E siamo
arrivati alla fine!!! Grazie a tutti quelli che
hanno letto e hanno aggiunto la storia ai preferiti, in particolare
grazie alla
mia sore, michelle, chika, lu88, auryn ed egittofona (e chi saranno mai
queste
due? Mah! XD)
Mi piacerebbe se, almeno per quest’ultimo capitolo, tutti
quelli che hanno letto mi lasciassero un commentino... ci conto!
Capitolo
32 - …e poi non dormirò
Mai,
in oltre diciotto anni, India aveva trovato così difficile
alzare la testa dal cuscino.
Neanche adesso, seduta su una delle infinite –e
infinitamente scomode- poltroncine dell’aeroporto, riusciva a
raccogliere le
forze necessarie per compiere un qualsiasi gesto. Il grande orologio
appeso
alla parete scandiva un ritmo regolare e fin troppo lento. A quel
punto, India
sperava solo che tutto finisse il più presto possibile. Che
salisse subito
sull’aereo, che il viaggio durasse poco e che si facesse in
fretta ad arrivare
nella loro nuova casa.
Perlomeno, forse questo avrebbe compensato il lunghissimo
lasso di tempo che avrebbe impiegato ad adattarsi e a rimuovere tutto
quanto
riguardasse la sua vita a Roma.
Forse…
Una figuretta
sottile e non molto
alta si muoveva affannosamente lungo i marciapiedi, sgomitando tra la
folla che
sembrava voler impedire il compimento di quella che ormai era diventata
la sua
missione.
No, non lo avrebbe permesso.
C’erano in gioco troppe cose.
O forse una cosa sola, ma troppo
importante…
All’apatia era subentrata la smania. Non potendone
più di
sentirsi un tutt’uno con la sedia, India scattò in
piedi e si diresse verso il
primo luogo che sembrava poter offrire una distrazione.
Un bar.
L’uomo dietro il bancone le chiese qualcosa che India non
si curò di decifrare. Si limitò ad indicare
distrattamente verso un punto
imprecisato sullo scaffale, accompagnando quel gesto con un debole
“per
favore”. Tirò fuori qualche moneta e la
poggiò sul bancone, prese in mano il
piccolo sacchetto e tornò indietro. Si lasciò
cadere nuovamente sulla poltroncina
e finalmente si decise a scoprire cosa avesse comprato: qualunque cosa
fosse,
l’importante era che fosse commestibile.
Gettò uno sguardo all’etichetta: cioccolatini.
Rimase a fissare il pacchetto per pochi, lunghissimi
secondi, prima di distogliere frettolosamente lo sguardo, stringendolo
forte
tra le mani, quasi a volerlo distruggere.
La
coda non era poi così lunga, ma, anche se ci fossero
state solo due persone, le si sarebbe comunque prospettata
un’attesa troppo
lunga. Più di quanto fosse disposta a sopportare.
Scorse
velocemente le righe
dell’immenso fascio di fogli che le avevano messo davanti.
Doveva sbrigarsi, ma
non avrebbe messo alla prova il destino al punto di rischiare di
mandare tutto
all’aria.
Finalmente, le fu concesso di
apporre la propria firma.
India lanciò uno sguardo fugace verso sua madre, che
ricambiò con non meno freddezza.
- Sei un po’ più tranquilla, adesso? –
Suonava tanto come una presa in giro, ma India cercò di
non perdere la calma di fronte a quegli occhi di ghiaccio e quella
bocca
allungata in una smorfia forse canzonatoria, forse di semplice
disapprovazione,
o stanchezza.
- Ho altra scelta? –
Gli occhi di Laura si ridussero a fessure. India
cominciava a chiedersi come avesse fatto a credere, anche solo per un
paio di
giorni, anche solo per pochi minuti, che avrebbe
potuto avere una vera
madre.
Ma poi giunse alla conclusione che non gliene importava
granché.
Non in quel momento.
Laura riprese a sfogliare nervosamente la rivista che
teneva in mano ormai da ore.
India non riuscì a staccarle gli occhi di dosso, in un
misto di rancore e disgusto.
Avrebbe preferito che sua madre si fosse dimostrata felice
della propria scelta, assolutamente incurante del dolore che con essa
aveva
potuto provocare a sua figlia.
Mi
stai rovinando la vita, almeno sii felice!
