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Autore: Delilah Phoinix Blair    15/12/2013    4 recensioni
Due migliori amici.
Una proposta impulsiva.
Una notte di fuoco… No, un momento…
E se lei rifiutasse e addirittura decidesse di non rivolgergli più la parola?
E se lui fosse il tipico ragazzo donnaiolo, allergico anche alla sola idea di avere una ragazza fissa?
E se lei decidesse di buttarsi in un'altra relazione perchè lui è il tipico ragazzo perfetto ed è così che le cose devono andare?
Aggiungete un gruppo di “Disadattati” e due amiche adorabilmente appiccicose ed avrete un’accozzaglia di ormoni in subbuglio.
LA STORIA E' MOMENTANEAMENTE SOSPESA PERCHE' MI STO DEDICANDO ALL'ALTRA LONG CHE HO IN CORSO (che trovate sulla mia pagina) MA TROVERA' CERTAMENTE UNA CONCLUSIONE
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Grazie a Dalilah per questo Banner stupendo.
Grazie a Letmebemyself__ e nialller22 che hanno aggiunto alle preferite.
Grazie a cleofex, tadr96, so91bi, thebest89, sunny93, DeliveredMe e Psjco che hanno aggiunto alle seguite.
Grazie a Cardie9980, freakout, Letmebemyself__, Harriet_, Nidham, Parabates, Touen, tadr96, Lord Burton e Psjco che hanno recensito.
Ma grazie anche a tutti i lettori silenziosi, siamo arrivati alle 746 visualizzazioni! :')
Beh ora basta, vi lascio al capitolo.
 
 
 
 
Domani alle 17.00 a Le Cravatte, dobbiamo parlare.
《Cazzo.》 Un ragazzo dai capelli impossibilmente scompigliati lasciò cadere sul letto il braccio che aveva sollevato per leggere il messaggio e si passò una mano sul volto assonnato 《Bel casino.》
 
***
 
In una ventosa domenica mattina di settembre, Lorenzo mise piede fuori casa deciso a trovare una volta per tutte le parole da usare con Veronica quando il giorno dopo si sarebbero incontrati ed avrebbero finalmente potuto parlare di tutta quella faccenda.
Più volte era stato sul punto di desistere dal cercarle. Affidarsi all’improvvisazione era meno angoscioso; si sarebbe regolato al momento, in base a quello che lei avesse detto o non detto, oppure in base alle sensazioni che gli avrebbe dato vederla.
Parlare non era mai stato il suo forte e costringerlo a doverlo fare, da parte della sua migliore amica che lo conosceva così bene, aveva marcato un ulteriore punto di distanza tra loro.
Ancora non se ne capacitava.
Proprio per schiarirsi le idee quella mattina aveva deciso di andare a correre, cosa che ormai non faceva più da quando aveva fatto l’abbonamento in palestra, perché sperava che sentire l’aria fresca di settembre colpirgli la faccia lo avrebbe svegliato da quello stato assurdo nel quale versava da mesi: quel ragazzo non era lui, ormai nemmeno si riconosceva più.
Quello che non immaginava era di incontrarla fuori dalla porta di casa intenta ad uscire. Lo salutò con un «ciao» appena sussurrato senza nemmeno guardarlo.
Non riconosceva più neanche lei.
