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Autore: Yoan Seiyryu    10/12/2013    3 recensioni
[ Mad Wolf (Ruby Jefferson) + accenni Outlaw Queen ]
Nella Foresta Incantata Regina desidera distruggere Snow White annullando quelle amicizie che rendono la figliastra forte ed audace. Decide di servirsi di Jefferson per compiere un gesto estremo nei confronti di una giovane ragazza dal Cappuccio Rosso che vive al villaggio di Nottingham. Jefferson, per offrire un futuro migliore a sua figlia Grace, accetta il patto con Regina ed è intenzionato ad eseguire gli ordini.
A Storybrooke Jefferson ricorda perfettamente il suo passato e tenta con ogni mezzo di far riemergere la memoria perduta di Ruby con cui è stato legato prima del sortilegio, ma affronteranno entrambi diverse problematiche prima di conoscersi davvero secondo la propria natura.
**
"E' ironico che sia tu a parlare di mentire, del passato, di conoscersi per ciò che si è [...] quando sei tu il vero mostro fra noi due"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Jefferson/Cappellaio Matto, Paige/Grace, Ruby/Cappuccetto Rosso, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VII

Valentine's Day






 
Storybrooke, durante il sortilegio
 
Ruby posizionò l’ultima rosa rossa all’interno di un vasetto di cristallo che sistemò davanti al davanzale della finestra del Granny’s. Il giorno di San Valentino era arrivato e tutte le ragazze di Storybrooke erano in fibrillazione, almeno quelle impegnate.
Mary Margaret ed Emma erano sedute allo stesso tavolo di Ashley che teneva la piccola Alexandra tra le braccia, mentre a quello accanto sedeva David Nolan intento a leggere il giornale, anche se i suoi sguardi erano direttamente rivolti alla giovane insegnante dal maglioncino rosa che non poteva evitare di ricambiare quelle stesse occhiate. Non erano neppure le 7:15, avevano fatto grandi passi avanti rispetto all’ultima volta. Ruby si avvicinò per abbandonare sul tavolo i caffè macchiati che avevano ordinato per poi dirigersi da Nolan e portare via un piatto vuoto.
“Che senso ha stare insieme se non ci riusciamo mai davvero?” Ashley si strinse nelle spalle, accarezzando il viso della bambina “Sean fa i doppi turni e quando torna a casa è troppo stanco per poter trascorrere del tempo con noi. Non ci sarà nemmeno stasera per festeggiare San Valentino” disse con una lieve amarezza.
Mary Margaret tentò di consolarla, spiegandole che ciò che Sean stava facendo era anche per il suo bene e per quello di Alexandra e che non si sarebbe dovuta scoraggiare. Il lieto fine sarebbe arrivato anche per loro. Ma il lieto fine esisteva davvero o rimaneva qualcosa di confinato nel mondo delle fiabe?
“Perché non uscite con me stasera? Andrò al Rabbit Hole, potremmo organizzare una serata tra ragazze” disse Ruby prima di fermarsi al loro tavolo, appoggiando una mano sullo schienale della sedia di Ashley.
“Non so se me la sento…” sussurrò lei, chinando il viso su Alexandra che si era addormentata.
Emma si ritirò subito dalla proposta, aveva impegni con Graham da portare avanti e tutti poterono immaginare quali, ma finsero di non aver intuito nulla di particolare. Anche Mary Margaret sembrava poco convinta, soprattutto perché i suoi occhi erano continuamente rapiti da quelli di David che non aveva smesso di ascoltare la conversazione delle ragazze nemmeno per un attimo.
Ruby sospirò, portando le mani ai fianchi e tamburellando le dita sul grembiule bianco.
“Avanti, che male c’è a divertirsi un po’? Dovreste provarci ogni tanto”.
Emma sollevò gli occhi su di lei e con un mezzo sorriso disse: “Come mai non trascorrerai San Valentino con Whale?”.
Ruby si strinse nelle spalle, le voci correvano velocemente a Storybrooke.
“Non può spostare il turno di lavoro ed in più non abbiamo una relazione vera e propria, ci incontriamo saltuariamente”.
Era la verità. In fondo non le dispiaceva poter avere le libertà che desiderava, perdersi in una relazione stabile avrebbe comportato qualcosa di importante e di significativo. Ma al momento non era interessata a nulla di tutto questo, inoltre Whale sembrava pensarla allo stesso modo. Frequentarsi liberamente tra le altre cose era decisamente vantaggioso.
Persa in quei pensieri si accorse solo in un secondo momento che Paige era appena entrata al Granny’s, sedendosi davanti al bancone come faceva sempre, appoggiò il mento sulle braccia e attese l’arrivo di Ruby che non tardò a raggiungerla.