Avrebbe voluto urlarglielo in faccia, ma le era già
costato tanto quel “Fuori!” che le aveva scagliato
contro dopo la notizia
dell’imminente partenza. Non era nella sua natura.
Forse
anch’io sono così. Forse sono come lei e non me ne
rendo conto. Dopotutto, sono sua figlia.
India si coprì il viso con le mani, sprofondando nella
confusione più nera.
O forse non era confusione.
Forse era solo disperazione… Pura e semplice disperazione.
Stava
per arrivare. Sì. Il traffico non l’avrebbe
fermata,
come non l’aveva fermata mai nulla.
O
forse così credeva. Adesso, le sembravano ben più
stupidi quei tanti ideali che aveva inseguito fin da giovane, senza
nessuno con
cui condividere il successo finale.
Ora
c’era più di una persona con cui dividerlo.
Perché
anche stavolta ce l’avrebbe fatta.
Anzi, che aveva già lasciato.
Veronica aveva capito. Si era arrabbiata, aveva cercato di
farla ragionare, si era asciugata a forza quelle poche lacrime
dispettose per
mantenere un certo ritegno, ma l’aveva capita. Il loro saluto
era stato un
lungo abbraccio, dopodiché India l’aveva pregata
di non cercarla più. Si
sarebbe fatta viva lei. Forse. E Veronica, seppur sospirando, aveva
obbedito.
Cosa che non aveva fatto Walter. Ormai, India era arrivata al punto di
cancellare sms e chiamate perse dal cellulare senza neanche leggere il
nome del
mittente.
Non si permise una risposta né un rimpianto.
Dov’era?
Se non l’avesse trovata, avrebbe fatto un
macello, e allora sì…
Fu con un lungo e penoso sospiro che India si tirò su
dalla poltroncina quando sua madre la richiamò con un cenno
del capo.
Chissà,
forse potrei scriverci su una sottospecie di Addio
ai monti. Potrei diventare famosa e ricavare almeno qualcosa di buono
da tutto
questo st…
- Permesso, permesso! INDIA! E mamma mia, se chiedo
permesso sarà perché devo passare, no?!
–
I pensieri della ragazza furono bruscamente interrotti dal
richiamo che esplose alle sue spalle, a qualche metro di distanza. Si
voltò
indietro e, con immensa sorpresa, vide Stefania cercare di farsi largo
tra la
folla che riempiva l’aeroporto. Rimase basita a guardarla
finché non se la
trovò di fronte. – Diamine, sembra che siano tutti
extracomunitari! –
- Stefania, che… che ci fai qui? – La donna le
rivolse uno
dei suoi soliti sguardi alla guarda-che-mi-tocca-fare.
- Riprendo fiato, e intanto mi diletto cercando di capire
per quale astrusa ragione non mi hai detto che stavi per andartene.
– India non
sprecò neanche le energie necessarie per mostrarsi
imbarazzata.
- Semplicemente perché ho visto già abbastanza
facce
depresse, e non volevo che nessuno cercasse di convincermi a restare,
cosa che
tu avresti fatto. –
- Naturalmente. Perché pensi che io sia qui? –
Detto ciò,
Stefania cominciò a guardarsi intorno. –
C’è tua madre? Vorrei fare quattro
chiacchiere con lei. –
- Non ce n’è bisogno, davv… -
cominciò India, ma si
interruppe quando avvertì la mano di sua madre stringersi
saldamente sul
proprio braccio.
- India, è ora di andare, non c’è tempo
di fare salotto. –
la apostrofò. Poi alzò la testa e
incrociò lo sguardo di Stefania. – Mi
dispiace, dobbiamo andare. – aggiunse senza scomporsi.
- Oh, certo, non mi permetterei mai di trattenervi, se
questo fosse dettato da un mio personale capriccio. –
replicò l’altra in tono
di sfida, ma senza smettere di sorridere.
- Prego? – Laura socchiuse gli occhi, scrutando
minacciosamente la sua interlocutrice.
- Dicevo, se fossi solo io a volere che India restasse
qui, non mi sognerei mai di intromettermi. Ma si dà il caso
che la notizia
della sua partenza abbia suscitato reazioni non propriamente felici in
un bel
po’ di persone. Compresa sua figlia stessa, se mi permette.
– soggiunse.
- Non mi interessa se mia figlia è venuta a fare la
pietà
da voi. Io sono sua madre, e io decido per lei.
E’ meglio che India
passi un po’ di tempo con la sua famiglia. –
Stefania la rivolse un sorriso a trentadue denti.
