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Autore: Somoya_    27/12/2013    1 recensioni
"tutto ciò aveva dell’incredibile! Stava lì a chiacchierare con una leonessa, era forse diventato matto?"
Salve, questa storia è un "what if" sul Re Leone, cosa succede se un ragazzo umano entra in contatto con i leoni del branco dopo un'incidente?
ambientata pochi giorni prima dell'inizio del primo film, la storia ripercorre una parte del film fino ad evolversi in qualcosa di nuovo e originale, con i personaggi che tutti conoscete e altre mai visti, in una spirale di emozioni e misteri, di avventura e azione.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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eccomi con la seconda parte come promesso!
preparatevi a grandi rivelazioni e colpi di scena!!!
a questo punto vi dico solo: buona lettura :)

Inizio flashback – ricordi di Morani / Kleodaimos
Il dio Eolo soffiava la sua collera da Ponente, con maestosa e terribile potenza, spazzando il mare e creando imponenti cavalloni, la furia dei marosi spaccava la nera roccia vulcanica, l’unico suono era il voluttuoso sibilo del vento e l’infrangersi delle onde sulla scogliera. Il sole stava tramontando, divorato dall’orizzonte, la sanguigna luce si rifletteva nella mutevole massa d’acqua e nel cielo sgombro da nubi. 
Una donna avvolta in una veste di cotone bianco osservava la tremenda forza della natura, resistendo alla forza del vento senza scomporsi più di tanto, inspirava l’aria salmastra, e teneva lo sguardo fisso sul mare; al suo fianco un bambino, anch’esso avvolto da un sudario bianco, le stringeva la mano tentando di imitarne la determinazione e di resistere al vento. Ma il piccolo cedette e indietreggiò di un passo coprendosi gli occhi con l’altra mano, -Mamma, comincio a stancarmi… possiamo andarcene?- chiese spazientito, la madre si abbassò e lo guardò negli occhi verdi –Bueno, ma solo per este volta, non devi permettere mai a nessuno di domarti Kleodaimos, nemmeno al viento… claro mi amor?- rispose questa con voce calda e melodiosa, con un leggero accento spagnolo. Entrambi risalirono uno stretto sentiero che li portò in cima all’altura pianeggiante, qui la vegetazione era rigogliosa e varia, intorno a loro si ammassavano gialle e spinose ginestre, voluminosi fichi d’India, grandi cespugli di euforbia arborea, alberi di sughero e ginepri. La donna continuò ad avanzare senza lasciare la mano del figlio, a un certo punto la vegetazione divenne rada e lasciò posto a un maestoso uliveto, ogni albero, grigio e contorto, era imponente e maturo, le foglie erano verdi e coriacee; furono piantati lì secoli prima. 
Superato l’uliveto i due giunsero ai piedi di una maestosa costruzione: possenti colonne doriche, avvolte da fiorenti edere, facevano da sostegno a un tetto di travi di noce, sull’architrave dell’ingresso, fatto del medesimo materiale del tetto, c’era inchiodato un Hoplon (grande scudo circolare di origine greca) di bronzo raffigurante un sole istoriato.
Le due figure superarono la pesante porta bronzea ed entrarono dentro il palazzo, all’interno altre colonne di minor spessore reggevano il soffitto e abbellivano l’ambiente, i vuoti tra le varie colonne erano chiusi da tavole di balsa o da pietre irregolari tenute insieme dal calcestruzzo, quello che pareva essere un’antichissima dimora era stata ristrutturata e ampliata negli anni cosi da ottenere una vera e propria villa ospitante numerose stanze, in uno splendido miscuglio di antico e moderno. La donna si fermò in mezzo all’anticamera e si liberò del grosso telo di cotone rivelando le sue fattezze: Calliope València Cruz era alta e slanciata, sul metro e settanta, il suo corpo, avvolto da stoffe di seta bianche, era tonico e al contempo formoso, la pelle era leggermente scura, del colore del miele sciolto, il volto, ovale e perfetto, era adornato da una riccia e folta chioma di capelli bruni, lunghi fino a metà schiena, gli occhi profondi erano color nocciola con screziature bordeaux; aveva una catenina al collo che reggeva un massiccio anello d’oro puro con inciso un sole istoriato. La sua bellezza esotica e il suo carattere forte la facevano oggetto di ammirazione, di ambizione, di desideri da parte di molti. Il piccolo Kleodaimos guardandola pensò di avere la madre più bella del mondo, poi si scoprì anche lui, i capelli corti gli arrivavano appena al di sopra degli occhi verdi, era meno alto della madre, era un ragazzino in salute, in carne, però, a differenza della madre, la pelle era chiarissima, lattea. 
