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Autore: Snehvide    11/05/2008    10 recensioni
Rotolò lungo la distesa nevosa.
Vi affonda. Vi boccheggia. Vi annega.
Sembrava un pinguino non piu' abituato al suo habitat naturale.
Le urla continuarono.
Continuarono...
Continuarono.
Ma non servirono.
A nulla.
Un bambino orfano in quell'istituto impara presto che urlare è tutto inutile...
Eccome se Mail lo sapeva bene...
Il tempo trascorse incurante.
E intanto nevicava...
Nevicava…

Nevicava. (Irish Zebra Spin-off)
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Matt, Watari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione! Questa fanfiction è una spin-off, cioè una storia estrapolata dalla trama di un’altra fanfiction, in questo caso, dalla mia “Irish Zebra” che potete trovare cliccando qui.

Anche se “Ninna Nanna di Caronte” è una sorta di prequel, la lettura potrebbe apparire difficoltosa e confusionaria se non avete ancora letto Irish Zebra e non ne conoscete la trama.

Di conseguenza, consiglio a tutti coloro che non hanno ancora letto Irish Zebra di prendere visione della mia fanfiction precedente. ^__^
Grazie per l’attenzione!

 

 

Ninna Nanna di Caronte

 

 

 

Ninna nanna...

Ninna oh...

Questo bimbo a chi lo do...?

 

Neve....

Nel suo sogno, c'era la Neve.

Una insolitamente realistica.

La sua capacità di catalogare i diversi tipi di neve avrebbe messo in imbarazzo persino un perfetto Inuit;

Ovviamente, nessuno avrebbe mai creduto che in realtà, nei suoi sette anni di vita, Mail di neve, ne aveva vista di un solo tipo.

 

In Irlanda, nevicava sempre allo stesso modo...

E la neve che sbiadiva il suo sogno, non era affatto diversa da quei fiocchi di neve che ogni inverno ricoprivano con il suo gelido manto ogni angolo del piccolo chiostro circostante l'orfanotrofio in cui...viveva.

 

Era talmente realistica, che gli sembrava addirittura di poter percepire il gelo di ogni singolo fiocco di quella neve sulla pelle del suo viso...

Era talmente realistica, che con il suo candore non riusciva a scorgere nient'altro che sottili linee indistinte, del paesaggio che vi era dinnanzi a sè.

Solo neve...

Neve...

E neve...

 

Sebbene dopo sette anni di clausura tra quelle mura, niente e nessuno gli avrebbe mai potuto impedire di riconoscere quel cortile e quel cancello in ferro battuto; l'invalicabile barriera che dava sul Mondo.

 

"Sorelle... "

 

Sentì il suo corpo venir mosso.

Un cappello venne sollevato dal capo di qualcuno in segno di formale omaggio.

Realistico.
Sensazioni particolarmente palpabili in questo sogno, eh...?


Ripescò i suoi occhi, smarriti nella neve, per scostarli da quel biancore e volgerli verso basso.

Un lungo pastrano nero lo separava di almeno un metro e mezzo dalla terra.

L'autista del suo sogno lo teneva stretto a se.

Sentiva il mento poggiare in qualcosa di morbido, che piu' tardi riconobbe come la spallina di gommapiuma della lunga giacca nera.

 

"Figlio del Demonio...che il Signore possa castigarti per ogni tuo singolo peccato commesso..."

 

Anche le voci.

Davvero, davvero realistiche...

Riconosceva perfettamente la voce di Sister Claire;

riconosceva anche quella frase, che come un disco rotto, puntualmente tornava a ripetere giorno dopo giorno...

 

"Sister Mary, la nostra consorella piu' dolce e caritatevole, adesso è irriconoscibile...ed è tutta colpa sua...."

 

"..........."

 

E' vero...

Lo era...


Ma nel suo sogno stava nevicando; e quelle parole non trovarono alcuna risposta prima di disperdersi lungo la gelida coltre immacolata...

 

Ancora, *l'autista del suo sogno* si mosse.

Roteò il corpo. Si voltò.

Prese possesso dello sterminato panorama bianco, sottraendolo agli occhi di Mail senza tanti complimenti.

In cambio, ricevette il paesaggio che l'autista del suo sogno aveva arbitrariamente scambiato.

Le riconobbe tutte, quelle Sorelle.

