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Autore: StewyT    15/12/2013    6 recensioni
{DOPO COLS}
"Sei anche tu della concezione che amare vuol dire distruggere ed essere amati essere distrutti, forse? No, perchè per me amare vuol dire non far star male chi ti sta vicino, stare con lui sempre e comunque. Chi ama perdona, e tu non mi hai perdonato. Tu mi hai lasciato solo nelle mie lacrime, solo nella mia battaglia, solo nell'odio verso me per quello che ti avevo fatto. E io come uno stupido ho perso tempo a piangere per te perchè ti amavo troppo. Sembra che io abbia partecipato a.. tremila missioni suicide, sì ha ragione Jace a definirle così, solo perchè stavo troppo male per combattere normalmente, e adesso i miei genitori che stanno soffrendo anche a causa mia, vogliono spedirmi ad Idris. Tutto per colpa tua. Hai ancora il coraggio di dirmi che mi ami, Magnus?"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aku Cinta Kamu.


Erano passati sei mesi da quando Alec era rimasto solo in quella metropolitana.

Sei mesi da quel «E finita. Non voglio mai più rivederti, Alec. E nemmeno i tuoi amici. Sono stanco di essere il loro Stregone da compagnia

Sei mesi da quell'ultimo abbraccio, dall'ultima volta che aveva sentito il cuore di Magnus battere lento e dolce, da quell'ultimo bacio: il più bello e il più triste che avesse mai ricevuto.

Sei mesi da quel «Aku cinta kamu.» Che voleva dire che lo Stregone amava il Cacciatore, ma quello non cambiava niente, il Cacciatore aveva sbagliato, e doveva pagare.

Erano passati sei mesi da quando Alec aveva fatto le valigie e aveva lasciato casa di Magnus, non senza averlo prima guardato per l'ultima volta in quei bellissimi occhi.

Sì, perchè lo Stregone non era riuscito a mantenere la sua promessa: non era stato capace di restare fuori tutto il giorno. Lui doveva vedere per l'ultima volta Alec. Doveva fissare bene i suoi occhi e cogliere ogni piccola scaglia blu persa in quell'oceano di perfezione. Doveva fissare bene il ricordo di quei capelli neri; di quel viso perfetto. Doveva farlo.

E così Alec si era ritrovato due occhi da gatto avanti che scrutavano ogni movimento che faceva, attentamente.

Anche se come si dice, lo specchio dell'anima sono gli occhi, e i loro avevano tante cose da dire, e lo facevano in tanti modi diversi, né il Cacciatore né lo Stregone avevano rivolto parola all'altro. Alec aveva paura. Paura di scoppiare a piangere e implorare Magnus di perdonarlo. Se Magnus invece avesse parlato, sarebbe finito per implorare Alec di restare, e il Sommo Stregone di Brooklyn non poteva farlo, ma soprattutto l'uomo innamorato non poteva perdonare un tale tradimento dal suo amante.

Così tutto era finito. Con un errore. Con un ultimo bacio, senza neanche un ultimo «ciao» e con la sofferenza di due persone. Sì, perchè anche se Magnus non lo dava a vedere, aveva come una ferita dentro. Una ferita che non smetteva di sanguinare. Se con il colpo ricevuto nella battaglia contro la mente malata di Jonathan e la sua orda di Shadowhunters oscuri aveva pensato di poter morire, con la separazione da Alec era sicuro che una sua parte sarebbe pian piano morta: la vita che più gli piaceva, quella che preferiva tra tutte le miriadi di vite che aveva vissuto.

Alec dal canto suo non riusciva a nascondere la sua sofferenza, e di conseguenza per non mostrarla a Jace, già di per sé preoccupato dai suoi di problemi, a Izzy presa nel risolvere la sua situazione amorosa con Simon, a Maryse e Robert, scervellati nel trovare una soluzione per combattere lo psicopatico di turno, si chiudeva nella sua stanza, dalla quale non usciva più neanche per mangiare.

Restava lì, giorno e notte. Seduto avanti alla porta, con le gambe strette al petto, le lacrime insistenti che scendevano senza sosta, i singhiozzi che sembravano ripetere costantemente uno «scusa».

Era rimasto lì anche quando Jace, dopo circa tre settimane, con una runa aveva aperto la porta e si era precipitato in camera sua. Inerme, fermo, sentendo, ma non ascoltando le parole di Jace.

«Non puoi ridurti così. Alec. Non sei più l'Alec che conosco. Che fine ha fatto il mio Parabatai? Non puoi stare così male. Esci. Sei un Cacciatore. Non puoi comportarti da pappamolle. Il tuo compito è combattere demoni, non ricreare il lago Lyn in questa camera».

Jace lo aveva forzato. Lo aveva preso di peso dal letto, e lo aveva buttato nella vasca.

Ma neanche l'acqua fredda che gli bagnava il viso lo risvegliava. Alec riusciva solo a pensare a quel maledetto errore che aveva fatto.

E così era andato avanti, pensando e ripensando. Risentendo e risentendo quelle parole «Aku cinta kamu.».

Era poi arrivato, dopo tre mesi, ad una conclusione: ma se una persona ama, non dovrebbe riuscire a perdonare?

Magnus lo amava seriamente così tanto? Così tanto da non riuscire a perdonarlo?

 

Jace era tornato come sempre, nell'ultimo periodo, a portargli la cena, allora Alec lo aveva guardato e gli aveva sorriso.

Jace non lo vedeva da tempo sorridere, e a quel gesto si sentì bene, sentì di nuovo il suo Parabatai.

«Questa sera voglio andare a caccia» Aveva detto Alec.

E così fu, quella sera erano andati a caccia di demoni.

E se vuoi trovarne parecchi sai dove andare: Central Park.

Si erano recati così, nel buio della notte nell'immenso parco di New York.

Jace armato come si deve. Alec accompagnato solo da una stregaluce, un sensore, una lama angelica e una spada.

Si erano inoltrati tra gli alberi, e lì avevano trovato dei Behemont.

Ce ne erano due. Due enormi lumache mostruose, con enormi file di denti lungo il corpo.

Alec aveva sorriso. Aveva proprio sperato di trovare dei Behemont. Erano difficili da uccidere, ma che divertimento c'era senza la difficoltà?

Alec aveva subito iniziato a combattere, senza pronunciare una parola, prendendo la sua pesante spada, e impaurendo il demone, il quale si spostava strisciando da una parte all'altra e attaccava con la sua enorme bocca dentata.

La sua spada era stata distrutta, mandata in mille pezzi dai denti del Behemont, che per un pelo non avevano distrutto anche il suo braccio, che però si era procurato una ferita non indifferente.

Non c'era quindi altro da fare, se non passare alle maniere forti.

Allora era scoppiato a ridere e aveva urlato un «Jace, impara.»

Si era poi buttato,sotto lo sguardo allibito di Jace, letteralmente nella bocca del Behemont, e aveva spinto la lama angelica, dopo aver pronunciato energicamente un «Ridwan», nella sua gola.

 

La caccia era finita così, con due demoni Behemont scomparsi, un braccio da medicare e una spada distrutta.

Jace non poteva credere a quello che aveva visto, il suo Parabatai non era così. Non era mai stato così avventato, spavaldo e soprattutto spericolato.

Non che un po' di autostima non gli facesse bene, ma una cosa era avere fiducia in se stessi, un'altra andare in contro alla morte saltellando e sorridendo come una bambina in un campo pieno di caramelle.

Jace aveva davvero paura che Alec avesse adottato quel comportamento per farsi del male, ed era ancora più convinto della sua tesi, dopo l'ennesima caccia notturna finita con qualcosa di Alec da medicare, e non perchè nelle battaglia ci fosse stato davvero motivo di essere colpiti e feriti,

semplicemente perchè ad Alec faceva piacere farsi fare del male, soffrire, divertirsi; ma farsi uccidere non era affatto divertente, persino Jace lo aveva capito.

Stava applicando l'ennesima Iratze sulla schiena di suo fratello, colpita da un Vermithrall, quando involontariamente Jace, che era cambiato molto nell'ultimo periodo, aveva riaperto una voragine nel petto di Alec che era stata chiusa. Certo, chiusa. Con un po' di colla. Ma le voragini non vanno mica chiuse con una colla scadente!?.

«Perchè ti stai facendo questo?»

«Questo cosa, Jace?»

«Sei diventato.. ricordi quando dicevi che io ero spericolato, non combattevo come te o Izzy? Beh allora dicevi che ero così perchè non avevo niente per cui valesse la pena difendere la mia vita. E tu sei esattamente come me in quel periodo. Sembra che tu voglia farti uccidere. Sembra che tu voglia morire, ma.. non hai il coraggio di toglierti la vita con le tue stesse mani, quindi vuoi farlo per mezzo di un demone, nel modo più valoroso possibile..»

«Non mi interessa essere ricordato come valoroso»

Aveva detto con disprezzo.

«Certo che no. Ma ti interessa morire. Eh.. Alec non ne vale la pena. Tu hai per chi vivere, come me allora. Solo che ero troppo stupido per capirlo. Tu non sei così stupido. Ci puoi arrivare. Tu hai me, Izzy, Robert, Maryse. Abbiamo già perso Max. Non possiamo perdere anche te.»

Alec era ancora accecato dalla rabbia. Una rabbia contro se stesso che non si placava in nessun modo.

Ma a quelle parole gli venne da piangere. Lui aveva delle persone che lo amavano, e non era giusto farle soffrire, era vero.

Jace con lui era sempre stato diverso. Non si era mai comportato nello stesso modo strafottente con il quale si comportava con gli altri. Ma con quelle parole era stato ancora più dolce, calmo, pacato..

Non gli aveva mai parlato in quel modo, e quello poteva significare solo una cosa, che Alec colse al volo. Jace era veramente preoccupato per la sua vita.

 

Nonostante questo però, non si era stancato di fare quello per cui era stato creato, e di farlo divertendosi, andando in contro alla morte con un sorrisetto sfacciato.

E Jace non poteva rischiare di perdere il suo Parabatai, e nessun altro, se non Magnus poteva aiutarlo, così senza che Alec ne venisse a conoscenza una sera si era recato a casa dello Stregone.

 

Erano passati circa quattro mesi da quando Magnus aveva lasciato Alec, ma ancora lo pensava.

Ricordava perfettamente il colore dei suoi occhi, il suo sorriso impacciato e il rossore delle sue guance quando gli faceva qualche apprezzamento. Ricordava le sue braccia muscolose e sode.

La sua incredibile forza, anche se tendeva a minimizzarla.

Non aveva dimenticato niente, ogni singola cosa delle sue vite precedenti era sempre fresca e vivida nel suo cervello, ma ne era certo, nessuna le sarebbe rimasta impressa nella mente come la vita che aveva iniziato con Alec, e che si sarebbe potuta concludere nel migliore dei modi.

Quando aveva sentito bussare al campanello, era steso sul divano con Capitan Miao tra le braccia, e la testa persa per aria.

Aveva la tentazione di non alzarsi dal divano e non aprire alla porta, ma se qualcuno osava disturbare il sommo Stregone di Brooklyn doveva davvero aver bisogno di lui.

Quindi molto con colma – nel frattempo avevano suonato alla porta altre quattro volte- si era alzato, e l'aveva aperta.

Non si aspettava di vedere quella persona. Alto, statuario, con gli occhi dorati puntati nei suoi c'era Jace Herondale. Magnus ne aveva conosciuti parecchi di Herondale, e tutti con lo stesso temperamento e lo stesso carattere, ma nessuno gli somigliava fisicamente.

Will ad esempio, aveva folti capelli neri e occhi così blu che ti ci potevi perdere dentro.

Aveva sorriso al pensiero del suo buon amico, ma era tornato subito alla realtà quando l'Herondale che si trovava fuori la sua porta, gli aveva schioccato le dita avanti agli occhi.

Improvvisamente l'espressione sul viso dello Stregone era cambiata, le labbra inarcate in un sorriso si erano trasformate in una smorfia di rabbia, gli occhi si erano richiusi un po', e sembrava addirittura che i capelli, così stranamente non ricoperti di glitter, si fossero alzati in delle punte ancora più alte.

«Cosa ci fai qui?» Aveva detto quasi gridando.

«Per l'angelo che benvenuto è mai questo? Sei diventato così poco ospitale.»

«Forse perchè non sei affatto il benvenuto, Jace!?»

Il Cacciatore aveva sorriso tra se e se. Amava far arrabbiare chi lo circondava, soprattutto demoni e stregoni, ma quello non era il momento di far arrabbiare Magnus.

«Io credevo che fossimo amici» Aveva detto non riuscendo a non provocarlo.

«Oh beh non siamo mai stati amici, Cacciatore. Dovevo sopportarti perchè eri il Parabatai del mio ragazzo. Ma siccome non ho più un ragazzo.. non devo più farlo. Uno dei tanti vantaggi di averlo lasciato.»

Magnus aveva sorriso, ma quel sorriso era tutt'altro che felice.

Non cerano vantaggi nell'aver lasciato Alec. Persino i suoi amici rompiscatole gli mancavano.

Il sorriso che invece prima era sulle labbra di Jace, era immediatamente scomparso.

«Insomma, io ho da fare. Cosa vuoi da qui? Se è un aiuto quello che chiedi sappi che sono finiti i tempi in cui vi regalavo il mio tempo».

Jace aveva guardato fisso lo Stregone negli occhi, ma per la prima volta nella sua vita, aveva timore di essere il perdente in quella battaglia, quindi li aveva abbassato rapidamente.

«È di Alec che devo parlarti, non mi serve nessun aiuto. O per lo meno non serve a me.»

Appena Magnus aveva sentito quelle parole, aveva chiuso la porta e urlato «Non mi interessa parlare del tuo amichetto.»

In realtà però voleva assolutamente sapere cosa stava succedendo.

Si sedette sul pavimento freddo.

«Magnus, apri.» Aveva urlato il Cacciatore.

«Alec sta veramente male.»

«Non mi interessa» Aveva urlato lui.

Jace aveva deciso di passare alle maniere forti. Aveva paura di perdere, ma non poteva. Ne valeva la vita del suo Parabatai.

«Magnus Alec è in pericolo. Potrebbe morire da un giorno all'altro.»

A quelle parole Magnus non aveva aspettato un secondo, aveva aperto la porta e aveva tirato dentro il biondo.

«Che vuol dire che potrebbe morire da un giorno all'altro?»

«Lui è impazzito. Prima ha iniziato a non uscire da camera sua e a non mangiare, ora.. ora sembra essere in una missione suicida ventiquattr'ore su ventiquattro. Ogni volta che usciamo a caccia si lancia nella bocca dei demoni. Sembra voler morire.»

Magnus si era seduto sul divano e aveva accavallato le gambe. Aveva preso a sorseggiare un thè, rubato da un bar all'angolo della strada.

