Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: Deb    27/12/2013    7 recensioni
A volte mi sento in colpa di avere tutto questo. Mi sento in colpa nei confronti di tutti i nostri amici che non hanno avuto la possibilità di avere un futuro, di coloro che ho ucciso per non essere ucciso, ma anche di chi ho ammazzato durante il depistaggio. [...]
Ricordo benissimo i primi tempi, quando mi sono riavvicinato a lei e ho cercato di farle percepire la mia presenza, senza forzarla, facendole però comprendere che poteva utilizzarmi per farla stare meglio, per farmi stare meglio perché io ero il primo ad aver bisogno di lei, non il contrario. [...]
«Peeta, ascoltami bene. L'amore è importante. Ama, perché l'amore è come una spinta, ti manda avanti, ti fa amare la vita».
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Mr. Mellark, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Feelings After-war ~ Katniss/Peeta'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Non puoi vivere nella paura, altrimenti è lei che vive e non tu

A volte mi sento in colpa di avere tutto questo. Mi sento in colpa nei confronti di tutti i nostri amici che non hanno avuto la possibilità di avere un futuro, di coloro che ho ucciso per non essere ucciso, ma anche di chi ho ammazzato durante il depistaggio. Chi mi osserva da fuori, crede che stia bene, che sia felice – e lo sono, davvero –, ho sempre, o quasi, il sorriso sulle labbra, la calma che sembra essere sempre in me. E non è che finga perché mi sento fortunato e cerco di vivere la mia vita con serenità, sapendo che ci sono persone che non hanno avuto questa possibilità, ma non è semplice escluderle dalla mia vita. Rimarranno sempre con me, con i loro ricordi ed i sentimenti che provavo per loro. E non mi sento in colpa perché io vivo e loro no, perché non sono riuscito a salvarli. Non potevo farlo, come non posso vivere nel rimorso dato dal fatto che loro non ci siano più, ma mi mancano. E mi sento in colpa perché non sono riuscito a dire addio a nessuno di loro prima che succedesse. Né alla mia famiglia, né a Finnick. Mi sento in colpa perché mi mancano, ma a differenza di Katniss che si sente responsabile delle loro morti senza che lo sia davvero, io vorrei poter avere un modo di porgere loro l'ultimo saluto, con gratitudine, perché volevo loro bene.
Non mi sono mai soffermato su come sarebbe la mia vita, oggi, se Katniss fosse morta. Sarei rimasto completamente solo e non so se avrei avuto la forza di continuare a sorridere o soltanto di vivere, mi sarei chiuso in me, probabilmente, proprio come lei continua a fare di tanto in tanto. Invece abbiamo la casa, abbiamo il nostro matrimonio, abbiamo la panetteria ed abbiamo i nostri bambini. Ci abbiamo messo tanto tempo, abbiamo dovuto ricominciare a vivere prima di poter soltanto dare una parola a quello che eravamo, perché all'inizio era soltanto un aiutarsi a vicenda, senza riuscire a fidarsi davvero l'uno dell'altro. Lei voleva aggrapparsi a me, come io volevo aggrapparmi a lei, ma Katniss aveva paura che io potessi avere qualche episodio, mentre i miei pensieri tornavano ad essere confusi dal veleno degli aghi inseguitori, non riuscendo a mettere totalmente a fuoco cosa fosse reale e cosa no. Ci impiegavo sempre quegli attimi di troppo nel notare la colorazione difforme del ricordo. Ora è diverso, ora sembra quasi che il mio corpo e la mia mente si siano disintossicati dal depistaggio. Non posso dire di non avere più ricordi falsi, ma ho recuperato anche quelli veri, quelli che più bramavo, e quelli non reali vengono riconosciuti dalla mia ragione in un battito di ciglia, ormai, e li scaccio. Credo sia dovuto soprattutto per il fatto che io debba essere forte per i miei bambini. Non posso farmi vedere da loro in preda allo psicopatico che è in me. Non posso farlo entrare e prendere il possesso del mio corpo. Io non so se abbia avuto una seconda persona dentro di me, ma da quando ho cominciato a guarire, non ho potuto fare a meno di pensare che era come se qualcun altro prendesse il possesso di me, muovendomi e facendomi pensare a suo piacimento.
Ricordo benissimo i primi tempi, quando mi sono riavvicinato a lei e ho cercato di farle percepire la mia presenza, senza forzarla, facendole però comprendere che poteva utilizzarmi per farla stare meglio, per farmi stare meglio perché io ero il primo ad aver bisogno di lei, non il contrario. Non mi fidavo di lei, ma volevo studiarla, volevo amarla totalmente di nuovo, non potevo soltanto continuare ad osservarla come facevo quando ero un bambino e per lei ero invisibile. Dovevo cercare di ricavare il buono da tutto ciò che era accaduto nelle nostre vite, non potevo accontentarmi di essere il fantasma di me stesso. Dovevo ritrovarmi e sapevo che per farlo dovevo starle vicino perché la costante di tutta la mia vita è ed è sempre stata Katniss Everdeen.
Non sapevo cosa sarebbe successo in futuro, non avevo la certezza che saremmo diventati una famiglia, che ci saremmo aggrappati così tanto l'un l'altro da non riuscire a pensare di stare lontani. Io le servivo per esorcizzare le sue paure e gli incubi, lei mi aiutava a far sì che potessi ricominciare a conoscermi. Con il tempo, è diventato impensabile stare lontani.
A volte mi domando se non l'abbia forzata, se stia con me soltanto perché ci sono io. Mi chiedo cosa sarebbe successo se anche Gale fosse tornato nel Distretto 12, se fosse stato presente per Katniss tanto quando lo sono stato io. Forse starebbe con lui. Forse avrebbe due bellissimi bambini con lui. All'inizio, pensavo davvero che lei amasse Gale, che si accontentasse soltanto del sottoscritto, ma poi ho cercato di convincermi che era la parte di me depistata a far sì che pensassi ciò, proprio come quando nel Distretto 13 la incontrai, e le chiesi cosa provasse. La verità è che forse le cose non sarebbero andate diversamente. Forse, se non fossimo finiti nell'arena degli Hunger Games avrei comunque trovato un modo per avvicinarmi a lei, con il tempo, e l'avrei conquistata ugualmente. D'altro canto, vivremmo ancora nella paura dei giochi e con il Presidente Snow ancora presidente, schiavi per far vivere una vita agiata ai capitolini. Sicuramente non avremmo avuto figli perché Katniss sarebbe stata categorica su questo, ma forse ci saremmo sposati ugualmente. Forse io sarei finito a vivere nel Giacimento, contro il volere di mia madre, ma l'avrei fatto volentieri e per amore. Sicuramente avrei dovuto lasciare il lavoro alla panetteria di mio padre per andare a lavorare il carbone in miniera. Poi immagino un futuro ancora diverso, un futuro dove Katniss ed io non firmiamo nulla al Palazzo di Giustizia, ma tostiamo il pane soltanto tra di noi. Vivremmo ognuno nella propria casa, incontrandoci di nascosto, perché Katniss non vorrebbe mai privarmi della mia fortuna. Ma non lo so, la verità è che sono tutti se e che la mia vita è perfetta così com'è, anche con tutto quello che abbiamo perso perché i bambini sono la cosa più bella che abbia avuto e mi domando se mio padre si sentisse esattamente come me quando ci prendeva in braccio.

