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Autore: Nisi    20/12/2013    2 recensioni
“Come reagiresti tu, se tutto ad un tratto ti dovessero tagliare quei bei riccioloni scuri e te li tingessero di biondo, se ti dicessero che non puoi mettere più il tuo Belstaff e la tua sciarpa blu e ti facessero indossare delle camicie da boscaiolo invece delle tue button down che ti piacciono tanto, se ti portassero via la tua vestaglia preferita e se al posto dei cerotti alla nicotina ti dessero della tisana al tiglio? Se non potessi più suonare il tuo violino?”
Per ragioni di sicurezza Molly Hooper deve assumere un'altra identità e la cosa non le piace affatto. E' evidente che nei suoi nuovi panni non si trovi, ma forse non tutto il male viene per nuocere.
Seguito di Via, ma molto meno drammatico.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi trovo in una posizione alquanto scomoda. A parte la frangia troppo lunga che mi fa un solletico terribile al naso – il mio travestimento odierno fa il verso al look dei Beatles prima maniera - è il fatto di essere legato con le braccia dietro la schiena in una posizione innaturale che mi causa un importante disagio.
Tutto questo ad opera del mio caro e prezioso informatore del bar nascosto in una vietta del centro.
“Spiacente, Englishman. Nulla di personale.”
“Certo che no”, sbuffo sogghignando. Non temo per la mia incolumità, se questo individuo avesse voluto eliminarmi, lo avrebbe già fatto.
“Bene, sei meno antipatico di quello che pensavo. Sali in macchina che ho da presentarti un amico.”
Ovviamente ho capito a quale amico si riferisce. Non penso che il viaggio in auto durerà molto. Lo spero, almeno, per le mie mucose nasali che con questo puzzo potrebbero rovinarsi irrimediabilmente e nel mio lavoro un buon olfatto è fondamentale. C’è di buono che le distanze da queste parti non sono lunghe. E infatti, qualche minuto dopo la vettura si ferma appena fuori città, davanti a una casa bianca uguale a milioni di altre case bianche.
Il mio autista mi prende per un braccio e abbastanza gentilmente mi fa entrare e mi fa sedere al tavolo della cucina.
Dall’altra parte c’è O’Leary che mi guarda sornione.
Ci fissiamo senza parlare per qualche minuto e  alla fine si alza; girando attorno al tavolo si mette alle mie spalle e mi sussurra all’orecchio, in tono beffardo. “Molto piacere, Englishman.”
“Non posso dire altrettanto, O’Leary.”
Ritorna al suo posto, ma prima di accomodarsi, sposta la sedia in modo che lo schienale si trovi dalla parte opposta.
Si siede e incrocia le braccia sullo schienale. Sorride con candore e mi risponde comprensivo. “Lo immagino”, e si schiarisce la gola. “Senti, Englishman. A me non interessa sapere chi sei. Se vai in giro travestito in quaranta modi diversi, sono solo affari tuoi. Però è da qualche giorno che mi stai attorno. Non ti interessa farmi fuori perché altrimenti lo avresti già fatto e non mi sembri un tipo violento. Ma vuoi qualcosa da me. Non ti puoi permettere di farti riconoscere, da qui il fatto che ti travesti. Ah, ecco, stavo per dimenticarmi! Ti saluta tanto mia zia Deirdre Jean. Si è divertita un sacco alla tua battuta dell’ispettore delle tasse e vorrebbe sapere dove hai trovato quella parrucca da rasta, la vorrebbe regalare a mio cugino Bertie.”
“Era tua zia, allora?”
“Beh, sì. Non è geniale? Lo sai che faccio un lavoro pericoloso e che c’è un sacco di gente che vorrebbe farmi la pelle, quindi la mia famiglia tiene d’occhio la gente che passa dalle mie parti. La mia cara zietta fa il turno di guardia del pomeriggio. Per gli altri ci sono le mie sorelle. Sono in gamba, sai? Soprattutto Dara. Il suo nome vuol dire “quercia” e la sua testa è ancora più dura. E anche Aisling – in irlandese sogno – più che un sogno, un incubo per i malviventi”.
“Notevole”, borbotto fra i denti. “Nel caso ti dovesse andare male nei Gardai, potresti avere un futuro nella pubblicità… oppure come violinista.”
