Serie TV > I Cesaroni
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Autore: Nike93    08/05/2008    2 recensioni
La diciottenne India si trasferisce a Garbatella per due anni. Lì farà la conoscenza della grande famiglia Cesaroni e, soprattutto, dei Masetti: un ragazzo spensierato e irriverente, una professoressa vigile e severa, un meccanico simpatico e distratto. Non tutto ciò che sembra complicato lo è davvero...
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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E siamo arrivati alla fine!!! Grazie a tutti quelli che hanno letto e hanno aggiunto la storia ai preferiti, in particolare grazie alla mia sore, michelle, chika, lu88, auryn ed egittofona (e chi saranno mai queste due? Mah! XD)
Mi piacerebbe se, almeno per quest’ultimo capitolo, tutti quelli che hanno letto mi lasciassero un commentino... ci conto!

 
Capitolo 32 - …e poi non dormirò

 
Mai, in oltre diciotto anni, India aveva trovato così difficile alzare la testa dal cuscino.
Neanche adesso, seduta su una delle infinite –e infinitamente scomode- poltroncine dell’aeroporto, riusciva a raccogliere le forze necessarie per compiere un qualsiasi gesto. Il grande orologio appeso alla parete scandiva un ritmo regolare e fin troppo lento. A quel punto, India sperava solo che tutto finisse il più presto possibile. Che salisse subito sull’aereo, che il viaggio durasse poco e che si facesse in fretta ad arrivare nella loro nuova casa.
Perlomeno, forse questo avrebbe compensato il lunghissimo lasso di tempo che avrebbe impiegato ad adattarsi e a rimuovere tutto quanto riguardasse la sua vita a Roma.
Forse… 

Una figuretta sottile e non molto alta si muoveva affannosamente lungo i marciapiedi, sgomitando tra la folla che sembrava voler impedire il compimento di quella che ormai era diventata la sua missione.
No, non lo avrebbe permesso.
C’erano in gioco troppe cose.
O forse una cosa sola, ma troppo importante…

 
All’apatia era subentrata la smania. Non potendone più di sentirsi un tutt’uno con la sedia, India scattò in piedi e si diresse verso il primo luogo che sembrava poter offrire una distrazione.
Un bar.
L’uomo dietro il bancone le chiese qualcosa che India non si curò di decifrare. Si limitò ad indicare distrattamente verso un punto imprecisato sullo scaffale, accompagnando quel gesto con un debole “per favore”. Tirò fuori qualche moneta e la poggiò sul bancone, prese in mano il piccolo sacchetto e tornò indietro. Si lasciò cadere nuovamente sulla poltroncina e finalmente si decise a scoprire cosa avesse comprato: qualunque cosa fosse, l’importante era che fosse commestibile.
Gettò uno sguardo all’etichetta: cioccolatini.
Rimase a fissare il pacchetto per pochi, lunghissimi secondi, prima di distogliere frettolosamente lo sguardo, stringendolo forte tra le mani, quasi a volerlo distruggere.
 

La coda non era poi così lunga, ma, anche se ci fossero state solo due persone, le si sarebbe comunque prospettata un’attesa troppo lunga. Più di quanto fosse disposta a sopportare.
Scorse velocemente le righe dell’immenso fascio di fogli che le avevano messo davanti. Doveva sbrigarsi, ma non avrebbe messo alla prova il destino al punto di rischiare di mandare tutto all’aria.
Finalmente, le fu concesso di apporre la propria firma.

 
India lanciò uno sguardo fugace verso sua madre, che ricambiò con non meno freddezza.
- Sei un po’ più tranquilla, adesso? –
Suonava tanto come una presa in giro, ma India cercò di non perdere la calma di fronte a quegli occhi di ghiaccio e quella bocca allungata in una smorfia forse canzonatoria, forse di semplice disapprovazione, o stanchezza.
- Ho altra scelta? –
Gli occhi di Laura si ridussero a fessure. India cominciava a chiedersi come avesse fatto a credere, anche solo per un paio di giorni, anche solo per pochi minuti, che avrebbe potuto avere una vera madre.
Ma poi giunse alla conclusione che non gliene importava granché.
Non in quel momento.
Laura riprese a sfogliare nervosamente la rivista che teneva in mano ormai da ore.
India non riuscì a staccarle gli occhi di dosso, in un misto di rancore e disgusto.
Avrebbe preferito che sua madre si fosse dimostrata felice della propria scelta, assolutamente incurante del dolore che con essa aveva potuto provocare a sua figlia.

