Cap
1
Le
parole di Camille gli risuonavano nelle orecchie,
“Doveva essere una persona speciale”, mentre
fissava il quadro come se fosse
maledetto. Quando Rebekah glielo aveva portato, la mattina prima, aveva
dato
per scontato che sarebbe stato contento di rivederlo, di sapere che si
era
salvato. Nulla di più sbagliato.
Era
stato dipinto durante l’ultimo Natale che
avevano passato insieme, un mese prima dell’incendio, prima
che la bellissima e
dolce Arianne andasse in fumo.
Con
la coda dell’occhio, vide che anche Elijah lo
stava fissando. Sapeva che stavano pensando alla stessa cosa. Faceva
male
guardarlo, quattro facce sorridenti e ammiccanti impresse su una tela
da più di
trecentocinquant’anni. A pensarci bene, da allora nessuno di
loro era mai più
stato veramente felice, ma a quel tempo non potevano certo immaginare
cosa
sarebbe accaduto. Faceva male soprattutto il sorriso di lei, congelato
per
sempre su quella tela.
**********
Italia,
1655.
-
Niklaus, Elijah, finalmente siete tornati. Stavo
cominciando a … –
Rebekah
si zittì non appena vide ciò che il maggiore
dei suoi fratelli teneva tra le braccia. Inizialmente le era sembrato
solo un
fagotto sporco, ma ora che guardava meglio riusciva distintamente a
distinguere
il volto e il corpicino di una creaturina denutrita e malata.
-
Cosa c’è, adesso gestiamo un orfanatrofio?
–
commentò, mettendoci volutamente tutto il sarcasmo che
riusciva.
I
suoi fratelli sapevano che ciò che più la faceva
soffrire era il fatto di non poter dare la vita. Avrebbe rinunciato a
qualsiasi
cosa pur di avere ciò che tutte le ragazze di quel tempo
sognavano: un amore
puro, una bella famiglia, e qualche marmocchio urlante in giro per
casa. Lo
sapevano, eppure le portavano in casa quella ragazzina.
-
Le ho dato un po’ del mio sangue, sta guarendo e
ha bisogno di un posto in cui stare. – cominciò
Elijah, ma Klaus intervenne
prontamente, - Perciò, mia volubile e sentimentale
sorellina, credo che non
sarà un problema per te aiutare … -
Lanciò
un’occhiata desolata alla ragazzina, -
Perdonami, tesoro, ma non so il tuo nome. –
-
Arianne … Arianne Bellin, signore. – rispose. Ora,
stretta tra le braccia forti di Elijah, sentiva di cominciare a fidarsi
un po’
di più anche di Niklaus.
-
Bene. Non sarà un problema per te aiutare la
nostra piccola Arianne a darsi una ripulita, vero Rebekah? –
La
ragazza storse il naso, - Non sono una
governante, Nik. –, tuttavia annuì con un sospiro.
Arianne
venne messa delicatamente a terra, alzò gli
occhioni grigi a incontrare quelli castani di Elijah.
-
Starai bene con Rebekah, puoi fidarti. –
E
se lo diceva lui era la verità, lo sapeva. Lo
sentiva con ogni fibra del suo essere.
Si
allontanò lentamente dall’uomo e mosse i primi
passi incerti verso quella ragazza dall’aspetto angelico che
la fissava con una
strana espressione dipinta sul viso. La seguì fino al piano
superiore, si
lasciò spogliare e aiutare a entrare nella vasca.
Rimase
in silenzio finchè non avvertì una lieve
melodia, che veniva mormorata dalla ragazza mentre le lavava i capelli.
Per
qualche ragione si decise a chiedere ciò che le stava a
cuore.
-
Perché avete accettato di aiutarmi, anche se non
vi piaccio? – domandò con voce tremante.
Sua
madre le aveva sempre ripetuto che non stava bene
fare troppe domande, specie quando erano rivolte a qualcuno che si
stava
dimostrando gentile e altruista, ma la curiosità era troppa.
In undici anni
nessuno, tranne sua madre e i fratelli più grandi, si era
mai dimostrato
gentile e misericordioso con lei.
Rebekah
smise di canticchiare, fissandola stupita.
Quella bambina era straordinariamente intuitiva, aveva capito
all’istante che c’era
qualcosa che non andava.