“Buongiorno Paige” le disse prima di sedersi accanto a lei “non hai nessun appuntamento per San Valentino?”
Non che avesse tempo per intrattenersi in qualche amabile conversazione, visto che i clienti andavano e venivano quasi di continuo, ma per lei avrebbe volentieri preso qualche sgridata da parte di Granny.
“Ruby!” le sorrise tornando in posizione eretta e posando le mani sulle ginocchia, iniziando ad accarezzarsi lentamente la gonna a pieghe “sono ancora piccola per certe cose, non credi?”.
Ruby la guardò a fondo come se desiderasse scrutarle l’anima. Cosa la legava a Jefferson? Perché lui era così interessato al suo bene? In fondo, non era una estranea?
Paige per un attimo si perse sulle sue labbra rosse, era così bella che si sentiva affascinata da lei. Ogni volta che era in sua presenza avvertiva un certo calore, un affetto assolutamente sincero.
“Non si è mai troppo piccole per avere un fidanzato, prima  impari a gestirli e più eviti sofferenze” disse senza riuscire a comprendere perché proprio la scelta di quell’insegnamento.
Era come se qualcosa dentro di lei avesse iniziato a muoversi, come la lancetta di un orologio che arriva a sfiorare l’ultima ora, l’ultimo minuto, l’ultimo secondo.
“Piuttosto, hai avuto ancora quegli incubi? Sai, Jefferson era preoccupato per te” le chiese ricordando la promessa che gli aveva fatto.
Paige annuì e si strinse nelle spalle.
“Ne ho a giorni alterni e mi ritrovo sempre nello stesso posto. Continuo a cadere e a cadere e a cadere” quando si rese conto di tutte quelle ripetizioni cercò di calmarsi per andare avanti “finché non mi ritrovo sommersa da fiori giganteschi che iniziano a parlarmi. Tutti quelli che incontro mi ripetono che io non sono quella Alice e che le mie risposte le troverò nel mondo reale. Ma io non so chi sia questa Alice, né quali risposte dovrei trovare”.
Ruby inarcò un sopracciglio e appoggiò una mano alla tempia, come a voler sorreggere i pensieri.
“Sembra che tu creda davvero a quello che ti dicono, non è solo un sogno?”
Paige non seppe cosa dire perché non sapeva cosa pensare a riguardo, poi cercò di spiegarle le sensazioni che provava ogni volta.
“A volte è tutto così reale che se non suonasse la sveglia non mi renderei conto del fatto che si tratti di un sogno” sospirò prima di iniziare ad arrossire “inoltre, riguardo a Jefferson, mia madre non vuole che gli giri attorno. Si dice che sia… pazzo” sussurrò affatto certa di ciò che diceva.
Ruby sgranò gli occhi: era questo ciò che si diceva di lui? Che fosse un folle? Riflettendoci per qualche istante e provando a ricordare il suo viso non poté che concordare con quella constatazione, ma lei sentiva che non poteva essere tutto così semplice. Jefferson non era pazzo, era solo fuori dal comune e questo non doveva rappresentare un problema.
“Farai bene ad ascoltare la tua mamma, i genitori hanno sempre ragione” le sorrise, non voleva metterla contro ciò che i suoi parenti adottivi le avevano detto, sarebbe stata una responsabilità troppo grande.
Le offrì la colazione e poi tornò a servire gli altri tavoli, riflettendo su tutta quella situazione. Aveva tentato di non pensare a Jefferson, aveva tentato di cacciarlo via dalla sua testa per concentrasi su qualcosa di più importante. Ma continuava a tempestare i suoi pensieri come un temporale.
La serata tra ragazze per festeggiare San Valentino era arrivata piuttosto in fretta, le uniche rose rosse che Ruby aveva visto quel giorno erano state quelle che aveva sistemato da Granny’s per rendere l’atmosfera più intensa. Il cielo di febbraio era privo di nuvole ed il freddo riusciva a raggiungerle persino le vene fino quasi a congelarle. Non che ne avesse mai sofferto davvero, ma in quel momento avvertì il desiderio di stringersi nel cappotto rosso che le chiudeva l’esile corpo rivestito di un abito nero ed elegante che metteva in risalto le sue forme seducenti.
Una volta raggiunto il Rabbit Hole si rese conto che i festeggiamenti erano già iniziati, trovò Mary Margaret ed Ashley sedute ad un tavolo, intente a discorrere dei problemi sentimentali di quest’ultima. Una volta sfilato il soprabito per lasciarlo da parte, si fece portare immediatamente un cocktail prima di raggiungere le amiche e sedersi accanto a loro.
Provò con tutta se stessa ad ascoltare le parole che venivano pronunciate, ma non riuscì a percepirne nemmeno una. Non che provasse disinteresse verso i problemi di Ashley, ciò che la infastidiva era quel continuo rimuginare sul comportamento di Jefferson. Perché non riusciva a metterlo da parte, perché non poteva godersi la serata e basta? Avrebbe dovuto pensare a Whale. Al Dottor Whale, l’uomo che tanto le piaceva. L’uomo con cui riusciva a condividere i medesimi punti di vista.
Non si accorse che esattamente dall’altra parte della sala era seduto proprio l’oggetto dei suoi pensieri, accomodato al tavolo che condivideva  con Locksley che per una volta sembrava un vero e proprio gentiluomo.
“Quindi fammi capire, sei qui perché la Signora Lucas ti ha chiesto di tenere d’occhio sua nipote?” gli domandò Locksley, prima di tirare fuori il pacchetto di sigarette dal taschino della giacca.
Jefferson unì le labbra in una smorfia.
“A dir poco incredibile” disse a denti stretti “chi lo avrebbe immaginato che la sera di San Valentino sarei finito a fare da baby-sitter ad una ragazzina immatura? La Signora Lucas si fida di me, per qualche strano motivo crede sia l’unico normale in questa città ” sogghignò divertito a quell’idea.
Locksley inarcò un sopracciglio mentre teneva la sigaretta poggiata sulle labbra e tirava fuori l’accendino.
“Immatura ma decisamente accattivante” osservò con naturalezza, lanciando uno sguardo a Ruby che dall’altra parte assisteva ad un’imminente dimostrazione d’amore da parte di Sean, il quale aveva appena chiesto alla sua fidanzata di convolare a nozze. “Non dirmi che ora ti è diventata indifferente”.
“Lo è sempre stata” quelle parole uscirono con una rabbia così poco convincente che Locksley fu costretto ad ammutolirsi.
Jefferson non riusciva ad esserle indifferente e per questo si detestava. Ruby non era più la donna che aveva conosciuto un tempo, era un’adulta che si divertiva a comportarsi come una bambina e che aveva perso tutta la sua sensibilità. Avrebbe dovuto dimenticare, dimenticare ogni cosa.
“Piuttosto, perché Regina ce l’ha così tanto con te?” cercò di cambiare argomento sbrigativamente.
Locksley sorrise di sottecchi, tenendo la sigaretta tra le dita della mano e producendo una nuvola di fumo che avvolse Jefferson quasi completamente. Detestava il fumo, lo detestava.
“Diciamo che potrei aver rubato qualcosa che le appartiene, ma non avevo idea che ci tenesse così tanto”.
Non conosceva il motivo per cui Locksley si fosse introdotto nella villa di Regina e del motivo per cui si fosse appropriato di qualcosa di così importante. Voleva solo attirare l’attenzione?
“Ti direi anche di che cosa si tratta, ma temo che la tua preda sia stata appena cacciata. E dal peggiore dei predatori, tra le altre cose”così facendo indicò la scena a cui alludeva.
Ruby teneva in mano ancora il bicchiere di cocktail che ormai stava volgendo alla fine, mentre conversava amabilmente con Gary che continuava a spiare nei suoi occhi l’ebbrezza che si faceva strada nel suo comportamento già civettuolo.
Si alzò sulle punte dei piedi per avvicinarsi al suo orecchio e sussurrargli qualcosa che poterono udire solo loro due, fu allora che Gary le avvolse la vita per potersela avvicinare maggiormente.
La sua mano iniziò a scendere lentamente verso il basso, come a voler esplorare ogni forma del suo corpo.
Sembrava che a nessuno dei due importasse la presenza di altri nel locale poiché i sussurri si trasformarono in carezze nient’affatto dolci, in sguardi provocanti e in baci appena accennati che richiedevano molto altro che il semplice assaporamento di un istante.
Per un attimo la musica del Rabbit Hole esplose nelle orecchie di Jefferson che lentamente si era alzato in piedi, poi un improvviso silenzio gli riempì la mente.
“Locksley, sai che non si può fumare qui dentro vero?” quella domanda estemporanea fu pronunciata con voce colma di frustrazione ma accompagnata da una calma quasi inquietante.
Locksley sorrise di sottecchi, sapeva bene cosa sarebbe accaduto da lì a poco.
Gary afferrò il cocktail che Ruby teneva tra le mani e lo posò sul bancone, così da poterla condurre all’esterno per uscire da quella confusione che infestava ogni pensiero e che non lasciava spazio a nient’altro.
Sì allontanarono attraversando la folla che si era accalcata all’ingresso, Jefferson doveva mantenere la promessa fatta alla Signora Lucas. Ma lui sapeva perfettamente che quel che avrebbe fatto corrispondeva ad un suo unico desiderio.





 
 
**



 
 
Foresta Incantata 
 
Teneva il cestino stretto a sé, come a volerlo proteggere. La ferita le procurava ancora molto dolore e la storta alla caviglia continuava a compromettere la sua partenza che sarebbe dovuta diventare imminente. Non poteva permettersi di perdere tutto quel tempo, ma è era davvero tempo perso quello che stava usando per stare con Jefferson e la piccola Grace? Si sentiva quasi un’ingrata nel pensare di volersene andare via, da una parte era trattata non come un’ospite ma come una di famiglia, dall’altra non poteva continuare a pesare sulle loro spalle. L’idea di dover aiutare Charming a tutti i costi iniziava a scemare sempre di più, poiché il suo cuore si stava accomodando in una casa colma di affetto e amore.
Jefferson, nonostante le apparenze, sembrava un brav’uomo e il modo in cui interagiva con Grace era quasi commovente. Non aveva mai visto prima d’ora un affetto così intenso e sincero, di certo aveva sacrificato molto per sua figlia e in futuro lo avrebbe fatto ancora. Come poteva non fidarsi?
Quella mattina erano usciti tutti e tre per dirigersi nel bosco a raccogliere funghi, Jefferson aveva insistito perché Red non li seguisse ma era stanca di rimanere chiusa in casa e voleva essere d’aiuto.
“Zoppicando in quel modo dubito davvero che riuscirai a darci una mano” le aveva detto prima di arrendersi.
Ma non si era posto alcun problema, anche lei sapeva riconoscere i funghi commestibili da quelli avvelenati ed una persona in più avrebbe fatto comodo. Rimanere indietro non le cambiava affatto.
Grace, coperta con il suo mantello leggermente stretto e con il cappuccio ben calato sulla testa, decise di avanzare il passo e divertirsi per il bosco.
“Non ti allontanare troppo!” esclamò Jefferson dietro di lei, tenendola d’occhio con un senso d’ansia amplificato dal fatto che potessero fare incontri spiacevoli.
“Non preoccuparti papà, conosco bene questi sentieri” disse voltandosi verso di lui per poterlo tranquillizzare e poi iniziò a correre.
La preoccupazione di Jefferson fece ridere di gusto Red che non si costrinse minimamente a nascondere quel moto di allegria. Aveva un sorriso incredibile e i suoi occhi erano limpidi e chiari, nessun’ombra avrebbe mai potuto scalfire un’anima così solare.
“Ridi di me?” le domandò prima di creare una smorfia con le labbra.
Red scrollò le spalle, non riusciva a superarlo visto che il suo passo era claudicante e lento, ma quella posizione di improvvisa inferiorità non la disturbò per niente. Jefferson però si era fermato, permettendole di arrivare fino a lui.
“Di come ti preoccupi per lei. E’ grande e sa cavarsela da sola, lasciala libera di giocare senza starle dietro” le consigliò una volta che si fermò al suo fianco.
“La responsabilità di un genitore non è mai abbastanza, anche se può sembrare una costrizione, è il solo modo per garantire un po’ di protezione” si avvicinò accanto alle radici di un albero e tirando fuori un uncino recise alcuni dei funghi che poi fece scivolare nel cestino che Red tenevano al braccio.
“Quella che descrivi sembra più una prigione. Prima o poi Grace crescerà e non sarà più sotto la tua protezione. In quel caso cosa farai?” gli domandò per metterlo alle strette.
A Jefferson non piaceva affatto parlare di sé e della sua famiglia, soprattutto non poteva sopportare l’idea che il suo rapporto con Grace fosse letto da occhi altrui. Spesso si sentiva in dubbio e non era certo di essere un buon padre per lei, ma stava cercando di risollevare la situazione in ogni modo, giungendo a qualunque tipo di compromesso.
“Perdonami, ma a te che importa?” le rivolse quella domanda con una punta di cattiveria, in fondo lei non aveva nulla a che fare con la sua famiglia ed insistere sull’argomento avrebbe condotto soltanto ad una discussione. Come se in quei giorni non ve ne fossero state altre.