Mi stai rovinando la vita, almeno sii felice!
Avrebbe voluto urlarglielo in faccia, ma le era già costato tanto quel “Fuori!” che le aveva scagliato contro dopo la notizia dell’imminente partenza. Non era nella sua natura.

Forse anch’io sono così. Forse sono come lei e non me ne rendo conto. Dopotutto, sono sua figlia.
India si coprì il viso con le mani, sprofondando nella confusione più nera.
O forse non era confusione.
Forse era solo disperazione… Pura e semplice disperazione.
 

Stava per arrivare. Sì. Il traffico non l’avrebbe fermata, come non l’aveva fermata mai nulla.
O forse così credeva. Adesso, le sembravano ben più stupidi quei tanti ideali che aveva inseguito fin da giovane, senza nessuno con cui condividere il successo finale.
Ora c’era più di una persona con cui dividerlo.
Perché anche stavolta ce l’avrebbe fatta.

 Nonostante ce l’avesse messa tutta per evitarlo, India si mise a pensare alle persone che stava lasciando.
Anzi, che aveva già lasciato.
Veronica aveva capito. Si era arrabbiata, aveva cercato di farla ragionare, si era asciugata a forza quelle poche lacrime dispettose per mantenere un certo ritegno, ma l’aveva capita. Il loro saluto era stato un lungo abbraccio, dopodiché India l’aveva pregata di non cercarla più. Si sarebbe fatta viva lei. Forse. E Veronica, seppur sospirando, aveva obbedito. Cosa che non aveva fatto Walter. Ormai, India era arrivata al punto di cancellare sms e chiamate perse dal cellulare senza neanche leggere il nome del mittente.
Non si permise una risposta né un rimpianto.

 
Dov’era? Se non l’avesse trovata, avrebbe fatto un macello, e allora sì…

 
Fu con un lungo e penoso sospiro che India si tirò su dalla poltroncina quando sua madre la richiamò con un cenno del capo.