-
Non è vero che non mi piaci. E comunque, quando
Nik fa qualcosa di buono è difficile trovare una
spiegazione, lui stesso non sa
darla. –
Arianne
annuì, non aveva capito molto, ma la cosa
importante per lei era che quella ragazza così bella e
delicata non ce l’avesse
con lei.
-
Allora, se vi piaccio, perché avevate quello
sguardo quando mi avete vista? –
Rebekah
sospirò, cercando le parole giuste.
-
Io non posso avere figli, anche se li desidero
molto, ero solo sorpresa di avere una bambina in casa. –
Arianne
riuscì a percepire chiaramente la tristezza
nella sua voce. Una volta, aveva sentito sua madre parlare con una
delle sue
amiche; dicevano che la figlia del fornaio non poteva avere bambini, da
come
parlavano sembrava che fosse una maledizione. Rebekah però
non sembrava così,
infelice sì, ma maledetta proprio no.
-
È per quella storia di bere sangue … Non siete
come me, vero? –
Sì,
era decisamente maledettamente intuitiva.
-
Fai troppe domande. Vieni, devi asciugarti i
capelli o ti ammalerai. –
******
Italia,
1661
Elijah
distolse lo sguardo dal libro che stava
leggendo e lo rivolse verso la ragazza seduta davanti al pianoforte. In
quegli
anni Arianne era cresciuta, non era più una bambina, ma una
splendida giovane
donna. I capelli le arrivavano a metà schiena e sembravano
una cascata di
morbide onde corvine, gli occhi grigi scintillavano di una luce
particolare, un
guizzo di malizia mista a intelligenza che per certi versi gli
ricordava
Niklaus.
-
Come stavo andando? – domandò la ragazza,
abbagliandolo con uno di quei sorrisi smaglianti che riservava solo a
lui, o
raramente a Rebekah. Quando gli sorrideva in quel modo, Elijah aveva
l’impressione
che ogni cosa diventasse più luminosa.
-
Bene, come sempre. –
-
Hai avuto un’incertezza nell’ultimo passaggio.
Elijah forse era troppo preso dai suoi libri per notarlo, ma a me non
è
sfuggito. – intervenne una voce maschile.
Arianne
sbuffò, voltandosi a rivolgergli un buffo
broncio.
-
Non riesci proprio mai a dire semplicemente che
sono stata brava? –
-
Voleva solo essere una constatazione sincera. –
-
Tu non sei mai sincero, Nik. –
L’Originale
le rivolse un’occhiata penetrante,
mentre gli occhi azzurri si incupivano come accadeva sempre quando era
contrariato da qualcosa.
-
Ne sei proprio sicura? –
-
Assolutamente, e lo sai. – ribattè, per nulla
intimorita dall’aria minacciosa di Klaus. Poi
abbandonò lo sgabello e si
diresse a passo risoluto fuori dal salone.
Elijah
la seguì con lo sguardo, per poi guardare il
fratello con lo stesso sguardo che questo aveva usato con Arianne, - A
cosa si
stava riferendo, Niklaus? –
-
Non sei tu quello che è sempre in perfetta
sintonia con lei, che l’aiuta in ogni cosa? Credevo lo
sapessi, o forse il
vostro legame non è tanto forte come credevi. –
Scrollò
le spalle, sforzandosi di ignorare l’insinuazione
del fratello.
-
Non è più una bambina, Niklaus, parla con me solo
di ciò che vuole. Perciò te lo chiedo nuovamente,
a cosa si stava riferendo? –
-
Nemmeno io sono un bambino, Elijah, quindi non
sono tenuto a dirti tutto ciò che accade nella mia vita.
Soprattutto quando non
ti riguarda. – aggiunse freddamente, abbandonando a sua volta
il salotto.
Spazio
autrice:
Eccomi
con il nuovo capitolo. Come avrete notato,
all’interno dei vari capitoli ci sono vari salti temporali.
Questo perché ho
voluto costruire la fic come nel telefilm, ossia con sporadici flash
back in
cui i personaggi rivivono eventi per loro importanti. Credo che questo
metodo
almeno per il momento sarà di aiuto per spiegare bene il
rapporto tra Arianne e
i Mikaelson, in seguito la narrazione sarà completamente
ambientata a New
Orleans all’epoca del telefilm. Spero che vi sia piaciuto e
che vorrete farmi
sapere che ne pensate.
Al prossimo
capitolo.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt