Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: AlyssaR    11/12/2013    0 recensioni
Chiunque ami l'universo della Rowling è consapevole dell'enorme portata simbolica del primo di settembre. È, nei fatti, una data spartiacque, una netta cesura fra un "prima" e un "dopo", un fondamentale giro di boa. La presente raccolta di One Shots si ripromette di rivivere questa giornata speciale tramite gli occhi di tre personaggi d'eccezione: apparentemente "slegati", i tre brani della raccolta hanno una peculiarità che li sottende e li accomuna. Volete un indizio? Leggete attentamente il titolo.
Fanfiction partecipante al contest "3x3 Tre Prompt per Tre Storie", indetto da Lui_LucyHP.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Solida illusione.

 
L’orfanotrofio non ti piace, ma ti piace vederlo colpito dalle gocce di pioggia.
È notte. Incantato, rimani a guardarle con immota fissità mentre si abbattono sull’edificio e ti sembra quasi che qualcuno lassù ti stia vendicando. Tuo padre, sicuramente. Lui era di certo un mago grandissimo e non sopporta vedere quel brutto posto dove hai trascorso undici anni della tua vita.
Le gocce cadono con una violenza tale che i contorni dell’orfanotrofio si sono fatti sbiaditi, evanescenti. È tuo padre, sì, lo riconosceresti ovunque. Ti sta facendo un regalo: sta cancellando i confini di un passato che a breve non ti sarà neppure mai appartenuto.
«Guardate, guardate Tom!» dice un bambino con voce concitata «La pioggia non lo bagna!»
Ovvio che non lo fa, pensi con distacco. Mio padre non mi farebbe mai prendere un malanno.
«Ma com’è possibile?» si chiedono tutti.
«Sembra una magia» dice Evelyn, una bambina di otto anni a cui mancano un paio di denti davanti.
«Non sembra,» ti senti in dovere di rettificare «È una magia». Tutti cominciano a guardarti in quel modo strano, fra il timoroso e l’agitato, e ti piace molto essere guardato così.
L’ultima persona che ti ha guardato con curiosità e disprezzo adesso ha una gamba rotta.
Ultimamente stai imparando a convogliare la tua magia in modo che ti ubbidisca. Prima capitavano cose brutte ai bambini che ti offendevano, ma tu proprio non capivi il nesso, pensavi che fosse solo una forma di Giustizia di Dio, come a volte dicevano le suore dell’orfanotrofio, anche se non ti era chiaro cosa volessero dire.
Ma le cose erano cambiate, eccome se lo erano, da quando ti venne a far visita quel vecchio signore con la barba che ti aveva promesso che la tua vita sarebbe stata diversa, da lì in avanti. Ti aveva assicurato che quello che capitava agli altri, beh, non capitava, nel senso che lo facevi capitare tu. E questo perché sei un mago. All’inizio rimanesti un po’ scioccato da questa rivelazione, però poi, pensandoci attentamente, capisti che ti avrebbe potuto aprire tante strade.
Le gocce di pioggia che adesso cadono fitte sull’orfanotrofio non possono niente contro l’incendio che è divampato in una delle camere comuni al terzo piano.
Il crepitio violento delle lingue di fuoco si confonde con quello sordo e uniforme delle gocce di pioggia che si abbattono al suolo con violenza, soltanto qualche inaspettato schiocco di legno sembra ricordarti cosa stia succedendo.
Le fiamme si riverberano dentro le tue iridi, ipnotizzandoti. È uno spettacolo così meraviglioso vedere come in un istante tutto il passato venga divorato dal presente, come se non fosse neppure mai esistito. E invece tutti piangono, com’è possibile che non vedano la Bellezza
Non è possibile, pensano le suore sgranando il rosario, deve essere la paura, il caldo, gli occhiali vecchi. In fondo è notte.
Ogni volta che spalanchi un po’ gli occhi per vedere meglio le fiamme, queste sembrano rinvigorirsi.
Non è possibile, si ripetono, le fiamme devono essere la causa del suo sguardo, non l’effetto.
Eppure c’era qualche bambino che periodicamente confessava alle suore di averti sentito parlare una lingua strana e incomprensibile, eppure c’erano sempre incidenti inspiegabili ricollegabili in qualche modo a te, quel bambino pallido ed emaciato il cui nome sfuggiva dalla memoria. Il bambino più schivo dell’orfanotrofio, valutavano le Sorelle, eppure tutti sembrano ubbidirti e addirittura temerti. Sei stato convocato più volte dalla Superiora, per cercare di capire se ci fosse qualche problema che ti turbasse. Tieni sempre lo sguardo basso, fissi le tue mani abbandonate sul grembo come se neppure ti appartenessero. Sei educato, parsimonioso con le parole, piuttosto curato nell’aspetto. Ogni volta che entri nell’Ufficio della Superiora, ti dirigi subito a capo chino sulla sedia più vicina, ti accomodi e poi lasci andare completamente le spalle, quasi tu sia un burattino inanimato.
Alzasti lo sguardo solamente una volta, la Superiora cerca di non dare peso a quel ricordo, ma lo sogna tutte le notti. Accadde il mese scorso.
 
«Allora, Signorino, sicuro che vada tutto bene?»
«Sì, Madre»
«Sono felice di sentirti sereno, ma debbo dirti che i tuoi compagni non lo sono altrettanto a causa di alcuni tuoi comportamenti. Sostengono che tu li spaventi»
«Io? E come?» forse quella curiosa piega ironica sulle tue labbra è solo la conformazione della bocca, in fondo. La Superiora non ne è sicura, d’altra parte il tuo capo è chino e nessuna delle Sorelle si è mai occupata di lanciarti qualche sguardo davvero interessato.
«Dicono che parli una lingua strana per spaventarli»
«Ma io …»
«Non mi interessano le tue scuse, devi smetterla. Il prossimo anno sarai uno dei bambini più grandi e …»
In quel momento tirasti su la testa, chissà che sguardo avevi perché la Superiora si ammutolì completamente e divenne visibilmente pallida.
«Non ci sarà nessun “prossimo anno” per me, Madre».
 
I contorni dell’orfanotrofio si fanno sempre più indistinti. Il fuoco crepita senza sosta e le gocce di pioggia continuano a sfrigolare al loro passaggio: fumo nero e denso è la metafora di quell’agognato cambiamento, della distruzione che porta alla metamorfosi.
Il furto sarà punito ad Hogwarts, ti aveva detto Silente.
Ad Hogwarts, appunto. Sei ancora in quel dannato orfanotrofio ed è da poco passata la mezzanotte. Kevin Smith è un bambino grasso e odioso che, per qualche misteriosa ragione, riceve molti più giochi di te. Ti sei divertito a romperglieli o a farglieli sparire nel nulla, in questi lunghi, lunghissimi anni. Trovavi deliziosa la maniera in cui le sue grosse guance sembravano prendere fuoco quando non li trovava, poi, improvvisamente, diventava quasi cianotico: le labbra s’illividivano e iniziava a sudare copiosamente, accusandoti in maniera disarticolata di essere responsabile in una qualche misura di quelle misteriose sparizioni. Ad ogni modo, non ti scoprivano mai.
Nella Scuola dove stavi per andare, comunque, non ti sarebbero serviti i suoi stupidi giochetti.
Che bruciassero pure, adesso.
 
Da una manciata di minuti è il primo di settembre e ti chiami Tom Orvoloson Riddle: non è molto, ma è tutto quello che ti basta.

 
 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: AlyssaR