Chissà, forse potrei scriverci su una sottospecie di Addio ai monti. Potrei diventare famosa e ricavare almeno qualcosa di buono da tutto questo st…
- Permesso, permesso! INDIA! E mamma mia, se chiedo permesso sarà perché devo passare, no?! –
I pensieri della ragazza furono bruscamente interrotti dal richiamo che esplose alle sue spalle, a qualche metro di distanza. Si voltò indietro e, con immensa sorpresa, vide Stefania cercare di farsi largo tra la folla che riempiva l’aeroporto. Rimase basita a guardarla finché non se la trovò di fronte. – Diamine, sembra che siano tutti extracomunitari! –
- Stefania, che… che ci fai qui? – La donna le rivolse uno dei suoi soliti sguardi alla guarda-che-mi-tocca-fare.
- Riprendo fiato, e intanto mi diletto cercando di capire per quale astrusa ragione non mi hai detto che stavi per andartene. – India non sprecò neanche le energie necessarie per mostrarsi imbarazzata.
- Semplicemente perché ho visto già abbastanza facce depresse, e non volevo che nessuno cercasse di convincermi a restare, cosa che tu avresti fatto. –
- Naturalmente. Perché pensi che io sia qui? – Detto ciò, Stefania cominciò a guardarsi intorno. – C’è tua madre? Vorrei fare quattro chiacchiere con lei. –
- Non ce n’è bisogno, davv… - cominciò India, ma si interruppe quando avvertì la mano di sua madre stringersi saldamente sul proprio braccio.
- India, è ora di andare, non c’è tempo di fare salotto. – la apostrofò. Poi alzò la testa e incrociò lo sguardo di Stefania. – Mi dispiace, dobbiamo andare. – aggiunse senza scomporsi.
- Oh, certo, non mi permetterei mai di trattenervi, se questo fosse dettato da un mio personale capriccio. – replicò l’altra in tono di sfida, ma senza smettere di sorridere.
- Prego? – Laura socchiuse gli occhi, scrutando minacciosamente la sua interlocutrice.
- Dicevo, se fossi solo io a volere che India restasse qui, non mi sognerei mai di intromettermi. Ma si dà il caso che la notizia della sua partenza abbia suscitato reazioni non propriamente felici in un bel po’ di persone. Compresa sua figlia stessa, se mi permette. – soggiunse.
- Non mi interessa se mia figlia è venuta a fare la pietà da voi. Io sono sua madre, e io decido per lei. E’ meglio che India passi un po’ di tempo con la sua famiglia. –
Stefania la rivolse un sorriso a trentadue denti.
- Naturalmente, l’importante è che torni in tempo. –
- In tempo per cosa, scusi? –
- Oh, già, avevo dimenticato… che sbadata! – In un’altra occasione, India avrebbe riso a crepapelle di fronte all’espressione di Stefania, ma in quel momento si sentiva troppo confusa e stordita per accennare qualsiasi reazione. – Immagino che lei sappia per quale motivo India si è trasferita qui. –
- Esattamente. Per il corso d’arte. – rispose prontamente Laura. Cominciava chiaramente a perdere la pazienza.
- Che non è terminato. – A quelle parole, India dovette davvero trattenersi dal ridere: cosa voleva fare Stefania, convincere sua madre a lasciarla dov’era? Forse aveva un’opinione troppo alta di se stessa o, più probabilmente, una troppo bassa di sua madre. – Lei ha idea di quanto questo corso sia servito a sua figlia, di quanto si sia dilettata e impegnata nel seguirlo? –
- Posso immaginarlo, ma non è questo che ci interessa. Non era mica obbligata a continuarlo. –
- Certo, certo… Ma mi sento in dovere di ricordarle che India avrebbe diritto a seguire anche il secondo anno del corso, e di informarla che gli insegnanti che hanno avuto a che fare con lei non hanno sottovalutato il suo talento. Sarebbe davvero un peccato che India se ne andasse ora… - Stefania aprì la propria borsa e ne estrasse un fascio di fogli. - …perché è già iscritta all’Accademia di Belle Arti. Può controllare. Non sono pochi quelli che aspirano a questo posto… sarebbe un vero peccato lasciarlo vuoto, non crede? –
- Stefania… - cominciò India, ma fu incapace di continuare. Era rimasta talmente frastornata da non riuscire più a formulare una frase di senso compiuto. Fu l’intervento di sua madre a risparmiarle quella fatica.
- E lei vorrebbe… convincermi a lasciare qui India solo per un… contratto? – Laura non aveva più quell’espressione dura e autoritaria, sembrava solo confusa quanto la figlia.
- Dal momento che lei sembra non interessarsi del modo in cui India ha passato questi ultimi mesi, delle persone che ha conosciuto e che le vogliono bene, sì. –
India rimase a guardare ammutolita le due donne che seguitavano a guardarsi in cagnesco. Certo, Stefania non era tipo che si lasciava mettere i piedi in testa, ma non avrebbe mai pensato…
Per la prima volta da giorni, gli sguardi di madre e figlia si incrociarono senza evitarsi.
- Perché non mi hai mai detto come stavano davvero le cose? – mormorò Laura. Sembrava quasi offesa.
- Non me l’hai mai chiesto. – replicò India a voce ancora più bassa.
- Non è vero. –
- Ok… me l’hai chiesto, ma non ti importava. – Questa volta, India non si vergognò di dirlo. Scandì lentamente ogni parola, in modo che Laura non potesse far finta di non aver afferrato.
Non voleva separarsi da sua madre dopo lunghi e inutili convenevoli. Non voleva perdersi in discorsi ipocriti. Non aveva mai parlato con lei… Perché avrebbe dovuto farlo prima della separazione definitiva?
Aveva letto di tanti addii. Addii sentiti, sofferti, addii infiniti.
Dietro un addio c’era qualcosa che finiva, ma davanti… cosa c’era, davanti?
Cosa avrebbe trovato dopo quell’addio?
Sapeva che anche la sua favola stava per finire. Ma ora le si era presentato davanti un altro finale.
Un finale diverso, non programmato, ma desiderato. Bramato con tutta l’anima.
- L’aereo parte. –
La sua favola sarebbe finita senza saluti e senza lacrime.
- Mi pare di aver capito che non posso… beh, fare granché. –
Ma poi ne sarebbe cominciata un’altra.
Più bella, perché inattesa.
 