Quelle Serve di Dio allineate come soldati davanti al possente portale in legno d'acero;

Da sempre, la porta del suo Inferno personale.

Sguardi severi.

Sguardi carichi d'odio e di rancore.

L'ultimo incontro di un condannato a morte con i parenti della vittima.

 

Sister Mary non c'era...

 

Inconsciamente, tremò.

Un brivido, come un serpente a sonagli, gli percorse la schiena.

 

La neve stava diventando sempre piu' gelida...

Il suo corpo, paradossalmente, sempre piu' caldo.

Inspiegabile.


L'autista del suo sogno cominciò ad avanzare lungo lo sterminato sentiero dinnanzi a sè.

Significativa metafora, quella del nevischio che si divertiva a celarne i reali confini.

Ma l'autista del suo sogno, non si fece trarre in inganno da quel vuoto illusorio.

Non era come lui, del resto....

 

I suoi passi, lenti e gravi, affondavano con pesantezza, alterando la virginea perfezione di quei cristalli condensati lungo il terreno...

 

 

Bruschi.

Quei movimenti gli fecero dubitare si trattasse di un sogno.

Ma le dinamiche dei fatti eran talmente improponibili che i dubbi sulla possibilità di essere sveglio, finivano inesorabilmente per raddoppiare...

Non poteva uscire sul serio da lì.

Non poteva farlo...

 

Continuò a guardare di fronte a sè...

Se prima poteva vederle perfettamente, ora l'immagine di fronte ai suoi occhi fluttuava, come ripresa da una telecamera a bassa risoluzione.

Stop.

 

Ogni cosa dinnanzi a sè, era stata arrestata.

Ogni cosa aveva ceduto, paralizzata dalla inoffensiva forza dei fiocchi di neve...

Ogni cosa, eccetto lui.

L'autista del suo sogno sembrava tutt'altro che intimorito dalla sua presenza.

Continuò la sua marcia lungo il tappeto bianco, regalando ad ogni passo una grossa, profonda orma sul sentiero.

Il suo souvenir.

Segno di sfida contro la glaciale immobilità.

 

Non riuscì ad ignorare ancora a lungo, il tremore del suo sognatore.

Senza chiedersi se fosse da imputare al freddo o ad altro, saldò la stretta con cui lo cingeva a sè.

Mail potè avvertire la grande mano del suo Caronte accarezzarlo attraverso le trame della pesante coperta su cui era avvolto come un baco all'interno di una crisalide.

Accennò un motivetto a labbra chiuse, poi finalmente, mugolò qualcosa...

 

"Ninna nanna, ninna oh...questo bimbo a chi lo do...?"

 

Esita.

La sua voce grave e profonda fluttua nell'aria, lasciando in sospeso le parole successive.

 

 

".....a chi...lo do...."

 

"................"


"Ehm....come continua la canzone, Matt..?"

 

Perché lo domanda a lui?

 

"................"

 

"Se...."

 

Si sforzò per rammentare.


"Se lo do, alla befana...se lo...tiene una settimana...."

 

Befana.

Ricordava qualcuno aver apostrofato in quel modo Sister Mary.

Non lo aveva fatto ridere.

Per niente.

Persino le offese apparivano troppo ingenue e divertenti, per essere associate a quella donna.

 

E inoltre, non aveva passato una sola settimana in sua compagnia.

Erano sette, sì.

Ma sette anni.

I suoi anni.

Non sette giorni.

Ci era rimasto sette, lunghi anni, infiniti anni.

La canzone aveva una visione temporale distorta, evidentemente...

 

"Se...lo do....alla fatina....se lo tiene una sola mattina...:"

 

Indugia ancora, tra una frase e l'altra.

Non mantiene neanche il giusto ritmo.

Ma non importa.

 

Fatina...

Una sola mattina...

Intendeva dire quel gelato regalatogli quella mattina dallo strano ragazzo con le occhiaie e la schiena curva, bizzarramente vestito da clown...?

Non era una fatina....

Si vedeva lontano un miglio che era un maschio.

E vi era rimasto giusto alcuni istanti, prima che venisse rovinosamente allontanato dal quel cortile da suore infuriate.

 

".........."

 

"...Ninna nanna...ninna oh....."

Urla.

Urla e ancora urla.

Un altro urlo.

E un altro ancora.

Urla squassanti.

Isteriche.

Il silenzio scandito dai fiocchi di neve si infranse.

 

Qualcuno chiamò il suo nome.

