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Autore: Yvaine0    25/12/2013    3 recensioni
Cosa succede quando Niall Horan ha una cotta per qualcuno, Liam Payne un piano – e non un piano qualunque, ma un piano geniale! - e Zayn Malik viene coinvolto senza possibilità di replica?
Succede che Dixie scambia Liam per un maniaco, Niall fugge in ogni dove nel disperato tentativo di svicolare e Ruth si guarda attorno cercando di capire cosa diavolo stia succedendo, mentre le vite di tutti loro si intrecciano irrimediabilmente.
Dixie è un'eccentrica fangirl tendente al nerd («Ti ho già spiegato che i nerd non esistono!»), Ruth una Welma di Scooby Doo in versione atletica («Giù dalle brande, si va a correre!»).
Liam è un ragazzo caparbio – forse appena un po' tonto – («Il problema è un altro: non hai capito cosa intendo»), Zayn indiscutibilmente un buon amico («Cosa c'è che non va in te?»).
Il denominatore comune di queste due coppie è senz'altro il povero Niall («Offro io!»), che non ha nessuna colpa se non quella di essere innamorato e un po' confuso.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Niall Horan, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prima di tutto, buon Natale a tutti! ♥

 

Capitolo 9
Non c'è due senza quattro
 
 
Quello che stava succedendo nell'appartamento poteva essere classificato come una catastrofe naturale, probabilmente. Dixie era sul punto di allertare il governo del disastro ormai non più imminente, ma già in corso – si sarebbe giustificata dicendo che la puntualità non era mai stata il suo forte, lo aveva già deciso, e la regina in persona le avrebbe conferito un premio per il suo servigio offerto all'Inghilterra, nonostante il ritardo.
Ma quello che stava succedendo nell'appartamento poteva essere visto anche in maniera più semplice e chiara: in tutte e tre le camere da letto sembrava che gli armadi fossero esplosi, c'erano vestiti ovunque – sui letti, sulle sedie, scrivanie, pavimento, comodini – e un piccolo uragano biondo e goffo a mettere tutto sottosopra, nel tentativo di combinate il giusto outfit per un'occasione così importante.
«Ti ho detto di no. Esci dalla mia stanza, subito» stava ripetendo Dixie per la ventesima volta in tono freddo e deciso. Forse il cartello incollato con lo scotch alla porta della sua camera con su la fotografia di Babs coperta da una grossa croce rossa e la scritta “You shall not pass!” era troppo poco immediato perché lei recepisse il messaggio. Avrebbe dovuto immaginarlo.
«Che ne dici di questo, Ruth? È troppo formale?»
«Più che altro è un po'...»
«È un vestito a maniche corte, porca miseria! Siamo in inverno!»
«Troppo formale per un appuntamento al cinema, giusto. Potrei prestarle gli shorts di jeans e un paio di calze!»
«Conoscendola, Babs, congelerebbe».
«Finalmente qualcuno che ragiona! Tu, Cosa, esci di qui. Non voglio altre vittime, hai capito?»
«Calze di lana, allora».
«Non credo sia una buona idea. Perché non lasci che decida da sola cosa...?»
«Pantacalze?»
«Babs...»
«Senti, dimmi la verità: quando Dio distribuiva l'intelligenza, a te si erano incastrati i ricci nella pentola della goffaggine?»
«Smettila di farmi ridere, Dixie, sto parlando di cose serie. Oh, ho trovato! Annika mi ha regalato una camicetta fantastica per il mio compleanno. Starebbe da Dio con la tua gonna scozzese, Ruth».
«Babs, non credo che Dixie voglia...» ...Che la sua camera cada in mano al ciclone con troppi capelli? No, decisamente non voleva.
Dixie sbuffò sonoramente, sistemò gli occhiali sul naso e, stufa di essere ignorata, alzò entrambe le braccia per attirare l'attenzione delle altre due. Era davvero troppo: bisognava mettere fine a quella pagliacciata. Prima di tutto perché temeva per l'incolumità delle proprie cose e secondo perché non aveva intenzione di indossare le calze. O un vestito “troppo formale”. O un vestito qualunque. E tanto meno una gonna scozzese e una camicia ricevuta in dono da Annika che secondo quella cretina della sua coinquilina era fantastica. Chissà chi era, poi, quella Annika.
Quando finalmente ebbe tutti gli sguardi su di sé, dopo aver analizzato in fretta tutte le alternative e le possibili cose da dire, prese un respiro profondo, ne scelse una – a caso– e parlò con aria solenne: «Mi trasferisco ai Caraibi».