Mentre guardava le nuvole scivolarle accanto come in una pellicola proiettata troppo da vicino, stava ancora chiedendosi come avesse potuto essere tanto stupida. Come avesse potuto pretendere di domare una creatura che non le era appartenuta mai, se non nel momento in cui l’aveva generata.
Ma questo non era bastato. Curioso rendersi conto di come fosse cresciuta in pochi mesi, da sola, più che in tanti anni passati accanto a lei.
Ma le era stata mai accanto anche in un senso che non fosse fisico?
No, e ormai non lo sarebbe stata più neanche in quel senso. 

- E sorridi, India, accidenti! –
La ragazza si riscosse dal suo torpore. – Come? –
- Sì, buonanotte… Se avessi saputo che sarebbe stata questa la tua reazione, ti avrei fatta arrivare all’aereo direttamente senza farti toccar terra. Ohè, India, ci sei? –
- Sì, sì, ci sono, non urlare! Sono ancora sotto shock, credo. Come diamine hai fatto…? – Stefania le scoccò uno sguardo di finta superiorità.
- Giusto, avrei dovuto prima chiederti se ti interessasse davvero il posto all’Accademia. Ma, sinceramente, questo mi è sembrato un dettaglio su cui potevo anche soprassedere. Tua madre non è poi così difficile da convincere! – Finalmente, India riuscì a sorridere.
- Non c’era bisogno di chiederlo. – Sospirò e abbandonò la testa all’indietro, appoggiandosi allo schienale. – Stefania, mi scuserai se non ti sto ringraziando come si deve. Al momento mi sento completamente rimbambita. Forse, quando mi renderò conto… -
- Non preoccuparti. Quando ti sarai ripresa, avremo tutto il tempo per parlarne, se ti va. Vorrei solo capire perché non mi hai detto niente, benedetta ragazza! –
- Mi dispiace, Stefania… - mormorò India, imbarazzata. – Non ho capito più niente. – La donna sospirò.
- In fondo non hai tutti i torti. So solo che mai come adesso mi sono sentita una madre apprensiva e responsabile. – A quelle parole, India smise di guardare il paesaggio che le scorreva accanto mentre Stefania guidava tranquillamente.
- E’ stato Walter a dirtelo, vero? –
- Diciamo che gliel’ho dovuto tirar fuori con le pinze, ma, sì, me l’ha detto lui. Appena in tempo per sistemare un paio di cose e venirti a recuperare. –
- Non puoi capire quanto mi senta stupida… e inutile… - mormorò India, portandosi una mano sulla fronte.
- Stupida forse, ma capita anche nelle migliori famiglie. – assentì Stefania. - Ma inutile non credo proprio. Non per qualcuno… - aggiunse facendole l’occhiolino. – E quel qualcuno ti sta aspettando, anche se non lo sa. Siamo arrivate. – Solo allora India si accorse che l’auto era ferma davanti casa Masetti. Sospirò profondamente.
- Non vorrà più vedermi. –
- Se fosse così, pensi che mi sarei data tutta questa pena per fare in modo che tu rimanessi? –
I loro sguardi si incrociarono, e ad India mancarono le parole per ringraziarla come avrebbe voluto.
- Stefania, io… -
- Non devi dire nulla, piccola. – La donna le sorrise in un modo diverso dal solito. Tirato, sì, ma quasi… materno. – Forse Walter avrebbe potuto desiderare una madre migliore, ma per me… ti giuro che non c’è gioia più grande che vederlo felice. E felice com’è adesso… cioè, com’era fino a qualche giorno fa, e come spero che tornerà ad essere, io non l’ho mai visto. Io… - Ma non poté finire il discorso, perché India la stava già abbracciando, come forse non aveva mai abbracciato nessuno.
- Grazie, Stefania. –
- Và da lui, su. –

“Piccolina dammi un bacio e vado via
sono certo che mi porterà fortuna
questa notte sembra così bella
e poi lo sai che ho una buona stella…[…]
Poi mi volto e mi saluti con la mano
mentre io mi allontano e non ti vedo più”

 
Fu con trepidazione, stavolta non più mista a quello strano desiderio di scappare a gambe levate, che India suonò alla porta di casa Masetti.
Non poteva fare altro che sperare vivamente che le sue previsioni fossero sbagliate.
La porta si aprì dopo parecchi minuti, e per un attimo India temette che le si potesse chiudere in faccia.
Walter la fissava con stupore malamente camuffato in rabbia.
- Che ci fai qui? –

“Ma da quanto tempo amore sono in mare
e da quanto tempo aspetti sempre lì
io lo so ch'e' come il primo giorno,
per te e' un miracolo quando ritorno
quello vero, invece, e' ritrovarti qui.”

 
- Sono… beh, come dire… tornata. – Walter alzò le sopracciglia.
- Ah. – Era chiaro come il sole che faticava enormemente a nascondere la sua sorpresa.
Tuttavia, India non poté fare a meno di sorridere tra sé.
Non avrebbe avuto più bisogno di difese.
Fece qualche passo avanti.
- Walter, lo so che mi odi… E hai ragione, hai perfettamente ragione. Ho fatto male a… beh, mi sono comportata da stronza, ecco. E tu non lo meritavi, non lo meritavi affatto. – Walter annuì scettico, cercando di non guardarla negli occhi.
- Beh, mi fa piacere che te ne rendi conto. No, cioè… - Tornò imbarazzato. – Non è che ti sei comportata da stronza, ecco, ma… -
- Sì che l’ho fatto. – A quel punto, le venne spontaneo sorridere. Si avvicinò di più a Walter.
- Va bene, va bene. Chiarito questo concetto… non hai paura di perdere l’aereo? -
- Quello l’ho perso già da un’oretta. O meglio, l’aereo ha perso me. – India si vide piantato in faccia uno sguardo allibito.
- Come, scusa? –
- Già, pare che una certa signora Masetti abbia provveduto a recuperare certi documenti e a iscrivermi all’Accademia di Belle Arti, e che poi sia venuta fino all’aeroporto a bloccare mia madre, e che… -
- No, no, alt. – Walter la fermò con un gesto della mano, ancora scioccato. Deglutì. – Non ho recepito una sola parola oltre a “l’aereo ha perso me”. Dimmi solo una cosa: è uno scherzo? –
Il sorriso di India si fece più ampio. Gli si avvicinò ancora e portò le braccia intorno al suo collo.
- Sai, un certo ragazzo, tempo fa, mi insegnò a rispondere a tono alle persone, ma non a fare battute così divertenti. Se vorrà insegnarmi anche quest’arte, io sarò sempre qui… finché lo vorrà. –
Finalmente, vide sul viso di Walter quella che ormai era diventata una delle sue ragioni di vita: il suo sorriso.
- Puoi dirmelo senza giri di parole o indovinelli? Ho paura di interpretare il tutto nel modo sbagliato. –
India si strinse più forte a lui.
- Non parto, Walter. Resto qui, a Roma, con te. –
E il silenzio fu spezzato solo dal bacio che India posò sulle labbra del suo ragazzo, a confermare e sigillare la sua promessa. 

- Ragazzi, cosa… -
Stefania si bloccò improvvisamente. Erano passati ormai lunghissimi minuti da quando India era salita in casa, e ancora non aveva avuto notizie. Aveva salito le scale più rapidamente del solito, e li aveva trovati lì, appoggiati allo stipite della porta ancora aperta, persi in un bacio senza fine.
Avrebbe voluto allontanarsi, ma dopotutto Stefania Masetti restava sempre e comunque Stefania Masetti, e aspettò che i due si staccassero –cosa che non successe troppo in fretta- per rivolgere loro la parola.
- Pare che abbiate trovato un nuovo punto d’accordo, no? –
La risposta fu più che eloquente: due larghi sorrisi, una doppia risata.
- Già… Mamma, per oggi noi prendiamo la macchina, ok? Non so quando torneremo, in caso il mio cellulare è acceso! – E, con queste parole, Walter stava già scendendo a razzo le scale, trascinandosi dietro un’India ancora scossa dalle risate, finché Stefania non li vide scomparire.
E finalmente sorrise. Non era il suo solito sorriso da prof, né il sorriso di chi aveva visto i voti di suo figlio lievitare di colpo, né di chi l’aveva visto per la prima volta innamorato. Era semplicemente il sorriso di una madre che si era resa conto che ne era valsa la pena, di passare una notte insonne nel tentativo di farlo tornare felice, quel figlio.

“Ma non vedi che col sole sto tornando
e mi stai salutando: amore sono qui[…]
in mezzo a quei bei fiori io ti confonderò:
saranno tanti baci e poi non dormirò”

(F. Concato, “La barca Guendalina”)

 

***FINE***

 

  
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