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Autore: Wave__    08/12/2013    1 recensioni
Eternal Love è la storia d'amore di un angelo e un demone. Di Elena e Paul. S'incontrano, si amano e si vogliono. Si cercano e si trovano, sempre. Ma c'è Dio, che farà di tutto per ostacolare il suo miglior angelo..
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The Change.

Quanto tempo era passato da quella notte, quando Paul era letteralmente scappato, lasciando Elena in balia delle sue emozioni? Quanto tempo era passato da quella notte in cui Susan era stata affianco alla sua migliore amica, facendole capire che doveva star tranquilla, e che ogni demone è così, sotto ogni aspetto?
La risposta? Due mesi.
Due mesi in cui Paul era letteralmente sparito, senza farsi trovare, senza volersi far trovare. Elena non riusciva neanche a percepirlo.
L’angelo sapeva che non doveva cercarlo, sapeva quando Pj aveva bisogno di stare da solo, e quello era uno di quei momenti.
Ma adesso, l’assenza stava diventando troppo pesante, tutto lo stava diventando.
Erano giorni estenuanti quelli che stavano passando Paul ed Elena; un Amore come il loro sarebbe durato tutta la vita.
In qualsiasi posto fossero, in qualsiasi anno o momento, si sarebbero sempre ritrovati.

Elena aveva passato la maggior parte del tempo, in quei lunghi sessanta giorni, assieme a Taylor e a Susan.
Adesso, tutte e tre, si trovavano sedute nel soggiorno a casa del demone dai capelli rossi –colore momentaneo, ovviamente-, davanti al caminetto acceso e scoppiettante. Non che ne avessero bisogno, ma a loro piaceva l’atmosfera che provocava.
Il fuoco, l’odore di legna bruciata, il calore che emanava.
«Dai El! Un po’ di sano shopping ti farà bene!», esclamò Taylor, strattonando leggermente per un braccio la sua nuova amica, nonostante fosse seduta comodamente sulla poltrona. Quest’ultima sbuffò, quasi esasperata.
«Al posto che volerci portare a fare shopping, perché non ci racconti un po’ di come vanno le cose tra te e l’angioletto bello? Sembra che qualcun altro finirà come me.», affermò ridendo, dandole una leggera spallata, scuotendo la testa.
«Non ne voglio parlare, eddai!»
«Troppa privacy fa male, Tay. Dovresti scioglierti un po’ di più! Andiamo, tutti noi facciamo.. Sesso. Elena è la prima.», ribatte questa volta Suz, alzando la testa e scoppiando a ridere.
El sgranò un poco gli occhi, schiudendo le labbra, appositamente.
«Sei.. Sei proprio..»
«Un stronza. Meno male che adesso qualcuno mi capisce.», sospirò la demone bionda, scuotendo la testa.
Le chiacchiere proseguivano, ma Elena si era come disconnessa. Qualcosa era appena successo.
Un crampo la colpì all’addome, strappandole un respiro, mentre con la mano rapidamente andò a coprirsi la pancia. Non era il primo che aveva, anzi. Si erano susseguiti, da ormai quasi tre settimane.
«Stai bene?!», domandò con un tono di voce decisamente più alto la sua migliore amica, che si era già avvicinata a lei, seguita da Taylor.
«Sei bianca come un cencio..»
L’angelo scosse la testa, tornando a posare la schiena contro lo schienale della poltrona ove era seduta.
«Sto bene.. Saranno solamente gli effetti collaterali del mio essere caduta. Credo.»
La sua migliore amica non sembrò crederci, ed andò a puntare lo sguardo su Taylor, che alzò le spalle, quasi con aria rassegnata.
Se Elena aveva qualcosa, di certo non avrebbe parlato.
L’angelo sapeva bene che non erano effetti collaterali della caduta dal Paradiso.
Era.. Qualcosa di più. Qualcosa che in lei stava cambiando.
Quel pensiero fisso le martellava nella mente, tanto che si era disconnessa totalmente dalla conversazione che stava avendo con le altre due ragazze.
«Ci stai ascoltando?!», esclamarono all’unisono Suz e Tay, facendo sobbalzare Elena e facendola riscuotere dai suoi pensieri.
Si alzò di scatto dalla poltrona, afferrando il cappotto sul bracciolo e la borsa ai piedi di essa.
«Scusate io.. Io devo andare.»
Non diede tempo neanche di rispondere, che schizzò fuori dalla casa. 
«Che cosa è appena successo?», domandò Taylor, indicando la porta d’ingresso. Susan scosse la testa, senza aggiungere altro.
 