«Peeta, ascoltami bene. L'amore è importante. Ama, perché l'amore è come una spinta, ti manda avanti, ti fa amare la vita». Non so quanti anni avevo quando mio padre mi ha detto queste parole, ma è stata questa frase ad avermi spinto a dichiarare in diretta il mio amore per Katniss. Perché ho pensato alle sue parole, ed ho voluto utilizzare il mio amore come spinta per gli sponsor. Ho reso lei desiderabile, ho reso possibile il fatto di incontrarci. Loro si sono innamorati di noi e si sono affezionati, non volevano che morissimo. Mio padre non ha mai parlato spesso, ma ricordo come l'io bambino credeva fermamente che fosse saggio. Ogni volta che mi parlava, mi sembrava dicesse sempre cose profonde e che io dovessi immagazzinarle nella mente, pronto a seguire i suoi consigli per tutta la vita.
«Non avere paura di scegliere. Puoi fare il pane salato, ma anche il pane dolce. La scelta è tua. Scegli sempre con il cuore, mai con la testa».
Alcune delle sue parole non le comprendevo appieno, non le capivo e tuttora mi chiedo se fossero profonde come io pensavo che fossero o soltanto frasi atte a far sì che io imparassi bene a cuocere il pane. Ma una volta, dopo l'ennesimo schiaffo di mia madre, dopo i soliti insulti, gli ho chiesto perché. Perché si comportasse così e perché lui, buono com'era, non facesse nulla per farla smettere. Mi faceva male, soffrivo e piangevo, perché lui rimaneva in silenzio a guardare? Lui, quel giorno, mi ha osservato triste, si è accucciato e mi ha accarezzato delicatamente i riccioli biondi. «Mi dispiace, Peeta. Non posso». Aveva risposto, senza spiegarmi effettivamente il motivo. L'ho compreso soltanto anni ed anni dopo, quando mia madre non aveva più il coraggio di picchiarmi o di alzare la voce alla mia persona. Si sentiva in colpa. Non riusciva a parlarle, a farsi valere perché aveva scelto con la testa e non con il cuore.
«Complimenti, Peeta. Ti sei fatto valere». Mi ha detto un giorno, venendomi a trovare. Era domenica pomeriggio, la panetteria era aperta, ma in quel momento i miei fratelli lavoravano con i clienti e vendevano il pane già cucinato in precedenza da papà. «Quella ragazza, Katniss, è da ammirare».
Ce l'avevo con lei in quel periodo, dopo il nostro ritorno a casa. Avevo scoperto che era stata tutta una finta e mi sentivo a pezzi. Non riuscivo però ad avercela del tutto con lei, le ero grato perché in fondo, anche se si era presa gioco dei miei sentimenti, mi aveva riportato a casa vivo. Dovevo ringraziarla per la sua bontà.
«Secondo te perché l'ha fatto?» Gli domando, massaggiandomi la coscia ancora dolente.
«Non lo so. Non posso sapere ciò che le passasse per la testa, ma non voleva ucciderti. Preferiva la morte».
«Forse per il pane», sussurro.
«Peeta, non dare nulla per scontato, forse non ti ama, forse ha finto tutto il tempo. Ma quale ragazza sana di mente preferirebbe morire invece di scoccarti una freccia nel cuore? Pensaci, tu le hai detto di ucciderti, ma lei non ha voluto. Non l'ha fatto, le bastava poco. Ad ogni modo, le sono grato per averti riportato a casa».
Lo guardo un attimo, poi decido di cambiare discorso. «Come va con mamma?»
Lo vedo sorridere, ma non di felicità, un sorriso amaro e un po' triste. «Come al solito. Di certo non ci hai aiutato raccontando ai quattro venti che amavo la madre di Katniss».
«Scusa», affermo, sinceramente dispiaciuto. Lì per lì non ci ho pensato, non ho pensato che avrei potuto distruggere la mia famiglia. Quando sono tornato, i miei erano glaciali. Mio padre mi ha abbracciato, mia madre e i miei fratelli, invece, non mi hanno rivolto quasi parola. Ed è così da allora. Hanno deciso di prendere le distanze da me. Non che prima andassimo così d'amore e d'accordo, ma era una situazione vivibile. Ora mi hanno allontanato. Ho vinto gli Hunger Games, ma ho perso la mia famiglia e Katniss che credevo di aver appena trovato. Ora non c'è proprio nessuno che abbia bisogno di me. Non mia madre che non vuole il mio aiuto in panetteria, non i miei fratelli che non mi salutano nemmeno quando li incontro per caso al Villaggio, non mio padre. Semmai è il contrario, semmai sono io ad aver bisogno di lui.
