Attenzione!
Questa fanfiction è una spin-off, cioè una storia estrapolata dalla trama di
un’altra fanfiction, in questo caso, dalla mia “Irish Zebra” che potete trovare
cliccando
qui.
Anche
se “Ninna Nanna di Caronte” è una sorta di prequel, la lettura potrebbe
apparire difficoltosa e confusionaria se non avete ancora letto Irish Zebra e
non ne conoscete la trama.
Di
conseguenza, consiglio a tutti coloro che non hanno ancora letto Irish Zebra di
prendere visione della mia fanfiction precedente. ^__^
Grazie per l’attenzione!
Ninna Nanna di Caronte
Ninna nanna...
Ninna oh...
Questo bimbo a chi lo do...?
Neve....
Nel suo sogno, c'era la Neve.
Una insolitamente realistica.
La sua capacità di catalogare i
diversi tipi di neve avrebbe messo in imbarazzo persino un perfetto Inuit;
Ovviamente, nessuno avrebbe mai
creduto che in realtà, nei suoi sette anni di vita, Mail di neve, ne aveva
vista di un solo tipo.
In Irlanda, nevicava sempre allo
stesso modo...
E la neve che sbiadiva il suo
sogno, non era affatto diversa da quei fiocchi di neve che ogni inverno
ricoprivano con il suo gelido manto ogni angolo del piccolo chiostro
circostante l'orfanotrofio in cui...viveva.
Era talmente realistica, che gli
sembrava addirittura di poter percepire il gelo di ogni singolo fiocco di
quella neve sulla pelle del suo viso...
Era talmente realistica, che con
il suo candore non riusciva a scorgere nient'altro che sottili linee
indistinte, del paesaggio che vi era dinnanzi a sè.
Solo neve...
Neve...
E neve...
Sebbene dopo sette anni di
clausura tra quelle mura, niente e nessuno gli avrebbe mai potuto impedire di riconoscere
quel cortile e quel cancello in ferro battuto; l'invalicabile barriera che dava
sul Mondo.
"Sorelle... "
Sentì il suo corpo venir mosso.
Un cappello venne sollevato dal
capo di qualcuno in segno di formale omaggio.
Realistico.
Sensazioni particolarmente palpabili in questo sogno, eh...?
Ripescò i suoi occhi, smarriti nella neve, per scostarli da quel biancore e
volgerli verso basso.
Un lungo pastrano nero lo
separava di almeno un metro e mezzo dalla terra.
L'autista del suo sogno lo teneva
stretto a se.
Sentiva il mento poggiare in
qualcosa di morbido, che piu' tardi riconobbe come la spallina di gommapiuma
della lunga giacca nera.
"Figlio
del Demonio...che il Signore possa castigarti per ogni tuo singolo peccato
commesso..."
Anche le voci.
Davvero, davvero realistiche...
Riconosceva perfettamente la voce
di Sister Claire;
riconosceva anche quella frase,
che come un disco rotto, puntualmente tornava a ripetere giorno dopo giorno...
"Sister Mary, la nostra
consorella piu' dolce e caritatevole, adesso è irriconoscibile...ed è tutta
colpa sua...."
"..........."
E' vero...
Lo era...
Ma nel suo sogno stava nevicando; e quelle parole non trovarono alcuna risposta
prima di disperdersi lungo la gelida coltre immacolata...
Ancora, *l'autista del suo sogno*
si mosse.
Roteò il corpo. Si voltò.
Prese possesso dello sterminato
panorama bianco, sottraendolo agli occhi di Mail senza tanti complimenti.
In cambio, ricevette il paesaggio
che l'autista del suo sogno aveva arbitrariamente scambiato.
Le riconobbe tutte, quelle
Sorelle.
Quelle Serve di Dio allineate
come soldati davanti al possente portale in legno d'acero;
Da sempre, la porta del suo
Inferno personale.
Sguardi severi.
Sguardi carichi d'odio e di rancore.
L'ultimo incontro di un
condannato a morte con i parenti della vittima.
Sister Mary non c'era...
Inconsciamente, tremò.
Un brivido, come un serpente a
sonagli, gli percorse la schiena.
La neve stava diventando sempre
piu' gelida...
Il suo corpo, paradossalmente,
sempre piu' caldo.
