"Asja! Vieni qui, ora." Mio zio mi chiama urlando, sapendo bene che il mio udito è perfettamente funzionante e fine come quello deo vampiri, come lui. "Dimmi Emmet che c'è?" Chiedo con un sorriso angelico. "Mi posti il telecomando, per favore" mi domanda cercando di stuzzicarmi il più possibile. "Emmet, non posso lo sai..." "Daiiii, nipotina bella" Sbuffo, mi concetro, il telecomando sta per spostarsi ma a interrompere la mia concentrazione è mio padre. "Asja, quante volte ti abbiamo detto che non puoi usare i tuoi poteri di erede in casa?". "Scusa papà" . "E quante volte ti abbiamo detto di non chiedergli favori che poi farà sicuramente, Emmet?". "Ma voi sapete che sono pigro". Mio padre sospira e io torno in camera mia a finire quei, dannati, compiti che mi assilano da una settimana. "Ma perché una erede della assimilatrice dell infinito come me, deve studiare così tanta robe come i comuni mortali?!?". Penso ad alta voce. "Perché sia i comuni mortali che le eredi delle assimilatrici dell infinito devono saper leggere e scrivere". A rispondere ai miei pensieri è mia "nonna" Alice seduta sul cornicione della finestra. "Nonna, aiutami. Non c'è la faccio più" mi lamento guar dandola con i miei soliti occhi che uso quando voglio qualcosa. "Io, una soluzione, c'è l avrei" sogghigna facendomi capire immediatamente che vuole portarmi a fare shopping. "Beh...meglio di niente" esclamo alzandomi. Vado verso la finestra, aspetto che non ci sia nessuno intorno a me,salto giù, arrivando perfettamente in piedi, e poi iniziamo a correre verso Seattle. Mi aspetterà una luuunga mattinata ma almeno, niente compiti.