Annuisce, convinto. “Me la cavo abbastanza bene, sì. Ma torniamo a noi.” Mi fissa per un po’, poi in una sola tirata. “Hai gli occhi azzurri. Quando la zia ti ha incontrato avevi le lenti castane, ma al pub non le portavi, il colore dei tuoi occhi è troppo particolare per essere quello di una lente, anche a giudicare dal colore della tua carnagione. Le tue mani sono ben tenute e curate, ma con segni e cicatrici. Armi da taglio e agenti chimici. Non sei un poliziotto e non sei un ricercatore, forse una via di mezzo di entrambe le cose. Potresti essere un consulente investigativo, ma è poco probabile, visto che il lavoro l’ho inventato io”.
Mi mordo la lingua perché non posso assolutamente far saltare la mia copertura e fargli capire – ciarlatano che non è altro - che l’unico consulente investigativo al mondo sono io e che io solo sono stato ad inventare questo lavoro. Soffoco l’impulso di provocargli del male fisico mentre penso che non mi piace essere dedotto. Ciononostante, continuo a tacere e lo ascolto nei suoi deliri.
“Sempre a giudicare dalle tue mani, dovresti essere un benestante. Non hai veramente bisogno di lavorare, forse quello che fai è per te un hobby. Un hobby al quale tieni parecchio, visto l’impegno che ci stai mettendo, ma pur sempre un hobby.”
Un sospiro da parte sua e riprende la sua tirata. “Il fatto che tu ti sia travestito vuol dire che quello che stai cercando è pericoloso. E qui entro in gioco io; la cosa più pericolosa della quale mi sto occupando è lo smantellamento della rete criminale che è stata creata da Jim Moriarty. Sì, credo che per qualche ragione tu stia cercando di fare la stessa cosa. Tu vuoi sapere chi è affiliato a questa rete. Dimmi, Englishman, che ti ha fatto Moriarty? Sei in segreto, è sicuramente una cosa personale.”
“E’ una cosa personale, sì.”
“Cosa ti ha combinato quel pazzo, che possa bruciare all’inferno?”
“Mi ha bruciato il cuore.” Rispondo piano.
Ora O’Leary sembra a disagio. “Beh, cavolo. Mi spiace. Sul serio.”
Si alza e si versa un bicchiere d’acqua da una brocca appoggiata sul lavandino. Poi torna a sedersi.
“Tu non leggi i manga, no?”
“Ho di meglio da fare”, rispondo gelido.
O’Leary scuote la testa. “Peccato. A volte possono ispirare ottime idee. Beh, non importa. Ci perdi tu. Però permettimi di parlarti di uno in particolare. Mai sentito parlare di Death Note?”
Sorrido beffardo. “Temo di dover confessare la mia ignoranza in maniera.”
“Accidenti, hai per caso inghiottito un vocabolario? Parli come un libro stampato! Vabbeh, allora, ti spiego velocemente. Un dio della morte si stava annoiando a morte – scusa il gioco di parole - quindi per fare qualcosa di diverso ha buttato un quaderno della morte sulla terra. Questo quaderno è stato trovato da uno stronzetto di studente che aveva più arie di quelle che ti dai tu. Il quaderno della morte è speciale perché se tu ci scrivi sopra il nome, la data e la causa del decesso di quella persona, tutto si avvera e il poveraccio passa a  miglior vita esattamente nel modo descritto. Questo studente ha deciso di ammazzare dei criminali e la brutta gente che si meritava di morire.”
Taccio, ma penso di cominciare a capire dove voglia andare a parare.
“Se non ti piacciono i manga, posso usare i telefilm. Dexter, mai sentito? No, certo che non lo hai mai sentito.” Sembra sinceramente dispiaciuto. “Questo Dexter è un ematologo e lavora alla polizia di Miami. Solo che in realtà è un serial killer. Suo padre adottivo, poliziotto anche lui, se ne era accorto di questa sua inclinazione e lo ha educato, indirizzando i suoi impulsi omicidi sui malviventi. Interessante, sai?”
“Quindi, tu vorresti eliminare quelli che fanno parte della rete di Moriarty?”
Ancora quell’aria affranta. “Magari potessi… Non posso, sono troppo esposto, troppo conosciuto e chi di dovere lo sa bene che sto cercando di rompergli le uova nel paniere. Lo farai tu, Englishman.” Conclude con un largo sorriso.
“Tu vuoi che sia il tuo cecchino.”
“Oh, ma che brutta parola… cecchino… Diciamo il mio socio!”
“E come fai a sapere che ti puoi fidare di me?”
“Non sbaglio spesso nel giudicare le persone, ma è vero, non so se mi posso fidare di un Englishman”
Sbuffo spazientito.
“Hai poco da sbuffare, ce ne avete combinate talmente tante.” Mi ammonisce puntandomi addosso la penna che sta cincischiando.
