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Autore: Madcap    15/05/2008    3 recensioni
Sorridi, Elio Seiano?
Lo sai che loro hanno paura di te? Lo sai che sei tu, il lupo cattivo delle favole?
Per cosa poi, quegli stolti ti detestano tanto, loro che non sanno, loro che non immaginano nemmeno.
[...] (Non lo comprendesti, Seiano, che era il compianto funebre per la tua ragione, sepolta da quel gesto, ed era la follia a soppiantarla).
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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Sorridi, Lucio Elio Seiano

Sorridi, Elio Seiano?

Lo sai che loro hanno paura di te? Lo sai che sei tu, il lupo cattivo delle favole?

Per cosa poi, quegli stolti ti detestano tanto, loro che non sanno, loro che non immaginano nemmeno.

La tua prima colpa, l’unica inevitabile, lo ammetti, fu innamorarti della nipote dell’Imperatore. Quegli dei fannulloni, impegnati solo in adulteri, non potrebbero mai denigrarti per questo, e il popolo, piccolo e insignificante, ignorante popolo! Non può certo far la morale, a te, Prefetto del Pretorio, uomo potente, uomo forte, uomo invincibile!

No, Seiano, lo metterai a tacere.

E lei sarà tua, lei lo sarà perché la vuoi, perché tu sei forte e puoi prenderla per te.

Perché lei è bella, perché hai bisogno di lei, e il cuore scoppia se le labbra non si posano sulle sue… l’unica speranza di salvezza, l’unico fiore in mezzo a un oceano di nefandezze…

Cosa importano le lacrime che solcano il volto sporco di una mendicante? Cosa importa se lei era tua moglie una volta –donna stupida che non ti sei fatta amare! Piangi ora, invochi pietà, ma tu non mi servi, sciocca!- cosa cambia?

Non importano le urla strazianti, il volto lacerato dalle unghie, come di una vedova… ma non muoio, non sono morto, non vedi?

(Non lo comprendesti, Seiano, che era il compianto funebre per la tua ragione, sepolta da quel gesto, ed era la follia a soppiantarla).

Ma non importa. Adesso c’è Livilla, e lei non appassirà: lei è tutto, lei è speciale, lei ti aiuterà a disfarti dei tuoi nemici.

Fate silenzio ora, voltatevi dall’altra parte, lasciate che il crudele Seiano, il violento Seiano guardi da solo nell’abisso della sua anima.

Lasciate che cerchi quel barlume spento da tempo –ma eccolo, fioca luce, pallida che illumini da dentro! Eccolo, eccolo, ora che lei regna sul tuo cuore!

Non è stato difficile averla, lei figlia del potere, perchè tu, Prefetto del Pretorio, l’unica cosa che possiedi è il potere.

Ma per te è diverso, per te lei è di più. È la figlia di Dioniso, è il sogno irrazionale e proibito che seduce con distorte visioni di bellezza e lussuria. È dolce, dolce come un veleno, dolce come il veleno con cui è morto suo marito, quel veleno dolcissimo che stillano le sue mammelle e che ha messo fuori gioco il tuo avversario.

Come potresti, come potresti non amare una simile perfezione?

E cosa conta in fondo, se la ragione sarà costretta ad abbandonarti, cosa conta se ti ritroverai le mani sporche del sangue degli innocenti, quel sangue rosso come le loro urla di accusa, come le accuse di quel vecchio che tiene tra le mani il corpo del nipotino.

Doveva pagarla, e tu hai fatto il tuo dovere, Prefetto del Pretorio. Acclamatemi. Applauditemi, sono un Prefetto dovizioso.

Ho soffocato il mio grido di dolore, ho soffocato il mio pentimento e la consapevolezza delle mie azioni.

Ma perché –maledetti!- danzano davanti agli occhi quei corpi paradossalmente svuotati dalla vita, che gocciolano rosso vivo… le tue vittime… queste sono le tue vittime, Seiano, tutti quelli per cui hai deciso. Non dovevano vivere più.

E per te cosa hai deciso? Per te vuoi l’Impero, vuoi Livilla, vuoi una vita che sia invidiata e ammirata, perché la tua vita… la vita…

Cosa è la vita? Cos’è, se non sogno e illusione, una sequela di fantocci che è così facile privare della loro vita – e che poi si rivelano attraverso la nebbia sottile, quel velo rosso e seducente.

Le labbra dell’amante, desiderata, teneramente amata, lei che poteva mettere fine a tutto questo… la spada, l’avresti deposta felicemente, avresti lavato le mani nel fiume e finalmente non sarebbero state più sporche.

Labbra di veleno e di oblio, come il petto su cui vorresti poggiare il capo ora, e chiudere gli occhi, e sapere che non è vero, che non è successo niente, come ricordano i battiti regolari del cuore… non è stato niente. Ma ai malvagi non è concesso il riposo, non è concessa la pace.

E i peccati non si assolvono così facilmente.

E la realtà si rivela con tutta la sua ferocia, i suoi accordi dissonanti, il suo odore acre di morte, portato da tutti i fantasmi che ti seguono e ti additano adesso mentre cammini, e che bramano la carne della tua carne, il sangue del tuo sangue.

Guardi impassibile mentre i tuoi figli vengono portati tra la folla, e le loro grida infantili eppure così maledettamente acute non sono niente per te. Li straziano davanti ai tuoi occhi, perché da sempre le colpe dei padri ricadono sui figli, ma a te non importa, Seiano, ti vedono con quella sorta di sorriso e ti detestano, e si accaniscono sugli innocenti con maggior violenza, cercando il volto del loro padre in quei visi stravolti dalla paura. Chiudi gli occhi –basta, basta con quelle grida! Io sono il malvagio, io non sono il padre, io non ho figli, il mio seme è solo il male! Non gridate, non chiamatemi padre!

Ma poi hai avvertito che arrivava la fine, e ti sei sentito liberato.

Ti sei infuriato a regola d’arte, cercando di fuggire, cercando di trascinare con te nell’abisso che gira in eterno su se stesso quanti più potevi… annaspava, quella follia che ha dominato ogni tuo atto, annaspava e cercava di sopravvivere.

Come un male che ti divora dall’interno, che ti ha sempre dominato, adesso sentiva che la fine si avvicinava. E ha cercato di dare il meglio di sé, e ha cercato di sfuggire dalle labbra che non furono mai spose di quelle che desideravano.

Svegliandosi dal lungo sonno senza sogni e freddo come una tomba, la coscienza e la ragione sono riemerse sotto forma di timidi virgulti, malaticci, ormai del tutto privi di vitalità.

E’ la liberazione, è l’assoluzione che aspettavi.

E allora perché somiglia terribilmente alla morte?

Perché tu hai fatto del male, hai lasciato che il male ti divorasse, regnasse sul tuo cuore rendendolo solo una misera creatura angosciata e tremante, destinata a soccombere ai fiumi di veleno nero che gli riversavano dentro le vene.

Ma sorridi, maledetto cane assassino, sorridi come se non ti importasse.

Non le senti le loro urla? Non senti come desiderano il tuo corpo ancora vivo da fare a pezzi? Sì, li senti. E sei d’accordo con loro.

Li senti, e sorridi perché sai bene che le urla dei vivi non sono niente a confronto di quelle delle vittime che dovrai ascoltare per il resto dell’eternità, che come il tarlo del rimorso –che non ammetterai mai, Prefetto del Pretorio, uomo più potente dell’impero, uomo forte, uomo invincibile- troppo tardi ormai ha cominciato a combattere contro il male per fare resuscitare il cuore.

E’ morto, è morto ormai da tempo.

Si è spezzato al primo assassinio, si è lacerato al secondo, è esploso al rifiuto delle nozze, si è rivestito di ghiaccio e si è fatto tagliente e cosciente del male.

Tu meriti di finire nella bocca dell’Ade, tu meriti di sentire in eterno le unghia dei disperati e degli innocenti che ti lacerano le carni – e lo meriti, perché hai lasciato che i tuoi stessi figli subissero questa sorte a causa tua e del tuo amore scellerato e malato, e lo desideri, perché forse così l’espiazione può essere concessa persino a te!

Ma adesso svegliati, Elio Seiano.

E’ lei, è la morte che arriva, è l’unico raggio luminoso che può scindere le tenebre e toccare per un unico istante le corde di un cuore morto, del suo disperato tentativo di vivere, del suo ultimo battito.

La sentenza è stata emessa. La spada si avvicina, la folla acclama.

Il cuore viene risvegliato da quel tocco freddo della luce. Trema. Apre gli occhi, si guarda attorno. Gli occhi suoi innocenti, colmi di orrore per la devastazione che trovano attorno a sé, solo morte, solo disperazione, e niente, niente di buono.

Persino lei rimane soltanto una pericolosa arma mortale travestita da belle e maledette sembianze.

Una lacrima, solo una, una per raffreddare tutto il caldo del sangue che ti scorre sulle mani, che non ha mai smesso di scorrere.

Il cuore chiude gli occhi, ha deciso di non guardare. Un battito. Il primo, l’ultimo. La morte, l’assoluzione, la fine.

  
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