«Non scusarti. Come se tua madre non lo sapesse, l'ha sempre saputo e ce l'ha sempre avuta con me per questo. Si è focalizzata così tanto sul fatto che io avrei voluto sposare la signora Everdeen che ha dimenticato che, quando le chiesi di sposarla, ero davvero innamorato di tua madre. In modo diverso, ma comunque innamorato».
Sentendo quelle parole, mi sono domandato se anche io, come lui, prima o poi sarei riuscito ad innamorarmi di qualcuna che non fosse Katniss. Forse è amore anche lo scegliere con la testa e non solo con il cuore. Ora non potrò mai saperlo – non che vorrei – perché la fortuna ha voluto che l'uno avesse bisogno dell'altro. Che Katniss comprendesse di amarmi come io ho amato lei. Quando ancora non capivamo cosa fossimo, di tanto in tanto notavo i suoi occhi puntati suoi miei. All'inizio credevo che mi scrutasse per capire come uccidermi, o comprendere se io volessi ucciderla, ma poi ho ricordato di come la fissassi io, da bambino, e di come distogliessi lo sguardo quando venivo colto in fallo. Così, un giorno, non so cosa mi abbia spinto davvero a farlo, dopo averla notata osservarmi ed aver visto il suo sguardo schizzare altrove, vidi un dente di leone vicino alle primule del giardino, lo raccolsi e glielo tesi. Ricordo come cercò di nascondere il suo stupore, poi, dopo averlo osservato per qualche manciata di secondo dubbiosa, si rivolse a me: «Te lo ricordi?»
«Sì. Non nego che l'avessero modificato, ma è uno dei primi ricordi reali che sono riuscito a ritrovare». Ho risposto calmo, appoggiato alla ringhiera del portico.
Quel giorno è stato uno dei primi veri riavvicinamenti tra me e Katniss.
Un altro è stato dato da un mio episodio. Era più violento degli altri e mi sono chiuso in casa mia, senza voler vedere nessuno, né Haymitch, né Katniss. Soprattutto Katniss. Alcuni giorno dopo, la vedo davanti a me, entrata rompendo la finestra vicino alla porta che mi ero premurato di chiudere bene, facendo sì che nessuno – anche se avessero trovato le chiavi di riserva – potesse entrare. Sembrava stesse abbastanza bene, era lavata e profumava di doccia appena fatta. Al contrario di me. Mi ha ordinato di farmi un bagno, ma non l'ho voluta ascoltare. Sono rimasto accucciato sul divano e lei è venuta a farmi compagnia. Ho provato a scansarmi, ma Katniss mi strinse i fianchi appoggiando la sua testa sulla mia spalla.
«Puzzo». Le ho detto, senza effettivamente muovermi.
«Per questo ti ho detto di fare un bagno». Ha risposto non curante, stringendomi appena più forte. Aveva tutto il corpo sul divano e con la mano libera aveva cominciato ad accarezzarmi i capelli, senza guardarmi. Siamo rimasti lì fino al giorno successivo e, quando mi svegliai e la ritrovai ancora al mio fianco, decisi che forse avrei dovuto darle retta. Che era inutile scappare e chiudersi in se stessi – anche se lei tuttora lo fa a volte, quando gli incubi sono troppo dolorosi ed i ricordi le fanno mancare il fiato –, che dovevo cercare di essere forte. Per lei, ma soprattutto per me stesso. Perché posso superare ciò che mi hanno fatto, con forza e costanza posso ritornare ad essere quello che ero.