Red sgranò gli occhi, non si aspettava quel moto di sincerità che evidentemente aveva tirato fuori perché sentitosi infastidito. Si inumidì le labbra e si schiarì la voce.
“Non volevo intromettermi nella vostra vita, stavo solo cercando di capire te”.
Perché voleva farlo? Lui chi poteva rappresentare per lei? Se Red si trovava lì era soltanto colpa sua, aveva architettato tutto pur di non farla allontanare da Notthingam eppure ora la sua presenza diventava pesante. Non perché detestasse averla intorno, anzi era piuttosto piacevole, ma continuava a sentirsi con le spalle al muro per ciò che stava facendo. I sensi di colpa in ogni caso non facevano parte della sua natura.
“Credo che non ce ne sia alcun bisogno, non appena sarai guarita potrai andare via e ti dimenticherai sia di me che di Grace. Capirmi sarebbe solo una grande perdita di tempo” disse tutto d’un fiato.
Così facendo recise altri funghi con l’uncino da lavoro, mentre lei si accomodò su alcune radici rialzate per far riposare la gamba e la caviglia che si iniziavano a stancare.
Anche quella ferita era avvenuta a causa sua, le aveva impresso una cicatrice che difficilmente sarebbe andata via col tempo. Forse non si sarebbe proprio dimenticata di lui, una volta consegnata nelle mani di Regina.
Red strinse gli occhi a due fessure, per nulla convinta di ciò che le stava dicendo, era così arrabbiato con lei per comportarsi in quel modo? Se voleva che se ne andasse, lo avrebbe fatto senza problemi.
“Come potrei dimenticare chi mi ha salvato la vita e ospitato nella propria casa, occupandosi di me come se facessi parte della famiglia?”.
“Tu” intervenne Jefferson mentre tornava da lei per far cadere altri funghi nel cestino “non fai parte della famiglia” furono parole che gli costarono una grande fatica, visto l’effetto che provocarono in lei.
“Ho detto ‘come se’, ma a quanto pare l’idea che io sia qui ti infastidisce” sussurrò a denti stretti.
Jefferson comprese che continuando a comportarsi in quel modo così scontroso avrebbe provocato in lei il desiderio di andare via prima del momento adatto e non poteva permetterlo, doveva farlo per Grace.
Si sedette anche lui sulle grandi radici, appoggiando le braccia alle ginocchia mentre qualche ciocca di capelli più lunga gli finiva sugli occhi.
“No, non mi infastidisce” in realtà non riusciva a capire se in quel momento stesse recitando o meno “ma Grace si sta affezionando molto a te e quando te ne andrai sarà dura ricominciare da capo”.
No, non mentiva. Era una confessione reale, poiché aveva visto il modo in cui Grace guardava Red. Con sogni, speranze, necessità che lei non le avrebbe mai potuto dare. Che lui non avrebbe mai permesso di far arrivare.
“Io non me ne andrò via per sempre, la mia casa è a Nottingham e quando tornerò dalla mia missione, verrò a trovarvi” lo rassicurò, quasi commossa all’idea di creare un vuoto nel cuore della piccola Grace.
Riuscire ad ammettere a se stessa che quello stesso vuoto iniziava a crearsi anche dentro di lei era difficile e forse impossibile. Non doveva cadere in quella trappola, non poteva rimanere lì.
“E se non tornerai, Red?” le domandò Jefferson, come se fosse una cosa assolutamente certa.
In fondo era più lui a conoscenza del suo destino che non lei stessa, che non aveva idea di essere caduta davvero in una trappola. “Come fai ad essere certa che riuscirai a sopravvivere a quello a cui stai andando incontro? Aiutare Snow White e Charming non sarà una cosa da poco. Una grande guerra ci aspetta”.
Red si morse le labbra, cedendo lo sguardo sul cestino che custodiva gelosamente, come se tutta la sua vita dipendesse solo da quel particolare.