- Naturalmente, l’importante è che torni in tempo.
–
- In tempo per cosa, scusi? –
- Oh, già, avevo dimenticato… che sbadata!
– In un’altra
occasione, India avrebbe riso a crepapelle di fronte
all’espressione di
Stefania, ma in quel momento si sentiva troppo confusa e stordita per
accennare
qualsiasi reazione. – Immagino che lei sappia per quale
motivo India si è
trasferita qui. –
- Esattamente. Per il corso d’arte. – rispose
prontamente
Laura. Cominciava chiaramente a perdere la pazienza.
- Che non è terminato. – A quelle parole, India
dovette
davvero trattenersi dal ridere: cosa voleva fare Stefania, convincere
sua madre
a lasciarla dov’era? Forse aveva un’opinione troppo
alta di se stessa o, più
probabilmente, una troppo bassa di sua madre. – Lei ha idea
di quanto questo
corso sia servito a sua figlia, di quanto si sia dilettata e impegnata
nel
seguirlo? –
- Posso immaginarlo, ma non è questo che ci interessa. Non
era mica obbligata a continuarlo. –
- Certo, certo… Ma mi sento in dovere di ricordarle che
India avrebbe diritto a seguire anche il secondo anno del corso, e di
informarla che gli insegnanti che hanno avuto a che fare con lei non
hanno
sottovalutato il suo talento. Sarebbe davvero un peccato che India se
ne
andasse ora… - Stefania aprì la propria borsa e
ne estrasse un fascio di fogli.
- …perché è già iscritta
all’Accademia di Belle Arti. Può controllare. Non
sono
pochi quelli che aspirano a questo posto… sarebbe un vero
peccato lasciarlo
vuoto, non crede? –
- Stefania… - cominciò India, ma fu incapace di
continuare. Era rimasta talmente frastornata da non riuscire
più a formulare
una frase di senso compiuto. Fu l’intervento di sua madre a
risparmiarle quella
fatica.
- E lei vorrebbe… convincermi a lasciare qui India solo
per un… contratto? – Laura non aveva
più quell’espressione dura e autoritaria,
sembrava solo confusa quanto la figlia.
- Dal momento che lei sembra non interessarsi del modo in
cui India ha passato questi ultimi mesi, delle persone che ha
conosciuto e che
le vogliono bene, sì. –
India rimase a guardare ammutolita le due donne che
seguitavano a guardarsi in cagnesco. Certo, Stefania non era tipo che
si
lasciava mettere i piedi in testa, ma non avrebbe mai
pensato…
Per la prima volta da giorni, gli sguardi di madre e
figlia si incrociarono senza evitarsi.
- Perché non mi hai mai detto come stavano davvero le
cose? – mormorò Laura. Sembrava quasi offesa.
- Non me l’hai mai chiesto. – replicò
India a voce ancora
più bassa.
- Non è vero. –
- Ok… me l’hai chiesto, ma non ti importava.
– Questa
volta, India non si vergognò di dirlo. Scandì
lentamente ogni parola, in modo
che Laura non potesse far finta di non aver afferrato.
Non voleva separarsi da sua madre dopo lunghi e inutili
convenevoli. Non voleva perdersi in discorsi ipocriti. Non aveva mai
parlato
con lei… Perché avrebbe dovuto farlo prima della
separazione definitiva?
Aveva letto di tanti addii. Addii sentiti, sofferti, addii
infiniti.
Dietro un addio c’era qualcosa che finiva, ma
davanti…
cosa c’era, davanti?
Cosa avrebbe trovato dopo quell’addio?
Sapeva che anche la sua favola stava per finire. Ma ora le
si era presentato davanti un altro finale.
Un finale diverso, non programmato, ma desiderato. Bramato
con tutta l’anima.
- L’aereo parte. –
La sua favola sarebbe finita senza saluti e senza lacrime.
- Mi pare di aver capito che non posso… beh, fare
granché.
–
Ma poi ne sarebbe cominciata un’altra.
Più bella, perché inattesa.
Mentre
guardava le nuvole scivolarle accanto come in una
pellicola proiettata troppo da vicino, stava ancora chiedendosi come
avesse
potuto essere tanto stupida. Come avesse potuto pretendere di domare
una
creatura che non le era appartenuta mai, se non nel momento in cui
l’aveva
generata.