Era assurdo che avesse organizzato il loro incontro del giorno seguente, semplicemente perché loro non organizzavano il loro incontri: se uno dei due aveva voglia di vedere l’altro, bastava che uscisse di casa e suonasse un cazzo di citofono. Il loro era sempre stato un rapporto spontaneo, sebbene strano per lui. Lorenzo era abituato a relazionarsi in un solo modo con le ragazze che lo circondavano: due chiacchiere e qualche moina per farle contente, il “rapporto” vero e proprio e poi tanti saluti. Con Veronica non era mai stato così semplice. No, con Veronica semplicemente non era mai stato. Se n’era uscita con l’idea assurda di voler essere sua amica. Così erano diventati Lorenzo e Veronica. E lui si era trovato a dover fare i conti con tutto ciò che comporta l’essere amico di una ragazza: si insomma, sopportare i frequenti sbalzi d’umore e l’acidità improvvisa, “ascoltarla” mentre sproloquiava su cose che per lui non avevano nè una parvenza di senso, nè la minima importanza. Questo poteva definirsi davvero strano per uno che non si fossilizzava su nessuna ragazza e non aveva ossessioni ma solo passatempi nemmeno troppo interessanti. Insomma, era un ragazzo che voleva divertirsi. E invece si trovava ingarbugliato in un’amicizia con una di loro, e delle più difficili per giunta. Il problema però era che a lungo andare non aveva potuto fare a meno di accorgersi che Veronica era diventata una gran bella ragazza e non capitava di rado che, mentre erano sul letto di uno dei due a chiacchierare e lui iniziava una delle loro interminabili lotte di solletico, si ritrovasse con il suo amico ai piani bassi ben alzato sull’attenti e la sua unica salvezza era che ormai Veronica, nonostante tutti i racconti che le propinava sui suoi fine settimana, lo considerava talmente asessuato da non pensare nemmeno lontanamente che la vista di lei accaldata e con i capelli in disordine per il troppo solletico potesse avere su di lui un qualche effetto.
Alla fine però l’aveva fatto il passo falso. La sera dell’uscita dei quadri di quarto liceo. E da quel momento le cose erano degenerate. Avrebbe dovuto immaginare che Veronica non avrebbe mai accettato una cosa del genere. Lei era il tipo da ragazzo fisso e non da una botta e via con il suo migliore amico, e lui lo sapeva perfettamente. Ma doveva tentare, quella sera non aveva potuto farne a meno: era così bella nel suo vestitino bianco, con quei tacchi, mentre rideva e si divertiva, che evitare di dare voce ai suoi pensieri avrebbe costituito una vera e propria violenza su se stesso. A volte gli era saltata in mente l’idea che lei potesse essere quella che l’avrebbe finalmente convinto a legarsi, esattamente come l’aveva praticamente costretto a quella loro amicizia. Ma poi si ripeteva che erano sempre stati amici e lei non voleva nulla di più. Tutto sommato anche a lui andava bene così: lui, Luca e Filippo avevano prestato solenne giuramento di non fidanzarsi prima dei venticinque anni e non sarebbe stato lui il primo a disattendere la parola data. La scusa ufficiale era che doveva conoscere bene il mondo femminile prima di decidere cosa gli piaceva, ma la verità era che aveva una paura nera. Era bombardato da storie di ragazzi che non facevano altro che soffrire e lamentarsi per le loro pene d’amore e lui era intimamente terrorizzato all’idea di diventare come loro. Ma forse, senza nemmeno rendersene conto, lo era già da molto tempo perché la situazione nella quale si trovavano lui e Veronica lo faceva star male. Per quanto non avrebbe mai permesso a se stesso o, peggio, a qualcun altro, tantomeno a lei, di accorgersene. Non era semplice mettere ordine tra tutte le sensazioni che provava, ma quella prevalente era sicuramente la rabbia. Era arrabbiato perché tra loro non erano mai esistiti veli o argomenti tabù: parlavano di qualunque cosa e nessuno dei due si era mai posto problemi sul comunicare all’altro ogni pensiero nel momento esatto in cui l’avesse pensato mentre invece ora lui lo stava facendo. Lo faceva dal giorno in cui era successo il fattaccio. Non faceva altro: pensava a frasi da dirle per poi scartarle e ricominciare da capo. Era arrabbiato perché lei aveva permesso che quello stesso rapporto di amicizia, che aveva definito più volte come la sua ancora di salvezza, venisse stroncato dalle poche parole pronunciate nella sua macchina quella sera. E il dubbio che in realtà lui non fosse davvero così importante per Veronica come credeva, beh, anche quello lo faceva arrabbiare.
Forse non era rabbia quella che provava, era solo delusione, perché infondo, nonostante fosse una vera rottura, si era affezionato a quella ragazzina, alle loro serate a casa di uno dei due a guardare film stupidi o vomitevolmente romantici ed a mangiare schifezze.
In quel momento imboccò di nuovo la sua strada. Arrivato all’altezza delle loro due case gli sembrò di sentire delle voci ed alzò gli occhi. Gli si parò davanti la scena di Veronica che invitava Gianluca ad affrettarsi ad entrare visto che sua madre aveva già apparecchiato la tavola per il pranzo. Lei si chiuse la porta alle spalle senza degnarsi di salutarlo e lui entrò nel suo palazzo per poi sbattere la porta del suo appartamento con più violenza del normale. Fantastico, avrebbe dovuto rinunciare anche ai pranzi a casa di Veronica! Salutò con un grugnito sua madre e corse a farsi una doccia prima che potesse iniziare a tartassarlo di domande sul perché non fosse andato a pranzo dalla sua migliore amica quella domenica come faceva di solito.
A conti fatti il risultato della mattinata era abbastanza deludente: non aveva ancora nemmeno la più pallida idea su cosa avrebbe detto a Veronica la mattina successiva, ma di certo non si sarebbe scusato per aver preso a pugni il suo ragazzo.
 
《Mi sono perso qualcosa?
La voce che aveva interrotto il loro momento, quel loro momento, li aveva fatti sobbalzare.
Veronica era stata la prima a voltarsi, al contrario Lorenzo era rimasto con lo sguardo fisso sul suo volto per osservarlo meglio mentre il senso di colpa si faceva spazio tra quei lineamenti semplicemente bellissimi.
《Gianni...》 la biondina era evidentemente in difficoltà, non sapeva che dire.
In realtà non c'era nulla da dire, non avevano fatto nulla.
Più o meno.
《Senti...》 Lorenzo si era interrotto, aggrottando le sopracciglia, poi aveva rinunciato a qualunque cosa stesse pensando. 《Coso》 si era allontanato da Veronica per avvicinarsi al moro, cercando di sembrare meno minaccioso possibile. 《Non è successo niente ok? Stavamo solo... Chiarendo alcune cose, ecco.》
《Avete uno strano modo di chiarire.》 Aveva replicato l'altro 《Tanto per sapere, chiarite sempre così?》
《Non stava succedendo niente...》 aveva provato ad intervenire Veronica con voce flebile, senza però riuscire a muovere nemmeno un solo passo, utilizzando ormai il muro al quale era rimasta appoggiata come unico sostegno, un po' perchè il suo cuore non aveva ancora ripreso a battere ad un ritmo normale dopo l'insolita vicinanza con Lorenzo ed un po' perchè non aveva mai visto Gianluca così arrabbiato.
《Ok, allora facciamo così.》 L'aveva interrotta il biondo, passandosi una mano tra i capelli. 《Qualunque cosa tu abbia visto è stata colpa mia. L'ho colta di sorpresa e le ho impedito di seguire Fede, l'ho inchiodata e mi sono avvicinato troppo.》
《Ti diverti vero?》 Aveva chiesto allora Gianluca, guardandolo con tanto astio che aveva sentito Veronica dietro di lui inspirare bruscamente.
《Come scusa?》 Gli aveva chiesto allora Lorenzo di rimando, sgranando leggermente gli occhi.
Lo sguardo di Gianluca era diventato, se possibile, ancora più freddo, poi aveva ripreso a parlare, avvicinandosi fino ad occupare con i suoi occhi tutto il campo visivo del biondo. 《Tratti le ragazze come se fossero dei giocattoli, come se tutto il mondo fosse una tua proprietà, comprese loro. Ma non ti permetto》 nel pronunciare queste parole gli aveva puntato un dito contro il petto. 《Di trattare la mia ragazza come una qualunque delle troiette che ti porti al letto.》
《Tu non sai niente di me e Veronica.》 Aveva risposto allora l'altro scandendo bene le parole e scansando con un gesto brusco la mano che lo stava indicando per avvicinarsi ancora di più, questa volta con fare decisamente minaccioso.
《So quello che mi ha detto lei e mi è bastato.》
《Ti è bastato per cosa, esattamente?》
《Per capire che sei solo un ragazzino viziato che pensa di avere il mondo intero ai suoi piedi.》 Dopo questo commento il moro sembrava aver recuperato un po' del suo contegno e si era allontanato. 《Ti comporti in questo modo perchè pensi che ti dia un qualche potere sulle ragazze, cosa che ti fa sentire adulto e desiderabile, ma la verità è che loro, di quelli come te, nemmeno si ricordano. E questo ti rende solo un piccolo illuso perchè per te finirà sempre così: arriverà ogni volta qualcuno come me che mostrerà alla ragazza del momento che razza di persona sei.》
Lorenzo era rimasto a guardarlo per qualche momento stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche e sentire le unghie conficcarsi nei palmi. Se gli occhi fossero stati capaci di uccidere, Gianluca sarebbe già crollato steso per terra, immobile.
《Stai parlando di cose che non conosci.》 Aveva replicato Lorenzo, con la voce che tremava dalla rabbia.
《Invece quelli come te li cono...》 il moro aveva provato a dire qualcosa, ma era stato bruscamente interrotto dall'altro, che lo aveva preso per il colletto della camicia.
《Tu. Non. Sai. Come. Sono. Io.》 Aveva quasi gridato. 《Ora ti spiego cosa farai: smetterai di fare lo psicologo di merda e mi dirai velocemente cosa cazzo vuoi da me, a parte rompermi le palle, perchè non ho tempo da perdere.》 Poi lo aveva scrollato, continuando a tenerlo per la camicia.
《Sta' lontano da lei.》 Quella breve frase, detta da Gianluca con semplicità, era bastata.
È così che era successo.
Lorenzo l'aveva lasciato bruscamente allontanandosi un poco con una risata gelida appena accennata per poi caricare il braccio destro e mandarlo a colpire con quanta più violenza possibile la mandibola del ragazzo davanti a lui, che si concesse qualche istante chino su se stesso per assorbire il colpo, prima di raddrizzare la schiena e tornare a fronteggiare l'avversario.
A quel punto Veronica si era avvicinata ai due, frapponendosi fra loro e guardando l'amico con gli occhi simili a scheggie di un cielo in fiamme.
《Lascialo in pace.》 Aveva sibillato, cercando di spostarlo con uno spintone che il ragazzo quasi non aveva sentito.
《Vaffanculo. Ti basta come risposta?》 Aveva chiesto Lorenzo a Gianluca, ignorando il dolore lancinante alla mano, per guardarlo negli occhi senza alcun segno di debolezza, e anche la ragazza che gli si era parata davanti.
Gianluca a quel punto si era spostato davanti a Veronica, come a volerle fare scudo con il proprio corpo da un immaginario nemico invisibile, che sicuramente, a giudizio di Lorenzo, non poteva essere lui.
《Non me la porterai via.》 Aveva risposto Gianluca ostentando una sicurezza tradita solo dall'inquietudine che gli si leggeva negli occhi.
《Non è mai stata tua.》 Il tono di Lorenzo era risultato più deciso.
Era sempre stato bravo a dissimulare.
《Lorenzo stanne fuori.》 Aveva provato ad intervenire Veronica da dietro le spalle del suo ragazzo.
《Forse no, ma almeno io sto provando a farla mia nel modo giusto.》 Aveva replicato invece Gianluca.
 
***
 
Il nome della birra dice molto sul suo proprietario. E' un po' come quando si parla delle scarpe per le donne.
Giulio prendeva sempre la Ceres, non è ne troppo alcolica, ne troppo amara, insomma una birra leggera, per chi non è abituato a bere e non predilige i sapori troppo forti.
Stefano amava la Nastro azzurro, forse perchè, pur non essendo troppo amara, ha un grado alcolico discreto, che non guasta ed è accompagnato da un gusto gradevole.
Luca era l'unico che beveva la birra alla spina dato che non riusciva a fare a meno della Heineken, che in bottiglia è troppo gasata, mentre al bicchiere raggiungeva "il perfetto numero di bollicine" a suo parere.
Nessuno di loro, amanti dei sapori non troppo pungenti, era ancora riuscito a comprendere come facesse Filippo a bere la Beck's, una di quelle birre che, se non sei abituato, al primo sorso ti fa strizzare occhi e labbra ed il cui retrogusto permane parecchio tempo sulla lingua, interferendo con qualunque altra cosa.
L'unico che riusciva a capire Filippo era Lorenzo con la sua Tennet's rigorosamente ghiacciata, forse non amara quanto la beck's ma quasi e con un'elevata gradazione alcolica.
Erano seduti al solito tavolo, nel solito pub, il "Jaison's", a sorseggiare la solita birra. D'altronde era domenica sera, ormai quella della birra di domenica sera era diventata una tradizione, tant'è che sul tavolo di legno del pub avevano inciso con una chiave la parola "Disadattati".
《Veronica ha detto che vuole parlarmi.》 esordì Lorenzo.
La tradizione della birra della domenica sera non era una cosa da uomini. O meglio, era una cosa da donne travestita da cosa da uomini. Era un pigiama-party senza pigiama e senza party ma con tutti gli annessi e connessi: le confidenze.
《Parlarti?》 replicò Luca con una smorfia.
《Si Lu', sai quando una ragazza smette di pomiciare ed inizia ad utilizzare la bocca per fare altro?》 Giulio lo guardò con scherno, prendendolo in giro.
《Io quello non lo chiamo parlare.》 rispose Luca con una scrollata di spalle ed un sorriso malizioso.
Gli altri quattro scoppiarono a ridere.
《Dai, non intendevo quello!》 riuscì finalmente a dire Giulio, tra le risate.
《Le ragazze sono proprio fissate con questa cosa delle parole, eh?》 si intromise a quel punto Stefano sarcastico, scuotendo il capo con rassegnazione al pensiero dei suoi amici-scimmioni che non sarebbero riusciti a fare un discorso serio e sensato nemmeno volendo.
《Lo so!》 esclamò Lorenzo sbarrando gli occhi come se davvero non capisse cosa ci trovassero le ragazze di così attraente in tutti quei discorsi.
《Lasciamo perdere.》 rinunciò Stefano con una breve risata.《Possiamo sapere come mai vuole parlarti?》
《Ecco》 Iniziò Lorenzo guardando la birra poggiata sul tavolo e stretta tra le sue mani. Prima di ricominciare a parlare ne prese un lungo sorso e si passò la lingua sulle labbra, poi, con un sospiro, lo disse.《Diciamo che potrei aver accidentalmentetirato un pugno piccolo, piccolo a quel Gianluca.》
《Il che tradotto significa che gli hai fracassato la mandibola, probabilmente.》 lo corresse Giulio, guardandolo attraverso le lenti degli occhiali con un certo rimprovero.
《Mi ha fatto incazzare, ok?》 Lorenzo alzò lo sguardo infuocato dal tavolo per puntarlo sui suoi amici.《Ha cominciato a sparare stronzate sul fatto che sono un ragazzino viziato e che tratto Veronica come un oggetto... Veronica capite? Lui voleva proteggere la mia Ronnie da me! Lei è l'unica che io non abbia mai... L'unica che possa... Lei è lei!》 concluse esasperato sbattendo una mano sul tavolo per poi passarle entrambe tra i capelli.
《Arguto.》 lo prese in giro Stefano, alzando la birra nella sua direzione, come a voler brindare alla sua loquacità.
《Cazzo.》 disse invece Luca.
《Che c'è?》 Gli chiese Lorenzo con voce roca, decidendo di lanciare all'altro solo un' occhiata in tralice.
《Niente, niente》 si affrettò a rispondere Luca.《Stavo solo pensando.》 liquidò la faccenda con un gesto della mano, prendendo un sorso di birra.
《Comunque.》 Lorenzo si arrese davanti all'impossibilità di capire i suoi amici e decise di tornare al problema principale. 《Cosa le dico?》 Chiese passandosi una mano tra i capelli, per l'ennesima volta, e prendendo un sorso di birra.
《Perchè l'hai picchiato?》 Gli chiese Giulio.
《Ma non mi ascolti?! Lui stava...》 iniziò il ragazzo ma venne interrotto.
《E allora dille quello che hai detto a noi.》 Disse con semplicità come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
《Cioè dovrei semplicemente dire la verità...》 si ritrovò a riflettere Lorenzo, tornando ad osservare con sguardo pensieroso la bottiglia.
Stefano si passo una mano sul viso pero poi girarsi verso Giulio e sussurrargli 《Questo qui non è mica tanto normale》, frase alla quale l'altro rispose scuotendo il capo, afflitto.
《Filì ma che hai? Sei silenzioso.》 Luca interruppe il silenzio che si era venuto a creare guardando l'amico, dubbioso.
Il biondo si sistemò il ciuffo con una mano, prese un altro sorso di birra e poi spostò lo guardo da Luca a Giulio.
《Ho baciato Federica.》 Disse solo, con voce atona.
Ma lo sguardo no, quello sguardo non era affatto piatto, era quanto di più tormentoso i suoi amici avessero mai visto: i suoi occhi chiarissimi erano socchiusi in un espressione sofferente e le pupille erano quelle dilatate di un animale braccato.
Voleva bene a Giulio.
Tutti loro si volevano bene, anche se non stavano li a ripeterlo come erano solite fare le ragazzine, ma tutti loro si consideravano fratelli.
E quello era palesemente un atto di alto tradimento.
《Giulio...》 quello alzo una mano, come a volerlo far smettere, ma l'amico continuò, imperterrito. 《Mi dispiace, io...》 il biondo non sapeva che altro dire, non esistevano parole sufficienti per scusarsi, così lasciò la frase in sospeso.
《Non ha importanza, sul serio, va bene così.》 Replicò allora l'altro con un sorriso tirato, interrompendo quel silenzio che iniziava a farsi pesante.
《No che non va bene!》 La voce di Filippo, da quel flebile sussurro che non gli appareneva con cui aveva cercato di scusarsi, diventò un ringhio basso e arrabbiato, di una rabbia rivolta solo ed esclusivamente a se stesso.
Perchè Federica era da sempre off-limits per tutti.
Perchè non si desidera la donna di un fratello.
E lui lo sapeva.
Terminò la sua birra con un ultimo, lungo sorso e si alzò dalla sedia con un movimento brusco.
Poi abbandonò il pub senza una parola, incurante degli amici che gli intimavano di tornare indietro.
il silenzio che seguì non piacque a nessuno.
《Ragazzi》 disse finalmente Giulio, alzandosi dal tavolo.《Io vado a casa. Stè, mi dispiace...》 disse con lo sguardo basso.
《Non preoccuparti, lo riaccompagno io.》 Si intromise Lorenzo, resuscitando dal letargo che era seguito all'illuminazione del secolo.
《Si, certo, non preoccuparti, non c'è problema.》 Rispose invece Stefano, tenendo gli occhi preoccupati fissi sul moro.
Questi annuì per poi salutarli con un gesto della mano e sparire.
Non c'erano mai stati così tanti momenti di silenzio nelle loro serate, nonostante le innumerevoli confidenze, alcune davvero assurde.
E Luca non era decisamente il tipo che poteva gradire il silenzio.
《Ma solo io mi sono limitato a fare sesso ieri sera?》
L'unico commento di Filippo fu un'amara risata.
《Alla tua allora.》 disse invece Lorenzo, alzando la bottiglia verso l'amico.
 
***
 
《Sere, ma dove sei? Sarà mezz'ora che ti aspetto!》 Federica era seduta su quella panchina, a suo parere, da così tanto tempo che ormai poteva tranquillamente confondersi con gli alberi del parco.
《Giuro che sto arrivando!》 Rispose l'altra, dall'altro capo della cornetta.
《Lo spero per te perchè, se non porti la tua chioma bionda qui subito, appena ti vedo ti faccio male.》 il tono della mora si era fatto piuttosto minaccioso.
《Tu dove sei?》 chiese Serena ignorando completamente la sua minaccia.
《Ma come dove sono?! Al parco!》
《Si va bene, ma in che parte del parco?》
Federica si guardò attorno, cercando dei punti di riferimento, ma vedeva solo alberi.《Aspetta, al momento sono su una panchina in mezzo al nulla. Vado vicino alla fontana al centro così mi vedi sicuro.》 Quasi non riuscì a terminare la frase che l'altra la interruppe, frettolosa.
《Rimani in linea, ho un'altra chiamata.》
《Cosa? No, no, no! Serena, concentrati! Devi prepararti e venire qui.》
Ma l'amica aveva già sospeso la comunicazione ed il suo orecchio era già stato invaso dalla fastidiosa musichetta di attesa.
Non le chiuse il telefono in faccia solo perchè voleva avere la possibilità di insultarla per bene una volta che avessero ripreso la conversazione.
《Ok, girati.》 Improvvisamente la musica si era interrotta e la voce di Serena aveva di nuovo attirato la sua attenzione.
《Oh final...》 iniziò a dire con rabbia, voltandosi ed alzando vistosamente gli occhi al cielo.
I suoi occhi però non si scontrarono con la figura della sua migliore amica ma con quella di qualcuno che mai si sarebbe aspettata di incontrare in quel parco.
《Sorpresaaaaaa!》 Aveva esclamato Serena, percependo il silenzio dall'altra parte ed interpretandolo come la conferma che i due dovevano essersi incontrati.
Federica fu capace solo di chiudere la chiamata e riporre il telefono nella tasca della giacca.
Poi sul suo viso esplose un sorriso di quelli che non si dimenticano facilmente.
L'espressione del ragazzo davanti a lei era lo specchio della sua.
Quando aprì le braccia in un silenzioso invito lei vi si fiondò senza alcuna remora, come se il tempo dal loro ultimo incontro non fosse mai trascorso.
《Pensavo saresti arrivato solo tra una decina di giorni.》 Disse, quando il suo cuore ebbe ripreso a battere ad un ritmo normale.
《Infatti. Diciamo che i miei sono venuti a sistemare alcune cose per la casa e io ho pensato di farti un'improvvisata.》 La voce di Giuseppe era calda e profonda come la ricordava, il suo abbraccio avvolgente e sicuro come era sempre stato. 《Sei contenta?》 Le chiese, scostandosi da lei solo per guarare quel volto che sembrava stato creato per adattarsi perfettamente alle grosse mani che in quel momento finalmente potevano circondarlo.
In tutto avevano passato insieme due settimane.
Si erano visti solo due volte perchè lui abitava in Sardegna mentre lei in una piccola citta sulla costa Adriatica e quindi per due liceali era piuttosto difficile da coprire come distanza, così avevano sopperito a questa mancanza con ore ed ore passate su Skype ed al telefono, senza però davvero ufficializzare mai la loro relazione.
Ma Federica era convinta che fosse come se si conoscessero a sempre.
Di certo lui sapeva tutto di lei.
È risaputo che da sempre è molto più facile aprirsi con persone che non fanno parte della nostra vita quotidiana. In rete si istaurano rapporti spesso più veritieri di quelli che saremmo portati a chiamare reali. Rimane semplice dire tutta la verità su ciò che proviamo a persone che non ci possono giudicare perchè non ci conoscono. Lo schermo del computer o del cellulare ci protegge, ci permette di esporci senza davvero esporci, di dire ciò che pensiamo realmente senza preoccuparci delle conseguenze perchè tanto in qualche modo non siamo davvero noi, eppure allo stesso tempo lo siamo più del solito. È come se fosse una seconda vita, ma una vita che abbiamo costruito noi da zero e che quindi corrisponde alla vita che vorremmo.
Una vita in cui non dobbiamo più fingere di essere ciò che gli altri vogliono che siamo.
Ma non è una finzione anche questa? Non stiamo convincendo noi stessi di essere migliori e più coraggiosi di quanto non siamo in realtà?
Allora la domanda sarrebbe: è meglio fingere con gli altri o con se stessi?
Non c'è una terza possibilitá? Non si potrebbe semplicemente essere noi stessi ed esserlo per davvero?
Federica non era ancora arrivata ad una risposta, ma aveva deciso di fidarsi di Giuseppe e questo, per il momento le bastava.
Per questo alzò il volto verso quello del ragazzo e disse: 《Certo che sono contenta!》 con la voce tremante dall'emozione, nel vedere di nuovo dal vivo quegli occhi grandi e castani, quei capelli lisci e corvini, quelle labbra sottili ma tanto, tanto calde, quella mandibola squadrata e forte, quei lineamenti che ormai da due anni addolcivano i suoi sogni.
《Che dici, ti va se ci andiamo a prendere una cioccolata calda?》 Chiese lui con un sorriso, prendendola per mano ed avviandosi verso l'uscita del parco.
Lei non si mosse pur continuando a tenergli la mano per trattenerlo.
《Giusy!》 Lo richiamò, usando quel soprannome che sapeva quanto lui detestasse.
Infatti Giuseppe si stava voltando con una bella espressione di finto rimprovero quando fu investito da qualcosa di decisamente soffice.
Quando le loro labbra si toccarono Federica sentì una serie di brividi percorrerle tutto il corpo. L'elettricità, da sempre presente tra di loro, non si era affatto sopita, anzi.