Elena camminava rapida per le strade di Mosca. Sapeva dove doveva andare, chi cercare, chi trovare. E, per la prima volta, non era Pj. Aveva bisogno di una risposta sicura, certa. Una risposta che solamente una persona sola poteva darle.
Ecco perché si trovava lì, nella Piazza Rossa, proprio all’esatto centro, con tutti i sensi all’erta, riuscendo solamente dopo minuti a captare chi cercava.
Uno stregone potente, forse il più potente fino all’ora esistito: Jeremia.
Trovarlo non era semplice, per nulla, sempre nascosto, sempre a vivere nell’oscurità per sopravvivere. Eppure lui ed Elena avevano intrecciato questo legame speciale, attraverso un incantesimo di sangue, in cui si erano legati. Se lui aveva bisogno di lei, l’angelo l’avrebbe trovato. Stessa cosa se avesse richiesto aiuto Elena.
Si era stabilito a Mosca da qualche decennio, ormai.
Ed ora Elena era nuovamente sulle sue tracce. Riprese a camminare, seguendo il suo istinto, entrando in un palazzo l’isolato successivo, ma non salì le scale.
Un ingresso nascosto portava ad un sotterraneo protetto attraverso la magia.
Scese le scale, chiamando il suo nome.
«Jeremia?»
Una folata di vento e poi la schiena dell’angelo andò a sbattere violentemente contro la parete, mentre una mano le andò a tappare la bocca.
«Chi cazzo ti manda?», sputò fuori una voce maschile, che Elena conosceva bene.
Fece per parlare, ma la mano le tappava l’uscita delle parole.
Il ragazzo fece schioccare le dita, lasciando che una lieve fiamma aleggiasse nell’aria, andando così ad illuminare il volto della ragazza.
«Merda, Elena!», pronunciò il ragazzo biondiccio, dagli occhi verdi, liberandola dalla presa, andando ad abbracciarla rapidamente.
«Cazzo che modi, Jeremia!», esclamò Elena, ricambiando però l’abbraccio calorosamente.
«Scusami, scusami. E’ solo che ultimamente non è un bel periodo. Sono in guerra con una fazione di lycan non troppo gentili.», le fece l’occhiolino, dopo averla lasciata andare, scendendo così le rimanenti scale, seguito da lei.
«E così ho saputo che la nostra angioletta qua.. E’ caduta.»
«..E non potrei star meglio di così, in tutta onestà. Ho rinunciato a tutto per l’uomo che amo, e non me ne pento.»
Arrivarono fino ad un piccolo spazio angusto, arredato in malo modo, ovviamente. Due sedie, un tavolo e una branda.
Era un sotterraneo, dopotutto. Arredato con il minimo indispensabile.
Elena si era seduta su una delle sedie, posando un gomito al tavolo; era nervosa, decisamente nervosa. Forse troppo, tanto che Jeremia non potè fare altro che sospirare, puntando i suoi occhi sulla ragazza che aveva di fronte.
«Sei sicura di star bene, angioletta?»
Scosse la testa, prima di rispondere: «No, non sto bene.»
«Non mi fraintendere, sai quanto io ti voglia bene e quanto mi faccia piacere vederti. Per me come mia sorella, e lo sarai sempre ma.. Sento che questa non è una visita di cortesia, non è così, Elena?»
Sospirò questa volta. Già, Jeremia aveva ragione. Non lo aveva cercato per nulla.
«C’è.. Qualcosa che non va.. In me. Qualcosa che non capisco, che non riesco a spiegarmi..»
«Che cosa dovrebbe “non andare”?»
«Se lo sapessi non sarei qui, non credi? Fai un incantesimo, qualsiasi cosa. Ma so che qualcosa c’è. E non è una cosa.. Normale.»
Gli occhi color nocciola di Elena si puntarono seri in quelli verdi di Jeremia, che non potè fare altro che rassegnarsi.
Conosceva bene Elena e sapeva benissimo che, se si fissava su una cosa, avrebbe sempre trovato un modo per spuntarla e vincerla. Era come una battaglia persa in partenza. Tanto valeva fare come diceva, accontentarla.
Chiuse gli occhi, andando a posare una mano sulla sua spalla, dopo essersi avvicinato a lei, lasciando i suoi poteri defluire, alla ricerca di quel qualcosa che il ragazzo sapeva non esserci quando..
Quando Jeremia tremò e una visione andò a colpirlo.
Gli occhi si sbarrarono, diventando vitrei.
«Jeremia.. Jeremia, parlami!», esclamò Elena, afferrandolo per un braccio e scuotendolo leggermente, inutilmente.
Jeremia cadde a terra, ed El non esitò a fiondarsi su di lei, per cercare di aiutarlo.
Ali di due differenti colori, soffici come quelle di un angelo, ma spigolose e nere come quelle di un demone. Lunghi canini fatti apposta per dissanguare, ma mai usati. Due volti che Jeremia conosceva bene: quello dolce di Elena e quello di Pj.
Un abbraccio, una toccata rapida ai capelli leggermente scuri di una nuova figura, un bacio su una guancia dato da Elena.
Una parola detta a voce alta, susseguita da una risata dolcissima, in sincronia, ma proveniente da due voci differenti: una femminile ed una maschile. Che lo stregone non aveva mai sentito. Aveva capito. Sapeva che cosa stava succedendo ad Elena.

Jeremia sbarrò gli occhi, ansante a terra. Non aveva capito un granchè da quella visione che aveva appena avuto, ma una cosa era certa: Elena aveva ragione.
«Stai bene!? Che diamine è successo? Io.. Io non sapevo che cosa fare. Sei crollato a terra..», sussurrò l’angelo, aiutandolo a rialzarsi.
Jeremia si appoggiò con una mano al bordo del tavolo, senza dire nulla, nonostante le insistenze di Elena.
«Dimmi che cazzo hai visto!», sputò fuori, a voce alta, strattonandolo con forza con entrambe le mani dalle spalle.
Lo stregone afferrò i polsi della sua amica, puntando i suoi occhi in quelli di lei.
«Intanto calmati. Per prima cosa. Io so che cosa ti sta succedendo. Avevi ragione a dire che c’era qualcosa che non andava.»
Sbarrò gli occhi scuri, mollando la presa, restando semplicemente a fissarlo, atona.
«Non ho mai visto niente del genere, Elena..», iniziò Jeremia, sinceramente.
«Non hai mai visto.. Cosa, esattamente! Jeremia, parl..»
Si bloccò, prima di finire la frase. Aveva capito con un semplice sguardo lanciatole.
Sgranò gli occhi, sentendosi mancare. Oh mio Dio. Qualcosa fuori dal normale, dal comune, qualcosa mai visto prima d’allora.
«Devi parlare con Pj. Al più presto.»
Elena semplicemente annuì.
«Grazie di tutto, Jeremia.»
Aggiunse un istante prima, prima di smaterializzarsi, svanendo da quel sotterraneo in un battito di ciglia.
  
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