LA
LUCE DEI MIEI OCCHI
CAPITOLO
QUATTORDICI
Sei
così stanca della tua vita monotona? Beh, allora fai pure
quello che ti senti,
prendi la moto e vattene. Non serve porsi dei freni, basta solo seguire
l’istinto e lasciarsi andare. Non ti servono un paio di ali
per scappare.
Credi
a uno che se ne intende.
Fang.
Charley
rimase leggermente basita leggendo quel
commento; non si era aspettata che proprio Fang lo andasse a visitare.
Decise
di rispondergli subito.
Charley:
seguire l’istinto e lasciarmi andare? Facile a dirsi ma non a
farsi.
Fang:
niente è mai facile, però se vuoi una cosa devi
sempre combattere per averla.
Charley:
non posso semplicemente mollare tutto e andarmene.
Fang:
ma non avevi detto di essere stanca?
Charley:
sì, ma…
Fang:
con i ma non si ottiene proprio nulla*.
Charley:
ehi, non ti facevo così filosofico.
Fang:
eh, questo è un lato di me che pochi conoscono.
Charley:
wow, ho scoperto il volto segreto di Fang in soli cinque minuti.
Fang:
ahahah, spiritosa. Però adesso non cambiare argomento.
Charley:
uff… se me ne andassi non sarebbe come se scappassi? E
questo non è un
comportamento da vigliacchi?
Fang:
io sono scappato un sacco di volte. Questo fa di me un vigliacco?
Charley:
ma tu sei scappato per salvarti la vita.
Fang:
e tu vorresti scappare per cambiarla.
Charley:
beh, effettivamente il concetto di base non cambia.
Fang:
se una persona vuole scappare, nessuno glielo impedisce.
Charley:
facciamo cambio di vita??
Fang:
molto volentieri. Ma non credo che la mia vita ti piacerebbe.
Charley:
beh, se potessi avere le ali…
Fang:
guarda che è per colpa di quelle se sono un ragazzo mutante
in fuga costante…
ehi, ho fatto pure la rima. Eheheh XDXD
Charley:
ammazza, sei pure sarcastico, non l’avrei mai detto.
Fang:
ci sono molte cose che non sai di me.
Charley:
nemmeno tu sai molto di me.
Fang:
ottimo motivo per fare conoscenza. Che fai nella tua vita
così assurdamente
monotona?
Charley:
vado a scuola -.-
Fang:
bellissimo, immagino… e che altro fai?
Charley:
canto in una band.
Fang:
an sì? Bello. Mi piace la musica.
Charley:
io l’amo.
Fang:
e della tua famiglia che mi dici?
Charley:
siamo solo io e mia madre.
Fang:
e tuo padre? Se non sono troppo indiscreto.
Charley:
non lo so. La mamma mi ha solo detto che l’ha lasciata quando
era rimasta
incinta di me. E non ne vuole parlare.
Fang:
oh, mi dispiace.
Charley:
a me no. È uno stronzo. Aveva solo diciassette anni mia
madre quando è rimasta
incinta.
Fang:
oh…
Charley:
già…
Rimasero
per un paio di minuti senza scrivere
niente, probabilmente non sapendo bene che cosa dire. Poi fu Charley la
prima a
interrompere il silenzio.
Charley:
Iggy è ancora interessato a imparare ad andare sullo surf?
Fang:
credo proprio di sì.
Charley:
allora uno di questi giorni vengo da voi e gli insegno.
Fang:
ok, ma come mai sei così interessata a insegnarglielo?
Insomma, non mi sembri
tanto il tipo…
Charley:
non lo so. Forse perché mi state simpatici. E poi
così ho una scusa per vederti
e parlarti a quattrocchi e non attraverso un blog.
Fang:
ok, ti avviso però che non sono una persona molto loquace.
Charley:
nemmeno io.
Fang:
abbiamo trovato qualcosa in comune.
Charley:
già. Sono poche le persone che hanno qualcosa in comune con
me.
Fang:
allora siamo unici.
Charley:
tu sicuramente sì.
Fang:
wow! Così mi fai sentire importante.
Charley:
bene…
Fang:
ok, credo che spegnerò perché ho voglia di andare
a letto.
Charley:
va bene, ci sentiamo allora.
Fang:
sicuramente.
Charley:
notte.
Fang:
anche a te.