E quando Babs scoppiò a ridere e Ruth alzò gli occhi al cielo, Dixie sbuffò di nuovo. Perché non veniva mai presa sul serio? «Non sto scherzando, sarebbe un'ottima soluzione: questa situazione è troppo stressante. E poi è freddo qui. E non voglio vedere quella che rompe qualcos'altro in camera mia». Che era un modo come un altro per intimare alle persone che abitavano con lei di lasciarla in pace.
Era già abbastanza agitata in previsione di quella sera senza che quell'impiastro di Babs mettesse sottosopra casa – tra l'altro col cavolo che avrebbe aiutato a sistemare! Se solo Ruth avesse evitato di lasciarsi sfuggire dell'appuntamento, tutto sarebbe andato per il verso giusto. A quell'ora Dixie sarebbe stata sotto le coperte con la testa sotto il cuscino, mentre Ruth cercava a tutti i costi di tirarla giù dal letto anche se, no, no e no, lei aveva troppa ansia per andare a quell'appuntamento, avrebbe voluto darsi malata. Anche se questo, in effetti, sarebbe comunque potuto succedere.
Sentiva quella strana stretta allo stomaco, che era solita sperimentare solo prima di un esame particolarmente difficile, a mandarle in confusione l'organismo. Non riusciva a decidere se avesse fame o meno, se fosse felice o disperata, se volesse togliere definitivamente di mezzo Babs o se le bastasse che portasse la propria dannosa persona fuori dalla sua stanza. Avrebbe voluto che Niall si presentasse alla sua porta in quel momento stesso annunciandole che era in atto un'invasione aliena, o, in alternativa, che Zayn le telefonasse per dirle che Liam si era sentito poco bene e avrebbero dovuto rimandare quell'uscita al trenta febbraio del duemilamai. E lei lo avrebbe capito, che si trattava di una scusa, ma avrebbe anche capito che uscire con un disastro fangirlante come lei sarebbe stato tutto fuorché facile. Tutto d'un tratto si sentiva così sbagliata, in piedi in mezzo alle mille magliette da ragazzo con su stampe di ogni genere che Babs aveva scaraventato fuori dal suo armadio. Si sentiva poco femminile, poco adatta ad un'occasione del genere.
Stava per uscire con un ragazzo. Un ragazzo vero! Iniziava a capire perché a casa sua nessuno ci avesse creduto: al momento non riusciva a concepirlo nemmeno lei. Dixie e un ragazzo. Un ragazzo reale, esistente, umano. Un ragazzo addirittura bello, oltre che gentile ed educato. Un mezzo maniaco, per giunta, ma questa forse era la caratteristica che più si addiceva ad una svitata come lei, con una passione smodata per i casi umani.
Per di più quel folle aveva intenzione di vedere Rush e lei di certo non ne aveva alcuna voglia. Proprio no.
Sospirò per poi imbronciarsi. Basta, voleva dare forfait.
«Okay, ehm». Ruth si schiarì la voce e attirò l'attenzione dell'amica, ormai quasi del tutto dimentica dell'aggirarsi delle coinquiline nella sua stanza. «Non voglio allarmarti, Dixie, ma sembra che tu abbia...»
«Cosa?»
«Sembra che tu abbia in faccia...»
Cosa? Cosa aveva in faccia? Ci mancava solo che le fosse spuntato un brufolo enorme sulla fronte. Ovviamente come da copione. Come nelle migliori – o peggiori? - fanfiction comiche. Perfetto. Grande. Anzi, grandioso.
«Un'espressione».
Dixie la guardò stralunata. Che cosa andava farneticando?
«Oddio, eccone un'altra!» la additò Ruth per poi scoppiare a ridere dello sconcerto sul volto dell'amica. «D'accordo, scusa, ma sei rimasta impassibile tutto il giorno e non hai nemmeno video-chiamato Margot per farti dare man forte. Iniziavo a preoccuparmi».
«Chi è Margot?» domandò Babs, esaminando quale dei due paia di jeans che stava reggendo fosse più adatto al maglioncino rosa che aveva trovato chissà dove – sicuramente non nell'armadio di Dixie.
«Fatti gli affari tuoi» la freddò lei, per poi tornare a concentrarsi su Ruth: «Non è così importante».
«No, infatti. È solo un'uscita, Dixie: andrai al cinema con Liam. Liam: quello tonto. Che hai da preoccuparti?»
Giusto, che aveva da preoccuparsi?
E fu così che, emettendo uno dei suoi soliti prolungati lamenti, si gettò a faccia in giù sul letto. Continuò a gemere di frustrazione per quasi dieci minuti finché il suono di qualcosa che si schiantava sul pavimento non la destò dalla trance disperata in cui era caduta. Allora alzò la testa, mantenendo gli occhi ben chiusi, e il cuore appesantito dal timore di scoprire l'entità del danno e dall'agitazione per l'imminente appuntamento, gridò: «ESCI SUBITO DI QUI!».
 
«È proprio, proprio, proprio sicura che non vuole tornare a cambiarsi?»
Dixie sbuffò, udendo la voce di Babs attraverso la cornetta, anche se distante. «Mi fai un favore, Ruth? La uccidi entro il mio ritorno?» Camminava lungo i marciapiedi della città stretta nel solito cappotto nero, una voluminosa e vecchia sciarpa di lana avvolta attorno al collo. Al contrario di tutte le pressioni fatte da Babs, come c'era da aspettarsi, aveva indossato un paio di jeans e una felpa con su stampato Chewbecca. Non molto elegante, forse, ma in perfetto stile Dixie.
Si erano dati appuntamento di fronte al cinema meno frequentato della città, nonché più vicino alle abitazioni di entrambi, scelta che era parsa geniale, specie se volevano trascorrere una serata. Proprio lì si stava dirigendo lei, le mani che tremavano e il dubbio che a scuoterle non fosse solo il freddo. Non che Dixie non avesse mai avuto un appuntamento, mica era nata ieri! No, il punto era che non ne era più abituata. Da qualche tempo, ormai, era più abituata a leggere storie romantiche che a viverne e non ne aveva mai sentito la mancanza. Non che avesse iniziato ora a fantasticare, non sia mai. No, era solo che...
Tirò su col naso e alzò lo sguardo al cielo, ignorando la voce di Ruth che attraverso il telefono le faceva notare quanto fosse sciocca la sua ostilità nei confronti della loro coinquilina. Sì, certo, blablabla.
Era solo che Liam un po' le piaceva. Sì, le piaceva. Un po'. Era stata costretta ad ammetterlo almeno a se stessa, quando aveva scoperto di ricordare ogni cosa detta da lui, ogni momento trascorso insieme e persino il colore dei suoi occhi – senza nemmeno essersi accorta di averci prestato attenzione!
Il fatto che Liam – un po' – le piacesse la metteva a disagio. Non era più abituata a provare certe – poco importanti– cose. Cosa avrebbe dovuto fare? Avrebbe dovuto aspettarsi qualcosa? Cosa? E quell'uscita cosa doveva significare? Era tutto così complicato!
Dov'erano le note a fine capitolo che anticipavano cosa sarebbe successo di lì a breve, quando servivano? Aveva sempre odiato gli spoiler, ma al momento non gliene sarebbe affatto dispiaciuto uno.
«Sei arrivata?» le domandò Ruth.
La ragazza si guardò attorno, rendendosi conto di non aver badato alla strada fino a quel momento. Aveva l'abitudine di passare il tempo al telefono con l'amica quando era troppo nervosa per stare sola con se stessa come in quella circostanza o come quando aveva dovuto guidare fino a casa; spesso nemmeno la ascoltava parlare, si perdeva nei propri pensieri, ma la costante presenza di qualcuno in grado di capirla la rassicurava lo stesso.
Sì, era arrivata. Riusciva a scorgere la minacciosa locandina di Rush sulla porta fin da lì e sperava vivamente che Liam avesse cambiato i propri piani sul film da vedere.
Ruth ridacchiò alla frase dell'amica. «Be', guarda il lato positivo».
«Quale sarebbe?»
«In Rush c'è Chris Hemsworth».
«Chi?»
Un sospiro. «Thor».
«Ah, Thor! E chiamalo con il suo nome!»
Un altro sospiro.
Due risolini.
«D'accordo, vado. Ci sentiamo più tardi».
«Okay. Buona serata, Dixie».
 
«Quindi... cosa guardiamo?» Dixie marciava lungo la sala d'entrata del piccolo multisala, scrutando dal basso tutte le locandine dei film, saltando ostinatamente quella “con Thor in tenuta da pazzo suicida”, come l'aveva descritta a Liam.
Il ragazzo la seguiva con lo sguardo e fisicamente, senza sapere bene perché la scelta del film fosse così importante per lei. A lui bastava vederne uno, passare del tempo insieme, spiarla di nascosto nel buio della sala. Ah, questa era davvero patetica. Perché pensava certe cose? Cancella, Liam, cancella il pensiero.
«A me ne va bene uno qualunque».
«Anche I Puffi in 3D?» domandò la ragazza, sarcastica.
Liam aggrottò le sopracciglia. «Sarebbe un po' imbarazzante, ma se proprio ci tieni...»
«No», lo interruppe lei. «No, non ci tengo. Sono indecisa. Aiutami».
Così il ragazzo, preso da un moto di coraggio, la prese per le spalle obbligandola a fermarsi e la voltò in direzione delle locandine, in modo che potesse averne una visione d'insieme anche senza marciare febbrilmente. «Sì, ma calmati».
«Mi calmerò quando avremo deciso cosa guardare. Si tratta di una decisione sofferta».
Non era sicuro di voler sapere di cosa si trattasse. Non poteva certo dire di essere un esperto dei comportamenti di Dixie, ma aveva imparato a proprie spese che quella ragazza vedeva il mondo in maniera eccentrica e... strana, sì. Per questo lo sorprendeva sempre: si sentiva sempre estraniato dalla sua ottica distorta, a cui però dava un'aria estremamente logica e normale, parlandone con serietà e convinzione, al punto da far sembrare lui quello fuori dal comune. «Tra quali sei indecisa?»
«Percy Jackson e Evangelion».
«Vorresti vedere un cartone animato?» domandò confuso.
Lei lo fulminò con lo sguardo, tornando poi in fretta a studiare le locandine. «Fingerò di non averti sentito, Liam» gli comunicò in tono piccato. «Sono ancora più indecisa. Dimostrarti che non è solo un cartone animato o lasciarti nella tua misera ignoranza?»
Il ragazzo si accigliò: era un'offesa, quella? Scrollò le spalle e abbozzò un sorriso divertito. La trovava carina e buffa nella sua incomprensibile stranezza. «Proviamo la tecnica della monetina?»
«Testa o croce?»
«Esatto. E mentre la monetina è in aria, ti ritroverai a sperare nella scelta che preferisci».
Dixie rise di gusto a quella spiegazione, finendo per contagiare anche lui, nonostante non avesse ben capito il perché. «Ma scusami» osservò: «se sono indecisa, significa che non so in cosa sperare».
Liam si accigliò – effettivamente il ragionamento non faceva una piega. Si sentì tutto d'un tratto molto stupido, quindi affondò le mani nelle tasche dei jeans e domandò: «Quindi come risolviamo il problema?»
«Semplice» decretò lei dopo qualche istante di riflessivo silenzio. «Guardiamo... quello!»
E Liam era fermamente convinto che avrebbe indicato il cartone animato, quando si rese che la sua scelta era invece ricaduta su... «Un thriller».
 
«Quindi tu... tifi la ragazza bionda e il rapitore. Come una coppia. Anche se lei sta con il poliziotto» ricapitolò Liam, contando le informazioni sulla punta delle dita, la fronte corrugata per lo sforzo di ricordare termini, argomentazioni e... be', aveva rinunciato a imparare i nomi dei personaggi quando si era accorto che la loro memorizzazione sembrava comportarne la morte immediata.
Era l'intervallo, le luci nella sala praticamente vuota erano accese e Dixie era seduta a gambe incrociate accanto a Liam, gli occhiali sul naso, con un bicchiere gigantesco di pop-corn a separarli.
Inizialmente, quando la scelta era ricaduta sul film horror, - del tutto a caso, come aveva poi ammesso Dixie -, si era rallegrato. Aveva sperato in una di quelle scene da gente normale, con la ragazza terrorizzata che si rifugia tra le braccia del ragazzo forte e muscoloso, il quale poteva cogliere così l'occasione di stringerla. Ovviamente niente era andato in quel modo: l'unico a sobbalzare ai colpi di scena era lui, mentre Dixie commentava sottovoce ogni battuta e azione, etichettava i personaggi come stereotipi e usava termini incomprensibili, che durante l'intervallo si stava almeno dando la pena di spiegare.
«Li shippo. Quindi li tifo come coppia, sì. Gwen e Roger mi piacciono insieme».
Come faceva a ricordare tutti i nomi? «Io shippo il poliziotto».
«Shippare una persona sola è una cosa un po' perversa, sai?» Dixie ridacchiò. «Potresti shipparlo col suo genderswap. O con il suo clone. Dovrei chiedere a Jean se si tratta di incest, in questo caso...»
«Okay, okay, okay, frena!» Liam alzò le mani mostrandole i palmi, disarmato, le sopracciglia inarcate. «Una follia alla volta».
La ragazza arrossì appena, ridacchiando colpevole. «Shippare: tifare una coppia. Genderswap: versione di sesso opposto di un personaggio; come se il poliziotto fosse una poliziotta, per intenderci. Incest...»
«Questo so che significa, è abbastanza chiaro, sì» la fermò Liam, ridendo. Rubò una manciata di pop-corn dal contenitore, poi prese a mangiarli uno per uno direttamente dalla propria mano.
Dixie ebbe il coraggio di trovarlo tenero e si ritrovò a sorridere mentre lo osservava. Poi tornò alla propria lezione. «Ora andiamo sul difficile. Una coppia che shippi si chiama ship. Le ship hanno un nome, che di solito si crea mescolando i nomi dei due personaggi che si shippano».
Liam strinse gli occhi, spinse in fuori il labbro inferiore e si grattò la testa con la mano libera, ma annuì, come se stesse riuscendo a seguirla, nonostante la fatica. «Per esempio, Gwen e Roger potrebbero chiamarsi... Gwoger. Io shippo Gwoger».
«Gwoger» ripeté Liam poco convinto. «Sembra il nome di una falciatrice» commentò, osservazione che fece scoppiare la ragazza in una grassa e sincera risata. «Non hai tutti i torti!» singhiozzò, asciugandosi delle insolite lacrime ai lati degli occhi.
La osservò ridere a lungo, anche se gli sembrò troppo tempo, con un sorriso infantile stampato in volto. Gli piaceva quando rideva, più del solito: sembrava così... vitale, al contrario di ciò che si sarebbe detto a vederla per la prima volta.
Proprio mentre stava prendendo il coraggio per allungare un braccio e posarglielo sulle spalle, le luci della sala si spensero, facendo ricomporre entrambi. Così, mentre calava il silenzio e tornavano le scene sullo schermo, due frasi furono pronunciate in coro, sottovoce: «All'uscita ti interrogo!», «Io shippo noi due».
E, anche se finsero di essere già concentrati sul film, i sorrisi che comparvero sui loro volti e il rossore sulle guance di Dixie dimostrarono che avevano entrambi udito la battuta dell'altro.
 
«Hai finito i pop-corn!» sibilò Norah incredula, quando, tuffando la mano dentro il secchiello, lo trovò vuoto. Si voltò a fulminare Niall con lo sguardo e lui scoppiò a ridere rumorosamente, scatenando una serie di ammonimenti e “shht!” da parte del resto del pubblico in sala. A questo punto toccò alla ragazza ridere – molto più sommessamente.
La serata stava procedendo piuttosto bene, in fin dei conti. Si erano incontrati fuori dal pub all'ora prestabilita, avevano camminato fino al cinema chiacchierando del più e del meno; Norah aveva ascoltato Niall parlare a vanvera e ridere più del necessario, buffo atteggiamento che l'aveva intenerita oltre misura. Aveva pensato che quella sera sarebbe stata lei quella più in imbarazzo, ma a quanto pare il ragazzo era più timido di quanto non sembrasse – e la cosa le piaceva, molto. Una volta arrivati alla multisala, avevano comprato ognuno il proprio biglietto, un secchiello di pop-corn da condividere e si erano fiondati a vedere Rush, in preda ad un particolare entusiasmo che aveva portato entrambi a sciorinare tutte le informazioni che avevano trovato a riguardo sul web, mentre Niall continuava a ridere ad ogni scambio di battute, senza sapere nemmeno lui il perché.
E ora, prima dell'intervallo, i pop-corn erano finiti e Niall sghignazzava più del normale. «Va tutto bene, vero?» gli domandò, incerta. Perché, sì, l'irlandese era sempre stato un tipo piuttosto allegro, ma la faccenda stava sfiorando il ridicolo.
«Sì, è che... avevo fame» si giustificò, soffocando poi una risatina.
Norah alzò gli occhi al soffitto e poi li spostò nuovamente sullo schermo. Niall Horan era un caso disperato. Un adorabile caso disperato.
 
«A me è piaciuto» proclamò Liam, uscendo dalla sala. Camminavano fianco a fianco lungo il corridoio, Dixie teneva il cappotto nero piegato tra le braccia e il ragazzo non si stupiva per nulla di intravedere una faccia pelosa fare capolino sulla sua felpa scura: non si era aspettato niente di diverso da lei – niente vestiti, trucco o scarpe eleganti: solo Dixie in tutta la sua stranezza.
Sorrise quando le loro braccia si sfiorarono e inclinò il capo per poterla vedere meglio. «A me no» rispose lei con pacata sincerità e Liam non poté fare a meno di imbronciarsi un po': non si era divertita, forse? Lui era stato fin troppo bene con lei.
«Quello che voglio dire è che era fin troppo scontato. I personaggi sono piatti, il cattivo non ha un minimo di spessore. Posso capire che non abbia personalità l'eroe, perché di solito è un Gary Stu di prima categoria e non ci sono speranze nella sua sconfitta, ma di solito almeno l'antagonista si salva!»
Liam dischiuse le labbra, mentre ascoltava attentamente i commenti di Dixie. Non sapeva decidersi: preferiva scoprire chi fosse Gary Stu o continuare a guardarla roteare gli occhi e fare smorfie mentre criticava con quella che sembrava una certa padronanza della materia il film appena visto? Era interessante. La metà del tempo Liam non capiva una parola di quello che gli diceva, era sempre costretto a chiederle spiegazioni e a domandarsi se davvero parlassero entrambi inglese, ma al contempo rimaneva incantato da ogni parola. L'avrebbe volentieri ascoltata parlare a lungo, anche a costo di dover memorizzare tutti quegli strani vocaboli.
Solo quando Dixie interruppe il cammino e si voltò a guardarlo, un po' interdetta, Liam si rese conto di aver passato gli ultimi due minuti a fissarla senza dire niente. Raddrizzò le spalle, quindi, e si passò una mano sulla nuca, imbarazzato dal proprio comportamento. «Chi è Gary Stu?» soffiò, giusto per dire qualcosa.
Lei inarcò le sopracciglia, poi sorrise tra sé e, «Un personaggio maschile così perfetto da sembrare irreale. Uno di quelli di cui per sino i difetti sono adorabili. Il compare di Mary Sue», spiegò brevemente; poi distolse lo sguardo e, lasciandolo scorrere sulle locandine nell'entrata della multisala, disse: «Grazie per avermi pagato il biglietto. Non dovevi, davvero».
Liam sgranò leggermente gli occhi, poi li socchiuse, ridendo. «L'ho fatto con piacere, dopo tutto ti ho invitata io» rispose. Sbirciò l'ora sull'orologio da polso e poi prese a guardarsi attorno, a disagio. Erano solo le undici, avrebbe dovuto lasciarla andare a casa? Così presto?
«Grazie, allora» replicò lei, sorridendogli.
Liam era quasi certo di aver appena sentito le farfalle nello stomaco. Si ritrovò a sorriderle di rimando, desiderando di starle ancora più vicino di quanto non fossero. Forse però non era una grande idea avvicinarsi tanto così presto, non dopo essere passato per un maniaco al primo incontro. «Quindi, ehm... ti va di fare un giro?» propose allora, accennando alla porta con il capo. «Così mi racconti di questa Mary Jane» aggiunse, quando lesse l'incertezza negli occhi della ragazza.
E a quel punto lei rise e annuì. «Mary Sue! Sì, hai decisamente bisogno di qualche altra delucidazione».
«Sono tutt'orecchi!» esclamò Liam prontamente, aiutandola ad indossare il cappotto.
 
«Non credo che sia una buona idea, Niall» osservò la ragazza, dondolando sui talloni all'ingresso del parco buio e deserto. Non le era mai piaciuto andare in giro di notte, a piedi, da sola. Non che con Niall fosse da sola, ma solitamente era abituata a vagare per le strade della città solo con un branco di amici, mai in coppia. Non che le zone fossero malfamate, non che non si fidasse di Niall, ma l'idea di passeggiare per un parco buio e completamente sola con lui la metteva a disagio. Era una cosa da coppiette e l'idea le sembrava parecchio prematura, specie se si considerava che tutti i suoi tentativi di conversazione, al di fuori dei commenti sul film, erano stati ricambiati con risate isteriche e racconti di episodi vissuti con Dixie e Ruth.
Ridere, Ruth, ridere, Dixie, ridere, Ruth, Zayn, Ruth e Dixie, ridere, Harry, ridere, Dixie e Ruth e Liam. Ridere, ridere, ridere. La sua risata aveva smesso di essere tenera prima della fine del film.
Niall, dal canto proprio, non capiva cosa ci fosse di così sbagliato nell'attraversare il parco. «Perché?» domandò senza capire. Si faceva molto prima ad arrivare al pub, passando di lì, e Norah aveva detto esplicitamente di aver lasciato la macchina lì di fronte.
La ragazza strinse le labbra a quella domanda. «Perché lì ci vanno le coppiette, di solito» spiegò chiaro e tondo, strofinandosi le mani sulle maniche del giubbotto, sperando di generare così un po' di calore.
Niall rise, per l'ennesima volta quella sera, e infilò le mai nelle tasche dei jeans appena un po' troppo larghi. «Possiamo attraversarlo di corsa!» propose come – secondo lui – valida alternativa.
Norah inarcò un sopracciglio con aria di sfida, ma incrociando il suo sguardo limpido non poté che scoppiare a ridere, intuendo che parlasse seriamente. Lui, senza capire cosa ci fosse di divertente, ridacchiò imbarazzato e si scompigliò i capelli con una mano, per poi riportarla al calduccio nella tasca. «Se facessimo il giro da fuori ci impiegheremmo un'eternità» osservò poi, senza preoccuparsi del fatto che quella frase potesse suonare un po' scortese. Niall non era il tipo da fare caso a certe cose: non aveva fretta di tornare a casa e non gli passava nemmeno per la testa che il suo interlocutore potesse capire qualcosa di diverso da ciò che lui voleva effettivamente dire.
Norah, d'altro canto, strinse di nuovo le labbra incassando quel piccolo segnale con una punta di irritazione. Forse Niall non voleva offenderla, ma era chiaro che avesse voglia di liberarsi di lei. Così prese un respiro profondo, si sistemò la sciarpa affinché le coprisse meglio il collo e il volto e «D'accordo, allora» accettò, preparandosi ad una passeggiata imbarazzante da coppiette pomicianti. L'atmosfera era tutto d'un tratto tesa tra loro, forse perché la ragazza si era stancata di fingere che quell'appuntamento fosse stato proprio ciò che si aspettava, che lui fosse ciò che lei si aspettava. Dov'era finito l'irlandese buffo e disinibito che faceva figure di merda e le strizzava l'occhio ordinando una Guinness?
Fu solo per un colpo di fortuna se l'attenzione di Niall fu poi catturata da due passanti che camminavano lungo quello stesso marciapiede, distogliendolo dal suo proposito di attraversare il parco.
«Ehi, Liam!» gridò infatti in segno di saluto, quando riconobbe il volto dell'amico. Scoppiò poi in una risata genuina, di sorpresa. «Che ci fai qui, amico?»
«Grazie della considerazione, Niall» gli disse in risposta una voce che Noah conosceva bene. Alzando lo sguardo provò un po' di sollievo: quella era Dixie!
 
«Ma quella non è Norah?» sussurrò Liam sottovoce, mentre agitava una mano in segno di saluto.
Si era forse perso qualcosa? Perché sembrava proprio che i loro tentativi di avvicinare quei due fossero andati a buon fine - prima ancora che quei tentativi iniziassero, addirittura!
Dixie si accigliò e scosse il capo. «Ma certo che no, Niall ce lo avrebbe detto se... Ma quella è Norah!» si contraddisse, sconvolta, quando riconobbe l'amica. Quella arrossì leggermente, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio; salutò poi con sorriso appena abbozzato in volto e un timido cenno della mano.
Non sembrava molto entusiasta, osservò Dixie, ma non si soffermò molto sulla questione, perché il fatto che quei due fossero usciti insieme le premeva molto di più. Un po' perché non capiva come fosse venuto in mente a Niall di non dirlo a nessuno e un po' perché sembrava proprio che la sua nuova OTP fosse giunta ad una svolta significativa: stava diventando canon. Ancora prima che potesse dare voce ai propri pensieri, «Come si chiama la coppia Norah e Niall?» domandò Liam tutto d'un fiato e Dixie si esibì in un sorriso smagliante. «Vedo che cominci a capire!» commentò con una punta di orgoglio nella voce, assieme all'insolito e palese entusiasmo. Ci pensò su un istante e poi decretò: «Norall», proprio mentre si stavano fermando di fronte agli altri due.
«Be', li shippo» farfugliò comunque Liam tra i denti un attimo prima di fare un cenno di saluto anche a Norah.
I diretti interessati ebbero il buon senso di non fare domande in proposito; solo Niall, scoppiando di nuovo a ridere, commentò: «Non ci credo, ti ha contagiato, Payno?».
 
C'era qualcosa di strano in quella situazione, anche se Liam non avrebbe saputo dire cosa. A parte il fatto che stessero camminando in fila lungo il vialetto di un parco buio e deserto – se non si contavano le poche coppiette sedute su qualche panchina o nascoste nella penombra tra gli alberi. La zona era silenziosa, tranquilla; gli unici suoni erano le loro risate – soprattutto quelle di Niall – e le chiacchiere che si scambiavano con naturalezza, ma di certo non era questo a sembrargli strano, no: il fatto che Norah e Niall si trovassero ai lati opposti della formazione, accuratamente lontani l'uno dall'altra, come se proprio non volessero stare vicini più del necessario. Una cosa del genere era possibile? Dopo tutto erano usciti insieme, in segreto. Una cosa del genere era tutto fuorché naturale, a meno che non volessero mantenere la propria relazione segreta.
Liam non era mai stato il tipo da farsi troppi problemi: quando ad un dubbio riusciva a trovare una soluzione soddisfacente, se ne accontentava. Ecco perché non cercò di avvicinare Norah e Niall, anche se gli sarebbe tanto piaciuto farlo, vista la sua propensione a ficcare il naso negli affari di cuore altrui; anzi, si accontentò di passeggiare al fianco di Dixie, con le braccia che di tanto in tanto si sfioravano facendogli percepire quel piacevole tepore sul lato del corpo più vicino a lei, che stava raccontando alla sua amica il film appena guardato.
«Come è andata la serata, amico?» sussurrò Niall nella speranza che le ragazze non potessero sentire, accompagnando quelle parole con una strizzata d'occhio. Liam non era però altrettanto speranzoso, per cui si limitò a sorridere raggiante, cosa che all'altro bastò come commento positivo. Rise di nuovo, quindi, anche se questa volta di gioia, e Dixie giurò a se stessa – non senza una nota di sconvolgimento – di aver appena sentito Norah sbuffare in risposta a quel suono.
Prima che la nostra fangirl preferita, però, potesse anche solo iniziare ad interrogarsi sulla stranezza di quel gesto, un altro suono a lei familiare attirò la sua attenzione, mentre la tasca del suo stesso cappotto iniziava a vibrare insistentemente. Vi tuffò una mano all'interno, dunque, scoprendo una chiamata in arrivo sul cellulare, il cui mittente pareva essere... «Noah? È successo qualcosa?» domandò preoccupata. Era ormai mezzanotte ed era piuttosto insolito che suo fratello le telefonasse a quell'ora.
L'attenzione di tutti si spostò per un attimo su di lei, poi però, quando la sua espressione corrucciata si distese, la compagnia pensò bene di non origliare la conversazione e tornò a farsi gli affari propri. O almeno tutti tranne Liam, che non smise di controllare di sottecchi le sue reazioni. La aspettò, seppure a debita distanza, quando lei rimase volutamente indietro per poter avere un po' di privacy.
Questo obbligò Norah e Niall a camminare di nuovo l'uno al fianco dell'altra, ma a Liam non dispiacque particolarmente lasciarli soli – anzi, si disse, forse era meglio lasciar loro un po' di spazio per concludere al meglio quella serata.
 
«Non hai dimenticato niente a casa quando sei ripartita?» stava chiedendo Noah. La sua domanda era chiaramente retorica, ma la sorella davvero non aveva la minima idea di cosa lui stesse parlando. «Perché sono uscito con degli amici e quando sono tornato nel parcheggio sul retro ho messo la macchina accanto ad una che è proprio identica...»
A quelle parole, prima che lui potesse concludere la frase, lei capì: «Porca vacca» esordì, schiaffeggiandosi la fronte. Non poteva essere successo davvero!
«...alla tua».
Come aveva potuto dimenticare la macchina a casa dei suoi? Stupida, stupida, stupida Dixie!
«C'è qualcosa che devi dirmi?» aggiunse in tono d'accusa il fratello maggiore.
Violet si morse il labbro inferiore, mentre cercava di prendere tempo per decidere cosa rispondere. Dopo aver passato tutto il giorno con i propri fratelli, specialmente con Gordon, era tornata alla macchina con l'intenzione di guidare fino all'appartamento che condivideva con Ruth, ma non ce l'aveva fatta. Non era nemmeno riuscita a metterla in moto e, al terzo spegnimento del motore, era scoppiata in un pianto rabbioso. In quelle lacrime aveva sfogato i ricordi di tutti gli anni passati, quando Gordon poteva rincorrerla su e giù per le scale, senza che qualche gradino potesse metterla in salvo, dimostrandosi un ostacolo insormontabile per lui; aveva buttato fuori gli atroci sensi di colpa che accompagnavano ogni visita al fratello, la nostalgia, i rimorsi. E non ce l'aveva fatta a guidare in quelle condizioni, no: si era asciugata gli occhi, era scesa e poi aveva camminato fino alla stazione ed era tornata fino in città in treno, senza dir nulla a nessuno.
Si era poi del tutto dimenticata di tornare a prenderla, troppo presa dal pensiero di Liam e dell'appuntamento. Non si aspettava che uno dei suoi fratelli la riconoscesse e le telefonasse.
«Io... l'ho dimenticata» si giustificò – e in parte era anche vero.
«Hai dimenticato la macchina?»
La domanda era più che lecita, osservò Dixie. Si guardò attorno alla ricerca di qualcosa da rispondere e, quando il suo sguardo incontrò quello di Liam, le parole le uscirono da sole: «Un amico è venuto a prendermi e ho dimenticato di tornare a prenderla». Impiegò qualche istante per rendersi conto di aver appena spudoratamente mentito a suo fratello. Si sentì in colpa per averlo fatto.
Il silenzio che seguì fu la prova che Noah non ci aveva creduto e Violet ne fu sollevata, perché per qualche motivo questo la faceva sentire meno meschina, come se la mancata riuscita del suo inganno potesse cancellarne anche l'intenzione.
«Già» commentò per nulla convinto. «Senti, cerca di venire a prenderla prima che anche mamma o papà la notino, okay? Magari loro potrebbero anche credere alla faccenda dell'amico che ti dà un passaggio, ma Gordon non ci cascherebbe nemmeno per un attimo» continuò in tono severo. «D'accordo?»
Dixie sospirò. «D'accordo. Ora devo andare, sono in giro con...» Il suo sguardo ancora fisso in quello di Liam, pur a debita distanza, la fece arrossire: come definire il loro rapporto? Erano amici? Solo conoscenti? Più che amici? Uscivano insieme? Avrebbe dovuto smettere di farsi certe domande. Decise di lasciare in sospeso la frase e Noah non insistette perché la continuasse.
«Va bene, ci sentiamo nei prossimi giorni. Vieni a prendere la macchina, però. Buona serata».
«Okay. Buonanotte». Chiuse così la chiamata e avanzò verso il ragazzo che la stava ancora aspettando.
 
Niall camminava con le mani nelle tasche e il suo solito passo leggermente ondeggiante che gli dava un'aria un po' svagata. Erano di nuovo rimasti soli, perché Liam sembrava del tutto intenzionato a non mollare Dixie per un attimo, cosa che da un lato inteneriva e dall'altro irritava Norah, di nuovo costretta a passare del tempo da sola con Niall. Il silenzio che li accompagnava, però, era quasi piacevole, tanto che stava allontanando almeno per un po' dalla sua mente tutto l'imbarazzo che quella sera era calato tra loro. Perché, sì, se Niall aveva riso tanto e lei non aveva saputo di cosa parlare con lui, il motivo era solo l'imbarazzo. Si era sempre detto che con una persona che le interessava qualcosa da dire lo avrebbe sempre trovato. Tra loro, invece, dopo l'iniziale entusiasmo dovuto al film, gli argomenti di conversazione sembravano essersi esauriti – il che, oggettivamente, era parecchio triste.
Ma il silenzio andava bene, secondo Norah. Il silenzio era insolito, sì, ma intimo. Non c'erano risposte di cortesia da dare per forza, non c'erano pause imbarazzanti o incomprensioni. Era solo silenzio, pace. Si trattava di un bel niente e le piaceva pensare che ci volesse complicità per saper condividere quel nulla.
A Niall, però, il silenzio non piaceva affatto. Ecco che, infatti, dopo essersi guardato attorno per diversi minuti alla ricerca di qualcosa da dire, nell'attesa che Liam e Dixie tornassero a far loro compagnia, parlò: «Ruth viene sempre a correre in questo parco. A volte cerca di convincere anche Dixie a venire, ma non ci riesce quasi mai. Solo per ricatto. Lei è davvero troppo pigra per questo genere di cose: detesta correre. Ruth invece no. È una ragazza molto attiva, anche se non si direbbe. Sa fare un sacco di cose e non sta mai ferma con le mani in mano».
Norah alzò gli occhi al cielo, non vista, grazie alla penombra che oscurava il parco. «Ma davvero?» domandò, cercando di non suonare troppo sarcastica. Non aveva sentito parlar d'altro che delle sue amiche, da quando avevano concluso i commenti al film. Be', aveva sentito quello e la sua risata chiassosa, che probabilmente si sarebbe sognata persino la notte.
«Davvero!» Niall, d'altro canto, non aveva mai compreso molto bene ironia e sarcasmo; ecco perché continuò imperterrito nel suo tentativo di conversazione: «Pensa che una volta Ruth ha dovuto prometterle di lavare i piatti al posto suo per un mese per convincere Dixie ad accompagnarla qui a correre!»
Norah sbuffò silenziosamente e alzò gli occhi al cielo. L'attraversata di quel parco non le era mai sembrata così lunga come quella sera.
 
«Sono carini, non trovi?»
«Non sono sono carini, Liam: sono praticamente canon. Il che vuol dire tutto e niente, ma è positivo».
«Che vuol dire “canon”?»
«In parole povere... ufficiale».
«Ah, ho capito. E, ehm, chi era era al telefono?»
«Era... era mio fratello».
«Ah. Tutto a posto, vero?»
«Sì, sì, certo».
«Meglio così».
«Liam?»
«Sì?»
«Ho un enorme favore da chiederti».
«Tutto quello che vuoi».



Oooora, ringrazio Greenshamrock per il betareading, ringrazio chi ha letto, chi ha seguito la storia finora e chi ha già mollato da un po', ma noi gli vogliamo bene lo stesso.
Ringrazio xmela, che mi scrive sempre su twitter, anqis, che a pelle mi sembra una ragazza adorabile, e la mia Aries per aver recensito lo scorso capitolo. Se quando starete leggendo non vi avrò ancora risposto, significa che mi hanno chiamato a cena e lo farò appena tornerò al pc. Grazie davvero. ♥
Non so che dire di questo capitolo, ad essere sincera. Ci sono dei passi che mi piacciono, altri molto meno, ma spero più che altro che il capitolo sia piaciuto a voi. 
Be', mi auguro che abbiate passato un gran bel Natale e che tutte le feste non possano essere da meno! :3 Felice anno nuovo a tutte, se non ci sentiamo prima. :)
Se avete voglia di fare due chiacchiere, mi trovate su Twitter (@yvaine0mich), Ask.fm (@Yvaine0Mich), su facebook qui, per gli aggiornamenti sulle fanfiction, e qui per fare quattro chiacchiere (ma vi avviso che cancellerò tutte le persone con cui non ho mai avuto contatti, dopo un po' di tempo, quindi aggiungetemi solo se vi interessa davvero conoscermi).

 
  
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