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Autore: Winchester_Morgenstern    26/12/2013    1 recensioni
A Marty Evans, la persona più speciale del mondo.
E' Natale. Tutti festeggiano. Nico è solo, solo come si addice ad uno come lui.
Nico prega. Prega che suo padre prenda la sua anima per ritornare da Bianca.
Nico desidera. Desidera soltanto qualcuno che lo voglia bene.
Chi lo salverà dalle sue preghiere pericolose? Il suo desiderio si avvererà?
One-Shot | Nico Di Angelo | Slash | Percy/Nico |
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Desidero qualcuno che mi voglia bene

                                                                   A Marty Evans, la persona più speciale del mondo.
Li vedevo benissimo, nascosto dietro un albero.
Tutti seduti intorno al fuoco, a cantare canzoncine di Natale mentre si stringevano nei cappotti invernali per il freddo pungente.
Se qualcuno me l'avesse chiesto, avrei detto che quello che stavano facendo era da ragazzini, ma mi mancava fare cose da ragazzini.
Percy sorrideva al fianco di Annabeth e Grover, e Chirone era nella sua falsa sedia a rotelle, e c'era perfino il Signor D. molto molto ubriaco, con in mano un corno di una renna e un grappolo d'uva, di cui l'uso era ignoto a tutti.
Silena della Casa di Afrodite ed il suo fidanzato Beckendorf della Casa di Efesto si lanciavano baci stucchevoli nell'aria, e Grover il Satiro era vicino ad un albero con la sua fidanzata Juniper che sorrideva, con le guance illuminata di verde.
Tutti erano lì a godersi la festa, tutti tranne me.
Per un attimo Travis e Connor Stoll mi videro, e si irrigidirono, incominciando a bisbigliare malevoli.
Li capivo. Nessuno voleva il figlio di Ade a una festa felice come quella, no. Avrei soltanto rovinato tutto. Non avevo una capanna nè uno stendardo, non partecipavo alla Caccia alla Bandiera e non indossavo nemmeno la maglietta arancione del Campo Mezzosangue. Chi vuole la morte nella propria casa?
Strinsi forte nel pugno la statuina in piombo di mio padre, l'unica che ancora conservavo della collezione di Mitomagia. Bianca si era sacrificata per recuperare quella piccola riproduzione del Dio dei Morti, era giusto conservarla.
La tristezza, mia fedele compagna da alcuni anni, si impossessò ancora di me, invadendomi il corpo. Avete presente quando vi emozionate o vi intristite e sentite quel formicolio malinconico in alcuni punti del corpo? Be', io mi sento così.
Ricordo ancora l'ultimo Natale che ho passato con Bianca, lei aveva undici anni ed io nove, ed eravamo arrivati da poco alla scuola militare. Mia sorella indossava un buffo cappello da Babbo Natale, io invece delle corna rosse da renna con appesi allegri campanellini dorati.
Ci rincorrevamo nel cortile, nascosti da un pioppo e gettandoci a terra a fare gli angeli di neve, stando ben attenti a non farci scoprire.
Una lacrima solitaria solcò il mio volto, lasciando una scia sulla pelle pallida per via del freddo. Un brivido mi corse giù per la schiena, facendomi rendere conto di quanto avessi freddo. Infilai le mani dalle dita lunghe e affusolate nelle tasche dell'ormai logoro giubbotto nero da aviatore, e mi incamminai lungo un sentiero imbiancato dalla neve, che conduceva nel cuore della foresta.
Non avevo paura dei Mostri, ultimamente i Segugi Infernali erano la mia unica compagnia.
Nel frattempo ero arrivato in una piccola radura piena di neve alta almeno trenta centimetri, ed i miei piedi vi affondavano dentro, lasciando una traccia di impronte dietro di me.
Bianca...
Bianca, torna da me...
Bianca... ti prego!
BIANCA!
In preda alla disperazione scoppiai a piangere, lasciando libere tutte le emozioni che avevo represso fino a quel momento. Strinsi forte i pugni, mentre le calde lacrime che scendevano dagli occhi mi riscaldavano il volto. Una arrivò sulle mie labbra : la assaggiai con la punta della lingua. Era salata.
Salata, come il mare.
Salata, come il sapore che immaginavo avesse Percy.
Percy che aveva lasciato morire Bianca.
Percy che mi aveva aiutato nel momento del bisogno.
Percy che adesso era al falò, a festeggiare con i suoi compagni.
Io non ero lì. Bianca non ci sarebbe mai stata. Mai. La parola incombeva su di me e per la prima volta sentii il sapore di inesorabile e definitivo che aveva.
Le lacrime ripresero a scorrere.
Nella furia ceca che mi aveva invaso cominciai ad urlare, dimentico dei ragazzi del Campo a meno di un chilometro di distanza.
Urlai e piansi, urlai e piansi, piansi e urlai fino a perdere la voce.
Mi gettai a terra, scavando con le mani, riuscendo solo a spalare un po' di neve. Stanco, mi trascinai fino ad un ruscello quasi completamente ghiacciato, e bevvi dell'acqua, avido.
Mi rialzai in piedi, traballante, ripiombando a terra e cominciando a scavare di nuovo, con la forza del dolore e della rabbia.
Urlai, scavai e piansi. Scavai, piansi e urlai. Piansi, urlai e scavai. Così, come una catena che non finiva mai.
Alla fine, davanti a me c'era una fossa di circa trenta centimetri. Il sole era calato del tutto, ed era scesa la notte piena di stelle, mentre le tracce di disperazione e rabbia erano ancora ben visibili sul mio viso.
Dovevo fare presto, prima che la neve ricoprisse di nuovo la piccola fossa di terra, lunga quanto la figura di una ragazzina.
Barcollai fino al fiume, e poco alla volta, chiudendo le mani a coppa, riempì la fossa di acqua.
Alla fine, quando il liquido trasparente aveva riempito circa metà della buca, estrassi dalla tasca dei jeans scuri una barretta al cioccolato fondente, la scartai e la buttai dentro la fossa.
Incominciai a cantilenare in Greco Antico, richiamando lo spirito di mia sorella Bianca, ma lei non arrivava. Era tutto inutile.
Bianca, perchè vuoi farmi questo anche il giorno di Natale?
Rispondimi!
Lo sapevo, stavo impazzendo. Non c'era altra scelta se non morire, per uno come me.
Di pazzia, di solitudine o forse assassinato da qualcuno che aveva paura di me, ed aveva ragione ad averla.
Crollai sulle ginocchia, stringendo tra le mani mucchietti di neve che si scioglievano bagnandomi tutte le maniche della giacca troppo larga e lacera.
Padre, prendimi adesso. Non ho motivo di rimanere su questa terra. Nessuno mi vuole bene, nessuno sentirà la mia mancanza. Divino Ade, fammi ricongiungere con mia sorella Bianca!
Non è ancora giunto il tuo momento...
La terra stava tremando. Dopo qualche secondo ritornò immobile : mio padre mi aveva appena parlato.
Cosa significa che non è ancora giunto il mio momento? Non... non posso andare avanti così!
In quel momento un lampo argenteo iniziò la sua discesa nel cielo. Una stella cadente. Chiusi gli occhi e, con tutte le mie forze, desiderai ardentemente che qualcuno mi volesse bene.
Poi la stella scomparve in un lampo argenteo, facendomi quasi pensare di essermi immaginato tutto.
- Nico - mi voltai di scatto, spaventato.
Percy era lì, ai margini della radura, e scrutava alternativamente me e la buca.
- Bianca non è venuta - disse, più come un'affermazione che una domanda, mentre si sedeva accanto a me, sulla neve gelida.
- No. - risposi, anche se non ce n'era bisogno.
Per un po' rimanemmo in silenzio, poi parlai di nuovo : - Gliel'ho chiesto, sai? -
Percy sembrò allarmarsi - Hai chiesto cosa a chi? -
- Ho pregato mio padre. Gli ho chiesto di morire. -
Il respiro del figlio di Poseidone si spezzò per un attimo : - Cosa ti ha risposto? - si costrinse a chiedere.
- Che non era ancora arrivato il mio momento. - abbassai lo sguardo, stringendomi le ginocchia al petto.
Per la prima volta dopo due anni a Percy apparve il vero figlio di Ade : piccolo, sperduto, in cerca di rassicurazioni, ma che soprattutto desiderava, bramava affetto e contatto umano.
Non volevo che vedesse questo mio lato debole, ma ormai aveva visto la mia maschera crollare, non potevo più rimediare.
Il figlio del Dio del Mare si sporse verso di me, avvolgendomi in un caldo abbraccio. Inizialmente Percy sentì il mio corpo rigido contro il suo, ma a poco a poco mi rilassai, abbandonandomi a quella stretta rassicurante.
Quel che successe dopo, be'...
Mi sporsi in avanti : - Grazie, Perseus. - mormorai, prima di stringere forte le mani sul bavero della giacca di mio cugino, sporgendomi verso di lui.
Le nostre labbra si incontrarono, ghiacciate e alla ricerca disperata di colore.
Percy si irrigidì per un attimo, paralizzato dallo stupore, prima di dischiudere le labbra e rispondere al bacio. Le nostre lingue si sfioravano, si esploravano, le labbra baciavano e mordevano, passionali e ingorde.
Spinsi a terra Percy, fra la neve, sorridendogli di cuore, come non facevo da anni.
Il figlio del Dio del Mare ribaltò abilmente le posizioni, ritrovandosi sopra di me. Mi lasciò una scia di baci umidi lungo la gola diafana, fino a percorrere il profilo della mia mascella e fermandosi sulle mie labbra sottili e somiglianti nel colore alle ciliegie mature. Ridiscese il mio profilo, scostando la giacca e la camicia che indossavo e imprimendo sulla pelle un piccolo morso che in poco tempo si sarebbe trasformato in un succhiotto.
Un quarto d'ora più tardi ci alzammo, stringendoci nelle giacche piene di neve, ancora abbracciati.
 Appoggiai la testa sulla spalla di Percy, ed in quel momento sembrai la tranquillità e la felicità fatta persona.
- Non mi lasciare, Percy. -
- Mai. - rispose il figlio di Poseidone, stringendomi a lui, mentre ero ancora infagottato ancora infagottato in quel cappotto nero troppo grande per starmi davvero a pennello. 
Insieme camminammo fino ad arrivare al falò, o meglio, a ciò che rimaneva del falò. Già da alcuni minuti, infatti, tutti i ragazzi del Campo si erano ritirati per il coprifuoco, e le Arpie si stavano apprestando ad iniziare il giro di perlustrazione.
Una di loro stava per sbucare dagli alberi, e se li avesse visti, be'.... 
- Corri, Nico! - urlò Percy, prendendomi per mano e strattonandomi al delimitare del boschetto. Corremmo alle capanne, attraversando furtivamente il grosso spiazzo che divideva una casetta dall'altra, fino ad arrivare alla numero 3, quella di Poseidone.
- Ma... Percy, io dormo alla Casa Grande! - provai a protestare, passandomi una mano fra i capelli scuri ma, mio malgrado, sorridendo.
Percy fece spallucce : - Chirone se ne farà una ragione se non ti vedrà rientrare! Andiamo, Nico, ci abito soltanto io e un sacco di letti vuoti! - 
Alla fine, mi feci convincere. Entrammo nella capanna, e Percy si diresse con passo deciso verso l'armadio, porgendomi il pigiama più piccolo che avesse (e che risaliva a circa quattro anni prima, quando era arrivato al campo) e indicandomi un paravento dietro il quale mi sarei potuto cambiare.
Qualche ora più tardi, mi rigirai per l'ennesima volta nel letto di fronte a quello del cugino-forse-ragazzo-barra-amico-barra-qualunque-cosa-mi-servisse. Alla fine, spazientito, scalciai via le pesanti coperte blu e poggiai i piedi nudi sul marmo celeste. Percorsi in punta di piedi la distanza che mi separava dal letto di Percy, prima di scostare leggermente le coperte ed infilarmi accanto al figlio del Dio del Mare.
Inconsciamente, Percy mi abbraccio, stringendomi a sè e proteggendomi con le sue braccia, e sorrisi di gioia, chiudendo gli occhi :
- Sì, Percy. Tu non mi lascerai mai. - mormorai, abbandonandomi alle braccia di Morfeo. 



 

Angolo Autrice :

Come ho già detto all'inizio, questa One-Shot è dedicata a Marty Evans!
Marty, spero che il tuo regalo di Natale ti piaccia.
E poi, che altro dire? E' il mio primo esordio sul Fandom di Percy Jackson e la mia prima Percy/Nico, pairing che adoro, ci son troppe poche storie su di loro!
Spero vi piaccia e spero che mi lasciate una piccola recensione.
Un Bacio,
Dubhe01. :) :D


















 
   
 
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