Ma
questo non era bastato. Curioso rendersi conto di come
fosse cresciuta in pochi mesi, da sola, più che in tanti
anni passati accanto a
lei.
Ma
le era stata mai accanto anche in un senso che non
fosse fisico?
No,
e ormai non lo sarebbe stata più neanche in quel
senso.
- E sorridi,
India, accidenti! –
La ragazza si riscosse dal suo torpore. – Come? –
- Sì, buonanotte… Se avessi saputo che sarebbe
stata
questa la tua reazione, ti avrei fatta arrivare all’aereo
direttamente senza
farti toccar terra. Ohè, India, ci sei? –
- Sì, sì, ci sono, non urlare! Sono ancora sotto
shock,
credo. Come diamine hai fatto…? – Stefania le
scoccò uno sguardo di finta
superiorità.
- Giusto, avrei dovuto prima chiederti se ti interessasse
davvero il posto all’Accademia. Ma, sinceramente, questo mi
è sembrato un
dettaglio su cui potevo anche soprassedere. Tua madre non è
poi così difficile
da convincere! – Finalmente, India riuscì a
sorridere.
- Non c’era bisogno di chiederlo. –
Sospirò e abbandonò la
testa all’indietro, appoggiandosi allo schienale. –
Stefania, mi scuserai se
non ti sto ringraziando come si deve. Al momento mi sento completamente
rimbambita.
Forse, quando mi renderò conto… -
- Non preoccuparti. Quando ti sarai ripresa, avremo tutto
il tempo per parlarne, se ti va. Vorrei solo capire perché
non mi hai detto
niente, benedetta ragazza! –
- Mi dispiace, Stefania… - mormorò India,
imbarazzata. –
Non ho capito più niente. – La donna
sospirò.
- In fondo non hai tutti i torti. So solo che mai come
adesso mi sono sentita una madre apprensiva e responsabile. –
A quelle parole,
India smise di guardare il paesaggio che le scorreva accanto mentre
Stefania
guidava tranquillamente.
- E’ stato Walter a dirtelo, vero? –
- Diciamo che gliel’ho dovuto tirar fuori con le pinze,
ma, sì, me l’ha detto lui. Appena in tempo per
sistemare un paio di cose e
venirti a recuperare. –
- Non puoi capire quanto mi senta stupida… e
inutile… -
mormorò India, portandosi una mano sulla fronte.
- Stupida forse, ma capita anche nelle migliori famiglie.
– assentì Stefania. - Ma inutile non credo
proprio. Non per qualcuno… -
aggiunse facendole l’occhiolino. – E quel qualcuno
ti sta aspettando, anche se
non lo sa. Siamo arrivate. – Solo allora India si accorse che
l’auto era ferma
davanti casa Masetti. Sospirò profondamente.
- Non vorrà più vedermi. –
- Se fosse così, pensi che mi sarei data tutta questa pena
per fare in modo che tu rimanessi? –
I loro sguardi si incrociarono, e ad India mancarono le
parole per ringraziarla come avrebbe voluto.
- Stefania, io… -
- Non devi dire nulla, piccola. – La donna le sorrise in
un modo diverso dal solito. Tirato, sì, ma quasi…
materno. – Forse Walter
avrebbe potuto desiderare una madre migliore, ma per me… ti
giuro che non c’è
gioia più grande che vederlo felice. E felice
com’è adesso… cioè,
com’era fino
a qualche giorno fa, e come spero che tornerà ad essere, io
non l’ho mai visto.
Io… - Ma non poté finire il discorso,
perché India la stava già abbracciando,
come forse non aveva mai abbracciato nessuno.
- Grazie, Stefania. –
- Và da lui, su. –
“Piccolina
dammi un bacio e
vado via
sono certo che mi porterà fortuna
questa notte sembra così bella
e poi lo sai che ho una buona stella…[…]
Poi mi volto e mi saluti con
la mano
mentre io mi allontano e non ti vedo più”
Fu con
trepidazione, stavolta non più mista a quello
strano desiderio di scappare a gambe levate, che India suonò
alla porta di casa
Masetti.
Non poteva fare altro che sperare vivamente che le sue
previsioni fossero sbagliate.
La porta si aprì dopo parecchi minuti, e per un attimo
India temette che le si potesse chiudere in faccia.
Walter la fissava con stupore malamente camuffato in
rabbia.