Riconobbe quella voce.

Riconobbe quelle urla.

Riconobbe anche l'immagine.

L'immagine di quella suora appena visibile attraverso lo scudo creato dal fitto nevischio.

La vide.

Non sapeva ancora che quella sarebbe stata l'ultima volta che lo avrebbe fatto.

Non lo avrebbe mai immaginato.


Ma la melodia non si interruppe.

I fiocchi di neve continuarono a svolazzare.

I passi gravi e lenti dell'autista del suo sogno non mostrarono alcuna esitazione.

 

Solo i suoi occhi si sgranarono.

Solo il suo corpo si irrigidì nel vedere l'immagine di quella monaca dimenarsi ed urlare il suo nome con un tono mai udito prima, mentre uno sciame di consorelle sacrificavano la loro implacabile compostezza pur di sedare la sua disperazione.

 

"MAIL !!! TO-TORNA QUI , MAIL!!!"

 

Urla.

Urla.

Urla.
Urla convulse.

Rotolò lungo la distesa nevosa.

Vi affonda. Vi boccheggia. Vi annega.

Sembrava un pinguino non piu' abituato al suo habitat naturale.
Le urla continuarono.

Continuarono...

Continuarono.

Ma non servirono.

A nulla.

Un bambino orfano in quell'istituto impara presto che urlare è tutto inutile...

Eccome, se Mail lo sapeva bene...

 

Il tempo scorse incurante.

E intanto nevicava...

Nevicava…

Nevicava.

 

".........."

 

"Se lo do...all'uomo nero...."

 

Questa volta, la voce dell'autista del suo sogno non tradì la minima insicurezza.

Il minimo indugio.

Nulla.

 

La mano strusciò ancora contro la coperta sul suo misero corpo.

Diede delle pacche, lente e rassicuranti.

 

"Se lo tiene un anno intero...."

 

"........"


"Matt?..."

 

"........."

 

All'autista del suo sogno, dovettero cominciare a far male, le sue unghia conficcate con forza contro le sue spalle e il suo collo.

 

Si fermò un solo istante, arrestando la sua marcia.

Fu l'unica volta che lo fece.

 

Per la seconda volta, sfilò il cappello dai suoi capelli canuti.

Stesso movimento di poco prima.

Intenzioni differenti: Non doveva omaggiare nessuno, questa volta.

 

Scrollò la neve accumolatasi sui bordi rialzati con rapidità.

Lo poggiò sulla testa di Mail, dimezzando la visuale concessa ai suoi occhi, adesso sbarrati.
Un sussulto. Lieve.

Poi la calma.

La calma nel non riuscire piu' a scorgere il Demone del suo Inferno.

La censura di Caronte troncò la visione di un qualcosa evidentemente poco adatto alla sua persona.

 

Coprì le sue orecchie.

Parzialmente, coprì anche i suoi occhi.

Quel cappello era enorme per lui...

Fu un gesto lento.

Sereno.
Potè scorgere un'infinita naturalezza nei suoi gesti.

Sembrava lo stesse indossando per coprire puntualmente la visuale di tutti i bambini che traghettava via dall'Inferno...

 

Non staccò di sua iniziativa le sue unghia da sè.

Attese paziente che, come sanguisughe sazie, si staccassero da sole.

Era certo che lo avrebbe fatto da lì a pochi secondi.

E infatti fu così.

Era davvero curioso, questo autista del suo sogno....

 

"Se lo do all'uomo nero...se lo tiene un'anno intero...."

 

Riprese ad avanzare.
Cantilenò ancora una volta la sua incerta ninna nanna, quando si trovò a varcare con un'inverosimile tranquillità, l'immensa, invalicabile inferriata.

Solo allora, le urla si attutirono, evolvendosi in qualcosa di molto piu' simile a dei bisbiglii soffocati dal nulla...

Dalla desolazione....

Dallo sterminato paesaggio di un'Irlanda completamente imbiancata...

 

"Mi dispiace, Matt...temo rimarrai con l'uomo nero per un pò. Non ricordo le prossime strofe."

 

Ridacchiò.

La sua voce era ironica.

Ironica e dolce.

 

L'uomo nero...?

Chi era l'uomo nero...?

Lui indossava un lungo cappotto nero...

Era forse lui, l'uomo nero venuto a prenderselo in spalla, per tenerlo con sè un anno intero?...

 

Che sia così...