Calliope, seguita dal figlio, attraversò le sale della casa, fino ad arrivare nelle stanze “off-limits”, quelle destinate esclusivamente a lei e alla sua creatura. La saletta aveva una sola finestra che dava sul mare, le persiane erano chiuse a causa del forte vento, le pareti erano bianche, l’arredamento era particolare, eccentrico per alcuni versi, il pavimento era ricoperto da un tappeto persiano di squisita fattura, i mobili in ebano erano in stile arabo e sulle pareti erano appese maschere tribali africane; ogni oggetto lì era frutto di acquisti fatti in mezzo mondo, durante i viaggi che la donna spesso faceva. Lei era una cittadina del mondo, adorava viaggiare e aveva trasmesso questa passione anche al figlio. Pochi anni prima erano stati in Africa, lì, durante un safari, il piccolo Kleodaimos si era perso, dopo tre giorni di disperate ricerche fu riportato al campo-base da un vecchio masai, questo aveva chiamato il piccolo con un nome nel suo dialetto Maa…
-Morani…- sussurrò Calliope mentre si sedeva su uno scranno d’ebano –Vuoi essere el mi Guerrero?- chiese al figlio sorridendo, questo le si avvicinò e l’abbracciò sorridendo, -Si mamma, ti proteggerò sempre…- le disse chiudendo gli occhi. La donna fu colpita da questa risposta, non avrebbe voluto che avesse preoccupazioni di sorta alla sua età, da un lato desiderava che il figlio crescesse forte nella mente e nello spirito, ma d’altra parte non avrebbe mai voluto che le cose cambiassero, ma sapeva che niente è eterno; -Non devi preoccuparti querido (caro) , non ancora, quando sarai màs grande, allora potrai fare quello che ti dirà il corazòn, ma per adesso… devo essere io a proteggere te- disse malinconicamente, poi scosse la testa –Allora, in attesa che diventi grande, tempriamoti- sussurrò riacquistando il sorriso.
Calliope prese per mano Kleodaimos e lo condusse in un’altra stanza, più ampia e sobria. Qui il ragazzino aprì uno scrigno in mogano, e impugnò il contenuto: due kriss malesi, dalla lama serpeggiante e damascata, lunga un piede (circa 30 cm). Kleodaimos si avvicinò a un manichino di legno con forme e dimensioni di un uomo adulto, saggiò il peso delle armi, poi colpì il bersaglio con foga, finché non fu corretto dalla madre –Ritmo Kleodaimos, ricorda, la sola fuerza non basta, ci vogliono ritmo y precisione-, il ragazzino segui i consigli della madre, colpì con precisione, facendo confluire la forza di ogni colpo nell’altro, le lame affondavano nel legno riflettendo la tenue luce delle lampade, incidendo i “punti vitali” del manichino. -Questo mondo è violento purtroppo, devi saperti difendere… i nostri antenati non si sono fatti massacrare alle Termopili per un mondo cosi…- aggiunse la donna cripticamente. 
Gli insegnamenti di Calliope non erano vani, a soli dodici anni Morani sapeva già come uccidere, sapeva come ricucire una ferita da taglio; era cosi acuto da imparare all’istante una cosa qualsiasi solo guardandola, eppure aveva mantenuto il suo spirito sensibile, non era violento, ne cattivo, era un gioiello, il più grande tesoro di Calliope.
Dopo circa mezz’ora la donna fermò il figlio, che nel frattempo aveva dato fondo alle sue energie, ripose le pregiate armi nel cofano e lo lasciò libero di passare il resto della giornata come preferiva. 
Morani passò le ultime ore di luce leggendo le sue letture preferite: le opere di Omero, di Salgari, di Verne, di Smith; guardando il tramonto sul mare tempestoso; sognando avventure in terre lontane, finché il sonno non ebbe ragione di lui.
Quella notte, mentre la sua mente vagava nell’universo onirico, un fragoroso scoppio svegliò Kleodaimos di soprassalto. Con il cuore in gola, scacciando il sonno e cercando di capire cosa stava accadendo, il giovanissimo Morani varcò la porta della sua stanza, fu afferrato da una presa forte ma delicata, la presa di sua madre, prima che potesse chiedere qualunque cosa la donna lo trascinò in un’altra stanza, mentre il suono di fucilate e scariche di mitra si propagava per la casa, Calliope prese un pugnale appeso a un muro e si avviò per un corridoio trascinandosi il figlio appresso.
Svoltando l’angolo di fronte a lei, Calliope vide una figura arrivarle addosso, con riflessi repentini afferrò l’uomo gli puntò il pugnale alla gola, riconobbe in quel viso i lineamenti di Francis, il suo capo della sicurezza, appena in tempo –Diablo Francis! Que pasa??- quasi gli urlò in faccia, l’uomo, coperto da un pantalone e una canotta bianca spinse via il pugnale prima di rispondere –Dei veicoli ignoti hanno sfondato il perimetro, hanno fatto saltare il portone con la dinamite… non so chi siano, gli altri…- si fermò ad ascoltare, nessun rumore si sentiva più -…o li hanno respinti… o sono morti, in ogni caso voi dovete nascondervi, subito!- disse con urgenza.
La donna stava per annuire con la testa quando sgranò gli occhi, guardando oltre la spalla di Francis, questo si girò, un uomo molto robusto, con la pelle bruciata dal sole e dalla salsedine e i capelli biondastri, alto oltre il metro e settanta, si stagliava pochi metri dietro i tre, la sua mole sembrava occupare tutto il corridoio, Calliope si portò davanti a Morani e indietreggiò stringendo i denti –TU!!!- gridò incollerita, -Ora tutto sarà come deve essere, è finito il tempo della miseria- disse l’uomo robusto, poi scattò, copri i metri che lo separavano da Francis prima che questo potesse estrarre la pistola dalla fondina, lo investì con la sua carica schiantandolo contro il muro, Calliope fece appena in tempo a ripararsi dietro l’angolo del corridoio con il figlio Kleodaimos. La fortissima botta svuotò i polmoni di Francis, si rialzò dolorante, il nuovo avversario si avvicinò e lo guardò intensamente dal basso, era meno alto di lui ma molto più robusto e vigoroso, Francis lo colpì al naso con un diretto, ma quello non si smosse, né accuso il colpo, Calliope guardava la scena, sapeva che Francis aveva militato nelle forze speciali prima di lavorare come mercenario per lei, era un vero soldato, ma conosceva fin troppo bene l’altro uomo e sapeva come sarebbe finita. Francis indietreggiò tenendosi la mano dolorante, tentò di avventarsi nuovamente sul nemico ma questo lo afferrò per la maglia e scagliò contro il soffitto, come se fosse un semplice sacco di sabbia. Morani vennè trascinato via da Calliope mentre vedeva il corpo di Francis cadere inerme.
-Mamma cosa fa lui qui? Che vuole da noi??- chiese Kleodaimos alla madre mentre questa apriva una porta di quercia che portava all’esterno, il vento si era calmato, l’oscurità della notte era rischiarata da un sinistro bagliore, i due si girarono, le fiamme stavano divorando la magnifica costruzione, -Ràpido, dobbiamo andare mi vida, e dobbiamo sbrigarci- disse al figlio, ma mentre stavano per avviarsi sul pendio un bottò li fece girare, l’uomo robusto li aveva seguiti fin lì sfondando la pesante porta, la donna strinse il pugnale nella mano sinistra, -Kleodaimos vattene!- disse a denti stretti al piccolo, ma questo non si muoveva, lo spinse malamente, -SALIR!!!- gli urlò, poi si girò verso il nemico –Cosa vuoi Gunnar??- chiese furiosa, l’uomo la guardò malinconicamente, poi strinse i denti ringhiando –Distruggere la tua dannata stirpe donna, i ruoli si invertono, i potenti guerrieri cadono per mano di poveri schiavi-.
Il piccolo Kleodaimos non si era allontanato, continuava a guardare pietrificato la scena, anche quando Gunnar attaccò non si mosse.
Calliope evitò con flessuosa grazia la carica e lacerò la spalla di Gunnar con una pugnalata, ma con scarsi risultati, l’uomo tentò di agguantarla con le mani callose, ma la donna, come uno spirito evanescente, riusciva sempre a eludere gli attacchi e a colpire con sapienti fendenti, dopo diversi minuti, Gunnar ansimava, era ferito seriamente, un colpo preciso gli aveva squarciato il petto, ma rimaneva sempre in piedi, senza vacillare. Calliope continuava a fissare il grosso nemico, era forte, ma rispetto a lei era goffo e lento, -E pensare… che un tiempo ti amavo… prima che diventassi l’uomo màs str*nzo di esto mondo…- proferì freddamente, ma dentro di lei la sua furia bruciava come il sole. A questo punto Gunnar rise –Perché? Dopotutto ti ho solo sedotta e abbandonata, un comportamento da animale forse, ma tu non adori forse la natura? Dovresti ringraziarmi… invece tu, TU!!! Sei stata cosi egoista da non perdonarmi e respingermi… pensavi che un povero pescatore come me non potesse avere speranza contro le tue “truppe d’elite”?? Eppure io li ho uccisi, ora cosa ti rimane??- chiese indicando la casa che veniva avvolta dal rogo.
La donna lo ignorò, non era importante… non era importante ciò che quell’uomo diceva, l’importante era che il suo Kleodaimos fosse al sicuro, per un attimo girò gli occhi, scorse suo figlio, bastò a distrarla, voleva gridargli di andarsene, ma Gunnar la colpì con una manata, sbatte violentemente in terra, il pugnale le sfuggi di mano, Gunnar le avvolse una mano intorno al collo, la sollevò con un solo braccio, come se fosse senza peso, guardò il viso perfetto coperto dai lunghi capelli ricci –È un peccato sprecare un fiore come te, ma ormai è tard… AARHGHH- un grido di dolore sfuggì a Gunnar, il piccolo Morani aveva raccolto il pugnale della madre e lo aveva conficcato con entrambe le mani nel ginocchio sinistro dell’uomo, questo colpì con l’altro braccio il piccolo scaraventandolo via, dopo impugnò l’arma e la strappò via dalla sua giuntura danneggiata, cadde in ginocchio, ma non mollò la presa sul collo di Calliope, -Il ragazzino ha le palle… è proprio nostro figlio, vero mia amata?- chiese rantolando, poi affondò il pugnale nel ventre della donna strappandole un urlo, rigirò la lama nella ferita, Kleodaimos stava per correre di nuovo in aiuto della madre, quando un grosso boato coprì il crepitio del fuoco e una luce potentissima rischiarò il cielo, svenne. Si risvegliò dopo pochissimi minuti, capì che una della caldaie era esplosa, e l’onda d’urto li aveva investiti; cerco con gli occhi la madre, la trovo riversa diversi metri lontano da lui, si avvicinò dolorante, la girò e vide con orrore la ferita al ventre, scosse il corpo, miracolosamente Calliope aprì gli occhi, era viva, ma sarebbe morta a momenti, lei lo sapeva, Morani lo sapeva, -Kl…Kleodaimos… vattene ti prego… qui sei in pericolo… recuerda quello che ti… ho detto… segui el tuo corazòn… promèteme…- disse a stento mentre un fiotto di sangue le sfuggiva dalle labbra, fissando il figlio con gli occhi scuri semichiusi; il ragazzino tremava, era scosso, le lacrime scendevano copiose dagli occhi verdi, ma riuscì a rispondere –T…te lo prometto… mamma…- strinse le mani della madre, lei gli sorrise, poi emise un rantolo, gli occhi le si spensero, il suo corpo resto immobile.
Kleodaimos, sconvolto, chiuse gli occhi della madre, non gli pareva possibile, era un incubo, si sarebbe svegliato, poi senti il vento sul collo, e il sangue di sua madre bagnargli le mani, capì che era la realtà, balzò in piedi e fuggì, risalì il pendio, arrivato in cima, si fermo, come in trance, si girò lentamente, vide le macerie della casa in fiamme, la sua vista acuta si posò sull’architrave dell’entrata, l’hoplon dorato cadde tra le fiamme, il sole allo zenith, simbolo della sua famiglia da millenni, era tramontato per sempre, e con quello scompari anche una parte di Kleodaimos… una parte di Morani, mentre una nuova sensazione si faceva largo nel suo cuore, brutale e feroce, eppure cosi intensa e perversamente magnifica, il suo cuore fu pervaso da un ira cosi distruttiva, cosi passionale, che lo avrebbe trasformato, e l’avrebbe accompagnato per sempre.
Fine flashback /

ora avete avuto la risposta al perchè della rabbia di Morani e del suo desiderio di diventare più forte
spero vi sia piaciuto:)
  
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