- Che ci fai qui? –
“Ma
da quanto tempo amore
sono in mare
e da quanto tempo aspetti sempre lì
io lo so ch'e' come il primo giorno,
per te e' un miracolo quando ritorno
quello vero, invece, e' ritrovarti qui.”
- Sono… beh, come dire… tornata. –
Walter alzò le
sopracciglia.
- Ah. – Era chiaro come il sole che faticava enormemente a
nascondere la sua sorpresa.
Tuttavia, India non poté fare a meno di sorridere tra
sé.
Non avrebbe avuto più bisogno di difese.
Fece qualche passo avanti.
- Walter, lo so che mi odi… E hai ragione, hai
perfettamente ragione. Ho fatto male a… beh, mi sono
comportata da stronza,
ecco. E tu non lo meritavi, non lo meritavi affatto. – Walter
annuì scettico,
cercando di non guardarla negli occhi.
- Beh, mi fa piacere che te ne rendi conto. No,
cioè… -
Tornò imbarazzato. – Non è che ti sei
comportata da stronza, ecco, ma… -
- Sì che l’ho fatto. – A quel punto, le
venne spontaneo
sorridere. Si avvicinò di più a Walter.
- Va bene, va bene. Chiarito questo concetto… non hai
paura di perdere l’aereo? -
- Quello l’ho perso già da un’oretta. O
meglio, l’aereo ha
perso me. – India si vide piantato in faccia uno sguardo
allibito.
- Come, scusa? –
- Già, pare che una certa signora Masetti abbia provveduto
a recuperare certi documenti e a iscrivermi all’Accademia di
Belle Arti, e che
poi sia venuta fino all’aeroporto a bloccare mia madre, e
che… -
- No, no, alt. – Walter la fermò con un gesto
della mano,
ancora scioccato. Deglutì. – Non ho recepito una
sola parola oltre a “l’aereo
ha perso me”. Dimmi solo una cosa: è uno scherzo?
–
Il sorriso di India si fece più ampio. Gli si
avvicinò
ancora e portò le braccia intorno al suo collo.
- Sai, un certo ragazzo, tempo fa, mi insegnò a rispondere
a tono alle persone, ma non a fare battute così divertenti.
Se vorrà insegnarmi
anche quest’arte, io sarò sempre qui…
finché lo vorrà. –
Finalmente, vide sul viso di Walter quella che ormai era
diventata una delle sue ragioni di vita: il suo sorriso.
- Puoi dirmelo senza giri di parole o indovinelli? Ho
paura di interpretare il tutto nel modo sbagliato. –
India si strinse più forte a lui.
- Non parto, Walter. Resto qui, a Roma, con te. –
E il silenzio fu spezzato solo dal bacio che India posò
sulle labbra del suo ragazzo, a confermare e sigillare la sua promessa.
- Ragazzi,
cosa… -
Stefania si bloccò improvvisamente. Erano passati ormai
lunghissimi minuti da quando India era salita in casa, e ancora non
aveva avuto
notizie. Aveva salito le scale più rapidamente del solito, e
li aveva trovati
lì, appoggiati allo stipite della porta ancora aperta, persi
in un bacio senza
fine.
Avrebbe voluto allontanarsi, ma dopotutto Stefania Masetti
restava sempre e comunque Stefania Masetti, e aspettò che i
due si staccassero
–cosa che non successe troppo in fretta- per rivolgere loro
la parola.
- Pare che abbiate trovato un nuovo punto d’accordo, no?
–
La risposta fu più che eloquente: due larghi sorrisi, una
doppia risata.
- Già… Mamma, per oggi noi prendiamo la macchina,
ok? Non
so quando torneremo, in caso il mio cellulare è acceso!
– E, con queste parole,
Walter stava già scendendo a razzo le scale, trascinandosi
dietro un’India
ancora scossa dalle risate, finché Stefania non li vide
scomparire.
E finalmente sorrise. Non era il suo solito sorriso da
prof, né il sorriso di chi aveva visto i voti di suo figlio
lievitare di colpo,
né di chi l’aveva visto per la prima volta
innamorato. Era semplicemente il
sorriso di una madre che si era resa conto che ne era valsa la pena, di
passare
una notte insonne nel tentativo di farlo tornare felice, quel figlio.
“Ma
non vedi che col sole sto
tornando
e mi stai salutando: amore sono qui[…]
in mezzo a quei bei fiori io ti confonderò:
saranno tanti baci e poi non dormirò”
(F.
Concato, “La barca
Guendalina”)
***FINE***