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Autore: TooSixy    15/12/2013    4 recensioni
Nonostante Las Noches sia a tutti gli effetti una città di morti, l'esistenza di una Fracciòn non è mai tranquilla o pacifica. Ma nemmeno per sbaglio.
Basti pensare alle incombenze di tutti i giorni: spiriti minori da cacciare, Shinigami da trucidare, Espada testardi e capricciosi a cui badare… insomma, bisogna essere un po' un incrocio tra un gladiatore e un baby-sitter. E malgrado tutto, diciamocelo, si ha pure la reputazione di essere "creature inferiori", poco più che docili schiavetti al servizio dei propri Espada.
Quando però una misteriosa entità compare a Las Noches, pronta a tracciare la sua scia di sangue perfino tra i pezzi grossi, sarà proprio una Fracciòn a rimboccarsi le maniche per fermarla. Armata della sua determinazione, di un dono tanto prezioso quanto molesto e di una Zanpakuto che si fa beatamente i fatti suoi, Rayen si prepara a combattere per la sua vita e per tutto ciò che le è caro.
E chissà, forse potrebbe scoprire di essere coinvolta in un gioco molto più grande e pericoloso di quello che immagina.
Genere: Azione, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jaggerjack Grimmjow, Kurosaki Ichigo, Nuovo personaggio, Shūhei Hisagi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XVIII. Edge of madness

 

« FIEEEEE! » 

Un unico calcio ben piazzato, e la porta dell’infermeria si sbriciolò come cartapesta. Grimmjow, le mani rigorosamente ficcate in tasca, fece un passo avanti. Il suo sguardo felino scandagliò rapidamente la stanza, ma nada: le uniche persone all’interno erano un guaritore e un Nùmero con una gamba ingessata, ed entrambi lo fissavano con aria stupita. 

« Dov’è? » sbottò Grimmjow, rivolto a nessuno in particolare. « Dove cazzo è finita quella stupida? » 

« C-chi? » balbettò il guaritore. 

L’azzurro lo agguantò per il collo e lo sollevò da terra con uno strattone. L’altro si dibatté come un pesce preso all’amo, spaventato. 

« Una femmina alta all’incirca quanto te, coi capelli lunghi e dei ventagli in testa » ringhiò Grimmjow. 

« Non l’abbiamo vista » osò dire l’Arrancar ferito, sollevandosi con cautela dalla branda su cui era disteso. « Negli ultimi giorni da qui non è passata nessuna donna. Ti prego, Grimmjow-sama, lascia andare Milas. »   

Grimmjow gli lanciò un’occhiata obliqua. L’ingessato sembrava vecchio, persino più di quel mucchio d’ossa ammuffite di Barragan, ma tanto il second Espada era grosso e imponente quanto questo era curvo e rachitico. Praticamente una scatoletta di cibo per Menos.

« Tch. » Per un attimo Grimmjow rafforzò la presa sulla gola del guaritore, giusto per avere la soddisfazione di vedergli la faccia diventare purpurea, poi lo lasciò andare con un grugnito schifato. « Siete così patetici che non vale nemmeno la pena di uccidervi. »  

Girò sui tacchi e se ne andò, senza curarsi dei lievissimi sospiri di sollievo che si levarono non appena varcò la porta. A rapide falcate, s’incamminò verso un corridoio secondario, diretto verso gli alloggi di Apache, Sun Sun e Mila Rose. Più di una volta aveva visto quelle tre nullità fare comunella con Fie: forse loro sapevano dove diavolo si fosse cacciata. 

Erano successe tante cose, negli ultimi giorni. Tanto per cominciare, la donna rapita da Ulquiorra gli aveva fatto ricrescere il braccio. Nemmeno a dirlo, lui aveva subito colto l’occasione di metterne alla prova l’efficienza su Luppi. E che dire, l’umana aveva fatto davvero un buon lavoro... almeno a giudicare dalla facilità con cui la sua mano aveva dilaniato gli organi interni della diva. 

Grimmjow ogni tanto si sorprendeva ad allargare e chiudere a pugno le dita. Non s’era ancora abituato all’idea di riaverle indietro. Quell’inatteso miracolo lo compiaceva, certamente, ma nonostante tutto c’era ancora un particolare di tutta quella situazione che proprio non gli andava giù: Fie. Il riconfermato Espada non riusciva a capacitarsi che una sciocca Fracciòn si fosse azzardata a sfidarlo, oltretutto per salvare la pelle a un inutile umano. Anche se si parlava di una sua sottoposta, aveva passato il segno: Grimmjow l’avrebbe cercata e scovata e uccisa, punto.  

Ma perché? Perché rischiare il culo per Kurosaki? 

Grimmjow aggrottò le sopracciglia. Forse prima di ammazzarla glielo avrebbe chiesto. Forse. 

Il problema era che, da quando la missione nel mondo umano si era conclusa, di Fie si erano completamente perse le tracce. Di sicuro non era più a Karakura - si era degnato di controllare personalmente - e non sembrava essere nemmeno a Hueco Mundo. Magari era semplicemente rimasta dove l’aveva lasciata, fino a quando uno dei suoi adorati Shinigami non l’aveva fatta fuori. 

Una cosa era certa: se era viva, si era nascosta maledettamente bene. 

« Jaeguerjacquez! » lo distrasse una voce femminile, proveniente da dietro di lui.

Senza smettere di camminare, l’azzurro volse appena il viso, quanto bastava per notare una ragazza bionda e minuta. Era la tipa che era sempre culo e camicia con Loly... doveva chiamarsi Melony o Melory o qualche altro nome idiota del genere. 

« Jaeguerjacquez, aspetta! » Lei gli corse dietro. « Sono qui per conto di Aizen-sama. Vuole vedere tutti gli Espada nella sala delle riunioni, adesso. Ha detto che è importante. »  

« Sempre a rompere, quello lì » sputò Grimmjow. « Dovrebbe smetterla coi suoi giochetti e cominciare a farsi una vita. »

« Ehi, bada a come parli » replicò la bionda in tono piccato. « “Quello lì” è il nostro signore e padrone. È grazie al suo aiuto se abbiamo sviluppato i nostri poteri. » 

« Mi ci struscio il culo, con il suo aiuto. E adesso sparisci. » 

Il suo palmo iniziò a brillare di Cero, e la ragazza s’affrettò a dileguarsi con un sonido. 

Grimmjow sferrò un pugno a un’innocente colonna al suo fianco, stroncandola in due, dopodiché  s’avviò senza troppa fretta verso la sala delle riunioni, mugugnando improperi contro Aizen e i suoi dannati piani contorti. Per il momento non aveva scelta: doveva lasciar perdere la ricerca di Fie e stare a sentire quello che Grande Capo Testa Leccata aveva da dirgli. 

Quando arrivò, davanti all’ingresso ancora chiuso vide il trio meraviglia Starrk, Barragan e Harribel, intenti a discutere educatamente tra loro con voce seria e sommessa. A poca distanza da loro, Aaroniero e Yammy avevano già cominciato a spintonarsi e a ringhiarsi minacce di morte, e ancora oltre Zommari meditava in silenzio, con le gambe incrociate e i palmi aperti rivolti verso l’alto. Di Ulquiorra e Grantz non si vedeva nemmeno l’ombra; con una certa sorpresa, invece, Grimmjow individuò Nnoitra, arrogantemente appoggiato al muro, il torace visibilmente bendato anche sotto la divisa. 

« Ehi, Jaerguerjacquez! » lo apostrofò la Quinta Espada, rivolgendogli un sorriso velenoso. « Mi hanno detto che il nuovo giocattolo di Aizen ti ha fatto rispuntare il braccio. Ma quanto bisogna cadere in basso, per mendicare l’aiuto di una femmina umana? »

« Guarda guarda chi si vede » ringhiò Grimmjow. « Ancora in giro, Nnoitra? Pensavo fossi andato a sotterrarti da qualche parte, dopo che quel cazzo di cherubino ti ha preso a calci nel sedere. »

Prima che l’altro potesse rispondere per le rime, il portone si spalancò dall’interno. 

« Entrate » li invitò la voce calda e musicale di Aizen. 

Mantide e pantera si scambiarono un’occhiata di fuoco, poi seguirono gli altri all’interno della stanza e come di consueto si sedettero al lungo tavolo che vi troneggiava. Lo Shinigami era già al posto d’onore, ovviamente con una tazza di tè fumante tra le mani. 

« Benvenuti, miei cari Espada » disse in tono amabile. « E non temete, non intendo rubarvi molto del vostro prezioso tempo. Passiamo subito al dunque: sono lieto di comunicarvi che un vostro esimio collega, il signor Grantz, è riuscito a realizzare uno dei suoi esperimenti più ambiziosi. Vieni avanti, Grantz. »

Una porta scorrevole si aprì nel fondo della sala e lo scienziato entrò. Lo seguivano quattro dei suoi bizzarri Fracciònes, intenti a trasportare quella che sembrava essere un’enorme gabbia coperta da un logoro telo rosso sangue. 

Grimmjow affilò lo sguardo: al di là del telo c’era qualcuno... anzi, tanti qualcuno, e le loro emanazioni spirituali avevano il sentore della Soul Society. 

« Shinigami?! » Yammy fece per balzare in piedi, ma Aizen lo fermò con uno svolazzo noncurante della mano. 

« Pace, Yammy » disse, prima di ruotare i vellutati occhi castani sull’Octava Espada. « Credo che i tuoi colleghi non siano ancora a conoscenza del progetto, Grantz. Perché non condividi con loro i dettagli della mia... piccola commissione? » 

« Con piacere. » Grantz si aggiustò gli occhiali sul naso. Aveva l’aria particolarmente compiaciuta. « Gli ospiti che sto per presentarvi sono i primi e unici esemplari di una razza sperimentale, in buona parte basata su un antico progetto di Aizen-sama: la fusione tra i poteri di un Hollow e quelli di uno Shinigami. Come ben sapete, in passato i risultati erano stati più che promettenti e il progetto aveva permesso la creazione di una razza virtualmente perfetta, tuttavia... » Lo scienziato si posò una mano sul petto e accennò un inchino verso Aizen. « Tuttavia, se mi permettete, Aizen-sama, nei Vizard ho rilevato un difetto importante: l’imprevedibilità. I vostri Vizard hanno conservato un’eccessiva dose di coscienza; sono troppo intelligenti e padroni di sé per poter essere manovrati in modo efficace. »

« Capisco » disse Aizen serafico, apparentemente per nulla offeso dall’insinuazione che lui – lui – avesse potuto commettere un errore. « Quindi tu sei stato così gentile da porre rimedio a questa mia imperdonabile mancanza. Continua pure. »

Uno sgradevole sorrisetto arricciò le labbra dello scienziato. « Come dicevo, signora e signori, ho ripreso l’invenzione di Aizen-sama e l’ho ulteriormente perfezionata. Sono state necessarie diverse sperimentazioni, ma finalmente sono riuscito a trovare le giuste componenti e soprattutto a porle in uno stato di equilibrio ideale. Di fatto, le mie creature possiedono la base fisica di un Hollow Menos, che concede loro una forma corporea, e l’essenza vitale di uno Shinigami, che fornisce loro l’energia per muoversi e tenere attivi gli istinti più primordiali. Mescolando queste due, si ottengono loro. » 

Con uno strattone, lo scienziato tirò via il telo, rivelando il contenuto della gabbia: e subito tra gli Espada si levarono sibili e versi di disgusto. Dietro le sbarre, dozzine e dozzine di cose - Grimmjow non avrebbe saputo come chiamarle - strisciavano e arrancavano, torcendosi l’una contro l’altra in modo quasi osceno. Sembravano umanoidi, o quantomeno esseri dotati di una testa, un torso, due braccia e due gambe, ma i loro corpi erano stranamente molli, come se certe parti fossero disossate, e al posto della faccia avevano un ovale liscio e bianco come il gesso, privo di qualsiasi lineamento.  

« Il tuo tanto decantato esperimento è quella roba lì? » grugnì Yammy. « Non so se li hai guardati bene, Grantz, ma questi affari non sanno manco stare in piedi. Sguinzagliarli contro la Soul Society è una perdita di tempo, li schiacceranno tutti come vermi. »

« Oh, ma infatti siamo ancora ben lungi dal creare il soldato perfetto. » Il sorriso non accennava a sparire dalla bocca dello scienziato. « Per questo, ho pensato di aggiungere un personalissimo tocco finale... un’iniezione di reiatsu, e più precisamente della purissima reiatsu di un Arrancar evoluto. Ho fatto un paio di test e ho scoperto che una reiatsu forte può avere effetti davvero interessanti sulle mie creature. Tra cui quello di plasmare completamente il loro aspetto, temperamento e abilità. » 

Nella sala calò un breve silenzio. 

« Se ho capito bene, hai creato dei fantocci in parte Hollow e in parte Shinigami, privi di coscienza ma in grado di replicare i nostri poteri » sintetizzò Harribel. « E sei sicuro che funzioneranno? Che reggeranno il passo con gli Shinigami, e che non cercheranno di fuggire come i Vizard? »

« Incisiva come sempre, Harribel-san » la lodò l’ottavo Espada. « I tuoi dubbi sono più che giustificati, ma non preoccuparti, le mie creature sono perfettamente sotto controllo. Poiché la nostra reiatsu sarà condivisa, il loro spirito rifletterà il nostro e la loro volontà coinciderà con la nostra. Saranno i nostri burattini, fatti e finiti. Proprio come noi, anche loro apparterranno in tutto e per tutto ad Aizen-sama. »

Grimmjow serrò i pugni, con tanta forza da farsi sbiancare le nocche. Lui non apparteneva proprio a nessuno, poco ma sicuro. 

« In conclusione » continuò Grantz « invito caldamente ognuno di voi a prestare la propria reiatsu a un “fantoccio”, come li ha definiti la nostra collega. Con il vostro tributo, le mie creature potranno raggiungere la loro forma completa e trasformarsi ufficialmente nel nuovo incubo della Soul Society. Ulquiorra ha già acconsentito a prestarmi la sua reiatsu, e il risultato finale è stato eccellente! Coraggio, chi di voi vuole farsi avanti per primo? »

Gli Espada si scambiarono occhiate dubbiose. 

« Io » disse Grimmjow, nella sorpresa generale. 

Si alzò e si diresse verso Grantz. Per un attimo lo scienziato lo fissò, sinceramente stupito, poi tornò in sé e aprì la gabbia; le sue lunghe dita rapaci scattarono come gli artigli di un falco e si strinsero intorno al collo di una creatura. 

« Tieni. » Scaraventò fuori l’essere senza tanti complimenti. Questo ruzzolò pateticamente sul pavimento, contorcendosi come un lombrico in agonia. « Trasferisci la tua reiatsu dentro di lui. »

Grimmjow guardò la cosa. « Quanta ne serve? »

« Un terzo sarà più che sufficiente. »

Un terzo? Che sanguisuga. Gli ci sarebbero voluti almeno due giorni, prima di poter ripristinare un terzo della sua reiatsu. Grimmjow sbuffò, concentrò la reiatsu nel palmo della mano e toccò la testa della creatura. E di colpo... 

... non era più in quella stupida sala bianca, ma in una foresta lussureggiante... e correva, correva, con la Zanpakuto che batteva contro il fianco a ogni passo e le vesti nere che frusciavano come ali di corvo nel vento... gridava, dava voce a quella disperazione scrosciante che gli attanagliava la gola... davanti a lui una ragazza, riversa in una pozza di sangue, e un’ombra che s’innalzava verso il cielo...

... era nel Deserto di Hueco Mundo, tra le dune che conosceva così bene... mille coscienze, tutte contenute dentro di lei, lottavano e si ribellavano... mille voci, fuse insieme alla sua, risuonavano nel silenzio in un’unica sinfonia di morte... e mille ombre senza volto cercavano di artigliare la sua anima, di trascinarla con sé negli abissi del nulla, ma lei era la più forte, la più tenace...

Grimmjow batté le palpebre, e i suoi occhi azzurri si specchiarono in due iridi cerchiate d’oro. La creatura di fronte a lui non era più molle e informe: aveva assunto l’aspetto di una donna alta e atletica, con la pelle del colore del bronzo e lunghi, selvaggi capelli neri, che ricadevano come un lucente mantello intorno al corpo nudo. Il suo viso, affilato e bellissimo, per un attimo fu attraversato da un’espressione confusa, ma subito dopo si contrasse in un ringhio silenzioso, che mise in evidenza denti bianchi e appuntiti. 

Le pupille di Grimmjow si dilatarono.  

« Pantera... » mormorò senza pensare. 

« Proprio com’è successo a Ulquiorra » annuì Grantz. « La creatura ha preso l’aspetto della tua anima. »

« Cosa? » Nnoitra saltò su, incredulo. « L’anima di quel sacco di pulci è una gnocca? »

Lo scienziato si pulì gli occhiali. « Effettivamente, non mi è ancora chiaro cosa determini il sesso, ma l’aspetto è senz’altro l’ombra dello spirito di Jaeguerjacquez. Una sorta di personificazione del suo potere. »

L’azzurro studiò la donna, e lei ricambiò con intensità sorprendente, prima di puntare un feroce sguardo di sfida verso gli Espada che ancora la fissavano dal tavolo delle riunioni. Grimmjow non era sicuro di cosa lo avesse spinto a farsi avanti per l’esperimento, probabilmente il semplice desiderio di sganciare il suo contributo e poi tornare a occuparsi dei fatti suoi, tuttavia, nel guardare quell’amazzone dai capelli neri, qualcosa scattò. 

Quella tizia faceva parte di lui, era la manifestazione di Pantera. E, proprio come si sarebbe aspettato dalla propria spada, era stupenda, selvaggia e aveva tutta l’aria di voler prendere a calci il mondo intero. Un caldo, istintivo orgoglio inondò il cuore arido dell’Espada. 

« Intendo formare un esercito di creature come questa » proseguì Grantz. « Sarà un’armata di novantanove anime, tante quante gli Arrancar di Aizen-sama. Oh, non c’è bisogno di storcere il naso, Zommari; so bene che può sembrare un numero irrisorio, rispetto alle truppe degli Shinigami, ma vi garantisco che sarà più che sufficiente per sferrare un attacco di massa alla Soul Society. »

« Non capisco » grugnì Yammy.

« Che novità » sibilò Nnoitra.

« Non capisco per quale dannato motivo dobbiamo mandare all’attacco i fantocci di Grantz, quando possiamo entrare in azione noi » insisté il decimo Espada. « Solo dieci di noi sono molto più forti di tutto il Gotei 13 messo assieme. Andiamo direttamente nella Soul Society e ammazziamo tutti, no? »      

« Non essere precipitoso, Yammy » disse Aizen pacato. « Le creature di Grantz non sono solo un truculento mezzo di sterminio di massa. Hanno uno scopo molto più alto... e infinitamente più delicato. »

« Ossia? » chiese Yammy in tono bellicoso. 

« Lo saprete presto. » Lo Shinigami rivolse loro un sorriso, tanto affascinante quanto pericoloso. « E adesso siete pregati di prestare la vostra reiatsu al signor Grantz. Quando avrete finito, mi aspetto che convochiate i vostri Fracciònes e tutti gli altri Nùmeros. Ogni singolo Arrancar dovrà dare il suo contributo. »

Nnoitra sbuffò. « E nel caso in cui uno dei nostri Fracciònes sia disperso? »

« Oh, dovresti saperlo bene, Nnoitra. So che tu e i tuoi Fracciònes siete legati tramite un sigillo spirituale, quello che tu chiami Contacto*. »   Il tono di Aizen si fece mellifluo. « Se il Fracciòn in questione è ancora vivo, basterà stabilire un collegamento con lui e assorbire la sua reiatsu canalizzandola tramite il Contacto. Confido che tu sia all’altezza di un compito così semplice, vero? »

Nell’unico occhio di Nnoitra ci fu un lampo di rabbia, ma un attimo dopo vi balenò anche altro... una strana luce che a Grimmjow non piacque affatto.

Vuole Fie, e la vuole morta, pensò. 

« Non vi preoccupate, Aizen-sama » disse la Quinta Espada in tono quasi gradevole, per poi sibilare a bassa voce: « Ci penso io, a quella sgualdrinella. »  

*

Shuhei tornò a trovare Rayen anche la sera successiva, e quella dopo ancora. Col passare del tempo, le sue visite divennero una specie di routine. La ragazza era indecisa: non sapeva se fosse pentito, perseverante o semplicemente stupido. Lei non lo incoraggiava di certo - a meno che le occhiate omicide non potessero essere considerate in qualche modo “incoraggianti” - ma lo Shinigami non pareva intenzionato a gettare la spugna: sembrava sinceramente deciso a riconquistare, se non la sua fiducia, quantomeno il suo interesse.

Tzé, come se il giochetto del Guarda come sono attento e devoto! potesse funzionare con lei. Quella dannata testa di legno (giusto per non usare altri materiali) proprio non capiva che così stava solo facendo altri danni. Non si rendeva conto di essere un monumento vivente della sua debolezza; non vedeva quanto le bruciasse vedersela schiaffata in faccia giorno dopo giorno. 

Più che incolpare lui, però, Rayen se la prendeva soprattutto con se stessa. Se solo, quella notte di tanti anni prima, avesse ignorato il pianto del bambino-Hollow e se ne fosse tornata a dormire... e invece no, maledetto quel suo buonismo del cavolo, aveva dovuto alzarsi dal letto e mettere in moto tutta la catena di eventi che ora l’avevano condotta in quella schifosa cella. Che razza di cretina.  

Per quanto le visite di Shuhei la facessero ammattire, però, di una cosa doveva dargli atto: lui non cercava di giustificarsi, né di rifilarle scuse improbabili. Anzi, tutto il contrario. 

Ogni sera, lo Shinigami s’appoggiava alle sbarre della sua cella e, incurante del fatto che lei ascoltasse o meno, le raccontava del suo lavoro, della Nona Compagnia, di quanto fosse difficile gestirla ora che il Capitano Tousen se n’era andato. 

A Las Noches, gli Espada non avevano dei veri e propri incarichi, a parte quello di servire in tutto e per tutto il loro Aizen-sama. I pezzi grossi della Soul Society avevano un'agenda molto più fitta: dovevano tenere d’occhio le registrazioni degli Hollow, regolare l’allenamento delle reclute, preservare la disciplina nella Compagnia, controllare gli aspetti burocratici legati alla posizione e fare parecchie altre cose. Quando non le parlava della Nona Compagnia, Shuhei le descriveva i luoghi della Soul Society che aveva battuto in questa o quella missione, dipingendo con le parole paesaggi terribili o meravigliosi, o ancora tanto strani da sfociare nel surreale. 

E Rayen ascoltava. Dapprima con indifferenza, poi – suo malgrado – con interesse sempre crescente. Molte cose già le sapeva, dal momento che Aizen e i suoi cagnolini avevano già informato a dovere tutti gli Arrancar riguardo ai ruoli e alle suddivisioni del Gotei 13, ma la voce vellutata di Shuhei li intingeva di un nuovo fascino. La ragazza malediceva la facilità con cui il suo timbro profondo la catturava. E naturalmente il bastardo ne era al corrente: sapeva benissimo quanto le piacesse starlo a sentire, lo sapeva fin dai giorni in cui lui e Raiha si sedevano sul loro muretto, sotto le fronde del vecchio ciliegio. 