Inspiegabile.
L'autista del suo sogno cominciò ad avanzare lungo lo sterminato sentiero
dinnanzi a sè.
Significativa metafora, quella
del nevischio che si divertiva a celarne i reali confini.
Ma l'autista del suo sogno, non
si fece trarre in inganno da quel vuoto illusorio.
Non era come lui, del resto....
I suoi passi, lenti e gravi,
affondavano con pesantezza, alterando la virginea perfezione di quei cristalli
condensati lungo il terreno...
Bruschi.
Quei movimenti gli fecero dubitare
si trattasse di un sogno.
Ma le dinamiche dei fatti eran talmente improponibili che i dubbi sulla
possibilità di essere sveglio, finivano inesorabilmente per raddoppiare...
Non poteva uscire sul serio da
lì.
Non poteva farlo...
Continuò a guardare di fronte a
sè...
Se prima poteva vederle
perfettamente, ora l'immagine di fronte ai suoi occhi fluttuava, come ripresa
da una telecamera a bassa risoluzione.
Stop.
Ogni cosa dinnanzi a sè, era
stata arrestata.
Ogni cosa aveva ceduto,
paralizzata dalla inoffensiva forza dei fiocchi di neve...
Ogni cosa, eccetto lui.
L'autista del suo sogno sembrava
tutt'altro che intimorito dalla sua presenza.
Continuò la sua marcia lungo il
tappeto bianco, regalando ad ogni passo una grossa, profonda orma sul sentiero.
Il suo souvenir.
Segno di sfida contro la glaciale
immobilità.
Non riuscì ad ignorare ancora a
lungo, il tremore del suo sognatore.
Senza chiedersi se fosse da
imputare al freddo o ad altro, saldò la stretta con cui lo cingeva a sè.
Mail potè avvertire la grande
mano del suo Caronte accarezzarlo attraverso le trame della pesante coperta su
cui era avvolto come un baco all'interno di una crisalide.
Accennò un motivetto a labbra
chiuse, poi finalmente, mugolò qualcosa...
"Ninna nanna, ninna
oh...questo bimbo a chi lo do...?"
Esita.
La sua voce grave e profonda
fluttua nell'aria, lasciando in sospeso le parole successive.
".....a chi...lo
do...."
"................"
"Ehm....come continua la canzone, Matt..?"
Perché lo domanda a lui?
"................"
"Se...."
Si sforzò per rammentare.
"Se lo do, alla befana...se lo...tiene una settimana...."
Befana.
Ricordava qualcuno aver
apostrofato in quel modo Sister Mary.
Non lo aveva fatto ridere.
Per niente.
Persino le offese apparivano troppo ingenue
e divertenti, per essere associate a quella donna.
E inoltre, non aveva passato una
sola settimana in sua compagnia.
Erano sette, sì.
Ma sette anni.
I suoi anni.
Non sette giorni.
Ci era rimasto sette, lunghi
anni, infiniti anni.
La canzone aveva una visione temporale
distorta, evidentemente...
"Se...lo do....alla
fatina....se lo tiene una sola mattina...:"
Indugia ancora, tra una frase e
l'altra.
Non mantiene neanche il giusto
ritmo.
Ma non importa.
Fatina...
Una sola mattina...
Intendeva dire quel gelato regalatogli
quella mattina dallo strano ragazzo con le occhiaie e la schiena curva,
bizzarramente vestito da clown...?
Non era una fatina....
Si vedeva lontano un miglio che
era un maschio.
E vi era rimasto giusto alcuni
istanti, prima che venisse rovinosamente allontanato dal quel cortile da suore
infuriate.
".........."
"...Ninna nanna...ninna
oh....."
Urla.
Urla e ancora urla.
Un altro urlo.
E un altro ancora.
Urla squassanti.
Isteriche.
Il silenzio scandito dai fiocchi
di neve si infranse.
Qualcuno chiamò il suo nome.
Riconobbe quella voce.
Riconobbe quelle urla.
Riconobbe anche l'immagine.
L'immagine di quella suora appena
visibile attraverso lo scudo creato dal fitto nevischio.
La vide.
Non sapeva ancora che quella sarebbe
stata l'ultima volta che lo avrebbe fatto.