“Cominciamo da Cromwell oppure possiamo far partire le recriminazioni dai tempi più recenti dei Black and Tans?”
“Anche, si potrebbe. Sarebbero troppe in ogni caso!”
“… e allora? Cosa vuoi fare?”
O’Leary piega la testa da un lato e mi guarda con aria meditabonda. “Niente di complicato. Almeno per me. La mia lista è organizzata in modo particolare. Parte dal pesciolino più piccolo che non conta niente, fino ad arrivare al più efferato criminale.”
“… e quindi mi darai un nome alla volta, un nome solo. Il successivo me lo darai quando avrò fatto fuori il precedente.”
Annuisce senza parlare. “Bene, direi che hai capito, sei abbastanza intelligente. Allora, soci?”
“Non esageriamo, O’Leary.” Odio che si dica di me che sono “abbastanza intelligente”!
Sogghigna, la faccia da schiaffi. “Allora siamo d’accordo. Ora scusami, devo andare al lavoro e ti devo lasciare. Il mio amico qui che ti ha portato, ti riaccompagnerà in centro. Poi ti darà il primo nome. Buon lavoro.”
“Vedi di star zitto, O’Leary.” Lo guardo cupo. E non mi piace per niente quello che sto per essere costretto a fare.
Un detective è un detective, non un killer. Ma lo sapevo fin dall’inizio che sarebbe finita così. Faccio solo meno fatica a risalire ai nomi delle mie future vittime.
*
“Dottoressa Summers? Ecco, la signora Mac Leod è pronta per l’esame della polizia.”
“Grazie, Dottoressa Cranston. Quando pensa che arrivi il…”
Le porte dell’obitorio si spalancano rumorosamente e in un gran svolazzare di stoffa, mi ritrovo davanti il violinista. Quel violinista.
Che sbatte i tacchi, abbozza un inchino e mi fa un sorriso splendente. “Oh, ma guarda, è un piacere rivedere la nostra voce d’angelo.”
Io non trovo di meglio che arrossire furiosamente mentre il violinista legge il nome sul mio badge, si presenta e mi fa il baciamano. “Fintan O’Leary, al suo servizio dottoressa Summers. Un vero piacere.” E mi sento come se mi stessero passando ai raggi X. “Ma forse posso chiamarla Tracey?”. Senza attendere la mia risposta, si gira di scatto, individua Mellie che è forse più rossa di me. “Oh, Mellie? Un caffè. Nero con due zollette di zucchero.” Mellie rimane impietrita sul posto a fissare alternativamente me e colui che ho scoperto essere il detective O’Leary.
“Dottoressa? Tracey? Prima che vada a esaminare il cadavere delle signora Mac Leod, vorrei invitarla a bere qualcosa con me, stasera o quando è libera. Potremmo fare un duetto, che ne dice?” Mi fa l’occhiolino e senza aspettare risposta, gira sui tacchi e ci lascia sole. Mellie ha gli occhi gonfi di pianto e si fionda a nascondersi in bagno.
Guardo Cora. “Ma che sta succedendo?”
Cora sbuffa. “Ha appena conosciuto Fin. L’uomo del quale Mellie è innamorata da anni e che la tratta come una pezza da piedi. Contenta?”
No che non sono contenta. Mi sono rivista al 100% nel modo di fare di Mellie. Ero davvero tanto patetica? Sì, certo che lo ero. La risposta è sì, ero patetica e sono patetica.
Il problema è che questo ispettore violinista è anche un gran bell’uomo, ho tanto bisogno di togliermi Sherlock dalla testa e dal cuore, ma lo sguardo di Mellie potrebbe essere benissimo il mio.
Merda.
*
Buongiorno! Solitamente non aggiorno la mattina, ma domani parto per l’India e stasera avrò da fare.
Mi spiace che lo scorso capitolo sia piaciuto a pochi, speravo di sì.
Come gentilmente suggerito da Irregolare, se volete avere un’immagine di O’Leary pensate a Michael Fassbender. Prima pensavo a Domhall Gleeson (l’attore che impersona Bill Weasley in Harry Potter), ma mi sembrava troppo giovane. Fassbender è stata la quadra. Per cui, grazie a Irregolare.
La citazione “hai inghiottito un vocabolario” è un omaggio a Downton Abbey.
Come dicevo qui sopra, domani mattina prenderò l’aereo per New Delhi e rientrerò il 5 gennaio. Passate delle belle feste.

Nisi

 
   
 
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