Che se lo prenda, l'uomo nero...

Che lo porti via da lì, almeno...

....almeno fino al termine stabilito.

 

Considerando l'errata visione temporale della ninna nanna, a quanto sarebbe corrisposto un anno intero?

Forse un'intera vita...?

Forse...l'eternità...?

 

Certo, immaginava diversamente la Morte, ma....

Meglio così....

 

In fondo, era stato molto fortunato.

Dopotutto, non tutti, hanno nei loro sogni un traghettatore disposto a portarli via dall'Inferno.

 

Lei...

Lei non riusciva piu' a vederla.

Era svanita, risucchiata come le sue urla nel vortice bianco, da cui lui era stato lentamente traghettato dall'insolito Caronte.

 

Per anni, non aveva chiesto nient'altro a Dio.

...nient'altro....

 

Era troppo lontano, adesso, per poter anche soltanto scorgere gli abbozzi della sua figura sbiadita.

Aveva camminato tanto, insieme all'autista del suo sogno.

Insieme all'uomo nero.

Insieme al suo Caronte.

 

Nel suo sogno, Mail richiuse gli occhi.

Proprio come il canto lento del vecchio uomo nero esortava...


"Watari."

 

L'uomo nero si fermò a quel richiamo.

Trovò il suo interlocutore all'interno di un'auto nera maculata da larghe chiazze di neve.

Un uomo.

Un adolescente, con molte probabilità.

 

Disse qualcos'altro.

Parlò ancora, a quella voce misteriosa giunta improvvisamente dal nulla.

Una mano estranea al suo sogno si posò lieve sulla sua fronte bollente.

Fu l'ultima cosa che avvertì.

Aveva la febbre alta.

 

Un intrecciarsi di voci affermava che si sarebbero fermati almeno per quella notte in un hotel a Dublino.

Lo stesso intrecciarsi di voci asseriva di notificare a Roger del Wammy's House la posticipazione del loro arrivo di un giorno.

...e non contento, lo stesso intrecciarsi di voci assicurava che in hotel ci sarebbe stata una splendida torta alla fragola ad accoglierli.

 

Ma tutto ciò, Mail non potè sentirlo.

Perchè Mail adesso, sognava sul serio...

 

"Ninna nanna...ninna oh..."

 

 

FINE.

 

****

NOTE DELL’AUTRICE:

 

Io non ho parole! O_O Non avrei mai immaginato che “Irish Zebra” potesse piacere così tanto! Davvero, sono rimasta impressionata dalle parole delle vostre recensioni, gente! Mi avete commossa e riempito il cuore di gioia. Irish Zebra è una fanfiction senza tante pretese. Ho riscontrato alcune difficoltà nella stesura della storia e ancora tutt'ora non sono soddisfatta in pieno del risultato finale; quindi immaginatevi la mia gioia nel leggere i vostri commenti!

Volevo assolutamente avere modo di poter ringraziare ogni singola persona che ha recensito o semplicemente letto la mia fanfiction rispondendovi ad uno ad uno, ma sarei davvero monotona perchè davvero, tutto ciò che vorrei dirvi è GRAZIE all'infinito! Grazie davvero di cuore! Non ho parole!

Questa spin-off è tutta per voi!

Non avendo la possibilità di poter rispondere direttamente nelle recensioni, ho pensato di scrivere una fanfiction proprio per questo scopo.

Non è un granchè, me ne rendo conto ^^; Ma davvero, erano anni che non sentivo così tanto la voglia e la motivazione di scrivere.

Grazie ancora di cuore! :)

 

Rossella // ritsukayuiko*chiocciola*gmail.com

 

PS: Per coloro che me lo chiedevano, sì, sono anch’io una grande yaoi fan e ho in cantiere alcune fanfiction che spero di poter pubblicare presto ^__^

 

SPECIAL THANKS:

 

Come al solito, un ringraziamento particolare va' ai miei pre-readers (Seles Wilder, MCMXC , Elaisha) per avermi sopportata durante la stesura flash di questa storia.

 

E ovviamente, ringrazio infinitamente Elaisha per lo stesso motivo in cui la ringraziavo in Irish Zebra. L'idea di Matt in Irlanda e della sua infanzia con Sister Mary è stata tratta dalla sua fanfiction “17 gennaio”, visionabile sul suo archivio personale www.last-quarter.org. Grazie di cuore! ^___^


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