《Allora, questa cioccolata?》 Chiese lei con un sorriso smagliante appena si furono allontanati.
Lui la prese di nuovo per mano scuotendo il capo e sorridendo, per avviarsi verso il bar più vicino.
 
《Allora, ti piace il mio mondo?》 Chiese Federica d'un tratto.
Erano in uno dei bar migliori della citta, davanti a ciò che restava di due cioccolate calde ed una serie di biscottini squisiti, ed avevano passato l'ultima ora ridere e scherzare, chiacchierando del più e del meno.
《In realtà non ho ancora avuto modo di visitare la città.》 Rispose Giuseppe, finendo la sua cioccolata.
《Questo non va per niente bene!》 Esclamò allora Federica 《si da il caso, però, che io sia un'ottima quida turistica e che quindi tu sia un ragazzo davvero fortunato.》 Concluse con un'espressione soddisfatta, alzandosi dalla sedia ed indossando la giacca.
《Dove andiamo?》 Le chiese lui, guardandola divertito ed iniziando anche lui a ricomporsi.
《Vedrai!》 Rispose lei con un sorriso furbo.

Lo aveva portato a visitare tutti quei luoghi della città che avevano avuto un ruolo fondamentale nella sua vita.
La zona pedonale dove aveva imparato ad usare la bicicletta.
La scuola di danza dove aveva passato moltissimi pomeriggi della sua infanzia a sognare di diventare ballerina.
Il bar dove lei, Serena e Veronica avevano fatto le loro prime, lunghissime chiacchierate.
La panchina sul lungomare dove, tremante dall'emozione, aveva dato il suo primo bacio.
La scuola elementare dove aveva passato momenti indimenticabili, ancora ignara di quanto "il mondo dei grandi" fosse difficile.
Giuseppe l'aveva abbracciata, l'aveva tenuta per mano, l'aveva ascoltata e le aveva parlato di se.
Le aveva detto che si sarebbe davvero divertito a vederla da bambina mentre, imbranata, imparava a pedalare.
Che se fosse diventata una ballerina famosa, anche a costo di fare le elemosina, non si sarebbe perso nemmeno uno dei suoi spettacoli.
Che non vedeva l'ora di conoscere Veronica e Serena, sapendo quanto fossero importanti per lei.
Che avrebbe dato qualunque cosa per poter tornare in dietro nel tempo ed essere lui il primo a conoscere le sue labbra.
Che con lui sarebbe stata sempre al sicuro, lui avrebbe fatto di tutto per renderle "il mondo dei grandi" anche solo un po' meno difficile.
E lei gli aveva creduto, si era aggrappata alle sue parole tanto quanto alle sue spalle quando, una volta arrivati davanti a casa di lei, si erano baciati per un tempo che le era parso infinito.
Solo dopo, quando fu nel suo letto, Federica si permise di pensare a ciò che era successo la sera precedente.
Doveva dirlo a Giuseppe?
Quel pomeriggio si erano comportati esattamente come se stessero insieme, ma non riusciva a capire se ciò che era successo con Filippo potesse considerarsi un tradimento.
Continuava a rigirarsi tra le coperte, ormai aggrovigliate quasi quanto i suoi pensieri, senza riuscire a venirne a capo.
Ma la realtà era che nel profondo di se stessa, in quella parte del suo cuore che odiava, quella che moriva al pensiero di perderlo, aveva già deciso che la festa sarebbe presto finita nel dimenticatoio.
E' strano il modo in cui i frammenti della nostra vita che ci risultano scomodi trovino spesso il loro posto in quel luogo non ben definito ma decisamente gigantesco, per poi riaffiorare nel momento meno opportuno, proprio quando pensavamo di averli ormai rimossi.
Nessun istante viene davvero dimenticato, ognuno di loro rimane lì ad osservarci, in attesa di adempiere alla sua funzione.
 
 
 
Ho abbandonato la mia Veronica in questo capitolo per concentrarmi su Lorenzo, ma anche su Federica, Filippo, Giulio e... Giuseppe! Ta-daaaaaaan! E' arrivato in città signore e (se ci sono) signori! E darà a Filippo davvero del filo da torcere, anche se probabilmente non come immaginate voi.
Come sempre spero che mi farete sapere cosa pensate della storia!
Un bacione, alla prossima!
  
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