«Che ti importa sei il tuo amico è infelice?» Aveva chiesto arrogantemente. Già sapeva la risposta.

«Che m'importa?» Aveva detto il Cacciatore, con voce così alta, che il gatto era rotolato giù dal divano.

«Come potrebbe non importarmi? Lui è il mio Parabatai. Se lui è infelice lo sono io. Se rischia la vita la rischio anche io. Lui sta maledettamente male e anche tu.. Si vede Magnus è inutile cercare di fingere che vada tutto bene. Non sei affatto felice.»

«Non dovrebbe importarti se sono felice o meno, Jace.»

«Ma mi importa di Alec.» Urlò di nuovo.

«Jace non potrai mai convincermi a tornare con Alec. Mi ha tradito. Mi ha fatto del male.»

«Nessuno lo giustifica per quello che ha fatto. Ma tu stai facendo di peggio. Stai facendo del male a te stesso e ad Alec. Vuoi portarti sulla coscienza la morte del tuo amante per l'eternità?»

Magnus ci aveva pensato su un attimo. La risposta era: No. Era ovvio che non voleva la morte di Alec.

Il problema era il suo orgoglio. Il suo maledettissimo orgoglio che non gli permetteva di correre da Alec e stringerselo tra le braccia.

«Credo che dovresti tornare con Alec.» Jace aveva approfittato della frazione di secondo in cui Magnus non aveva parlato per cercare di convincerlo. Ma se credeva di farcela così facilmente si sbagliava di brutto.

«Non dovresti né credere né pensare, Jace. Voi Shadowhunters siete fatti solo per uccidere demoni.»

«Magnus, devi farlo.» Jace aveva alzato di un'ottava la voce. Magnus era scoppiato a ridere.

«E se pensi anche solo lontanamente di potermi dire cosa devo o non devo fare ti sbagli.»

Poi si era alzato, aveva preso il braccio di Jace e lo aveva spinto verso la porta.

«Fuori Jace. Fuori. Non venire mai più qui a disturbarmi. Non voglio vedere mai più né te né gli altri. L'ho già detto al tuo Parabatai, e digli che la prossima volta eviti di chiederti di venire qui. È inutile.»

«Nessuno mi ha chiesto di venire qui. Alec non lo sa e non lo deve sapere.»

«Perfetto. Manterrò il segreto. Addio.» La porta si era poi chiusa velocemente e con un grande tonfo.

Jace non aveva concluso niente. Magnus non ne voleva sapere, non voleva tornare con Alec, e lui si sentiva il più inutile Parabatai di sempre.

Ricordava perfettamente il giorno della loro cerimonia. Era così emozionato.

Dove andrai tu, andrò anche io. Dove morirai, tu morirò anche io, e vi sarò sepolto: L'Angelo faccia a me questo e anche di peggio se altra cosa che la morte mi separerà da te.

E così da quel momento era stato. Alec era l'ombra di Jace. Jace era l'ombra di Alec.

Ognuno viveva in funzione dell'altro, e Jace non poteva permettere che Alec stesse male.

 

Magnus era tornato lì, sul quel divano, aveva ripreso il bicchiere di thè ormai freddo, tra le mani.

Ne aveva sorseggiato un po',e poi lo aveva buttato verso la parete che aveva di fronte che si era inevitabilmente macchiata di giallo.

Non poteva permettere che Alec perdesse la vita e contemporaneamente non poteva perdonarlo, o per lo meno non poteva farlo prima di aver trovato una soluzione al loro problema: la mortalità di Alec. O forse la sua immortalità.

Aveva schioccato e le dita e si era trovato tra le mani uno dei mille libri di magia che aveva e velocemente aveva iniziato a sfogliare e cercare. Doveva pur trovare qualcosa.

 

Jace non aveva avuto il coraggio di dire ad Alec che era andato da Magnus e che lui lo aveva rifiutato.

Alec non era cambiato. Aveva continuato a combattere spericolatamente contro ogni tipo di demone.

Aveva rischiato la vita contro demoni Fame, gettandosi in una delle loro tante bocche, ferendosi un braccio o una gamba.

Aveva rischiato la vita contro demoni Marbas, che con le loro code lunghe e terminanti in una punta per un pelo non lo avevano colpito e ucciso.

Aveva rischiato la vita contro demoni Du'sien, strani demoni senza una forma, gelatinosi e incapaci di nascondersi dietro il volto di un essere umano.

Aveva rischiato la vita contro demoni Kuri, grossi ragni con otto braccia, e zanne che spuntavano dalle orbite, che stavano quasi per trafiggerlo.

E ancora, Raum, Vermithrall, Oni.

Quasi ogni tipo di demone era stato sul punto di ucciderlo.

E Alec non si era mai sentito più libero e divertito che in quell'ultimo periodo, ma si sa, la libertà non dura per sempre, e finalmente Maryse aveva preso una decisione, con l'aiuto di Robert e Jace che non riusciva più a vedere il suo Parabatai in missioni suicide.

Erano passati sei mesi, da quel maledetto giorno, e Alec aveva ricevuto la notizia: di lì a poco sarebbe partito per Idris, dove sarebbe rimasto fino a quando non avrebbe rimesso la testa a posto.