A volte quei ricordi le davano fitte di nostalgia insopportabili, e allora Rayen li sbatteva rabbiosamente a calci negli angoli più recessi della sua mente. 

Lei non era più Raiha… la stupida ragazzina tutta zucchero e fiducia nel prossimo era morta, morta, morta. E lo era, in parte, per colpa del deficiente dai capelli irti che prima aveva promesso di proteggerla e poi alla prima occasione buona aveva ben pensato di squagliarsela e andare a divertirsi con la sua amichetta Shinigami.  

Ma, in tutta onestà, cos’altro potevo aspettarmi? Lui in fondo è un uomo, e la carne degli uomini è debole. Non aveva alcuna ragione di scegliere una ragazzetta qualunque, e per giunta umana, quando aveva a portata di mano una Shinigami bellissima, sicuramente più disinvolta della sottoscritta e con due cocomeri da far invidia ad Harribel-sama. Se proprio vogliamo mettere i puntini sulle i, in buona parte è colpa mia se mi trovo nei guai: ho fatto troppo affidamento su Shuhei. Se fossi stata più forte, se non mi fossi costruita dei gran castelli in aria quando intorno a me c’erano solo baracche, allora forse...

Insomma, per farla breve, la presenza di Shuhei scatenava in Rayen un incredibile torrente di seghe mentali. I pensieri della ragazza si rincorrevano, moltiplicandosi come le teste mozzate di un’idra, spargendo dentro la sua testa le loro secrezioni velenose. Non sapeva più di chi fidarsi, da chi guardarsi, chi considerare amico e chi nemico.  

In tutto quel marasma mentale c’era però un chiodo fisso: scoprire chi fosse quella maledetta donna dai favolosi capelli biondo ramati. 

Non che le importasse nulla di lei o del suo rapporto con Shuhei, precisiamolo: era solo… una questione di principio. 

Sì, esatto. Una dannatissima questione di principio.
 

**************
 

Guardate... non ho assolutamente parole per scusarmi del mio abnorme ritardo. Altro che Shuhei, sono io quella che non ha giustificazioni >.>
Posso solo dire il capitolo successivo è a metà, quindi conto di aggiornare presto. Stiamo entrando nel cuore della storia, e i prossimi capitoli spiegheranno buona parte dei casini lasciati sospesi in precedenza. Ho un'idea abbastanza precisa di come andrà avanti la faccenda, ma sono ancora in dubbio se privilegiare la shipping GrimmRai o ShuRai. Vedremo cosa deciderà di tirar fuori la mia psiche malata. Voglio inoltre puntualizzare che la storia non ha niente a che vedere con tutto quello che succede dopo la saga di Aizen; nella mia fiction, i Fullbringer non esistono e i Quincy sono estinti e basta, senza resurrezioni random. In compenso, per quanto riguarda le creature di Szayel ho preso deliberatamente ispirazione dalla saga filler delle Zanpakuto, perché l'ho trovata maledettamente geniale *w* ma quant'è carino Hyorinmaru in forma umana?? Per non parlare della velata pucciosità di Kazeshini. Bellissimo.

Ah, comunicazione. Dopo quattro anni di onorato servizio NVU è purtroppo spirato per cause sconosciute, quindi ho dovuto dare un ritocco generale a tutta la struttura della storia. E già che c'ero ho convertito i titoli in inglese, perché mi sembrano un po' più affini allo stile Bleachesco e perché mi piace di più il modo in cui suonano. "Edge of madness" è decisamente meglio de "il limite della follia"

Vi ringrazio di nuovo del tempo che avete dedicato alla mia storia e come sempre mi auguro che abbiate apprezzato il capitolo!

Un grazie speciale a Saeko_san, Lightning00 e Akisan per le loro bellissime recensioni. Ragazze, mi avete davvero commosso, siete le mie idole! *w*

Baci,
Sixy



 

 

  
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