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Autore: Leslie    17/12/2013    0 recensioni
Storia prima classificata al contest La ragazza e il soldato indetto da darllenwr sul forum di EFP.
« Al Nord, però, una persona su due era un Ribelle, e fin dall'inizio dell'addestramento, rosso significava morte. Rosso era quello che dovevi uccidere, perché rosso aveva ogni intenzione di uccidere te, e non c'erano eccezioni, secondo quanto dicevano loro. E lui non ne aveva viste di eccezioni, per tre lunghi anni.
Ed ora era seduto accanto ad una ragazza in rosso, e non solo non l'aveva uccisa, ma lei lo aveva trascinato verso la salvezza, ed entrambe le fazioni li avrebbero voluti morti, se li avessero scoperti rannicchiati l'uno accanto all'altra, senza cercare di ammazzarsi a vicenda.
»
Storia in tre capitoli. In un mondo in guerra, un soldato in nero e una ribelle in rosso scelgono di infrangere le regole per salvarsi e finiscono presto per realizzare di essere stanchi di combattere in una realtà dove perfino gli ideali più nobili possono essere corrotti dalla violenza.
Genere: Azione, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ed eccoci alla fine. Non ho molto da dire a riguardo, ma apprezzerei moltissimo del feedback.
In ogni caso buona lettura :)

Disclaimer canzone: Radioactive degli Imagine Dragons.

 

 

III

 

I'm waking up, I feel it in my bones

Enough to make my systems blow

Welcome to the new age, to the new age

Welcome to the new age, to the new age

 

 

 

Decise di andarsene prima che Marion si svegliasse. Si erano addormentati uno accanto all'altra dopo aver mangiato e riso ancora un po' per il semplice gusto di farlo. Lei non gli aveva chiesto nient'altro sul Sud, ma lui aveva raccontato comunque, una volta asciugate le lacrime. La nostalgia era diventata sopportabile non appena si era reso conto della luce di curiosità e di speranza di cui si accendevano i suoi occhi mentre lui le descriveva i sapori delle pietanze più comuni, e i colori dei panni puliti stesi sotto il sole nei giardini, e la morbidezza della sabbia sotto i piedi, così meravigliosamente diversa dalla neve del Nord.

Lei non gli aveva mai davvero chiesto di entrare a far parte della Ribellione. Forse in parte sperava che lui glielo avrebbe chiesto di sua spontanea volontà, e lui voleva, davvero, semplicemente perché quello per cui lei combatteva sembrava più importante, più nobile. Perché voleva capire cosa significasse credere in qualcosa. Ma poi aveva pensato a Stevens e al Capitano, a sua madre che ancora aspettava il suo ritorno giù al Sud. Aveva passato mesi e poi anni ad addestrarsi per uno scopo, i suoi amici e compagni erano già morti nella lotta per portarlo a termine.

Erano ragionamenti deboli, ma poi c'era la paura a convincerlo. Il terrore che non sarebbe mai stato accettato dai Ribelli del Nord, nonostante l'appoggio di Marion. Che lo avrebbero ucciso senza nemmeno dargli occasione di spiegarsi. Infondo, i Ribelli non prendevano prigionieri, e Finn non avrebbe sopportato l'idea di essere ammazzato dalla comunità che sperava di abbracciare.

Così raccolse le sue cose in silenzio, le braci che ancora brillavano di rosso nel camino. Si mise lo zaino in spalla e le armi nella cintura, e uscì senza guardarsi indietro. Fuori il cielo era cupo, esattamente come lo era stato il giorno prima. Gli bastò fare qualche metro per dimenticarsi da quale dei grattacieli fosse appena uscito. Si morse la lingua, rendendosi conto del peso che improvvisamente gli gravava il petto, e che sapeva non se ne sarebbe andato tanto facilmente.

Con mani che già cominciavano a pizzicare dal freddo, estrasse una bussola dalla tasca del cappotto. Il resto della sua truppa si trovava ad est, e si mise a camminare in quella direzione. In silenzio, senza un compagno, mani strette alle cinghie del suo zaino.

La neve scricchiolava sotto i suoi passi, e lui fissava il bianco su cui pestava, orecchie all'erta, ma non troppo, perché ormai non sapeva più cosa pensare.

Dubitava che sarebbe riuscito ad uccidere un altro Ribelle, e il peso delle armi che aveva addosso rallentava il suo andamento pericolosamente. Non faceva più parte di alcuna fazione. Non era più un soldato, uno vero, e non sarebbe mai stato un Ribelle. All'improvviso si sentì mostruosamente solo, e si fermò, la testa che faceva male dal freddo che respirava e dal troppo pensare.

Con lentezza estenuante si rese conto che non sarebbe mai tornato a casa, che si trattava solamente di decidere se morire da solo, dal freddo o dalla fame, o morire combattendo, seppur per una causa inesistente.

Riprese a camminare, sempre verso est.

 

Marion non aveva mai lasciato il Nord. Il confine era stato chiuso quando aveva a malapena cinque anni, e aveva passato la sua intera infanzia rassicurandosi del fatto che non voleva andarci comunque, al Sud. Che la neve aveva un che di poetico e irresistibile che le sarebbe di certo mancato troppo. Poi però era arrivata la testardaggine dell'adolescenza, e il bisogno di fare tutto ciò che le era vietato. Perciò aveva cominciato ad uscire dopo il coprifuoco, a restare in silenzio durante il saluto alla bandiera, e a leggere libri proibiti. Eppure non era mai riuscita a trovare il modo di scavalcare da sola i cancelli di ferro che isolavano la sua città, e non sarebbe mai nemmeno riuscita a vedere il confine, tantomeno superarlo. Si era accontentata di entrare nella Ribellione, e di partecipare alla rivolta che li aveva liberati dall'isolamento e aveva viaggiato a nord finché non aveva raggiunto il quartier generale. Dei centosettanta che avevano deciso di partire, era stata una dei cinquantotto ad arrivare senza mai voltarsi indietro. Le avevano dato altri libri, e l'avevano addestrata a combattere. Il desiderio di lasciare il Nord era scemato nell'ossessione per la causa. Dopotutto si trattava di combattere per la sua patria, e non sarebbe riuscita a farlo da lontano. Orribili leggende metropolitane circolavano riguardo a coloro che avevano provato a valicare il confine e, sebbene dopo diciotto anni d'inverno la neve avesse perso la maggior parte del suo fascino, esplorare il resto della Nazione non sembrava più allettante come lo era stato pochi anni prima.