«Perchè? Che sto facendo di male?» Aveva risposto lui.

«Ci stai riempiendo di problemi. Siamo impegnati nel capire come combattere Jonathan e non possiamo starti dietro per tirarti fuori dai guai che combini.» Aveva detto duramente Robert.

Maryse lo aveva guardato titubante e lo aveva abbracciato.

«Alec, figlio mio, lo facciamo per te. Abbiamo già perso Max, non possiamo perdere anche te. Ci stai mettendo tu in queste condizioni.»

«Io non voglio che vada via anche tu, lo capisci?» Aveva urlato Izzy prima di correre via.

Alec non voleva scoppiare a piangere, lì, avanti a loro, quindi era corso in camera sua.

Tutto quello stava succedendo per colpa sua.

Aveva fatto preoccupare Jace, Izzy, i suoi genitori. Tutti, e solo perchè si sentiva perso e vuoto senza Magnus. Non poteva davvero continuare così. Non era giusto nei loro confronti.

L'unico modo per tranquillizzare tutti era fare quello che volevano: andare ad Idris e restarci per un po'. Pensare a quello che aveva fatto e a come ritornare quello di prima.

Sarebbe partito, ma doveva fare una cosa prima: andare per l'ultima volta da Magnus.

 

La strada ormai gli sembrava così familiare. Ci era passato milioni di volte, ed erano state quasi sempre belle volte.

La prima sera che si erano visti, la sera in cui era tornato, la sera in cui era tornato ancora e lui lo aveva baciato, la sera dell'appuntamento, e tante altre sere..

In quel momento ci stava tornando per salutare per l'ultima volta l'uomo che amava.

Aveva aperto il portone con una runa di apertura, era salito silenziosamente le scale che lo dividevano dall'appartamento dello Stregone, e poi arrivato alla porta si era fermato.

L'aveva guardata per bene. E se Magnus avesse aperto? Avrebbe avuto il coraggio di parlargli? In caso contrario cosa avrebbe fatto?

Aveva preso coraggio e bussato alla porta. Nessuno rispondeva, ma Alec sapeva che Magnus era dentro, appallottolato sul divano, con i capelli scompigliati e pieni di glitter, stretto a Capitan Miao leggendo o giocando alla playstation.

«Magnus, sono Alec.» Aveva urlato.

«Vai via» Aveva ricevuto come risposta.

«Se sei venuto a umiliarti di nuovo chiedendomi scusa, vai via, non farlo. Sappi che non servirà, Alexander.»

Ad Alec era venuto da piangere. Come poteva Magnus riuscire ad essere così cattivo con chi lo aveva amato così tanto?

La risposta era che chi lo aveva amato così tanto, lo aveva tradito.

«Magnus devo parlarti assolutamente. È importante.»

«Non mi interessa. Ti ho detto di andare via, Cacciatore.».

Alec aveva guardato la porta, e gli era venuta voglia di prenderla a calci.

Lo Stregone non lo aveva mai chiamato in quel modo, quello voleva dire solo che lo disprezzava, e a lui non doveva fregare. Alec doveva dimenticarlo, e Idris lo avrebbe aiutato.

«Sai cosa Magnus? Ero venuto solo per dirti di persona che vado via. Per farti capire che non lo faccio perchè ho paura di vivere nello stesso luogo in cui vivi tu,o perchè sono codardo e non voglio più incontrarti. Lo faccio perchè è giusto che io dimentichi chi non mi ha amato e.. è giusto che io lo faccia per me e per chi mi ama, perchè oltre a soffrire io, sto facendo soffrire anche loro. Ecco ero venuto a dirti addio.. quindi Addio.» Aveva detto con aria da superiore.

In realtà aveva sperato che Magnus aprisse la porta, ma dopo pochi minuti era corso via, arrabbiato come non mai. E questa volta non era arrabbiato solo con se stesso, ma anche con Magnus.

Se una persona ama qualcuno, non dovrebbe riuscire a perdonarlo per qualche errore commesso?

Magnus dopo sei mesi non ci era riuscito, quello voleva dire che non lo aveva voluto fare, e quindi che non lo amava.

Alec era più convinto che mai. Magnus non gli faceva bene, doveva eliminarlo completamente dal proprio cervello, dal proprio cuore e dalla propria vita.

 

Era arrivato correndo in camera sua, si era chiuso dentro non dando ascolto a Izzy che continuava a battere alla sua porta e minacciava di aprirla con una runa.

«Vai via» Le aveva detto.

«Ho bisogno di stare da solo., ti prego» E lei, da buona sorella aveva capito che lui veramente ne aveva bisogno, ed era andata via.

Aveva iniziato a fare le sue valigie, mettendoci dentro le infinite divise da Shadowhunter, gli stivali, le giacche che si ritrovava, qualche vestito per passare inosservato, e poi era arrivato in fondo all'armadio. Aveva visto quella sciarpa e l'aveva presa. Magnus diceva sempre che era dello stesso colore dei suoi occhi.