Non lo avrebbe mai immaginato.
Ma la melodia non si interruppe.
I fiocchi di neve continuarono a
svolazzare.
I passi gravi e lenti
dell'autista del suo sogno non mostrarono alcuna esitazione.
Solo i suoi occhi si sgranarono.
Solo il suo corpo si irrigidì nel
vedere l'immagine di quella monaca dimenarsi ed urlare il suo nome con un tono
mai udito prima, mentre uno sciame di consorelle sacrificavano la loro
implacabile compostezza pur di sedare la sua disperazione.
"MAIL !!! TO-TORNA QUI ,
MAIL!!!"
Urla.
Urla.
Urla.
Urla convulse.
Rotolò lungo la distesa nevosa.
Vi affonda. Vi boccheggia. Vi
annega.
Sembrava un pinguino non piu'
abituato al suo habitat naturale.
Le urla continuarono.
Continuarono...
Continuarono.
Ma non servirono.
A nulla.
Un bambino orfano in
quell'istituto impara presto che urlare è tutto inutile...
Eccome, se Mail lo sapeva bene...
Il tempo scorse incurante.
E intanto nevicava...
Nevicava…
Nevicava.
".........."
"Se lo do...all'uomo
nero...."
Questa volta, la voce
dell'autista del suo sogno non tradì la minima insicurezza.
Il minimo indugio.
Nulla.
La mano strusciò ancora contro la
coperta sul suo misero corpo.
Diede delle pacche, lente e
rassicuranti.
"Se lo tiene un anno
intero...."
"........"
"Matt?..."
"........."
All'autista del suo sogno,
dovettero cominciare a far male, le sue unghia conficcate con forza contro le
sue spalle e il suo collo.
Si fermò un solo istante,
arrestando la sua marcia.
Fu l'unica volta che lo fece.
Per la seconda volta, sfilò il
cappello dai suoi capelli canuti.
Stesso movimento di poco prima.
Intenzioni differenti: Non doveva
omaggiare nessuno, questa volta.
Scrollò la neve accumolatasi sui
bordi rialzati con rapidità.
Lo poggiò sulla testa di Mail,
dimezzando la visuale concessa ai suoi occhi, adesso sbarrati.
Un sussulto. Lieve.
Poi la calma.
La calma nel non riuscire piu' a
scorgere il Demone del suo Inferno.
La censura di Caronte troncò la
visione di un qualcosa evidentemente poco adatto alla sua persona.
Coprì le sue orecchie.
Parzialmente, coprì anche i suoi
occhi.
Quel cappello era enorme per
lui...
Fu un gesto lento.
Sereno.
Potè scorgere un'infinita naturalezza nei suoi gesti.
Sembrava lo stesse indossando per
coprire puntualmente la visuale di tutti i bambini che traghettava via
dall'Inferno...
Non staccò di sua iniziativa le
sue unghia da sè.
Attese paziente che, come
sanguisughe sazie, si staccassero da sole.
Era certo che lo avrebbe fatto da
lì a pochi secondi.
E infatti fu così.
Era davvero curioso, questo
autista del suo sogno....
"Se lo do all'uomo nero...se
lo tiene un'anno intero...."
Riprese ad avanzare.
Cantilenò ancora una volta la sua incerta ninna nanna, quando si trovò a
varcare con un'inverosimile tranquillità, l'immensa, invalicabile inferriata.
Solo allora, le urla si
attutirono, evolvendosi in qualcosa di molto piu' simile a dei bisbiglii
soffocati dal nulla...
Dalla desolazione....
Dallo sterminato paesaggio di un'Irlanda
completamente imbiancata...
"Mi dispiace, Matt...temo
rimarrai con l'uomo nero per un pò. Non ricordo le prossime strofe."
Ridacchiò.
La sua voce era ironica.
Ironica e dolce.
L'uomo nero...?
Chi era l'uomo nero...?
Lui indossava un lungo cappotto
nero...
Era forse lui, l'uomo nero venuto
a prenderselo in spalla, per tenerlo con sè un anno intero?...
Che sia così...
Che se lo prenda, l'uomo nero...
Che lo porti via da lì, almeno...
....almeno fino al termine
stabilito.