Poi lo aveva incontrato, il soldato a cui si era dimenticata di chiedere il nome, e lo aveva capito subito che veniva da lontano. Prima ancora che parlasse e rivelasse il suo accento, lo aveva visto nella sua carnagione olivastra e nelle pagliuzze dorate dei suo occhi. Dalle sue guance che ancora conservavano un po' della pienezza che avevano avuto un tempo, e dalle linee accanto alla bocca che suggerivano che aveva passato la sua infanzia a sorridere. Una delle sue prime missioni, e il primo uomo dei Sud che avesse mai visto, perciò aveva sprecato un secondo di troppo a guardarlo, e lui l'aveva presa di sorpresa.

Ma non l'aveva uccisa.

E quando Marion aveva sentito i suoi compagni arrivare, istintivamente aveva deciso di ricambiargli il favore, e aveva per la prima volta sentito del Sud da qualcuno che vi fosse cresciuto, e aveva sentito il desiderio di scappare tornare così grande da farle paura. Aveva considerato di chiedere al soldato di portarla lì, dove il sole splendeva sempre e l'oceano dipingeva l'orizzonte di blu, ma non ne aveva avuto il coraggio, e lui se n'era andato mentre lei dormiva.

 

Poco meno di un mese più tardi, si ritrovò a fissare il suo cadavere, miracolosamente intatto sulla neve sporca di fumo e di sangue. Un nodo le stringeva la bocca dello stomaco, le narici bruciavano per l'odore di sostanze chimiche ancora nell'aria, ma non riusciva a respirare comunque perché la gola doleva troppo a causa dei singhiozzi che stava cercando di reprimere. Gli occhi di lui fissavano il vuoto pietrificati, le sue labbra erano rimaste socchiuse e si erano tinte di un blu spettrale.

Si voltò e vomitò per terra, entrambe le mani serrate sullo stomaco, lacrime che finalmente avevano una scusa per calarle sulle guance.

« L'aria è ancora tossica » sbraitò uno dei capi, scorgendola da lontano, « assicuratevi che le maschere coprano bene naso e bocca! »

Marion si asciugò la bocca con la manica della giacca, il sapore amaro della bile ancora sulle labbra, e fece come era stato appena ordinato. Poi si chinò sul corpo del soldato, e con dita tremanti gli abbassò le palpebre, indugiando con indice e medio sul profilo dei suoi zigomi e la linea del mento.

Ironicamente le tornò in mente quello che lui le aveva detto riguardo a uccidere altri esseri umani. Ripensò a quanto avesse trovato ridicola l'ovvietà della sua affermazione. Adesso capiva quello che intendeva. Capiva come, nonostante i più nobili ideali, uccidere fosse disgustoso. Capiva e si sentiva in colpa, perché lui non era di certo l'unico soldato ad avere una famiglia, degli amici da cui tornare, una casa ad aspettarlo in un posto migliore. Non era certamente l'unico a rendersi conto di come il loro addestramento fosse sbagliato, eppure non aveva avuto scelta, esattamente come altri soldati i cui corpi giacevano inanimati sul ghiaccio e sui detriti.

Decise di non frugare nelle sue tasche né aprire il suo zaino, sebbene fosse infrangere le regole, riteneva che l'uomo che aveva deciso di non ucciderla si meritasse quel minimo di rispetto. Rimase vigile nei dintorni del suo corpo per assicurarsi che nessun altro lo avvicinasse, e fu l'ultima del gruppo ad incamminarsi verso il rifugio, un peso nel petto che non se ne voleva andare.

Cominciò a nevicare nell'istante in cui si guardò indietro, grossi fiocchi pesanti che non ci avrebbero messo molto a coprire i resti che si stavano lasciando alle spalle. L'idea che il corpo del soldato avrebbe in questo modo ricevuto una sorta di sepoltura la rincuorava appena, sebbene sapesse che lui avrebbe di gran lunga preferito morire con il rumore del mare nelle orecchie e il profumo di sale nelle narici.

Lì non c'era nient'altro che silenzio e desolazione, e la puzza di inquinamento e delle armi chimiche che i Ribelli tanto amavano utilizzare, ed era tutto quello che Marion poteva dire di aver mai visto.

Serrò la mandibola e si strinse nel suo cappotto rosso, gli stivali che già cominciavano ad affondare nello strato farinoso di neve fresca. Camminò verso sud, verso il rifugio, dove ad aspettarla avrebbe trovato un pasto caldo e un giaciglio più o meno comodo.

Sapeva che non si sarebbe fermata per molto. Era stanca del freddo e della guerra, e sebbene l'idea di scappare non le andasse a genio, voleva vedere di che blu fosse il mare, e sentire la sabbia bruciare sotto i piedi.

Forse sarebbe tornata, un giorno, per finire di combattere la sua battaglia. Forse non sarebbe nemmeno riuscita a trovare un modo di superare il confine. Forse sarebbe morta congelata prima ancora di raggiungerlo. Forse, ma ne valeva la pena, di questo era certa.

   
 
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