Fang
spense il computer, mentre Charley rimase
ancora un po’ immobile a fissare le ultime parole che si
erano scambiati con
un’aria un po’ malinconica.
Le
piaceva Fang, sì, poteva proprio dire che aveva
iniziato a provare una strana simpatia nei suoi confronti. Era una cosa
strana,
lo doveva ammettere, in genere non riusciva mai ad allacciare una
relazione con
una persona così presto. Però con lui era
successa più o meno la stessa cosa
che le era successa con Shary. Una specie di Imprinting.
No,
non si era di certo innamorata, mica credeva
all’amore a prima vista, a dir la verità non
sapeva nemmeno se credeva
nell’amore. Lui lo aveva visto solo un paio di volte e,
nonostante dovesse
ammettere che era proprio un bel ragazzo, non l’attirava in
quel senso.
Le
stava simpatico, le piaceva il suo modo di
parlare e di pensare.
Tutto
qua…
Forse…
Fang
era sceso in cucina per prendersi un bicchiere
d’acqua; erano circa le due di notte e lui si era appena
alzato dopo aver fatto
un orribile incubo.
Cavolo,
era la prima volta che faceva un incubo del
genere, risvegliandosi con un sobbalzo, completamente sudato e il cuore
che
batteva all’impazzata. E il peggio era che nel sogno gli
sembrava tutto
terribilmente reale.
Adesso
si ricordava soltanto alcuni sprazzi che gli
ritornavano nella mente come lampi che squarciano il cielo,
però erano tutte
immagini raccapriccianti. All’inizio c’era una
donna, molto giovane, quasi una
ragazza; aveva lunghi capelli neri e due occhi grigi come il ghiaccio o
come il
cielo in tempesta. Li ricordava perfettamente, quegli occhi, anche ora;
lo
avevano particolarmente colpito, più di qualsiasi altra cosa
dell’incubo. Stava
urlando, urlando forte come se qualcuno la stesse torturando in un modo
disumano ed era sdraiata in un letto d’ospedale. Da
lì le immagini gli
iniziavano a diventare meno chiare, però si ricordava che
c’erano due bambini
identici, anche loro urlavano e piangevano ed erano coperti di sangue.
Poi il
sogno sembrava essere diventato un po’ più
piacevole: i due bambini giacevano
in una culla addormentati, erano un maschio e una femmina.
All’improvviso però,
un paio di mani afferrarono il maschietto, ma non con delicatezza o
amore come
per volerlo cullare, ma rudemente, quasi come se fosse una specie di
giocattolo
ormai rotto. Ed entrambi i bambini si erano messi a piangere di nuovo.
E
Fang, che guardava tutta quella scena
dall’esterno, si era sentito stringere lo stomaco come se
qualcuno glielo stesse
stritolando con un paio di cesoie. Ma quello che forse lo aveva
sconvolto di più
era che gli sembravano terribilmente familiari, quella scena, quei
bambini e
quella donna che urlava nel letto.
“Fang,
sei tu?” il ragazzo per poco non saltò dalla
sedia al sentire quella voce; era talmente immerso nei suoi pensieri
che non
aveva nemmeno sentito qualcuno che gli si avvicinava.
“Max?”
chiamò lui voltando il capo verso la ragazza
che se ne stava in piedi sulla soglia della porta con indosso soltanto
un paio
di pantaloncini che le arrivavano a metà coscia e una
maglietta piuttosto
attillata. I capelli scompigliati e gli occhi arrossati dal sonno
inoltre,
contribuivano a creare ancora più scompiglio negli ormoni di
Fang.
“Che
ci fai qui?” gli chiese lei.
“Non
riuscivo a dormire. Tu?”
“Lo
stesso”.
Poi
piombarono nel silenzio probabilmente non
sapendo bene che cosa dirsi. Fang intanto pensava che era la prima
volta che
rimaneva completamente solo con Max dopo quel bacio. Magari avrebbe
potuto
approfittarne.
“Max?”
fece allora alzandosi dalla sedia e guardando
la ragazza con i suoi occhi scuri profondi come due pozze senza fondo.
“Perché
in questi giorni non fai altro che evitarmi?”
“Evitarti?
Cosa?” biascicò lei non capendo bene o
forse facendo finta di non aver capito; sapeva solo che in quel momento
sentiva
terribilmente caldo e che aveva iniziato a sudare.
“Sì,
mi eviti… cerchi sempre di non incrociare il
mio sguardo, non vuoi mai che rimaniamo da soli…
perché?” ora il ragazzo le si
era fatto terribilmente vicino e lei aveva dovuto alzare di parecchio
la testa
per poterlo guardare in viso. Da quando era diventato così
alto? E anche così
muscoloso? E così attraente con quegli occhi scuri che
sapevano sempre come
ammaliarla e incantarla e quei capelli leggermente lunghi tra i quali
avrebbe
volentieri affondato le dita e… oddio, ma che andava a
pensare?
“Fang…
non so di cosa tu stia parlando”, riuscì a
rispondergli ma odiò il fatto che la voce le fosse uscita
così debole e così
bassa.
Lui
ora le aveva preso il mento e, col pollice e con
l’indice, le aveva alzato il viso per poterla guardare dritto
negli occhi.
“Sicura?” le chiese con le labbra terribilmente
vicine alle sue.
No,
Max non era sicura di niente. In quel momento
non era sicura nemmeno di cosa stava facendo, né se quello
fosse tutto solo un
sogno o se invece fosse la realtà.
Però
era sicura che a un certo punto la bocca di
Fang era entrata in contatto con la sua e che lei non si era tirata
indietro.
Perché ora era immersa in un profondo e passionale bacio col
ragazzo che le aveva
fatto completamente perdere la testa.
Charley
se ne stava ferma immobile sulla soglia di
una stanza d’ospedale e guardava la scena di fronte a lei con
un’espressione
vacua, gli occhi spalancati come se non riuscisse a distogliere lo
sguardo e i
brividi freddi che le correvano lungo la schiena.
Una
donna era sdraiata su un letto d’ospedale e
stava urlando a pieni polmoni con le lacrime agli occhi come se
qualcuno la
stesse torturando. Però intorno a lei non c’era
nessuno, era completamente sola
e urlava, urlava come una forsennata. Aveva lunghi capelli neri e occhi
grigi.
Le pareva così terribilmente familiare, quella donna.
Charley voleva correre ad
aiutarla, chiederle che cosa avesse o anche semplicemente chiamare
qualcuno
perché era impossibile che non fosse ancora venuto nessun
dottore o infermiere
a soccorrerla. Però non riusciva a muoversi, era come
paralizzata, non riusciva
riusciva a muoversi.
Soltanto
quando sentì il pianto di due bambini che
urlavano ancora più forte della donna nel letto,
riuscì a spostarsi e a
voltarsi indietro. Poco distante da lei c’era una culla e,
avvicinandosi, vide
che dentro c’erano due bambini molto simili, un maschietto e
una femminuccia. Smisero
di piangere quando lei si avvicinò. Erano così
carini che le venne da sorridere
nel vedere tutta la dolcezza che emanavano. Le sembravano anche
familiari, come
quella donna che urlava.
Ad
un tratto però vide due braccia che si
protendevano ad afferrare il maschietto in un modo molto rude e
distaccato. Non
erano per niente le braccia di un genitore. E lei, per quanto si
sforzasse e
per quanto lo desiderasse, non riusciva a vedere il volto di
quell’uomo,
soltanto le mani. Era come se una forza soprannaturale la costringesse
a tenere
lo sguardo basso, puntato sui due bambini e quelle mani.
E
poi vide che dal maschietto cominciava a sgorgare
sangue, sangue scuro e denso e…
Si
svegliò di
soprassalto nel suo letto, fradicia di sudore come se fosse appena
stata sotto
la pioggia e col cuore che batteva ancora a mille.
MILLY’S
SPACE
Ciao
: )
Scusate
per il ritardo, avrei voluto aggiornare prima ma
proprio non ne ho avuto il tempo. Adesso che sono in vacanza, spero di
poter
aggiornare almeno con un altro capitolo, ma voi recensite, mi
raccomando : )
Be’,
che dire? Spero vi sia piaciuto : )
Un
bacione,
Milly.
P.S.
oh, e nel caso non ci sentissimo prima: Felice anno
nuovo!!! xD
MAXBARBIE:
be’,
eccoti un altro pezzettino dedicato a Max e Fang ^^ Chissà
che prima o poi
riesca a dedicare un intero capitolo solo a loro e
nient’altro che a loro. Buon
Natale, cara, anche se in ritardo, e buon anno <3