in prestito per dare un nome al suo luogo di nascita.

Questo non lo so in seguito ad approfonditi studi sui miti nordici, ma grazie a Wikipedia. Ammetto la pochezza della mia cultura.

Per quanto riguarda la presenza di Frigga sul campo di battaglia, l'ispirazione mi è venuta durante Thor: TDW, dove Frigga risponde ad Odino: "è sempre stata la mia preoccupazione a farti tornare'. L'ho vista come un: 'Sei vivo perché ti ho sempre parato le spalle, vecchio caprone.' Oddio, forse non con queste parole ma il succo era quello.

Grazie ancora per la vostra lettura, i vostro commenti, ed il vostro tempo passato su queste pagine.

Alla prossima, se vorrete.

EC

 

 

   
 
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