Viva la Vida
#3.
Mysterious
"Niente
è quello che sembra"
In
queste poche parole Roxas soleva nascondere l'intero universo.
Roxas
è sempre stato una persona misteriosa,
benché all'inizio
lo abbia etichettato come strano - freak -
con il passare del tempo non potei fare a meno di notare quest'altra
sua preponderante caratteristica: non potrai mai sapere quello che
frulla realmente nella sua testa, anche se ti da delle spiegazioni,
lui tenderà sempre a nasconderti qualcosa. Con questo non
voglio
dire che è un bugiardo, perché non lo
è e non lo sarà mai, solo
che tende ad omettere alcune verità e preferire alcuni
dettagli ad
altri. Se all'epoca avessi saputo questo piccolo dettaglio
sarebbe stato tutto più semplice, ma è anche vero
che se non fosse
stato proprio per questi lati così strambi ed intriganti del
suo
carattere, io non mi sarei mai interessato a tal punto a lui.
Quando
aprii gli occhi quella mattina, il mio primo pensiero fu
Roxas.
Beh
non proprio... il primissimo fu quello di accendermi una sigaretta,
ma questo dettaglio avrebbe sicuramente rovinato l'atmosfera
idilliaca del mio discorso!
Dunque dicevo, il mio primo
pensiero fu Roxas e non perché fossi mosso da particolari
sentimenti
nei suoi confronti, ma perché ero curioso. Circa due giorni
prima lo
avevo incontrato al minimarket all'angolo e, anche se non mi aveva
detto nulla, avevo notato che il suo umore era più cupo dei
nuvoloni
che affollavano il cielo plumbeo di metà ottobre. Era
più
silenzioso del solito, aveva l'aria confusa, non sembrava prestare
attenzione e solo più tardi, dopo che ci eravamo congedati,
mi resi
conto di quanto fosse pallido in volto.
Sembrava molto più
fragile di quanto potessi immaginare, e per la prima volta lo vidi
come una persona e
non più come Roxas, lo
scherzo della natura che mi era stato affiancato come tutor.
Il
suo comportamento inusuale e le sue parole mi avevano dato molto da
pensare negli ultimi due giorni, mi aveva detto "Qualcosa
succederà a breve"... e
in effetti qualcosa era successa: Demyx aveva riversato metà
del suo
fottutissimo gelato al pistacchio sul tappeto del salotto. Fortuna
che mio padre è in viaggio per lavoro,
aggiungerei. Ma non era questo. Non saprei neanche come spiegarlo in
realtà. Non sono un tipo che crede nella sorte o roba simile
ma
sapevo che qualcosa effettivamente sarebbe successa, non sapevo a chi
o cosa, se buona o cattiva... qualcosa sarebbe successa e basta. Un
presentimento, chiamiamolo così. D'altronde Roxas non mi
aveva fatto
neanche il piacere di spiegarmi cosa voleva dire con quella sua frase
o se si riferisse a se stesso o era in generale.
Feci
un altro tiro dalla sigaretta e piegai la bocca in modo da creare
tanti piccoli anelli di fumo e focalizzai la mia attenzione su di
essi, portai distrattamente lo sguardo alla finestra e notai
che fuori era ancora tutto scuro. Buon
per me,
pensai,
avrei
potuto poltrire ancora a letto.
A quel punto ritornai ancora con
la mente a Roxas: era Lunedì, quel giorno l'avrei rivisto e
avrei
potuto togliermi quelle curiosità che ormai mi stavano
assillando.
Va tutto
bene? Perché eri così
strano? Cosa deve succedere? E soprattutto a chi?
Avvertii
un improvviso movimento sotto le coperte accanto a me, accompagnato
da un mugugno contrariato. Io non vi badai finché il filo
dei miei
pensieri fu interrotto bruscamente.
"Porca puttana è
tardissimo!" lo strillo poco elegante che era riecheggiato per
tutta la casa apparteneva a Larxene - e chi altri allora? - che aveva
appena afferrato il cellulare dal comodino e aveva spalancato i suoi
occhi ancora assonnati in un'espressione di puro orrore "Che
cazzo fumi a letto, vuoi incendiare la casa? E perché non mi
hai
svegliato prima, razza di coglione?"
Larxene: quarto anno,
cheerleader, capelli biondi, occhi di un azzurro che va nel verde,
verde che va nell'azzurro. Era una di quelle creature
che
possono ispirare tutto fuorché un sentimento pari all'amor
stilnovista (già, Roxas mi ha fatto studiare bene) - donna
angelica,
essere celestiale, nobilitatrice dell'animo... puttanate. L'unica
cosa di celestiale che si ritrovava erano le sue tette enormi, per il
resto era una bestia, l'anticristo in
persona. Non ho mai visto tanta troiaggine (esiste come parola?) e
cattiveria racchiusi in un solo corpo. Ma nonostante questo era una
strafiga: facile ma con degli standard, e cosa c'è di meglio
di un
buon vecchio e sempreverde cliché del capitano della squadra
di
basket che se la fa con la cheerleader più popolare?
È vero, in
precedenza ho detto di essere gay marcio ma anche io all'epoca avevo
dei bisogni da soddisfare di tanto in tanto... e dal momento
che nessuno doveva
sapere delle mie preferenze, mi accontentavo di qualche ragazza.
Probabilmente non lo sapete ma essere etichettati come omosessuali
è
peggio dell'essere considerati sfigati.
"Buongiorno
anche a te Larxene" proferii senza fare una piega al suo
linguaggio stilnovista.
"Vai
a farti fottere" borbottò con poca grazia alzandosi dal
letto e
fuggendo in bagno. Almeno era di buon umore.
Con un sospiro decisi
di alzarmi anch’io, andai alla ricerca dei miei vestiti che
avevo
abbandonato in giro per la stanza la sera prima e li ammucchiai nel
cesto della biancheria, scelsi un nuovo cambio e mi rifugiai nel
bagno di servizio, dal momento che quello principale sarebbe stato
occupato da Larxene per
molto
tempo.
Mi appuntai mentalmente che non avrei dovuto invitarla più
da me
quando c'era scuola.
Mi lavai e mi cambiai velocemente, afferrai
la borsa e bussai alla porta del bagno ancora occupato.
"Larx
io inizio ad andare a scuola, per piacere non lasciarmi il bagno una
schifezza"
Ci fu una breve pausa e poi udii la sua voce
seccata "Certo, certo a dopo"
Detto ciò mi affrettai ad
uscire dal mio appartamento e presi a camminare a passo spedito,
abitavo vicino la scuola quindi non avevo bisogno di prendere la
macchina. Non mi preoccupai di lasciare Larxene sola nella mia casa,
non era la prima volta che accadeva, è che non avevo voglia
di
sorbirmi le stronzate delle donne di prima mattina.
Appena arrivai
in vista della scuola passai per il parcheggio invece che dal cortile
e lanciai uno sguardo all'orario sul display del mio cellulare. Ogni
mattina, alla stessa ora, vedevo Roxas scendere dalla Pontiac
argentata di Riku (il
fidanzato di Sora), e suo
fratello Sora o lo stesso Riku si offrivano sempre di portargli la
borsa fino all'entrata della scuola, dove le loro strade si
separavano per poi ricongiungersi il pomeriggio. Roxas mi aveva detto
che abitava nel quartiere residenziale poco lontano, quindi Riku si
offriva di dare a Sora e lui un passaggio a scuola; ma ora che ci
penso non gli avevo mai chiesto come mai lo guardavano sempre con
apprensione e gli portavano la borsa.
Ad ogni modo si stava
facendo tardi e della Pontillac nessuna traccia, rimasi a scrutare il
parcheggio finché la campanella non suonò e non
mi costrinse ad
entrare. Storsi il naso quando notai che Roxas non era in classe,
cercai di convincermi che magari aveva avuto qualche contrattempo.
Sì, sicuramente avevano trovato traffico e avevano fatto
tardi, ma
la mia ipotesi cadde quando, alla seconda ora mi affacciai nella
classe di Inglese e non era presente neanche lì.
Forse
stavo diventando paranoico ma mi stavo preoccupando.
"Axeeel!"
il cinguettio acuto, seguito da un'energica pacca sulla spalla mi
fecero trasalire di brutto e per poco non sbattei la fronte contro lo
sportello del mio armadietto aperto.
"Ma che cavolo!" mi
voltai verso la causa del mio quasi infarto. "Yuffie la vuoi
piantare di arrivare da dietro così all'improvviso?"
"Le
mie tecniche ninja sono sempre infallibili" lei rise
raggiante e aprì il suo armadietto. Yuffie non era una mia
amica ma
la conoscevo perché era la mia vicina di
armadietto ed era una
tipa abbastanza esaltata perché credeva di essere un ninja:
solitamente non socializzo con chi non fa parte del mio gruppo ma lei
aveva un carattere così insistente e coinvolgente da non
lasciarmi
scampo, inoltre era una ragazza quindi era sempre aggiornata sugli
ultimi pettegolezzi.
"Ho una notizia pazzesca"
"Spara"
risposi guardandola con un pizzico di interesse. Andavo pazzo per il
gossip, ma questa era una di quelle informazioni che nessuno avrebbe
dovuto scoprire.
"Hai presente Vincent Valentine?"
"Uhm,
quel tizio con l'aria da vampiro?"
"Esattamente" la
vidi saltellare entusiasta "Ho deciso di invitarlo alla festa di
Halloween"
Ridacchiai a quel pensiero "Buon per te...
fareste una coppia... " di
fattoni,
stavo per dire ma mi
fermai e analizzai con cura le parole da utilizzare "Una coppia
da sballo"
Seriamente, chi meglio poteva accoppiare un
vampiro e un ninja?
"Ma a quanto pare dovrei fare io i
complimenti a te" riprese guardandomi adesso con un'espressione
maliziosa "Sta nascendo una nuova coppia?"
"Che
stai dicendo?" aggrottai le sopracciglia.
"Sabato
pomeriggio ti ho visto al minimarket assieme a Roxas, gli hai offerto
una Cocacola... vero Zex?" si voltò alla sua sinistra e un
altro armadietto si chiuse, rivelando Zexion - se ricordavo bene -
ragazzino minuto, secchione e topo di biblioteca, lo avevo visto
girare varie volte in compagnia di Roxas. Questo mi lanciò
un'occhiata illeggibile ma io non vi badai perché ero troppo
occupato a tenere a bada l'ansia che stava man mano crescendo
in
me.
"Tu...tu che ne sai?" puntai un dito indagatore
contro la brunetta.
"Vi ho visti" scandì bene le parole
con un risolino innocente "Te l'ho appena detto, vero
Zex?"
Ancora questi non rispose ma continuò a guardarmi con
l'unico occhio visibile - l'altro era nascosto da un ampio ciuffo in
stile emo.
"Com'è possibile che non mi sia accorto di te?!"
esclamai indignato.
"Perché sono un ninja!"
Non
potevo credere al livello di pazzia che pullulava in quella scuola,
inoltre non si poteva neanche incontrare qualcuno che subito
iniziavano a nascere congetture improbabili e...oh cavolo!
"L'hai
detto a qualcuno?" mi affrettai subito a chiedere senza badare
al resto.
"No non preoccuparti" lei scosse la testa
e mi sorrise come una bambina "Solo alle mie amiche
più
strette: Yuna, Rikku, Ariel, Belle, Aurora, Alice, Selphie..."
elencò sulle dita e poi parve pensarci qualche secondo e
aggiunse
"Oh sì e anche Kairi"
In quel momento mi sentii come
trafitto da mille frecce, il mio cuore non avrebbe retto. Kairi era
la più grande pettegola della scuola, ogni informazione
passava
prima sotto il suo giudizio e poi lei la rendeva nota a
modo suo.
E peggio ancora,
Kairi era mia cugina.
La mia
vita è finta, pensai
sconsolato senza badare al chiacchiericcio di fondo a senso unico di
Yuffie.
"Senti... non metterti strane idee in testa, l'ho
incontrato per caso e ci siamo fermati a chiacchierare. Nient'altro.
E per la cronaca, come mai non dici niente del fatto che ieri notte
sono stato con Larxene? Non penso che tu ancora non lo sappia.
"
"Certo che lo so. Ma non fate più notizia, non
c'è
passione tra di voi... e poi si dice che lei sia lesbica"
Sospirai
sconfitto.
Riposi tutti i libri che non mi servivano più e chiusi
l'armadietto con un tonfo. Feci per andarmene ma ci ripensai.
"Senti
un po', prima di tutto piantala di andare in giro a diffondere
notizie false su di me" mi abbassai alla sua altezza e le
bisbigliai all'orecchio "Secondo, hai visto Roxas?"
Lei
scosse la testa "No... questa mattina non l'ho proprio visto"
poi si girò verso l'altro ragazzo. Cavolo mi ero dimenticato
della
sua presenza! "Ehi Zex, tu l'hai visto? Se non mi sbaglio
avevate Filosofia insieme"
"Non si è sentito molto
bene" rispose a voce così bassa e atona che dovetti
sporgermi
verso di lui per sentire "Si farà vedere appena
starà
meglio"
Yuffie e Zexion si scambiarono un'occhiata, come se
stessero comunicando chissà cosa e lei alla fine
ridacchiò.
"Conoscendo il tipo, sarebbe capace di
presentarsi anche direttamente alle attività pomeridiane pur
di non
fare assenze"
"Ehi Ax" mi voltai e vidi Dem
che correva nella mia direzione.
Io lo salutai con una mano, mi
misi la borsa in spalla e piantai in asso gli altri due per dirigermi
verso il mio amico Mullet-man. Mi ero stancato di tutte quelle
conversazioni insensate.
"Ciao Dem. Pronto per sgranchirti un
po' le gambe?" la nostra prossima ora era Educazione
fisica.
"Prontissimo"dichiarò con il suo solito tono
esuberante "Ma prima volevo chiederti una cosa"
Afferrai
dal pacchetto che aveva in mano uno di quei soliti biscotti schifosi
che era solito mangiare "Cosa c'è?"
"È vero che
stai uscendo con quel Roxas?"
Per poco non mi
strozzai.
Quelle voci infondate ormai si stavano propagando a
macchia d'olio e io non potevo permettere che la mia reputazione
venisse infangata da una idiozia del genere. Era vero che trovavo
interessante quel ragazzino, così come era vero che ero
stato un po'
in ansia dall'ultima volta che lo avevo incontrato, ma io non stavo
uscendo con lui. Non mi piaceva. Non provavo nulla per lui.
Che
ingenuo che ero.
Tutta quella situazione aveva generato in me un
improvviso impulso di rabbia, dovevo trovare mia cugina e scambiare
due chiacchiere con lei. Attraversai di corsa i corridoi, sentendomi
perforato dagli sguardi indagatori degli altri studenti, e appena
arrivai negli spogliatoi sbattei con poca grazia la borsa sulla panca
e iniziai a cambiarmi.
"Moore!" una voce carica d'ira
alle mie spalle mi fece voltare. Si rivelò essere Sora, il
fratello
dell'oggetto delle mie pene.
"Ma guarda un po', un altro
Strife. Certo che non mi date un secondo di tregua" mi rivolsi a
lui con tono velenoso. Non avevo nulla contro Sora ma tutta la
questione con Roxas e i pettegolezzi mi stavano facendo saltare i
nervi e lui mi stava cercando in un momento sbagliato.
"Ho
sentito quello che si dice in giro. È la
verità?" fece un
passo verso di me e mi guardò con astio.
"Perché non lo
chiedi al tuo fratellino?" ribattei infastidito contraendo i
miei lineamenti.
"Se fosse vero me l'avrebbe detto, lo so che
non state insieme. Ma io voglio sapere se è vero che
è con te che
passa il tempo!" ormai era rosso in faccia.
"Sora basta
così" intervenne Riku, frapponendosi tra me e il castano.
"È
il mio tutor, non me lo sono scelto io" borbottai
malamente.
Quella mia risposta lo fece raggelare. Si bloccò per
un momento e poi si aggrappò al petto del ragazzo dai
capelli
argentei "Allora è vero...Riku tu lo sapevi? Dimmi la
verità"
mormorò con tono tremante "Perché non mi ha detto
niente?"
"Non lo sapevo" quest'ultimo lo guardò
negli occhi e gli accarezzò i capelli "Ma ora basta, stai
calmo"
Sora annui ma poi si rivolse di nuovo a me, con uno
sguardo carico d'odio "Axel! Non ti avvicinare a mio fratello"
la sua voce tremava ancora, ma questa volta di rabbia nei miei
confronti "Lascialo in pace... la colpa è tutta tua, ne sono
sicuro. Non avvicinarti mai più a lui" urlò,
calde lacrime
avevano iniziato ad uscire copiose dai suoi occhi.
Lo guardai
stupito, non sapevo cosa dire di tutto ciò.
"Moore" mi
richiamò Riku con espressione neutra ma più
calma, stringendo
sempre il castano tra le sue braccia "Per piacere fai come ti
dice Sora e non cercarlo più"
Giuro. Non ci stavo capendo
nulla. Ma che cazzo avevano tutti? Roxas che faceva il misterioso,
Yuffie che andava dicendo che io e lui avevamo una storia, Sora che
mi attaccava e poi faceva le sceneggiate melodrammatiche e Riku che
lo assecondava...e giuro di aver letto sulle sue labbra anche un
"Perdonalo", rivolto al comportamento da vero mestruato del
ragazzino castano.
Rivolsi un vaffanculo generale e uscii
fuori, nella palestra all'aperto. Ormai ne avevo le tasche piene di
tutto e tutti. Mi diressi con ampie falcate nel campetto in cui
sapevo che si stavano allenando le cheerleaders, entrai dalla
porticina che delimitava la recensione, come se quel posto mi
appartenesse, e senza pensarci due volte richiamai mia cugina alla
mia attenzione.
"KAIRI!" sbraitai infuriato, ignorando
deliberatamente tutti i saluti e le paroline che mi rivolgevano tutte
le altre ragazzine. Da un angolino più lontano scorsi anche
Larxene
che se la ghignava con gusto.
Kairi si congedò dalle sue compagne
e mi raggiunse in disparte, mi fece cenno di uscire dal campo e di
dirigerci dietro gli spalti dove avremo avuto un po' di
privacy.
"Ebbene?" chiese questa con aria scocciata di
essere stata interrotta durante le sue attività.
"Ebbene
dovrei dirlo io" sbottai incrociando le braccia al petto
"Che diavolo ti salta in mente diffondendo certe cose?"
"A
cosa ti riferisci?"nonostante il mio tono serio lei non appariva
interessata.
"Lo sai bene! Mi riferisco a quella storia di me
e Roxas. Perché dici cose non vere?"
"Oh, ti riferisci
a quello? Beh io non ho fatto niente questa volta, è stata
Yuffie a
raccontare tutto" sorrise con malizia "E non dire che non è
vero perché ho anche le prove"
"E che prove
avresti?"
Lei di tutta risposta prese il cellulare e mi
mostrò una fotografia, era un po' mossa ma mostrava senza
ombra di
dubbio me che portavo Roxas verso il parco.
"Yuffie l'ha
mandata solo a me"
"Ma che cazzo, adesso vi improvvisate
anche paparazzi?" esclamai non riuscendo più a
contenermi
ma questo non fece che provocarle una fragorosa risata "Guai a
te se la fai vedere a qualcuno"aggiunsi ancora arrabbiato.
Lei
mi guardò malandrina, sapeva che non le avrei fatto nulla
sia perché
era una ragazza e perché era mia cugina ma questo non
significava
che non mi sarei vendicato.
"Tranquillo non lo farò"
mormorò mettendo di nuovo il cellulare in tasca "Ma non lo
farò
perché me lo stai chiedendo tu, anzi mi farebbe piacere
vederti
sputtanato per una volta. Se non lo faccio è per Roxas, per
non
metterlo ancora più nei guai di quanto non sia"
Sebbene quel
suo discorso era fatto più per farmi infervorare che altro,
io mi
imposi di mantenere la calma e già che c'ero
potevo farmi dare tutte le informazioni che volevo. Dovevo solo
giocarmi bene la partita, niente di più semplice.
"Di che
guai parli? Sono io quello nei guai dal momento che è stato
ritratto
con uno sfigato, e Yuffie aggrava anche il tutto dicendo che
c'è
qualcosa tra noi"
"Sai... lui non è basso come te, per
questo io sono dalla sua parte e non dalla tua. Se lui non
può farsi
vedere con te non è perché pensa alla propria
reputazione ma perché
suo fratello si arrabbierebbe"
"Me ne sono accorto"
feci sarcastico "Prima mi ha aggredito negli spogliatoi
dicendomi di stare alla larga da Roxas. Ma che cavolo ha contro di
me? Eppure non gli ho mai torto un capello, avevo anche promesso a
Roxas che non avrei fatto lo stronzo neanche con lui. Quel tuo amico,
Sora, è un pazzo... cos'ha di tanto prezioso Roxas da fargli
fare
scatti del genere?"ribattei duro stringendo i pugni.
Capivo
se la sua fosse stata una reazione dettata da qualche motivo
scatenante, ma io non avevo mai fatto nulla a loro... beh a Roxas non
ero tanto sicuro, ma a Sora di sicuro non gli avevo fatto nulla.
"È
malato, Axel" tagliò corto lei "Ora come ora l'unica cosa
di cui ha bisogno è riposo e non delle vostre cazzate.
Conosco Roxas
abbastanza bene
da poterti
assicurare che non ci penserebbe due volte a rispondere ai
vostri complimenti.
Fa' come ha detto Sora e lascialo stare..."
La serietà della
sua espressione mi fece tentennare e per qualche secondo ero davvero
sul punto di demordere, ma poi mi ricordai con chi avevo a che fare:
Kairi,cheerleader di punta, amica di Larxene, la più grande
pettegola della scuola, e soprattutto mia cugina. Il che significava:
furbizia, astuzia e bastardaggine. Riusciva a maneggiare a proprio
piacimento qualsiasi informazione le capitasse a tiro. Poteva
ingannare chiunque se voleva.
"Tu sei solo innamorata
di Sora, ecco perché lo difendi" contestai indispettito dopo
qualche secondo "Zexion me l'ha detto...'non
sta molto bene',
non è poi
grave come lo dipingi tu!"
Kairi mi guardò dal basso con
espressione malinconica, la vidi congiungere le mani al petto
"Sarò
pure innamorata di Sora, ma adesso è di Roxas che stiamo
parlando.
Zexion per caso ti ha detto anche cos'ha? Per piacere... ascolta
quello che ti sto dicendo e dimenticati della sua esistenza. Se vuoi
metterò in giro altre voci che smentiscano quello che ha
detto
Yuffie, la tua reputazione non sarà rovinata
perché sei stato visto
in giro con lui, però ti prego lascialo in pace"
"Kairi
tu..."
"Ti sto parlando da amica preoccupata per la sua
salute" ribadì questa volta con più dolcezza.
Le parole di
Kairi, la sua serietà, quella nota di dolore nei suoi occhi
blu,
tutto mi fece vacillare. Mi sentii come pervaso da un moto di
infelicità e insoddisfazione.
Chi diamine era Roxas Strife da
riuscire a provocare tante emozioni in me anche quando non era
presente?
"Kai..." una vocina dolce e delicata ci fece
trasalire e immediatamente ci voltammo verso una figurina poco
distante da noi.
"Nami"sussurrò Kairi voltandosi verso
la sua amica.
"Mi dispiace, non volevo interrompervi ma il
coach ti cerca urgentemente Kai" la ragazzina rimase immobile,
senza muovere un dito e mi rivolse solo uno sguardo.
"Vado
subito, grazie per avermi avvertita"
Kairi annuì. Indugiò per qualche altro secondo e
poi iniziò
a trotterellare nella direzione da cui era arrivata, per poi voltarsi
verso di me solo per un breve istante "Mi raccomando Ax"
e detto ciò scomparve dalla mia vista, lasciandomi in
compagnia
della biondina appena arrivata.
"Senza volerlo ho sentito di
cosa parlavate, Axel Moore" prese nuovamente parola
quest'ultima. Non conoscevo bene Naminè ma era una ragazzina
che a
tratti mi inquietava. Era molto amica di Kairi e di Roxas e
sembrava sempre assente dal mondo reale, preferiva crearsene di
propri
nei suoi disegni, però quando parlava mostrava sempre una
maturità
fuori dal comune. Sembrava quasi una strega o una veggente a volte, e
il suo abbigliamento non l'aiutava di certo: soleva vestire quasi
esclusivamente di bianco. Altro che Larxene, lei poteva
essere definita una creatura angelica.
Io sostenni il suo sguardo
senza dir nulla, in realtà non sapevo cosa dire.
"Non sei
mosso da sentimenti negativi nei confronti di Roxas"
continuò
vedendo che io non accennavo a rispondere.
"Tu sei la Naminè
che è stata importunata da Xigbar vero?"
Lei annuì
candidamente e poco dopo riprese "Roxas è una persona molto
importante per me e so che in realtà rappresenta anche per
te
qualcosa... per questo voglio rivelarti una cosa" fece una breve
pausa e io rimasi in ascolto "Durante l'ultima crisi che ha
avuto, più di una volta ha mormorato il tuo nome. Credevano
che
delirasse ma io sapevo che in realtà era preoccupato
perché
non avrebbe potuto prender parte ai vostri incontri
pomeridiani,
me lo ha rivelato lui stesso. Anche tu rappresenti qualcosa per
lui"
Io rimasi contraddetto dalle sue parole e dal tono caldo
ma neutro con cui erano state pronunciate. Io ero qualcosa per
Roxas?
"Roxas adesso sta affrontando una situazione
abbastanza delicata e non può subire scosse emotive. Per
questo Sora
era arrabbiato quando ha saputo di te"
"A-aspetta,
non...non credo di aver capito. Perché ce l'ha con me?"
balbettai timoroso.
"Tu lo faresti soffrire. Questo non
gioverebbe alla sua salute"
Spalancai gli occhi a quella
risposta e feci un passo verso di lei per fronteggiarla meglio "No.
No, aspetta. Io ho dichiarato una tregua, perché dovrei
farlo
soffrire?"
"Non è abbastanza..." sussurrò a quel
punto ma poi ci ripensò e si corresse "Tu non
sei abbastanza. C'è qualcosa di fondo, lo so, ma tu non
l'hai ancora
percepito; Roxas ne avrebbe bisogno, sono sicura che così
potrebbe
guarire"
"Ma che stai dicendo?"
"Guarda nel
tuo cuore e lo capirai, Axel Moore" e detto questo fece per
andarsene ma la fermai.
"Naminè aspetta" lei si voltò
e io ripresi a parlare "Qui nessuno mi dice niente... che
cos'ha? Posso fare qualcosa?"
Lei mi scrutò per qualche
istante e poi accennò un lieve sorriso "Se vorrà
te lo dirà
lui stesso. E sì, c'è una cosa che potresti fare
per lui: stagli
lontano ma vicino, stagli vicino ma lontano"
"Eh? Che
significa?"
Ma questa volta non si voltò più,
proseguì per
la sua strada iniziando a cantilenare le ultime parole che mi aveva
rivolto.
Il sudore scivolava copioso dalla mia fronte ma non
mi fermai neanche ad asciugarlo che afferrai di nuovo la palla
arancione, con qualche palleggio mi avvicinai sempre di più
al
canestro ed effettuai una delle mie scenografiche schiacciate che mi
avevano permesso di guadagnarmi il titolo di capitano già
dal
secondo anno.
Amavo il basket da sempre, fin da bambino, al
di sopra di ogni altra cosa. Era il mio credo, le parole che non
dicevo, la mia fatica, la mia felicità, il mio
pianto. In quei
28 metri di lunghezza riuscivo ad abbattere ogni mio limite e sentivo
di racchiudere l'universo nelle mie mani. Non c'era un motivo
preciso per il
quale avessi
iniziato ad amare questo sport, lo amavo e basta. Era l'unica mia
certezza, l'unica costante della mia vita e l'unica cosa che mi
avvicinava davvero a mio padre. Fino ad allora non avevo mai amato
nessuno come il basket e ogni volta che ne avevo l'occasione non
potevo fare a meno di prendere la mia palla dalla mensola e andare a
fare quattro tiri.
Riusciva a calmarmi in ogni momento, per
questo quel pomeriggio mi ritrovavo a palleggiare nel campetto di
street basket del quartiere. Eravamo solo io, la palla e il canestro,
tutto il resto non contava; Roxas non contava e neanche quel
senso di oppressione
trasmessami da
quella situazione.
La palla
rimbalzò un paio di
volte sul cemento duro dell'asfalto,
l'afferrai con entrambe le mani e con un balzo la lanciai ancora una
volta in aria, ma questa volta non finì nel canestro.
"Per
essere un play maker i tuoi tiri da tre fanno schifo"
Una
voce fredda e pacata, ma densa di sarcasmo, riecheggiò nel
campetto.
Dal mio canto, andai a riprendere la palla e continuai con i miei
palleggi.
"Le schiacciate sono di maggior effetto"
ribattei mentre mi posizionavo davanti al canestro e feci un tiro
libero che andò a segno.
"Ma i tiri da tre valgono di
più"
"Da quand'è che ti preoccupi degli altri" a
quel punto decisi finalmente di girarmi verso il mio interlocutore
"... Saix?"
L'altro, appoggiato al muro e con le mani in
tasca, mi sorrise sghembo "Io mi preoccupo di tutti i miei
compagni"
"Ma dai? Non si direbbe" ridacchiai
ironico e mi passai una mano sulla fronte per togliere il
sudore.
Lui di tutta risposta mi studiò attentamente ma non
disse altro, tipico.
"Allora, a cosa devo la visita?"
presi la palla da terra e gliela lanciai. Non era da lui venire a
cercarti di proposito se non c'era qualcosa sotto, e sapevo che quel
qualcosa non mi sarebbe piaciuto.
Saix afferrò la palla al balzo
e la scrutò attentamente con i suoi occhi felini.
"Non posso
venire a salutare un mio caro amico che devo essere subito trattato
con diffidenza?" accennò un sorriso machiavellico
così come
iniziò a far roteare la palla su un dito. Io lo guardai con
un'espressione che voleva dire 'mi
stai prendendo in giro?', lui
ridacchiò e riprese "Beh, effettivamente, c'è
qualcosa"
"Ormai
ti conosco"
"Oggi non sei venuto alla nostra riunione di
gruppo, e neanche a pranzo ti si è visto"
Come
sospettavo.
"Mi ero dimenticato della riunione" scrollai
le spalle, ero serio tra l'altro "Oggi ero un po'
scocciato"
Saix iniziò a camminare lentamente verso il
centro del campo, dove mi trovavo io, reggendo sempre la palla in
mano.
"Lo immaginavo"sibilò con tono di finta
apprensione una volta davanti a me "Sai, eravamo preoccupati per
te. Ultimamente sei strano, pare che tu stia ammorbidendo un po'
troppo la presa con i bambinetti"
Scrollai le spalle "Sai
com'è, è un periodo particolare e tutto... mi
hanno sospeso dalla
squadra e ora sto studiando sodo per essere riammesso. Ma è
una cosa
passeggera, non preoccuparti"
"Lo spero tanto per te,
non vorrei che quel Roxas Strife ti metta qualche strana idea in
mente...sai noi lo abbiamo puntato"
Iniziò a palleggiare. Io
non mi feci prendere di sorpresa e mi posizionai subito in difensiva
ma lui con abili e rapidi movimenti riuscì a sfondare la
difesa ed
effettuò un tiro da tre perfetto in tutti i sensi. "Xemnas
non
sembrava tanto compiaciuto da
quelle voci che giravano per la scuola. Vedi di non deluderlo
ancora"
Queste furono le sue ultime parole prima di lasciarmi
di nuovo da solo nel campetto.
Il suo era un ultimatum, voleva
farmi capire che sapeva delle voci, aveva notato che da quando avevo
iniziato a frequentare Roxas non avevo mostrato più il
solito
carattere aggressivo, voleva ammonirmi che se non fossi ritornato
sulla retta via sarei finito sulla loro lista nera.
Cosa c'era di
sbagliato nel voler conoscere di più una persona?
Perché doveva
essere tutto così complicato?
Avvilito da tutto quello che stava
succedendo, cacciai un urlo angosciato che si mescolò al
fragoroso
fruscio delle foglie sugli alberi.
Passarono i giorni e di
Roxas neanche l'ombra.
In quei giorni avevo meditato molto
sulla situazione e, non per fare lo stronzo, ma ero giunto alla
conclusione che probabilmente avrei dovuto seguire i
(diciamo)consigli di
Saix, Sora e Kairi - i quali, sebbene avessero idee divergenti,
volevano solo una cosa: che io facessi finta che Roxas non fosse mai
esistito.
Semplice a dirsi, dopotutto non è che avessi instaurato
chissà quale rapporto con il biondo; così ripresi
a
farmi gentilmente consegnare
il pranzo dalle matricole, a insultare verbalmente i ragazzini, a
fare il pervertito con le ragazze per infastidirle e a dormire in
classe. Ma non avevo più picchiato nessuno, in un certo
senso i
discorsi di Roxas mi avevano colpito e pian piano, anche senza
volerlo, stavo iniziando a capire quali dovessero essere i miei
limiti. Certo, quella vita mi piaceva: fare lo stronzo mi riusciva
semplice perché dopotutto era quello che avevo sempre fatto
per
nascondere tutte le mie debolezze e Xemnas sembrava soddisfatto che
fossi tornato quello di una volta; inoltre in quei giorni erano
cessati tutti gli attentati contro la prepotenza dell'Organizzazione
XIII, quindi per me risultava ancora più evidente che dietro
tutti i
casini c'era proprio Roxas. Eppure non mi sentivo soddisfatto.
Sentivo un grande vuoto dentro di me che cresceva sempre di
più. Mi
sentivo solo, ecco. Solo Roxas in quei pochi giorni era riuscito a
colmare quella presenza che mancava nella mia vita ed era l'unico che
riusciva a non farmi pesare l'assenza del basket.
Solo un giorno
mi recai in aula studio, mosso da un moto di nostalgia, speravo di
ritrovarlo sempre raggomitolato sul solito sgabello alla scrivania,
pronto con qualche nuova offesa; ma lui non era lì, e
neanche i
giorni dopo. L'aula era vuota, le luci spente e la
postazione abbandonata.
Ripensando agli atteggiamenti degli
amici e del fratello, mi ero chiesto più volte cos'avesse
Roxas -
era una malattia tanto grave? Sarebbe guarito presto? Ma più
che
altro,
sarebbe
guarito?
Altrimenti non si spiegava tanta ansia e preoccupazione nei suoi
confronti.
Forse quando abbiamo parlato quel sabato lui si stava
riferendo proprio a questo. O forse al fatto che Sora aveva
scoperto di lui e Roxas e si era arrabbiato? E poi mi chiesi ancora,
perché cavolo Sora ce l'aveva con me e perché
avrei dovuto far
soffrire il fratello?
Le parole di Naminè rimanevano un mistero
per me, non sapevo cosa pensare ma alla fine ero arrivato a una
soluzione.
Stagli
vicino ma
lontano.
Per amor della mia
reputazione, delle mie amicizie, della mia tranquillità e in
rispetto alla salute di Roxas, avrei troncato ogni rapporto con lui,
ma ci avrei parlato solo un'ultima volta giusto per metterlo al
corrente della mia decisione e risolvere ogni cosa... e se ci
scappava gli avrei chiesto anche maggiori delucidazioni sulla sua
presunta malattia, di cui tutti sembravano preoccupati.
Non ero
così basso e sleale come si poteva credere.
Era la mattina
del sesto giorno senza Roxas quando con la coda
dell'occhio catturai una chioma bionda familiare.
Stavo
camminando per i corridoi e discutendo animatamente con Demyx, che
stava cercando di giustificare la sua ipotesi sul perché
Pippo
parlava e Pluto no essendo entrambi cani, quando nel mio campo visivo
apparve la minuscola figura di Roxas. Mi dava le spalle, ma sapevo
che era lui. Indossava una felpa nera più grande di lui, la
borsa in
spalla era aperta e ancora vuota (probabilmente non era ancora
passato a prendere i libri dall'armadietto) ed era in compagnia del
suo solito gruppetto: Sora che faceva l'idiota già di prima
mattina,
Riku che se lo divorava letteralmente con lo sguardo, Kairi che
tentava di fare la civetta con Sora e Naminè che ridacchiava
divertita. Sembrava davvero un giorno come un altro e io non riuscii
a frenare il mio impulso istigatore.
"Tra l'altro"
continuò Demyx appallottolando il suo solito pacchetto di
biscotti
ormai finito, e ignaro delle mie intenzioni "Anche Pietro
Gambadilegno se non mi sbaglio è un cane... e anche lui
parla"
"Contina" gli intimai continuando a scrutare
il gruppetto, facendo sempre attenzione a non dare troppo
nell'occhio. Quando fui vicinissimo a Roxas, strappai il pacchetto di
biscotti dalle mani di Dem e con naturalezza lo lasciai cadere nella
borsa semiaperta del biondo.
Demyx da parte sua non interruppe il
suo sciame infinito di parole neanche dopo l'iniziale
sorpresa.
"Anche quelli della Banda Bassotti sono cani vero?"
ripresi come se niente fosse.
Lo so, buttare una cartaccia
nella sua borsa era una cosa stupida ma l'idea della faccia
infastidita di Roxas, intento a doverla ripulire dai biscotti
sbriciolati, mi divertiva da matti. Ma non ebbi il piacere di
gustarmela. Non molto tempo dopo lo vidi trascinarsi con passo stanco
e traballante fino al mio banco: era pallido, gli occhi spenti, le
guance scavate. Sembrava appena uscito da un obitorio. Lui mi
scrutò
per qualche secondo, alzò la sua borsa e mi
riversò addosso tutte
le briciole dei biscotti di Demyx.
"Che diavolo stai
facendo?" sbottai inacidito scuotendo la maglia per
ripulirmi.
"Ti restituisco ciò che ti appartiene"
proferì lui in un sussurro quasi inaudibile. Anche la voce
non
sembrava più la sua.
"Quella roba non è mia"
"Ma
ce l'hai messa tu nella borsa. E dì
al tuo amico Demyx di prendere Chips Ahoy* la prossima volta, se
vuole mangiare dei veri biscotti con le gocce di cioccolato"
Come
sempre non gli sfuggiva nulla; era come se avesse gli occhi anche
dietro la nuca, ridacchiai al pensiero "Come desidera" e
annuii beffardo.
Questa volta però lui non si mise a ridere con
me, la sua faccia rimase pensierosa.
"Axel..." esitò
un'istante ma riacquisì subito il tuo classico tono
imperioso "Dopo
avremo un'ora buca, la professoressa è assente. Ci vediamo
in aula
studio tra un ora"
Io inarcai un sopracciglio e ciondolai la
testa di lato.
"Io non
prendo ordini da te,
gattino"
incrociai le braccia al petto "Ricordi con chi stai
parlando?"
"Un idiota che potrebbe essere riammesso in
squadra... se la piantasse di fare l'imbecille e desse più
ascolto
agli altri" dichiarò con superiorità e
andò a sedersi al
banco vicino al mio.
Storsi il naso a quella risposta. Poteva
essere stato bravo con le sue lezioni di recupero ma questo non lo
autorizzava a parlarmi così in pubblico. Inoltre non avrei
dovuto
neanche rivederlo.
La malattia gli aveva riaffilato gli
artigli.
Per sua fortuna
il professore entrò in quel preciso istante e non potei
rispondere a
dovere. Non che la cosa mi importasse più di tanto, Roxas
aveva
vinto questo round ma non la partita e non gli avrei più
dato
l'occasione di avere l'ultima risposta.
Passai l'ora a rimuginare
su cosa avrei dovuto fare di lì a poco: avrei dovuto seguire
Roxas
in aula studio o avrei dovuto dargli buca? Avrei dovuto fare come
dicevano gli altri oppure continuare a studiare con lui
finché non
sarei stato riammesso in squadra?
Cavolo, stava diventando
tutto complicato solo perché, non lo avrei mai ammesso a
voce alta
ma, mi stavo quasi affezionando a Roxas.
Avrei potuto
scegliere la strada più semplice: farmi assegnare un altro
tutor,
ignorare Roxas e fare finta che le nostre strade non si fossero mai
incrociate.
Ero proprio una ragazzina.
Il
professore camminava tra i banchi continuando a leggere un
noiosissimo brano.
Era palese che nessuno lo stesse ascoltando, e
anche io sbadigliai facendo finta di seguire la lezione quando invece
stavo pensando a tutt'altro.
La mia attenzione però fu
catturata proprio dal professore che si era avvicinato al banco
accanto al mio dov'era seduto Roxas, spostai lo sguardo e notai
sconvolto che questo aveva le braccia incrociate sul banco e la testa
poggiata su. Stava dormendo, così, davanti a tutti e senza
troppi
complimenti. Ma quello che mi sconvolse di più era che il
professore
si era chinato per guardarlo meglio, si era ricomposto e aveva
annunciato alla classe di non fare troppo chiasso e di non svegliare
Roxas di soprassalto.
Non riuscivo a credere alle mie orecchie,
persino il professore era impazzito all'improvviso!
Alzai
la mano e quando mi fu accordato il permesso di parlare, sbottai
contrariato "Professore perché non fa svegliare Roxas?"
"Sarà
stanco. Lascialo dormire" mi rispose l'uomo come se fosse la
cosa più ovvia del mondo.
"E perché allora quando mi
addormento io mi mette in punizione?"
"Moore, negli
ultimi giorni abbiamo parlato spesso delle misure da adottare con
lui. So che tu sei sempre attentissimo ma
spero che tu ti sia accorto almeno della sua assenza"
Io
annuii. Avevano parlato di Roxas e io non me ne ero accorto? Dovevo
prestare più attenzione di tanto in tanto.
"Bene, la
prossima volta allora ti consiglio di ascoltare e non
farti
trovare addormentato altrimenti ti sbatto in presidenza" mi
disse gioviale.
Che dittatore, questo era proprio odio nei miei
confronti!
Roxas era il male.
Non avrei potuto definirlo in
altri modi. In sole due settimane (di cui solo una avevo passato a
contatto con lui)
era stato capace di mettere sottosopra il mio mondo e farmi
cambiare così tante volte umore da farmi assomigliare a una
ragazzina affetta da perenne sindrome
premestruale.
Felice, divertito, appagato, malinconico,
colpevole, arrabbiato, infastidito.
Mi aveva dato più pensieri
lui di chiunque altro.
E in quel momento ero così irritato (che
novità...)
che dopo la lezione decisi di avviarmi in aula studio con tutta la
flemma del mondo, mettendoci ben 15 minuti, giusto per far capire a
quel biondino malefico come ci si sente a dover aspettare.
Spalancai
la porta con un calcio e andai a bivaccarmi al solito tavolo, Roxas
era già seduto lì.
"Cercavi di farmela pagare?" piantò
lo sguardo su di me ma non batté ciglio per il mio ritardo.
"Certo
che no" feci sarcastico appoggiando la borsa sul tavolo e
appoggiandomi allo schienale della sedia "Volevo solo ricordare
la nostra prima lezione"
"Avevo tutto il diritto di
farti aspettare, il mio lavoro inizia alle 16"
"E perché
allora siamo qui adesso? Non sono neanche le 9.30 di mattina"
rimbeccai seccato.
Lui mi guardò attentamente. Non c'era più la
solita vivacità, ma nonostante ciò quegli
occhioni blu mi erano
mancati. Erano la cosa più bella che avessi mai visto.
"Ho
parlato con i professori" iniziò dopo una breve pausa "Mi
hanno confermato che i tuoi voti stanno migliorando, adesso
c'è solo
Storia da colmare... Dopo alcune richieste da parte mia di
analizzarti, il professore si è finalmente convinto e dopo
ci sarà
un test... se lo supererai sarai reintegrato subito in squadra"
Ci
misi qualche secondo a processare tutto "Co...cosa? Tu hai
chiesto al professore un test? Per me?"
"Un test di
recupero" mi corresse "L'ho saputo stamattina e doveva
essere una sorpresa
per tutti quelli che hanno un voto inferiore a C, ma ho pensato che
potesse farti piacere saperlo prima. Hai studiato quel capitolo su
Washington vero? Perché sarà su quello"
Dire che ero
incredulo era un eufemismo bello e buono. Non solo Roxas si era
prodigato per me, ma se l'avessi passato sarei rientrato in
squadra!
"R-Roxas...io-"
"Non dire niente"
tagliò corto, si sporse di più e
appoggiò le braccia conserte sul
tavolo di legno "Questa sarà l'ultima volta che ci vedremo
per
fare ripetizioni. Ho già parlato con il preside e ha detto
che mi
solleverà dall'incarico, ma tu non dovresti più
avere problemi se
supererai il test... se invece fallirai, allora ti verrà
assegnato
un altro tutor"
"Che storia è questa? Mi stai mollando
tu?" mi intromisi perplesso. Pensavo che dovessi essere io a
dover chiudere con lui e invece...?
"Diciamo di sì. Ormai
non ho più le forze..." si giustificò e mi
rivolse
un'occhiata.
"Parli come un vecchio"
Le sue labbra si
piegarono in un mezzo sorriso "Beh la mia vita è
equiparabile a
quella di un vecchio"
Lo guardai scettico e quando fui lì
per ribattere qualcosa lui mi precedette.
"Ho saputo che nei
giorni scorsi mi hai cercato"
Abbassai il volto imbarazzato,
anche se non c'era niente da essere imbarazzati. Forse quello che mi
metteva a disagio era l'espressione tranquilla che aveva Roxas in
quel momento.
"Ma che dici...io non ti ho cercato"
mentii. Kairi o Naminè dovevano sicuramente aver fatto la
spia.
"Senti... mi dispiace per come ti ha trattato mio
fratello. È...è una testa calda e non vuole
capire che deve stare
al suo posto" ridacchiò nervoso.
"Mi ha attaccato
senza motivo" grugnii il mio dissenso.
"Axel cerca di
capirlo... lui non si metterebbe mai contro di te o qualcuno del tuo
gruppo, era solo preoccupato per me" lo vidi sfregarsi le mani
in maniera febbrile "Non sono stato proprio bene ultimamente e
quando ha saputo che c'ero io dietro a tutto quel casino delle
espulsioni e che ora ero il tuo tutor, non ci ha visto più.
È un
tipo impulsivo... ha tentato di allontanarti perché pensava
che
potessi essere un pericolo per
la mia salute"
Mi sporsi maggiormente verso di lui e
contrassi il volto in un'espressione che era un misto di
curiosità e
preoccupazione.
"Perché dovrei essere un pericolo?"
"Il
nostro rapporto... è tutt'altro che tranquillo"
"E
allora?"
"Potresti provocare tante emozioni che per me
sarebbero letali..."
"Ancora non capisco, non ti pare di
esagerare?"
Lui
mi guardò infelice per un lungo istante "Axel, io sono
malato..."
Spalancai gli occhi. Non era una novità, tutti lo
avevano detto e tutti lo sapevano... tranne me, ovviamente;
ma io non potei fare a meno di trattenere il fiato alla
verità che
finalmente mi aveva
rivelato. Detta da lui acquistava un significato quasi diverso.
"Ho
la sindrome del QT lungo" disse infine.
Non sapevo cosa fosse
ma la cosa non mi piaceva "Di cosa si tratta?"
Roxas
sospirò e puntò lo sguardo davanti a
sé, il suo disagio era
evidente.
"Se non vuoi dirmelo non fa niente..." mi
affrettai ad aggiungere.
"No... no... è tuo diritto
sapere... così capirai perché tutti vogliono
allontanarti da me"
io annuii e lui esitò un attimo prima di riprendere "La
sindrome del QT lungo è un disturbo cardiaco molto raro
causato da
una tardata ripolarizzazione delle cellule del miocardo-"
"Aspetta,
non ho capito" scossi la testa "Ripolarizzazione? C'entra
con l'elettricità? E il cuore?"
Roxas annuì lievemente "Te
la faccio in maniera più semplice... allora, come sai
è il cuore
che ci tiene in vita" io feci un cenno con la testa per farlo
proseguire "E, come
dovresti
già
sapere (perché è stato spiegato anche nelle
lezioni di Scienze),
il ritmo del cuore è alimentato da energia elettrica... ma
quando
questi ritmi diventano anormali possono provocare un'insufficienza
cardiaca, ossia il tuo cuore non riesce più a pompare sangue
a
dovere. Nel mio caso i battiti diventano così veloci e
caotici da
portarmi a svenimenti ... o all'arresto cardiaco"
Rimasi in
silenzio. Non riuscivo a sintetizzare coerentemente tutte quelle
informazioni, non al momento. Portai le mani alle tempie per
massaggiarle.
"Quindi sei malato di cuore?"
"Beh
sì e no... la mia non è una malattia del muscolo
ma, possiamo dire,
un disordine del ritmo cardiaco"
"Mmm quindi se il tuo
battito cardiaco diventa troppo caotico potresti svenire o morire..."
cercai di fare il punto della situazione.
"Esatto"
confermò lui "Il problema sussiste nel fatto che questa
malattia è caratterizzata da un elevato rischio di aritmie
che
potrebbero essere fatali"
"E cosa le
scatena?"
"Qualsiasi cosa... esercizio fisico,
caffeina, sostanze eccitanti, alcune medicine o anche il provare
semplici emozioni. Dolore, paura, angoscia, ansia, spavento,
euforia... tutte queste cose provocano un'accelerazione. Come si usa
dire... morire
di dolore,
eh?" rise amaramente.
Sofferenza.
Naminè
aveva detto che io avrei potuto farlo soffrire. Abbassai lo sguardo e
rimasi in silenzio a meditare, non mi piaceva che la gente pensasse
così male di me. Era vero, ero uno stronzo ma la mia era
solo
apparenza...
"Axel?"
La sua voce interruppe i miei
pensieri e puntai di nuovo lo sguardo su di lui "Dimmi"
"Ci
sono varie categorie a seconda della serietà della
malattia... io
rientro in quella intermedia, ho avuto parecchie crisi in passato e
dal momento che sono un soggetto ad alto rischio mi hanno impiantato
un defibrillatore proprio qui" disse toccandosi in un punto
tra la spalla e poco sopra il cuore "Ma sono insorte complicanze
e sto peggiorando a vista d'occhio, per questo Sora voleva che stessi
lontano da me. Uno scherzo troppo violento, una scossa
emotiva troppo
forte potrebbero costarmi caro"
Rimanemmo in silenzio per un
paio di minuti, ognuno immerso nei propri pensieri e alla fine trovai
il coraggio di parlare.
"Perché ti stai prendendo la briga
di dirmi tutto questo? Non avresti fatto prima a fare come diceva
Sora e allontanarti da me?"
Roxas tentennò un attimo ma poi
nei suoi occhi si accese un barlume di speranza e abbozzò un
sorriso
tirato.
Io sgranai gli occhi e trattenni il fiato
"Aspetta... non vuoi?"
Lui scosse la testa e io sorrisi
nervosamente sentendomi stranamente appagato.
"Però hai
detto che questa sarebbe stata l'ultima
lezione di
recupero"
"Perché
è così... non lo faccio a causa di Sora ma
perché proprio io non
sono più in condizione..."
Io
annuii, era una brutta questione ma mi sentivo più sollevato
sapendo
qualcosa in più della faccenda e che Roxas non era della
stessa
opinione del fratello "Non hai paura che io possa
farti stare male? Sai, come diceva tuo fratello..."
"Perché
dovresti?" lui mi guardò tranquillo "C'è qualcosa
in te
che è diverso dagli altri. Tu sei speciale, mi fai sentire
vivo"
Forse era il suo modo schietto e diretto ma per
un'istante quasi dimenticai come si respirava, tanto dallo stupore
della sua rivelazione, e mi sentii le farfalle che divoravano
il
mio stomaco. Senza neanche rifletterci posai una mano sulle sue che
erano ancora poggiate sul tavolo e sostenni il suo sguardo. Mi
sentivo in un certo senso realizzato, qualcuno stava riponendo un
briciolo di fiducia in me e in quel frangente mi ricordai di mia
madre e della promessa che facemmo sul suo letto di morte.
Decisi
che non avrei permesso a Roxas ulteriori sofferenze.
"Quando
mi intimavi di non riservarti trattamenti di favore e mi dicevi che
tu sei forte, intendevi dire che non volevi essere trattato da
malato?" chiesi quasi timoroso.
"Beh sì... più o
meno"
Lanciò un'occhiata alla mia mano poggiata sulle
sue e io mi accorsi subito di quello che avevo fatto. Arrossii
lievemente e mi ritirai al mio posto, lui invece ridacchiò.
"E
non credi che potresti compromettere la tua salute continuando a
metterti contro l'Organizzazione? Capisco che non ti piace il modo in
cui si comportano e che vorresti un'atmosfera più tranquilla
a
scuola, però così ci rimarresti secco"
Roxas sospirò e mi
lanciò un'occhiata divertita "Non
è mai quel che sembra"
Non
capii cosa voleva intendere.
In realtà quelle parole nascondevano
un desiderio proibito e profondamente egoistico.
Perché
Roxas oltre ad
essere
strano e misterioso era anche
egoista.