Perché il viso di lui iniziava a diventare così importante? Perché l’idea di trovarsi lontano la faceva tremare? Abbassò lo sguardo sulle sue mani che teneva intrecciate tra loro e per un attimo provò il desiderio di prenderle per stringerle nelle proprie. Jefferson le dava sicurezza, una sicurezza che non aveva mai provato prima. Nonostante alcune volte sembrasse così scontroso, in realtà sapeva bene che vi era molto di più. I suoi occhi parlavano per lui e i suoi sorrisi, quei sorrisi così sinceri, le riscaldavano il cuore. Cosa stava facendo? Perché non riusciva a smettere di guardarlo?
“Ammetto di provare un po’ di paura a riguardo” sussurrò in una confessione difficile da fare “ma se il peggio dovesse accadere, sacrificherò volentieri la mia vita. Morire non mi spaventa, soprattutto se avrò l’occasione di farlo per qualcuno che merita davvero di vivere”.
Jefferson sgranò gli occhi poco a poco, sollevando il viso per poter guardare quello di lei, così pulito e fresco da ricordargli l’arrivo della primavera. Nei suoi occhi giacevano temporali e tempeste e nelle sue labbra purezza ed un pizzico di immaturità.
Come poteva Regina credere che quella ragazza rappresentasse un problema? Non avrebbe torto un capello ad una mosca. Lo avrebbe pensato davvero, se non fosse stato a conoscenza del peso che si portava dietro.
“E’ facile scegliere di morire, quando saranno gli altri a doverne affrontare le conseguenze” sputò quelle parole con una certa veemenza “non esiste codardia peggiore di quella degli eroi” raccolse un sassolino dalla terra umida e fangosa per poi scagliarlo in lontananza “che decidono di dare la vita per gli altri. Il coraggio sta nel continuare a vivere, non nel scegliere di morire. La morte arriverà per tutti prima o poi e non tarderà di un secondo”.
Che strano insegnamento le stava propinando quell’uomo così particolare. In tante storie che Red conosceva si elogiavano gli uomini che si sacrificano per il bene dell’umanità, ma nessuno narrava mai delle lacrime di chi era rimasto in vita. Scegliere di morire era la strada più facile, poiché si smetteva di soffrire. Ma avere il coraggio di vivere e affrontare le conseguenze implicava almeno di non provocare dolore ai propri cari. E nonostante lei non fosse altro che un mostro, c’era chi le voleva bene. Anche se  svelargli quel particolare di sè avrebbe significato dire troppo e probabilmente sarebbe stata allontanata proprio per l’essere un mostro. Aveva le mani sporche di sangue e avrebbe rischiato di sporcare la purezza di quella famiglia. Riuscì a sorridere, sentendosi grata in qualche modo per aver avuto modo di riflettere sul suo imminente futuro. Doveva lottare per rimanere in vita.
Jefferson invece avvertiva un peso al cuore che iniziava a sgretolarlo, poco a poco, come se la sua coscienza stesse tornando a galla per avvertirlo che non sarebbe potuto tornare indietro, se si fosse spinto più avanti di qualche passo.
In quel momento fece ritorno Grace che aveva anche lei raccolto i suoi funghi preferiti e non appena li raggiunse si avvicinò a suo padre per dargli un bacio sulla guancia, subito dopo fece lo stesso dirigendosi da Red. La ragazza non seppe come reagire, tanto quel gesto la lasciò senza fiato. La guancia bruciava e la consapevolezza di quel nuovo affetto diventava sempre più concreta.
“Hai visto che alla fine sono tornata papà?” gli sorrise con l’innocenza di cui sono disposti i bambini privi di macchie “Non ti lascerò mai solo”.
Jefferson per un attimo avvampò, nonostante quelle parole fossero state dette con leggerezza, lui le prese seriamente, così tanto che quasi vacillò. 








// Nda: 

Salve! Ecco qui un nuovo capitolo! Purtroppo non posso fermarmi con le note che vado piuttosto di fretta :3 ma spero che il capitolo vi sia piaciuto, grazie mille a tutti coloro che continuano a seguire!
   
 
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