Alec aveva preso un grosso respiro, poi aveva preso la sciarpa, e l'aveva gettata via, tra le cose che aveva deciso voleva buttare.

Così aveva fatto con tutte le foto di Magnus. Prese, accartocciate e buttate.

Ne aveva voluta tenere solo una. Quella in cui Magnus era seduto sul suo divano,aveva tra le braccia Capitan Miao, e gli occhi rivolti verso se .In quella foto risaltavano i suoi capelli neri, a punta, sparsi di brillantini di ogni colore esistente. Risaltavano i suoi occhi da gatto, intriganti e luminosissimi, e poi c'era il suo magnifico sorriso.

Aveva deciso di tenerla in un cassetto, nascosta, in modo da poterla ritrovare difficilmente.

Si era detto che magari un giorno rivedendola, avrebbe provato un senso di dolcezza, tenerezza per quel giovane inesperto che in quel periodo era.

Il giovane si era poi rifugiato in bagno, e aveva iniziato a buttare nel borsone nero ogni cosa da «mondano» che aveva. Spazzolino, dentifricio, spazzola, crema, bagnoschiuma.

Quel bagnoschiuma. Quello al Sandalo. Quello che aveva iniziato ad usare a casa di Magnus e che inevitabilmente era finito anche a casa sua. Lo aveva aperto, e un'enorme folata di ricordi gli era arrivata al cervello.

La volta in cui erano andati a fare shopping, la volta in cui Izzy era stata da loro e aveva commentato l'odore del loro bagnoschiuma, ogni bagno fatto con Magnus coperti solo da quel profumo.

Ogni ricordo tra lui e Magnus aveva l'odore del sandalo.

Aveva preso la boccetta, era uscito in camera, e l'aveva buttata sulla montagna di vestiti e cose da gettare via.

Si era girato e lo aveva visto. Era successo tutto così velocemente che neanche un vampiro o un licantropo sarebbero riusciti a distinguere con precisione tutto.

Alec era rimasto ad occhi e bocca spalancati, a guardare per bene quello che aveva avanti, sperando che fosse solo un'allucinazione,ma così non era.

Avanti ad Alec, c'era davvero Magnus.

Alec avrebbe voluto urlargli di andare via, ma non ci era subito riuscito. Era rimasto per cinque minuti in silenzio a guardarlo, poi aveva parlato.

«Magnus?!»

«In persona» Aveva detto lo Stregone con un sorrisetto sulle labbra.

«Cosa ci fai qui?»

«Sono venuto a chiederti spiegazioni.»

«Spiegazioni?»

«Perchè vai via? Dove vai?».

Ad Alec non era riuscito a trattenere una risata isterica.

«Stai scherzando?»

«Cioè?»

«Cioè!? Sono venuto a casa tua a dirti tutto e tu.. tu mi hai cacciato. Adesso vieni qui e.. e vuoi spiegazioni? Magnus dimmi che stai scherzando!»

«Affatto.» Lo Stregone gli si era avvicinato e aveva messo una mano sul suo braccio.

«Togli immediatamente quella mano.» Magnus aveva guardato il suo amante con occhi sbarrati e si era allontanato.

«Devi starmi lontano Magnus. Lontano» aveva urlato Alec.

«Non voglio darti nessuna spiegazione, non voglio che tu resti un minuto di più qui e soprattutto non voglio mai più vederti. Vai via da casa mia» Aveva ancora urlato, e il mittente di tutto quell'odio lo aveva guardato stranito e impaurito. Aveva paura che Alec facesse sul serio.

«Alec cosa ti prende!?»

«Cosa mi prende? Magnus vuoi forse prendermi per il culo? Arrivi dopo sei mesi in cui ti ho cercato e tu mi hai allontanato, sei mesi in cui ho sofferto, sono stato vicino alla morte, ho fatto soffrire la mia famiglia per te e tu.. tu mi chiedi cosa mi prende?»

«Io sono venuto qui a.. dirti che ho sbagliato anche io» per la prima volta in vita sua Magnus si sentiva vulnerabile, in difetto, aveva paura di sbagliare, qualsiasi cosa dicesse.

«Sì, lo so. L'ho capito da poco, ma l'ho capito. Adesso che ti sei accertato che io sapessi questo, prenditi la ricompensa per tutto il tempo perso con noi in questo periodo, e lasciarmi da solo, grazie!»

Alec prese da un cassetto i soldi e li buttò sul letto.

«Non sono tutti, lo so. Fatteli bastare.»

«Non li voglio» aveva urlato Magnus.

«Io non voglio i tuoi soldi, voglio te.»

«Vuoi me? Dopo sei mesi vuoi me? Magnus, vai via.»

«No. Non posso. Io ti amo. Non posso andare via.»

«Ah, ti sei accorto adesso che mi ami? Tu mi ami? Magnus non farmi ridere ti prego.» Alec stava per scoppiare a piangere, ma riusciva ad essere ugualmente duro, freddo, la sua voce sembrava addirittura tagliente e pungente. Trasmetteva un odio verso Magnus che non provava realmente.