Considerando l'errata visione
temporale della ninna nanna, a quanto sarebbe corrisposto un anno intero?
Forse un'intera vita...?
Forse...l'eternità...?
Certo, immaginava diversamente la
Morte, ma....
Meglio così....
In fondo, era stato molto
fortunato.
Dopotutto, non tutti, hanno nei
loro sogni un traghettatore disposto a portarli via dall'Inferno.
Lei...
Lei non riusciva piu' a vederla.
Era svanita, risucchiata come le
sue urla nel vortice bianco, da cui lui era stato lentamente traghettato
dall'insolito Caronte.
Per anni, non aveva chiesto
nient'altro a Dio.
...nient'altro....
Era troppo lontano, adesso, per
poter anche soltanto scorgere gli abbozzi della sua figura sbiadita.
Aveva camminato tanto, insieme
all'autista del suo sogno.
Insieme all'uomo nero.
Insieme al suo Caronte.
Nel suo sogno, Mail richiuse gli
occhi.
Proprio come il canto lento del
vecchio uomo nero esortava...
"Watari."
L'uomo nero si fermò a quel
richiamo.
Trovò il suo interlocutore
all'interno di un'auto nera maculata da larghe chiazze di neve.
Un uomo.
Un adolescente, con molte
probabilità.
Disse qualcos'altro.
Parlò ancora, a quella voce
misteriosa giunta improvvisamente dal nulla.
Una mano estranea al suo sogno si
posò lieve sulla sua fronte bollente.
Fu l'ultima cosa che avvertì.
Aveva la febbre alta.
Un intrecciarsi di voci affermava
che si sarebbero fermati almeno per quella notte in un hotel a Dublino.
Lo stesso intrecciarsi di voci
asseriva di notificare a Roger del Wammy's House la posticipazione del loro
arrivo di un giorno.
...e non contento, lo stesso
intrecciarsi di voci assicurava che in
hotel ci sarebbe stata una splendida torta alla fragola ad accoglierli.
Ma tutto ciò, Mail non potè
sentirlo.
Perchè Mail adesso, sognava sul
serio...
"Ninna nanna...ninna
oh..."
FINE.
****
NOTE DELL’AUTRICE:
Io non ho parole! O_O Non avrei
mai immaginato che “Irish Zebra” potesse piacere così tanto! Davvero, sono
rimasta impressionata dalle parole delle vostre recensioni, gente! Mi avete commossa
e riempito il cuore di gioia. Irish Zebra è una fanfiction senza tante
pretese. Ho riscontrato alcune
difficoltà nella stesura della storia e ancora tutt'ora non sono soddisfatta in
pieno del risultato finale; quindi immaginatevi la mia gioia nel leggere i
vostri commenti!
Volevo assolutamente avere modo
di poter ringraziare ogni singola persona che ha recensito o semplicemente
letto la mia fanfiction rispondendovi ad uno ad uno, ma sarei davvero monotona
perchè davvero, tutto ciò che vorrei dirvi è GRAZIE all'infinito! Grazie
davvero di cuore! Non ho parole!
Questa spin-off è tutta per voi!
Non avendo la possibilità di
poter rispondere direttamente nelle recensioni, ho pensato di scrivere una
fanfiction proprio per questo scopo.
Non è un granchè, me ne rendo
conto ^^; Ma davvero, erano anni che non sentivo così tanto la voglia e la
motivazione di scrivere.
Grazie ancora di cuore! :)
Rossella //
ritsukayuiko*chiocciola*gmail.com
PS: Per coloro che me lo
chiedevano, sì, sono anch’io una grande yaoi fan e ho in cantiere alcune
fanfiction che spero di poter pubblicare presto ^__^
SPECIAL THANKS:
Come al solito, un ringraziamento
particolare va' ai miei pre-readers (Seles
Wilder, MCMXC , Elaisha) per avermi sopportata durante
la stesura flash di questa storia.
E ovviamente, ringrazio
infinitamente Elaisha per lo
stesso motivo in cui la ringraziavo in Irish Zebra. L'idea di Matt in Irlanda e
della sua infanzia con Sister Mary è stata tratta dalla sua fanfiction “17 gennaio”, visionabile sul suo archivio
personale www.last-quarter.org. Grazie di cuore! ^___^
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