Ci abbiamo messo tantissimo tempo per riuscire ad avvicinarci ulteriormente. Siamo andati per gradi. Prima abbiamo riattraversato la fase del conoscerci, successivamente abbiamo ripreso a dormire insieme, poi una sera, non so come sia successo, tenevo Katniss stretta tra le mie braccia e nell'augurarle la buonanotte, ho premuto le mie labbra sulle sue. Lei è arrossita, ed io ho fatto finta di nulla. Mi sono mosso senza pensare, o forse pensando a quanto volessi baciarla. Peccato che dopo mi sia sentito uno stupido che ha oltrepassato il limite.
Non che ci fosse stato nulla di strano, ma abbiamo sempre avuto questo tacito accordo di fare le cose con estrema calma che mi è sembrato di aver bruciato le tappe.
La mattina dopo, però, con mia sorpresa, è stata lei a darmi quello che io chiamo il bacio del buongiorno. Un piccolo bacio a stampo ed uno sul naso. Non so cosa stesse pensando in quel momento Katniss, ma subito dopo si è andata a nascondere in bagno e non è scesa fino a che non ha sentito i miei passi uscire dalla stanza per dirigermi nel bagno al piano inferiore. Ci siamo incontrati nuovamente durante la colazione e nessuno di noi ha avuto il coraggio di dire una parola, ma poi, nel salutarmi per andare a caccia, Katniss si è alzata in punta di piedi per ricongiungere le nostre labbra ed allora ho fatto la mia mossa anche io. Stanco di aspettare e di fare le cose con calma, l'ho stretta a me. Le mie mani le circondavano i fianchi e la mia bocca cercava avida la sua. Anche lei ha fatto poi cadere la borsa della selvaggina a terra per stringermi a sua volta e siamo rimasti lì, successivamente appoggiati al tavolo, conoscendoci in un modo che non avevamo avuto ancora modo di provare. Sono stati baci diversi anche da quelli che ci siamo scambiati sulla spiaggia, più consapevoli forse del loro significato, più intimi e più ricercati. Perché forse, per paura, abbiamo aspettato troppo, quando bastava così poco per trovarci ancora una volta. Ed abbiamo scoperto un nuovo modo per aggrapparci l'un l'altro, per aiutarci a vicenda. Non basta soltanto la nostra presenza, le nostre parole e i nostri abbracci. Dobbiamo sentirci, trovare il modo di essere ancora più vicini, ancora più presenti. Come il libro che ha cominciato a scrivere, durante quel periodo. Deve toccarlo con mano, deve leggere i ricordi, deve piangere e sorridere osservando quelle immagini e quelle didascalie. È lo stesso per noi. La nostra vita non è sul quel libro perché la stiamo ancora vivendo e dobbiamo trovare il modo di renderla fisica, di toccarla con mano. E in quel momento ho compreso che non poteva andare diversamente, che prima o poi, ci saremmo trovati esattamente così. Stretti, il più uniti possibile, come se così facendo potessimo confortarci senza parlare, potessimo passarci l'energia dall'uno all'altro. Condividendo tutti quei sentimenti sempre repressi dentro di me, dentro di noi, forse. Anche se non posso avere la certezza di pensare che lei mi abbia sempre amato. Se per me è stato un colpo di fulmine, lei ha avuto la necessità di impiegare del tempo per capire se potesse o meno lasciarsi andare ed amarmi. Ma va bene così. Ognuno ha i suoi tempi.

Quando siamo andati al Palazzo di Giustizia per firmare il contratto matrimoniale, Katniss si è presentata con la tenuta da caccia. Ricordo benissimo come Effie sia andata su tutte le furie, urlando con la sua voce acuta di correre a cambiarsi, aiutata da lei. Io avevo un vestito non molto sofisticato, sicuramente più elegante delle solite maglie e jeans, ma non m'importava molto il modo in cui Katniss era vestita, ero soltanto emozionato per la decisione che avevamo preso poche settimane prima.
Io avevo cominciato a vivere a casa sua, la mia abitazione era rimasta completamente inutilizzata, e Katniss, di punto in bianco durante la cena, ha detto: «Dovremo andare a firmare il contratto matrimoniale, così ti assegnano questa casa e la tua potrà essere data a qualcuno che ne abbia davvero bisogno. Ovviamente, se sta bene a te». A parte il poco romanticismo con il quale mi ha chiesto di sposarla, rimasi stupito proprio perché l'idea era scaturita da lei. Non che io non ci avessi mai pensato di chiederle di diventare mia moglie, ma conoscendola – o almeno credevo di conoscerla – pensavo che non fosse una cosa che le interessasse. Probabilmente mi sbagliavo. Ha cercato di farmi credere di pensare al benessere di famiglie che hanno bisogno di una casa – e ora le case del Villaggio dei Vincitori sono tutte occupate –, ma sono altrettanto convinto che non avrebbe mai avuto un pensiero del genere se non ci pensasse da un po', se non lo volesse davvero.
Io e Haymitch sentiamo Effie trillare, mentre Katniss afferma più e più volte che quel vestito – quale non lo so – non è adatto. La risposta di Effie è sempre la stessa: «Perché, vestita come sei ora saresti adatta per andarti a sposare?»
Passarono alcuni minuti, ma alla fine Katniss è riapparsa sulla porta con un vestito arancione tenue e non posso fare a meno di pensare che l'abbia scelto sapendo che sia il mio colore preferito. Sorrido nell'osservarla e persino lei ne accenna uno sulle labbra, venendomi incontro. Effie, che deve farci da testimone assieme a Haymitch, è riuscita perfino a farla truccare leggermente. Sarebbe stata comunque bellissima senza alcun trucco addosso.
Durante il tragitto, Haymitch si diverte nello stuzzicare la sua preda preferita, la mia futura sposa. Per un certo periodo tempo, mi è sembrato strano pensare a Katniss come mia moglie. Forse perché non avrei mai creduto che un giorno sarebbe successo davvero.
Dopo aver firmato il contratto, e credo che Katniss stesse tremando un po' – ma forse è stata solo la mia emozione a volerne vedere anche su di lei – ci hanno chiesto quale delle due case volessimo per noi e, successivamente, l'hanno registrata sotto il nome di famiglia Mellark. È stato strano e per un attimo ho quasi avuto difficoltà a respirare. Non ne so il vero motivo, dopo tutto quello che ho passato, questa cosa dovrebbe essere quasi una passeggiata, invece il mio cuore non ha smesso mai un attimo di battere frenetico. Avrei voluto poter sapere cosa passasse per la mente di Katniss, forse non le piaceva il fatto che il suo vero cognome venisse cancellato, come se io fossi più importante di lei. La sua espressione è seria e non riesce mai ad essere limpida, deve sempre cercare di nascondere le sue emozioni dentro di lei, soffocandole all'interno perché è fermamente convinta di non meritarsi nulla di tutto quello che ha. Quando le stringo la mano destra, alza lo sguardo sul mio e le sorrido. Siamo ufficialmente sposati e ho l'impressione di non essere mai stato così felice in vita mia ed è buffo perché i matrimoni nel Dodici non sono così emozionanti come quelli di Capitol City dove la futura sposa sfilava con un lungo abito bianco lungo la navata, fino a raggiungere il futuro marito, in piedi, davanti ad un altare sacro. Qui non ci scambiamo alcun bacio, non usciamo da nessun posto attendendoci petali di rosa, o riso, cadere sulle nostre teste. Ci siamo soltanto io, lei, i testimoni ed il sindaco. Ed è tutto finito. Ma forse, non è importante come ci si sposa, ma è il pensiero. Il sapere di stare compiendo un passo assolutamente voluto ed atteso da tanto tempo. Ed il cuore sembra voler esplodere dal petto cosicché tutti possano comprendere lo stato di euforia nel quale si è caduti.
L'emozione maggiore è arrivata quando abbiamo tostato il pane. Avrei voluto che mio padre fosse con noi, come Prim che sicuramente avrebbe sprizzato gioia da tutti i pori, sinceramente felice per noi. Ma stare in compagnia di un Haymitch sobrio e una Effie commossa non è male. Sono tutti e due felici per noi, Haymitch nel suo modo burbero di sempre, Effie urlando e piangendo. Credo che Katniss sia assolutamente imbarazzata dalla situazione, la sua innata tendenza a rimanere in silenzio è rimarcata quest'oggi, come a voler dire di non chiederle troppo perché ha perso l'uso della parola.

La seconda volta che mi sono sentito così, anzi, ancora più emozionato del giorno del nostro matrimonio, è stato quando Katniss ha dato alla luce la mia bambina. La mia piccola e bellissima figlia. Penso di non aver mai visto una creatura così piccola, ma al contempo così angelica. Abbiamo trascorso tanto tempo a rimandare la cosa. Io volevo un figlio, davvero. Lo desideravo così tanto e – anche se forse cercavo di imporre il mio desiderio – volevo convincere Katniss nell'averne uno. La sua mentalità infantile, quella di Katniss sedicenne che mai avrebbe voluto un figlio, era ancora vivida nella sua mente ed a questo si era andato ad aggiungere il fatto che non voleva perdere quella piccola vita, come aveva perso Prim. Non si sentiva sicura delle sue doti di madre, né del fatto che sarebbe riuscita a proteggerla da tutti i pericoli della vita. Ma ho insistito, a volte provocando anche qualche litigata che si concludeva con il nostro riavvicinamento, con le mie scuse e le sue, dovute più che altro al fatto che mai avrebbe voluto privarmi di qualcosa che volessi. Comprendevo e comprendo tuttora la sua paura, ma ricordo bene anche le parole di mio padre, quando, durante i saluti prima degli Hunger Games, rispose alla mia domanda sul perché lui e la mamma avevano deciso di avere tre figli: «Non puoi vivere nella paura, altrimenti è lei che vive e non tu. Non potrei mai immaginare una vita senza voi tre». Ed anche io non riuscivo a immaginare una vita senza figli.
Questa divergenza di vedute, ci aveva spinto a stare lontani per più giorni. Io mi facevo ospitare da Haymitch, nella casa di fronte, e osservavo alla finestra la sagoma di Katniss girare per casa, probabilmente affranta, dispiaciuta, ma arrabbiata per il mio modo di essere. Per la mia voglia di provare ad avere un futuro ancora migliore di quello che avevamo.
«D'accordo, Peeta». Mi ha detto Katniss una sera, mentre finiva di mangiare la sua cena. Ho alzato lo sguardo e inarcato un sopracciglio. Avevo ormai perso le speranze e non volevo stressarla più con il mio desiderio. Io volevo e voglio renderla felice, non toglierle la felicità che, con tanta fatica, eravamo riusciti a trovare.
«Voglio un figlio». La sua voce tremava un po', non sicura di ciò che stesse dicendo.
«Non dobbiamo, Katniss. Scusami se ti ho voluto imporre questa cosa, ma hai ragione, se non te la senti, è meglio evitare». Vista la sua espressione crucciata e la sua intonazione dubbiosa, non ero riuscito a trattenermi. Davvero, non ho mai voluto costringerla di fare qualcosa come so che è impossibile costringerla a fare qualcosa che odia o che non vuole, non è proprio nel suo carattere annullare se stessa per gli altri. Vuole sempre il meglio per tutti, ma una delle cose che più amo di lei, è che se una cosa non la convince, non la fa. Come quando volevo insegnarle a cucinare qualcosa di più elaborato della selvaggina che cacciava, ma non c'era stato verso di farla lavorare.
«Ci ho pensato. Lo voglio. Non tirarti indietro tu, però, ora». Quest'ultima frase è stata più decisa, più sicura di sé e mi è sembrato di rivedere la Katniss che, durante i settantaquattresimi Hunger Games, mi disse di fidarmi di lei. E così ho fatto.
Mi sono fidato di lei e le ho dato tutto quello che potevo donarle. Ho provato a seguire il consiglio di mio padre, quello di non far vincere le mie paure e probabilmente è soltanto grazie a lui che oggi sono qui, che stringo tra le braccia i miei due bellissimi bambini e la donna che amo da tutta una vita. Ho vinto contro le mie paure e mi hanno portato un futuro così radioso che non avrei mai potuto neanche lontanamente immaginare.

«Cosa fai, papà?» Mi domanda la bambina, arrampicandosi sul divano nel quale sono seduto.
«Scrivo». Rispondo accarezzandole i capelli scuri.
«Cosa?»
Le passo il libro, mettendoglielo sopra le gambe. Ancora non l'hanno letto, ma lo faranno, e sapranno tutto. «Leggi tu».
La bimba osserva per un po' le righe, poi, con voce lenta ed incerta comincia a leggere la didascalia sotto la foto della nostra famiglia, che ritrae me con in braccio la piccola e Katniss che stringe il bimbo, l'ultimo arrivato. Sorridiamo tutti, ad eccezione del bambino che pochi secondi dopo lo scatto ha cominciato ad urlare e piangere, voglioso di attenzioni.
«L'amore è importante. Ama, perché l'amore è come una spinta, ti manda avanti, ti fa amare la vita.
Non puoi vivere nella paura, altrimenti è lei che vive e non tu.
Non potrei mai immaginare una vita senza voi tre».

Ho messo per iscritto le parole di mio padre che spero possano portare consiglio anche a loro due, in futuro, magari. Perché loro tre sono la mia stessa vita e spero che un giorno anche i miei bambini possano trovare qualcuno che li ami tanto quanto io amo Katniss e loro.

---


Salve! Non so come mi sia uscita questa fic. La verità è che volevo scrivere e così ho fatto, alla fine non riuscivo più a smettere. ♥ Il mio Peety ♥
Non ho molto da dire, se non che volevo evidenziare il fatto che Mr. Mellark abbia aiutato Peeta in determinati momenti della sua vita, aiutandolo a diventare la persona che è oggi. :)
Ammetto che l'ispirazione per questa shot me l'ha fatta venire wip con la sua song-fic. :) Leggetela. ♥ Nella quale parla di un child!Peeta ed ho pensato che non capissi il motivo per il quale Mr. Mellark non difendesse suo figlio u.u Quindi, grazie wip! ♥
Ma non solo, grazie mille a Ili91 per il betaggio, a gabry che ha letto la storia in anteprima, come anche Sunflowerbud! :) Grazie mille! ♥
Sappiate che vi adoro tutti! ♥ Tutte le fantastiche persone con cui chiacchiero qui su EFP, anche tramite messaggi privati: wip e Vì. Tutte le persone che ho su faccialibro con cui fangirlo amabilmente xD Il Forno che è diventata ormai una piccola famiglia paperosa ♥, gabry, eco, Sunflowerbud, Ili91, Cla90, Siimple, speranza19 e lella19. ♥ Vi amo tutti! ♥ E adoro chiacchierare con voi di Hunger Games, ma anche di tutto ciò che la mia mente insana partorisce. xD Questo fandom mi ha fatto conoscere tantissime persone, tutte eccezionali, tutte fantastiche. Siete tutte delle piccole perle che abbraccerei forte una ad una. ♥
Spero che la shot vi sia piaciuta! ^^
Ci vediamo il prossimo venerdì con una nuova storia :3 Vi auguro un Buon anno nuovo!!
Bacioni
Deb
   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Deb