«Alexander potrai non credermi, ma ti amo sul serio.»

«Sei anche tu della concezione che amare vuol dire distruggere ed essere amati essere distrutti, forse? No, perchè per me amare vuol dire non far star male chi ti sta vicino, stare con lui sempre e comunque. Chi ama perdona, e tu non mi hai perdonato. Tu mi hai lasciato solo nelle mie lacrime, solo nella mia battaglia, solo nell'odio verso me per quello che ti avevo fatto. E io come uno stupido ho perso tempo a piangere per te perchè ti amavo troppo. Sembra che io abbia partecipato a.. tremila missioni suicide, sì ha ragione Jace a definirle così, solo perchè stavo troppo male per combattere normalmente, e adesso i miei genitori che stanno soffrendo anche a causa mia, vogliono spedirmi ad Idris. Tutto per colpa tua. Hai ancora il coraggio di dirmi che mi ami?»

Magnus aveva abbassato lo sguardo, e i suoi occhi da gatto si erano spenti.

«Ho sbagliato, ma sì. Ti amo e non posso negarlo. Ti amo. Per te darei la vita Alexander. Tutte le mie vite, per una sola vissuta con te. Lo giuro.»

Alec aveva preso un pugnale, e senza neanche pensare a cosa stesse per fare, lo aveva puntato alla gola di Magnus, il quale lo aveva guardato con aria sbalordita.

«Osa ripetere quel falisissimo ti amo e giuro che ti uccido, Stregone.»

«Stregone? Da quando mi chiami così?» Questa volta Magnus aveva alzato la voce.

«Da quando io per te sono solo un Cacciatore.» Magnus lo aveva guardato negli occhi, e ci si era perso. Aveva immaginato tutte le lacrime che a causa sua avevano versato,e si era sentito male, in colpa. Aveva poi spostato leggermente il braccio di Alec e buttato via il piccolo pugnale che si era conficcato nel parquet.

«Tu osi davvero minacciarmi di morte?»

«Perchè non dovrei? Io sono stato sul punto di morire a causa tua.»

Magnus non sapeva che dire, ma sapeva cosa fare. Lo aveva preso per i polsi e lo aveva affiancato alla porta.

«Non devi andare ad Idris.»

«Per l'Angelo. Io devo andare Magnus, non ho tempo da perdere con te. Devo farlo per me, per i miei genitori, Jace, Izzy.. loro mi amano sul serio e non possono perdere anche me.»

«Anche io ti amo sul serio e non posso perderti. Tu sei il mio Alexander.»

«È qui che ti sbagli. Io non sono più il tuo Alexander. Io sono solo mio. Faccio quello che mi pare, Magnus.»

«Io ti ho perdonato Alexander. Ti amo troppo per starti lontano, troppo per non perdonarti, fa lo stesso con me. Perdonami per averti lasciato solo nella metropolitana, per non averti preso e stretto tra le braccia quando sei venuto a prendere le tue cose, per non aver risposto alle tue telefonate, per non essere stato con te mentre piangevi, per non aver provato a fermarti quando volevi ucciderti, per non aver aperto la porta questa mattina.. Perdonami per tutto. Fallo. So che mi ami, so che vuoi farlo.»

«No, non ti perdono.» Alec era riuscito a tenere la voce ferma, dura, anche se gli sarebbe voluto saltare al collo, e avrebbe voluto urlare che lo perdonava perchè lo amava. Ma sapeva che non era la cosa giusta da fare. Doveva pensare anche alla sua famiglia.

«Chi ama perdona. Lo hai detto tu poco fa..»

«Il punto è proprio questo. Io non ti.. io non ti amo più. Sei riuscito a farti odiare, complimenti.»

Mai bugia era stata più grande e soprattutto detta bene. Tanto che Magnus ci aveva creduto per una frazione di secondo. Poi lo aveva guardato fisso negli occhi.

«Se non mi ami dimostramelo. Dimmelo guardandomi negli occhi. Fallo. Ti giuro che poi andrò via e farò finta che tu sia morto.»

«Io.. io non..»

Alec aveva provato con tutto se stesso a dire Non ti amo a quei due occhi perfetti. Ma non ci era riuscito. Lui non poteva dire una bugia così grande. Neanche uno che aveva sofferto così tanto ne era capace. Aveva nascosto il volto tra le mani ed era scoppiato a piangere.

Magnus aveva sorriso felice, sapeva che il Cacciatore lo amava, proprio come lo amava lui.

Era riuscito a staccare le mani dal suo viso. Lo aveva guardato negli occhi, e poi aveva fatto quello che le loro labbra speravano da tanto. Lo aveva baciato.

Così le labbra di Magnus avevano avuto quello che volevano: sfiorare quelle dolci calde, accoglienti e incerte di Alec. Quelle sue avevano avuto quello che volevano: sfiorare quelle possenti, forti, energiche, scoppiettanti di Magnus.

Dalle mani di Magnus era scoppiata una vampa di fuoco blu, e Alex sorridendo lo aveva abbracciato più forte.

Il bacio più felice che Alec avesse mai ricevuto.

