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Autore: kristyblue    28/12/2013    1 recensioni
[Labyrinth/The Santa Clause crossover + altri]
Comincia tutto con una sfida, una scommessa fatta quasi per scherzo. Ma quando la figlia del Re dei Goblin e della Campionessa del Labirinto affronta Jack Brina, istrionico signore dei ghiacci, per decidere a chi spetti il trono di Jareth, la situazione degenera rapidamente in uno scontro che rischia di travolgere l'esistenza stessa del Labirinto e delle Creature Fantastiche di tutto il mondo. Ancora una volta Sarah e Jareth dovranno affrontare imprevisti e pericoli alla luce del sentimento di giocosa rivalità che li unisce, e contemporaneamente destreggiarsi nel non facile ruolo di genitori di una figlia ormai cresciuta, che ha ereditato la testardaggine di Sarah, l'astuzia di Jareth e la refrattarietà di entrambi a farsi comandare a bacchetta... