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Autore: Sybelle    18/05/2008    13 recensioni
"Cosa significa? Kei, il grande e orgoglioso Kei, sarebbe stato...comprato?" Salve! è un esperimento, spero vi piaccia! Commentate vi prego, ditemi SINCERAMENTE cosa ne pensate!! Avvertenze: YAOI
Genere: Romantico, Malinconico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Cosa significa? Kei, il grande e orgoglioso Kei, sarebbe stato…comprato?

Ed ecco uno dei miei tanti esperimenti! Siate sinceri e ditemi che ne pensate!

Schiavo
Si aggirava per i corridoi del palazzo. Erano talmente tanti, e tutti talmente uguali, che gli capitava spesso di perdersi…

Come se ora fosse sulla via giusta….

No, non poteva più accadere, doveva sforzarsi di ricordare ogni corridoio e a quale stanza portasse. Non poteva permettersi di sbagliare ancora. Come quella notte...
La ferita sulla schiena bruciò più forte, ma era meglio non pensarci.
Vide in lontananza la porta della sala principale, un senso di nausea si impossessò di lui…Quanto avrebbe voluto essere altrove…Non gli importava dove, anzi! Anche una cella del monastero, oppure un luogo sperduto, non gli importava davvero! Voleva solo essere in un posto dove poteva essere libero di essere se stesso e di difendere i propri diritti…Ora non ne possedeva più. Da quando era diventato un oggetto, non poteva più nemmeno camminare senza autorizzazione.

Che vita squallida, e dire che tu nemmeno ci credevi a questa forma di esistenza…

Se un tempo gli avessero chiesto se per lui gli schiavi esistevano ancora, avrebbe risposto: “In forma diversa dall’antichità, ma esistono: i bambini COSTRETTI a lavorare nel 3° mondo, ad esempio; le prostitute minorenni COSTRETTE  a fare quel mestiere…”  Erano queste le nuove schiavitù.
Ma non sempre era stato solo così: un tempo, secoli e secoli prima, esisteva il mercato degli schiavi, oppure i giovani venivano portati nei bordelli e lì acquistati da qualche facoltoso signore locale…Un tempo appunto, secoli e secoli prima. Non nel 21° secolo, non in Siberia...Ma lui cosa ne poteva sapere? Era andato in quei luoghi sperduti per ritrovare le origini della madre, ed invece…

La porta si avvicina sempre più, puoi distinguere le sue decorazioni ora…

Quanto avrebbe voluto correre via da quel luogo infernale, quanto avrebbe voluto scappare…ma non poteva cambiare la sua condizione, non poteva più ignorare quello che gli era successo, doveva per forza rimanere in quel luogo assurdo, che sembrava aver fermato le lancette dell’orologio all’epoca delle grandi schiavitù.
Ma…come aveva fatto a ritrovarsi in quella situazione?
Era cominciato tutto da uno stupido viaggio…

Camminava oramai da ore sotto la bufera incessante…aveva freddo e fame, e desiderava solo trovare un riparo…Finalmente, vide un’abitazione: andò a bussare alla porta. Un uomo alquanto nervoso aprì uno spiraglio; parlò in modo brusco e  piuttosto seccato: “Chi siete? Cosa volete?”
“Mi chiamo Kei, le vorrei chiedere un riparo  per la notte…solo per questa notte, non chiedo altro”
Lo guardò un momento, innalzando un sopracciglio…: “Entra, veloce”

Quell’uomo, di nome  Valdek, lo aveva fatto sedere e gli aveva offerto qualcosa di caldo da mangiare…Casa sua sembrava la casa di un ricco caduto in disgrazia, ma era troppo stanco per pensarci.
Valdek parlò per primo: “Cosa sei venuto a fare quaggiù?”
Il ragazzo posò il cucchiaio: “Sono venuto a cercare le mie origini”
L’uomo lo guardò mentre riprendeva a mangiare: “I tuoi antenati sono siberiani?”
Kei lo guardò un momento: “Mia madre”
Valdek sembrò pensarci distrattamente: “Dimmi il suo nome, magari la conosco…”
Il giovane sorrise afflitto: “Ne dubito…”
Lo incoraggiò: “Non è detto”
Posò da parte il piatto, che aveva completamente svuotato: “Si chiamava Veronica Della Prusa…ma è vissuta soprattutto a Mosca, non credo che v…”
Ma s’interruppe vedendo la faccia dell’uomo, sembrava…sconvolto.
“Signore…tutto bene?”
Valdek si riprese dai suoi pensieri…: “Eh? Ah sì, sì…ma tu sarai stanco. Vieni, ti accompagno alla tua stanza…”

Quella notte la bufera era talmente violenta che non lo fece dormire. Erano ore che provava a prendere sonno…inutilmente. Provò per l’ennesima volta, quando gli capitò di sentire Valdek, il burbero padrone di casa, discutere con qualcuno…
“Ma sì, ti dico che è un Della Prusa…scommetto che il nostro signore pagherebbe ORO per averlo a palazzo…sì, è come ti ho raccontato! …Sì, è la nostra unica possibilità!”
Ignorava di cosa stessero parlando, chi era il loro signore e perché conoscevano il nome di sua madre, ma non aveva un buon presentimento…Sentì dei passi avvicinarsi, d’istinto si scostò dalla porta a cui prima si era avvicinato per sentire…
Valdek irruppe nella stanza con un  altro uomo.
“Ma cos…?”
Non fece in tempo a parlare che lo avevano legato con la forza al letto e gli avevano tappato la bocca.
L’altro uomo uscì dicendo che “andava subito ad avvertire il loro signore”, mentre Valdek si sedette vicino a lui, prendendogli il viso fra le  dita: “Grazie a te potrò finalmente tornare a godere dei prestigi di un tempo…”

Il giorno dopo era giunto un altro uomo, molto più distinto di Valdek e del suo compare…Lo aveva osservato, aveva tastato le sue spalle e le sue braccia per valutare la sua effettiva forza, e, nonostante avesse tentato di opporsi, gli aveva tolto ogni affetto personale, compreso il suo amato Dranzer…
Costui iniziò a discutere animatamente con il padrone di casa. Con suo enorme disgusto scoprì che stavano decidendo il prezzo…il suo prezzo…
Non capiva, lo voleva…vendere? Cosa significava?
Era confuso, ma nessuno gli dava spiegazioni, e nessuno sembrava nemmeno degnarsi di slegarlo da quel letto…Quelle corde erano diventate dannatamente strette e ruvide sui suoi polsi, sentiva la pelle gonfiarsi e dolere…
Alla fine riuscirono a concordare il prezzo, e fecero entrare altri uomini, grossi e robusti, che lo slegarono e lo presero con la forza, per poi buttarlo dentro un furgone blindato.
Nessuno gli aveva detto niente.
Fino a quando non era arrivato a palazzo.
Un palazzo immenso, che aveva scoperto appartenere al signore delle terre lì attorno. Un uomo potente e spietato, che più volte aveva avuto discordie con la sua famiglia rivale…i Della Prusa.

Lo avevano fatto entrare strattonandolo nella sala principale, dove si trovava un trono imponente…che cosa antica.
Lì, aveva potuto finalmente vedere il “signore”. Era un uomo sulla quarantina, piuttosto giovane quindi, con i capelli lunghi e chiarissimi, quasi bianchi, e due occhi color del ghiaccio. Un uomo crudele. Un uomo malvagio.
Lo aveva osservato un momento, poi aveva ordinato di liberarlo.
“Inginocchiati davanti a me, Kei, figlio di Veronica Della Prusa.”
Aveva ribattuto aspramente: “Non è mia abitudine inginocchiarmi davanti agli estranei”
Lo ghiacciò con un solo sguardo: “Voi Della Prusa siete sempre stati molto…spudorati…e…irrispettosi…ma non ti conviene fare i capricci. Devi sottostare ai miei ordini, se non vuoi pagarne le conseguenze.”
Lo guardò con aria di sfida: “Io non ho nulla da spartire con voi, non so nemmeno come mai sono qui. Voglio solo andarmene! Non mi sottometterete, sono una persona libera di fare ciò che preferisce.”
Il sovrano rise. Era strano vedere quel viso contratto in una smorfia diversa dal cipiglio severo: “Tu saresti un uomo libero? Spiacente, non più! Se non te ne sei accorto, ti ho appena comperato ad una cifra piuttosto elevata. Sei mio schiavo ora, e sei obbligato a obbedirmi, che ti piaccia o meno!”

Aveva veramente provato di tutto per fuggire, per liberarsi, per ribellarsi…tutto vano. Il controllo era perfetto e le punizioni amare. Non sarebbe riuscito a scappare.

Ecco la porta, la vedi? Allontana il passato, concentrati sul presente. Il tuo padrone ti ha fatto chiamare.

Voleva morire.
Sentì una voce dentro alla sala grande. Annunciava la sua venuta.
“Oh eccoti qua! È una gioia vedere che sei sopravvissuto alla scorsa notte”
Si inchinò, quanto odiava farlo…: “Per quale motivo mi avete fatto chiamare?”
Lo guardò con superiore freddezza: “…hai dimenticato una parola…”
Trattenne l’insulto che voleva sputargli in faccia: “Per quale motivo mi avete fatto chiamare PADRONE?”
Il sovrano sorrise compiaciuto: “Ti ho fatto chiamare perché hai appena ricevuto una grande fortuna. Il mio amato consigliere, il rispettabile Asmar, ha deciso molto generosamente di perdonare la tua sfrontatezza e di prenderti come suo schiavo personale…la Fortuna ti sorride, schiavo, fosse stato per me…probabilmente saresti già ai lavori forzati.”
Alzò per un attimo lo sguardo, spaventato: Asmar era il più fidato consigliere del sovrano, ed era indubbiamente un uomo splendido; aveva i capelli di un castano ramato, ed occhi di un empatico blu notte…Il fisico era sicuramente scolpito sotto le ricche cappe pesanti, e la sua mente era acuta ed allenata. Era una persona tanto raffinata quanto misteriosa.

Ed ora era anche il suo nuovo padrone.

Cosa gli avrebbe fatto? Per sbaglio qualche notte prima era entrato nella sua camera da letto, credendola ben altra stanza…L’avevano subito scoperto e punito.
La sua schiena sanguinava sotto i vestiti leggeri che un servo era tenuto a indossare…
Si sentì debole, mentre lo incatenavano e Asmar si avvicinava.
Si sentì mancare, mentre Asmar lo trascinava fuori dalla sala tenendolo per la catena.
Si sentì veramente male, come mai prima, quando una porta venne richiusa dietro sé.
Due braccia lo sollevarono, gettandolo con malcuranza su di un morbido giaciglio…un letto? Da quando uno schiavo aveva diritto ad un letto?
Improvvisamente sentì una ventata d’aria fresca sulla pelle, qualcuno gli aveva tolto l’indumento sporco di sangue.
Due mani agili e gentili iniziarono a lenire le ferite, lavandole lentamente con un panno umido.
Sollevò gli occhi appannati…Asmar lo stava…curando? Lo stesso Asmar che l’aveva sempre guardato con disprezzo, e che quella notte famosa l’aveva osservato scioccato?
Il suo padrone sembrò notare che lo stava osservando, perché premette con più violenza su una ferita il panno tiepido…Gemette, soffocò un grido di dolore.
L’uomo sembrò accorgersene, perché lasciò subito la presa, e continuò molto delicatamente…Finita l’opera, lo fasciò piano.
Era esausto. Il sangue che aveva perso era molto e la fatica del lavoro si accumulava tutta in quegli istanti di debolezza…
Asmar gli sfilò piano i pantaloni…cosa…cosa stava facendo? Il suo respiro si affannò, per poi calmarsi quando si rese conto che lo stava rivestendo con vestiti puliti per la notte…Che cosa strana. Gli schiavi non avevano diritto a certe comodità. In quei mesi era vissuto dormendo sul pavimento gelido e mangiando un tozzo di pane a pasto. Si era ridotto a carne ed ossa.
Il suo nuovo signore gli si avvicinò, fino a che non sentì i suoi lunghi capelli solleticargli la schiena. Un brivido lo percosse.
In quel momento gli passò davanti agli occhi la sua vita passata in un lampo: gli amici, i mondiali, le risate, le battaglie, i sorrisi, le lacrime, le gioie, i dolori…il suo amato beyblade, sparito chissadove… Era solo ora.
Improvvisamente sentì le labbra di Asmar sulla sua pelle. Sussultò: “Cosa state…?”
La domanda gli morì in gola, quando l’uomo gli intimò di tacere. Iniziò così la sua opera, risalendo la schiena, succhiando lentamente la pelle, fino ad arrivare al collo, cui prestò particolare attenzione…Baciò prima con calma, poi quasi con foga l’incavo del collo, facendo emettere a Kei, al SUO Kei, gemiti sconnessi….Si posizionò cavalcioni su di lui, continuando a seviziarlo con i suoi baci. Dal collo arrivò fino all’orecchio, che mordicchiò appena…
Intanto il blader subiva il trattamento, troppo stanco e sorpreso per intervenire…del resto, Asmar era il suo padrone, e lui non poteva opporsi…non voleva…Era strano essere baciato da un uomo, non l’avrebbe mai immaginato: era così passionale ed esigente la sua bocca, così soffice e delicata sulla sua pelle. Le mani di Asmar iniziarono a muoversi sotto di lui, addentrandosi nel suo intimo…Quando una di queste raggiunse il suo sesso, gemette così forte che quasi temette di svegliare qualcuno.
Asmar tolse subito la mano, e si spostò dal suo corpo. Gli mise addosso una maglia, mentre lui ancora sudante rifletteva su quanto successo…Subito dopo Kei sentì accanto a se l’uomo infilarsi sotto le coperte. Decise di togliersi dal letto, poiché essendo schiavo (quella parola gli bruciava nel petto) non poteva condividere le comodità dei suoi signori. Stava già alzandosi, quando sentì la voce di Asmar: “Non ti ho dato ordine di scendere dal letto”
Un po’ sorpreso, si distese al suo fianco e presto si addormentò.

Quando il mattino seguente si svegliò, credette di aver sognato ogni cosa. Guardandosi attorno capì però che era tutto reale: era ancora sul letto di Asmar…Asmar…si voltò di scatto verso la sua destra: vuota. Il cuore mancò di un battito. Si era svegliato dopo il suo padrone, era la fine. Il panico prese la meglio sulla ragione.
“Tranquillo, mi sono appena svegliato anche io…”
Si girò verso lo specchio che sovrano occupava un’intera parete: il consigliere del re si stava vestendo in quell’esatto istante, guardando attentamente la sua immagine riflessa.
“Ti ho scritto un foglio con tutti i tuoi compiti di oggi. Attieniti alla scaletta. Sebbene ora tu sia di mia proprietà, ciò non toglie che tu debba dei servigi anche verso il mio signore, e per questo è necessario che tu faccia tutto nel tempo stabilito.”
Kei si alzò, vestendosi nel più assoluto silenzio. Asmar stava ancora parlando: “Bene, vado. Oggi ho molti impegni, farò tardi questa sera…Non aspettarmi alzato.”
Il ragazzo annuì: “Come preferite…”
Il siberiano aprì la porta: “A domani allora.”

Rientrò nella sua stanza, vedendo una figura nella penombra…Accese una candela: il suo servo, Kei, si trovava con la schiena appoggiata al muro e aveva gli occhi chiusi…tremava dal freddo. Non si era mai reso conto di quanto leggere fossero le divise degli schiavi. Gli pianse il cuore a vedere quel giovane così…stanco.
Improvvisamente l’oggetto dei suoi pensieri aprì gli occhi, segno che non stava dormendo, ma solo riposando. Resosi conto di non essere più solo, si alzò in fretta chinando il capo: “I-io…scusatemi, non mi ero accorto …voi…”
Sospirò: “Calmati, non ti farò nulla…non ne avrei motivo…ti stavi riposando, mi pare normale…”
Kei si incamminò verso la porta, vacillando all’ultimo passo. Un braccio lo sorresse: stava per cadere. Due pozzi blu lo osservarono scrutatori: “ Sei esausto...non hai più forze…cos’hai mangiato oggi?”
Il ragazzo sussurrò appena: “Il solito…”
Asmar lo osservò con intensità, tenendolo ancora, per paura che crollasse…sapeva cosa mangiavano gli schiavi, e sapeva che alcuni morivano di fame…il loro pasto non era nemmeno definibile cibo…
“Non c’è alcun bisogno che esci dalla mia stanza…è mio desiderio averti qui sempre, nel caso del bisogno…(e per controllare che tu stia bene…)” lo fece coricare nel letto “…aspettami”
Il giovane servo annuì piano, gli occhi chiusi.
Con un ultima occhiata, Asmar uscì dalla stanza.

Appena tornato, notò per prima cosa che non si era spostato dal letto, e che era ancora sveglio. “Meglio….” Pensò.
Kei sentì un peso sul letto: il suo padrone era tornato…cosa voleva fare? Sentì il profumo di cibo invadere la stanza.
Asmar gli alzò il busto, facendo poggiare la sua testa al muro. Prese un cucchiaio che aveva accanto a se, e che riempì con un po’ della minestra che aveva portato. Kei osservò la mano del suo padrone avvicinarsi a lui con il cucchiaio. Voleva…?
I suoi dubbi presero una forma concreta quando l’uomo gli ordinò gentilmente di aprire la bocca. La socchiuse appena, mentre un liquido caldo e saporito gli infiammava il corpo.
Sentì il suo signore sussurrare piano poche parole: “Non bere così velocemente…il tuo stomaco non è abituato…”
Rendendosi conto che in effetti stava divorando la zuppa che Asmar gli stava somministrando, cercò di ingoiarla con più calma possibile. Aveva tantissima fame, erano mesi che non mangiava qualcosa che sembrasse cibo.
Una mano gli accarezzò piano una guancia… “Per oggi è meglio fare basta, o potresti rimettere ogni cosa…”
Il blader si era accorto solo ora che il cucchiaio e il piatto erano stati allontanati…la carezza si fece più ampia.
Due dita gli fecero girare il volto, mentre lui chiuse gli occhi: non gli era permesso guardare il suo padrone da pari, sebbene chiudendo gli occhi sembrasse aspettare…come a leggerlo nel pensiero, due labbra si chinarono sulle sue. Sorpreso, non osò alzare le palpebre. Quel bacio, da casto qual’era, si trasformò in qualcosa di più profondo quando Asmar iniziò a muovere la sua lingua nella bocca dell’altro.
A Kei non restò che assecondarlo, muovendola a sua volta, contraccambiando le attenzioni del suo signore. Lentamente il suo corpo sprofondò nel letto, mentre il contatto veniva interrotto da Asmar, che continuò comunque a baciargli il collo.
Finalmente aprì gli occhi, voltando però il viso di lato, così da non vedere il suo padrone, che intanto lo baciava con crescente passione. Iniziò a gemere piano, sentendo Asmar che gli sfilava ancora una volta i pantaloni…questa volta però, non voleva cambiarlo d’abito. Vide con la coda dell’occhio che anche l’uomo si stava svestendo, mentre anche la maglia gli veniva tolta di dosso…

Era tutto così tremendamente sbagliato...la sua ultima dannazione, o forse la sua ultima ancora di salvezza.

Il cuore iniziò a battergli forte. Stava per perdere la verginità con…un uomo? Con un uomo che lo aveva comprato, che lo considerava forse come un animale, come un semplice oggetto…Le labbra di Asmar iniziarono a percorrere il suo petto, fermandosi sui suoi capezzoli…Li gustò piano, mordendoli con delicatezza, facendolo gemere di piacere…continuando il suo percorso, il siberiano arrivò all’ombelico del giovane. Il blader della fenice sentì con un sussultò le sue mutande scivolare via, e si preparò a quello che sarebbe successo…Certo non l’avrebbe mai immaginato. Asmar avvicinò la bocca al suo orecchio, mentre con una mano stuzzicava l’apice dei sui piaceri…Sentì la sua voce suadente, mentre gemeva sempre più forte: “Tranquillo, non ti farò del male…fidati di me…”
Detto questo, spostò il viso in corrispondenza del suo sesso, baciandolo con grazia, per poi insistere con più decisione. Quando si staccò,lo schiavo dagli occhi di rubino sudava e aveva il respiro irregolare. Sentì lontano una voce: “Allarga le gambe…bravo…così…piano…tranquillo…”
Arrivò la spinta, lacerante e splendida, che lo fece urlare. Asmar continuò ad addentrarsi in lui, dicendogli di stare calmo, che non gli avrebbe fatto male…rassicurandolo…Quando entrambi raggiunsero il massimo del piacere, con un ultima spinta di Asmar ed un gemito più forte degli altri, Kei perse i sensi.
Asmar si tolse da lui, avvicinandosi poi al viso del suo schiavo…era così bello, doveva ammettere di non aver mai visto un ragazzo come lui…
Gli baciò la fronte bagnata di sudore…l’aveva sforzato troppo forse…ma cosa poteva farci? Non era riuscito a soffocare l’attrazione che provava per lui. Lo guardò mesto: quando era arrivato lì, era un ragazzo pieno di vita e splendore; i suoi occhi splendevano, la sua forza stava nella sua rabbia, nella sua istintività…Avevano fatto molta fatica a sottometterlo, c’erano voluti mesi di torture, privazioni, umiliazioni, minacce, fatiche…Ed infine erano riusciti a renderlo quello che era ora, un servo debole ed intimorito. Davvero un ottimo lavoro avevano fatto su quel vitale corpo, ora magro e pallido…Un anima di ferro che avevano forgiato nel modo sbagliato.
Si alzò dal letto, andando a prendere dei vestiti per la notte da un cassetto. Una volta vestitosi andò dal suo tesoro, lo prese in braccio facendo ben attenzione a non svegliarlo…Lo baciò a fior di labbra, poi gli infilò dei vestiti pesanti, così  che non provasse freddo in quella notte infuocata…Prima di coricarsi, lo osservò un ultima volta: sapeva che aveva circa 18 anni, forse poco meno…era solo un ragazzo, avrebbe quasi potuto essere suo figlio…Con la sua carica di consigliere ed i suoi 38 anni, avrebbe dovuto mirare a ben altri compagni…si addormentò cupo.

Era tutto così tremendamente sbagliato…la sua ultima dannazione, o forse la sua ultima ancora di salvezza…

Andò avanti così per molto tempo, tantissimo…Kei svolgeva per tutto il giorno i suoi compiti, si ammazzava di fatica, e la sera, una volta tornato in camera, dopo varie umiliazioni e tante sopportazioni, si univa con Asmar in un rapporto che non riusciva a definire: era il suo amante, o il suo sfogo? Il suo compagno, od un giocattolo?
Ricordava di essere stato punito, una volta, perché lo aveva osservato troppo a lungo da dietro, mentre lavorava. In quell’occasione Asmar non l’aveva difeso, ma appena tornato in camera, lo aveva curato e coccolato, senza pretendere nulla. Era confuso.
“Uh…” Si appoggiò al muro, la testa gli scoppiava. Nonostante in quel periodo la sua condizione, in fatto di cibo, fosse migliorata, si sentiva debolissimo, come mai in vita sua. Anche Asmar doveva essersene accorto, perché in quei tempi aveva alleggerito notevolmente le sue fatiche, dandogli lavori più semplici. Ma il loro signore aveva riempito comunque le sue giornate, per la realizzazione di una nuova ala del palazzo, logicamente affibbiata agli schiavi, diretti dagli architetti e dalle guardie del palazzo. In quest’ala dovevano esserci colonne e statue, un omaggio alla potenza della casata, una fatica per i braccianti che dovevano costruirla.

Si voltò verso un altro schiavo, molto più vecchio. Era privo di forze, si vedeva subito che non avrebbe retto a lungo. Certo lavare con uno straccio il pavimento di quell’enorme stanza non era un lavoro da poco…si alzò dalla sua porzione di stanza da lavare e si avvicinò al vecchio, che respirava affannosamente.
Gli poggiò una mano sulla spalla: “Vai a svolgere i tuoi altri incarichi, ci penso io a finire la tua parte qui…”
L’anziano lo ringraziò riconoscente e si allontanò, mentre lui seguitava a lavare anche quella parte del salone…Non si accorse dello sguardo insistente di due perle notturne…

Entrò, cercando di fare meno rumore possibile…Si guardò attorno, tutto splendeva.
Vide per terra una figura, una sensazione di deja vu lo invase…Accese una candela, e si avvicinò allo schiavo dormiente. Si era addormentato sul pavimento, forse troppo stanco per portarsi sul letto. La sua fronte scottava, probabilmente aveva la febbre molto alta. Scosse il capo: non avrebbe mai imparato. Lo sollevò, e lo mise sul letto. Guardò ancora la stanza: l’ordine era imperante. Aveva lavorato tutto il giorno nella nuova ala del palazzo, ed aveva anche trovato la forza di fare quel lavoro opzionale che gli aveva chiesto? Ricordava chiaramente di avergli detto che poteva anche non farlo. Ed invece, sebbene sapesse di essere molto debole, aveva comunque deciso di prendersi la responsabilità del lavoro di quel povero vecchio e aveva anche riordinato e ripulito totalmente la sua camera…la loro camera…Sospirò, gli mise un panno umido sulla fronte, gli tenne la mano. Notò che era totalmente rovinata a causa del lavoro. “Se devi sempre farmi preoccupare…” Lo guardò con tenerezza, mentre il ragazzo iniziava ad avere il respiro irregolare…stava sognando.
 
Non sogna te, sogna la libertà che non riavrà mai più…

“Y-yuri…ragazzi…”
Asmar si voltò sorpreso. Stava parlando nel sonno.
“…famiglia…no, NO! No, non vi lascio, no…”
Lo guardò attonito. Capì che aveva paura di aver abbandonato qualcuno.
“…Sono solo…NO, TORNATE INDIETRO! Ho bisogno di voi…”
Iniziò a urlare, mentre calde lacrime iniziavano a scendere dagli occhi chiusi. Spaventato, gli prese la mano per calmarlo. Sembrò funzionare.
“…M-mamma…Dranzer…addio…”
Smise di parlare, sebbene le lacrime continuassero a cadere incessanti, mentre le finestre fischiavano per la bufera che fuori imperversava…Lo prese tra le braccia, tenendolo stretto a sé…Mentre gli asciugava il viso, un pensiero gli trafisse il cuore: “Cosa ti tieni dentro, cosa hai lasciato venendo qui? Possibile che la tua sofferenza interiore sia più grande di quella che provi ogni giorno sul corpo?”

No, la domanda da farti è solo una: cosa puoi fare tu per farlo stare meglio?

Quando quel mattino si svegliò, come prima cosa notò di essere sepolto in un mare di calde coperte. Si tirò su a fatica, ma dovette subito ricoricarsi per un conato di vomito improvviso. Asmar non c’era. Strisciò fuori dal letto, e trattenendo l’impulso di rigettare l’anima si vestì. Non avrebbe mai amato tanto la leggerezza della sua divisa: stava grondando sudore a causa della febbre, il caldo gli annebbiava i sensi.
Vide che Asmar non aveva lasciato nulla, ne un foglio ne altro…Quel giorno non aveva ricevuto compiti dal suo padrone, quindi. Uscì dalla stanza, recandosi in cucina per i lavori mattutini che spettavano ad ogni schiavo.
Entrò nella stanza.

Il cibo nelle pentole emana tanto vapore…

Iniziò a lavare le pentole sporche.

C’è tanto caldo, troppo…

Batté gli occhi per riprendere lucidità.

La stanza vortica, il pavimento diviene improvvisamente vicinissimo…

“Scusatemi se vi ho disturbato, ma ho un messaggio per il rispettabile Asmar”
Il signore dagli occhi di ghiaccio osservò la guardia: “Bene. Se è importante, non verrai punito di averci interrotto. Stavamo discutendo di affari importanti.”
La guardia chinò il capo: “Vi prego di perdonarmi, ma penso sia urgente, almeno per il rispettabile Asmar. Mi è arrivato un messaggio dagli schiavi: vi è molto tumulto, perché questa mattina il figlio dei Della Prusa è svenuto, ed ora che è arrivato il tramonto non si è ancora svegliato.”

Si incamminò con passo svelto verso la sua camera: aveva chiesto di portarlo lì appena aveva saputo…Accelerò.
Quando entrò, vide subito due schiavi che si avvicendavano per fare migliorare il giovane, posato su una stuoia di legno per terra. Aveva dimenticato che gli schiavi non potevano stare sui letti…Avrebbe dovuto dare ordine di posarlo sul letto, e non solo di portarlo nelle sue stanze. Mandò via i due, rimanendo solo con lui.
Era cadaverico, nel vero senso della parola. Lo prese in braccio, notando con sollievo che aveva il respiro regolare, seppur debole. Salì sul letto, tenendolo stretto a sé.
Rimase sveglio tutta la notte a vegliare su di lui.

Quando aprì gli occhi, capì di essere guarito: non sudava più e non sentiva caldo. Anzi: il freddo lo colse impreparato, facendolo rabbrividire.
Vide la porta aprirsi, ed il suo padrone entrare…triste?
Quando Asmar si accorse di lui, in ginocchio sul letto, sembrò ringiovanire di 10 anni: “Ti sei svegliato!”
Kei abbassò il volto: “Padrone…”
Le labbra di Asmar lo colsero alla sprovvista: lo aveva baciato con un impeto tale da averlo fatto cadere all’indietro sul letto.
Si voltò, memore del divieto di guardarlo in faccia: “Quanto…quanto ho dormito?”
Asmar si riassettò, tornando quello di sempre: “Circa 3 giorni…non ci speravo più…”
Non se lo aspettava, non pensava di aver dormito tanto a lungo. Si scusò mortificato e spaventato per le possibili conseguenze: “Vi chiedo perdono se non ho assolto i miei doveri, non era mia intenzione e…”
Asmar gli tappò la bocca con una mano: “Tu parli troppo, e non capisci che non sono arrabbiato…”
Iniziò a baciargli il collo, e a spogliarlo rapidamente: “…e che mi sei mancato…”
Lo girò di schiena, facendolo stare a gattoni sul letto…le braccia facevano leva per rimanere fermo. Asmar iniziò a spogliarsi, mentre il blader rimaneva in silenzio, aspettando la piacevole intrusione. Questa arrivò, e Kei iniziò a muoversi con il suo padrone per facilitare i suoi movimenti nel suo corpo. Quando raggiunsero l’orgasmo, Asmar si sdraiò sopra di lui, senza togliersi del tutto…
“Ora che stai bene, possiamo partire…”
Kei sussultò: “Dove volete andare? In un paese qui a sud?”
Asmar rise piano: “In teoria è così…il mio signore pensa che voglia andare a sud…”
Kei rifletté un istante: “…e invece?”
Asmar gli accarezzò i fianchi: “…e invece andremo in Giappone…un mio amico dirà al nostro sovrano che sono nelle sue terre, quando in verità…”

Giovane schiavo, la senti la tua anima che si sgretola?

Gli si fermò il respiro.
Sentì Asmar preoccupato dietro di lui, poiché doveva essersi accorto che aveva smesso di respirare. Quando tornò a respirare, Asmar si era tolto da lui, e aveva vestito entrambi.
“A domani allora…Buonanotte”
Kei non riuscì a prendere sonno.

Il Giappone, con il suo caldo sole e le sue grandi città oscillanti tra antichità e futuro.
Com’era bello per lui rivedere tutto ciò, com’era straziante.
Asmar osservava tutto con interesse: “Sai Kei, mi sono informato, ed ho saputo che i tuoi amici più cari si sono radunati qui…”
Il giovane lottò contro la tentazione di voltarsi e guardarlo. Cosa significava?
“Staremo solo un paio di giorni…Voglio che tu torni da loro, e li rassicuri…Io sarò un tuo conoscente che ti ha aiutato a venire qui in Giappone…Inventa la storia che preferisci, ma sappi che, Giappone o non Giappone, tu rimani il mio schiavo e che, per questo, devi comunque rispettare la mia autorità…E ricorda: solo due giorni”
Era attonito: guardava fuori dal finestrino dell’auto senza veramente vedere il paesaggio…Asmar…aveva infranto la legge, aveva mentito al loro signore…solo per permettere a LUI, schiavo e oggetto, di fare visita per un’ ultima volta ai suoi cari?
Era incredibile. Non ci avrebbe mai sperato; eppure…era stato chiaro: solo un paio di giorni, e poi avrebbe dovuto salutarli per sempre. Il pensiero lo faceva soffrire.
L’auto si fermò davanti ad un dojo che oramai conosceva bene. Il cuore sembrò fermarsi per sempre. “Muoio…” Pensò.
Asmar lo incoraggiò: “Forza, scendi…”
Scese dalla vettura, guardando la villetta come fosse la prima volta…Sentì le urla dei giovani inquilini, e una voce che sembrava quella di…Sgranò gli occhi quando vide la conferma dei suoi sospetti: Yuri e il resto della squadra russa, stavano uscendo dalla casa, seguiti dal campione del mondo con Max, Rei, Hilary ed il prof.
 Yuri si fermò improvvisamente insieme agli altri. Si guardarono un istante.
“KEI!”
Tutti lo guardarono sorridendo sorpresi.
Non ebbe nemmeno il tempo di ragionare: abbracciò il suo migliore amico, ridendo di gioia. Il rosso lo scrutò spaventato: “Cosa ti è successo? Sei uno scheletro che cammina! Stai bene?”
Il tatuato sorrise stringendolo ancora, trattenendo le lacrime: “Ora sì Yu…ora sto bene…”

Lo osservava da lontano, mentre rideva e scherzava con i suoi amici, e si faceva raccontare le loro avventure…
Alla loro curiosità aveva risposto dicendo che aveva avuto un periodo difficile, e che non era riuscito a contattarli…Alla sua presenza, aveva ovviato dicendo che era un suo conoscente che l’aveva aiutato ad arrivare da loro.
I suoi amici sembrarono notare la strana soggezione che Asmar incuteva al giovane, ed il fatto che non lo guardasse mai in faccia. Non chiesero nulla a riguardo.
Passò con loro due giornate precise, parlando, parlando e parlando. Non l’aveva mai visto sorridere, né ridere e scherzare…era un’altra persona.
La sera dell’ultimo giorno, arrivò l’ora dell’addio.
Takao guardò l’amico, pallido ed esangue, mentre si avviava all’uscita del dojo: “Devi per forza andartene?”
Kei gli rispose afflitto: “Vorrei poter restare, ma…mi spiace, Takao, davvero…”
Yuri intervenne sorridendo rabbuiato: “Ci eravamo incontrati proprio per rintracciarti…non farci più spaventare così, inviaci tue notizie ogni tanto…”
Kei li guardò triste: uno schiavo non aveva diritto a scrivere lettere, quell’addio era totale…
Come poteva dirglielo?
Sentì la voce di Asmar dietro di lui: “Penso che non sarà problematico scrivere qualche lettera ogni tanto, giusto?”
Sussurrò sorpreso: “Giusto…”
Gli aveva dato il permesso? Forse quell’addio non era definitivo.
Abbracciò tutti un’ultima volta: Asmar aspettò paziente.
“Dobbiamo andare ora…”
Kei annuì. Li guardò un’ultima volta.
“Addio allora…”
Yuri lo osservò a sua volta, serio: “Arrivederci…”

Addio o arrivederci? Chi ha ragione dei due?

Asmar si recò alla reception dell’hotel: “Tu vai in camera Kei, io pago e arrivo.”
Il ragazzo annuì, con lo sguardo impuntato a terra.
Entrò nella stanza dell’albergo, poggiando la giacca su una sedia. Vide il suo schiavo girato di schiena, sul bordo del letto. Stava piangendo. Il pianto disperato di chi sa di essere rimasto solo. Il pianto disperato di chi non ha più speranza nel futuro.
“Kei…”
Il giovane sussultò: “I-io…imploro la vostra pietà, non voglio sembrarvi ingrato, io non voglio piangere, però…”
Si bloccò quando sentì le braccia di Asmar circondarlo, per poi voltarlo. Sgranò gli occhi, appoggiando il capo sul petto del suo signore, continuando a piangere.
“Voglio che tu te ne vada”
Cosa? Il ragazzo non riuscì a capire.
“Voglio che tu stasera torni dai tuoi amici, e spieghi loro TUTTO ciò che ti è successo…Chiedi asilo politico al Giappone: il mio signore non potrà perseguitarti se lo farai…”
Kei si morse il labbro: “Signore, mi state dicendo che…”
Sospirò: “…sei libero, sì.”
Non osò staccarsi dall’abbraccio: “Ma voi così correrete dei guai, tornando senza di me…”
Asmar sorrise, baciandogli il capo: “Corro i miei rischi…ma desidero DAVVERO che tu sia libero…e quando ripenserai agli anni passati in Siberia, forse ti ricorderai di me, e mi odierai…”
Si strinse a lui: “Non vi odierei mai, lo sapete…”
Asmar si separò da lui, il cuore stretto da una morsa di dolore: “Io lo spero vivamente Kei, lo spero davvero…tieni comunque, questo è tuo.”
Dranzer. Era il SUO Dranzer. Stava bene, Asmar l’aveva protetto.
“Grazie”
“Addio”

E questo addio è  definitivo.

Corse a tutta velocità, senza smettere di piangere. Bussò alla porta con violenza.
Yuri aprì la porta: “Kei cos…”
Lo abbracciò con una forza che pensava di non possedere più. Il rosso ricambiò l’abbraccio confuso: “Cosa c’è? Che hai?”
Vennero raggiunti da tutti gli altri blader.
“Voglio spiegarvi come mai sono mancato così a lungo…ora POSSO farlo.”

“Sei sicuro?”
Il ragazzo annuì. Quando quella notte aveva raccontato ai suoi amici gli anni in Siberia, aveva detto tutto, ma non aveva spiegato loro cos’altro lo legava ad Asmar, oltre alla schiavitù. Non era ancora pronto per questo. Doveva prima digerire la separazione.
Sentì la voce dell’altoparlante chiamare il volo che avrebbe portato per sempre lontano da lui quegli anni. Vide in lontananza la figura di un uomo distinto aspettare di salire sul proprio aereo. Asmar si voltò a guardarlo. Aveva sempre saputo che era lì. Si guardarono negli occhi per interminabili secondi. Finalmente pari.
L’uomo abbassò lo sguardo per primo, poi entrò nell’aereo.

Addio, mio schiavo.
Addio, mio padrone.

Addio, mio amore.

Fine

Finita! X___X Che faticaccia! Allora, che ve ne sembra? Inaccettabile? Decente? Caruccia? Bella? È un esperimento, un’idea che mi è venuta all’improvviso! Siate sinceri e ditemi che ve ne pare! Non so se si nota l’influenza che hanno avuto “Il principe d’Egitto”, “Giuseppe: il re dei sogni” e l’ormai solito (c’è sempre XD) “Armand il vampiro” ^^
Ringrazio Iria per avermi sopportata e per avermi dato il suo parere SEMPRE. Grazie tessora!!!*___*
Kissone


   
 
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