Il bacio di due che si amavano alla follia e si ritrovavano dopo tanto tempo che si erano cercati.

Perchè così era: Magnus aveva cercato il modo di tornare da Alec, Alec aveva cercato il modo di tornare da Magnus, ma nessuno dei due ci era riuscito subito, avevano prima dovuto soffrire molto.

Dopo qualche minuto, durato meno di un secondo, Magnus si era allontanato giusto per guardare di nuovo e meglio gli occhi di Alec, gli occhi che tanto gli erano mancati.

«Perdonami Alexander. Fallo ti prego.»

Alec lo aveva abbracciato, e aveva appoggiato la testa sul suo collo, ritornando a respirare il profumo di Magnus.

«Io.. io.. in tutto questo tempo ho cercato una soluzione al nostro problema. Posso renderti immortale. Posso iniettarti del sangue di Stregone, e diventeresti immortale come me.»

«Non voglio. Non voglio. Voglio restare quello che sono e amarti per quello che sono. Non sarei più io. Ma non voglio neanche che tu vada via..»

«Allora diventerò io mortale.»

«A quale prezzo?»
«Al prezzo di tutte le altre vite. Un prezzo futile avanti a quello che la mortalità mi darebbe. Credimi preferisco perdere ogni ricordo, ogni potere.. piuttosto che perdere di nuovo te.»

Lo Stregone aveva sorriso al Cacciatore, il quale lo aveva stretto ancora tra le sue braccia e gli aveva detto: «sarà difficile perdonarti completamente, Magnus, ma.. chi ama perdona, no?»

Lo Stregone lo aveva abbracciato ancora più forte e gli aveva detto «Chi ama perdona e si svela completamente all'amante, quindi preparati a conoscere quello che ho fatto negli ultimi ottocento anni.»

«No.» Aveva risposto Alec.

«Non mi interessa sapere cosa è successo al Sommo Stregone di Brooklyn negli ultimi ottocento anni, preferisco sapere cosa succederà al Sommo Stregone di Brooklyn nei prossimo quaranta anni.»

I due si erano sorrisi e poi si erano abbracciati, restando in quella posizione per quella che era sembrata un'eternità.

 

Nessuno dei due sapeva chi avrebbe rinunciato a cosa.

Forse Alec avrebbe rinunciato alla propria mortalità.

Forse Magnus avrebbe rinunciato alla propria immortalità, ai propri ricordi e ai propri poteri.

Una cosa sicura era che nessuno dei due avrebbe rinunciato all'altro.

 

Una sera, di dieci anni dopo, infatti, Alec era tornato da una caccia, e si era rifugiato tra le braccia di Magnus che lo aveva medicato. Lo Stregone si era completamente perso in quegli occhi così meravigliosamente blu, che ogni mattina quando si svegliava erano la prima cosa che aveva voglia di vedere. Aveva schioccato un bacio ad Alec, e aveva pensato che la sua paura di diventare meno attraente quando sarebbe invecchiato era assolutamente infondata. Lo Stregone lo aveva immaginato con i capelli macchiati di neve, e aveva pensato che sarebbe stato ancora più bello, ancora più suo, e che lo avrebbe amato ancora di più.

 

Chi ama perdona, chi ama si svela completamente all'amante, ed era quello che da quel giorno, quello in cui Alec e Magnus si erano rivisti, entrambi stavano facendo, perchè spesso amare non vuol dire solo soffrire, ma vuol dire vivere dell'altro.

 

Aku cinta Kamu.



Spazio autrice.
Salve Nephilim! 
Ehm questa è la mia prima FF sui Malec, e onestamente sono abbastanza in ansia, ho paura che non possa soddisfare quelle che come me li shippano. Comunque niente.. ho sentito il bisogno di scrivere questa FF semplicemente perchè ho paura che la nostra Cassadica possa eliminare definitivamente questa coppia, e dovevo convincermi in qualche modo che non sarebbe successo e mi è sembrato che il modo migliore per farlo, fosse scrivere una FF in qui si riappacificassero e vivessero assieme per tanto, tanto tempo, e ho deciso di condividerla per tirare su di morale tutte quelle che come me già soffrono per cose che forse non  accadranno neanche.
Ho davvero vergogna perchè ho osato usare due frasi di CoLS, perchè ho usato come titolo il mitico "Ti amo" di Magnus, perchè ho usato degli snippet da CoHF per descrivere al meglio la situazione, e temo di non esserci riuscita.
Spero che vi piaccia, o che quanto meno non la troviate obrobriosa, e che mi lasciate delle recensioni in cui mi fate sapere cosa ve ne pare.
Owh, secondo voi, cosa succederà tra i Malec in CoHF? Io temo per il peggio, credo che lo abbiate capito.
Nada, mi dileguo.
Che l'Angelo sia con voi, e visto che siamo vicini al Natale, buon Natale! Ah, shippate Malec che fa bene alla salute.
StewyT.

Ps. scusate per la formattazione, ma non riesco a riavvicinare le righe. Se sapete farlo potete dirmi come si fa? Grazie :3



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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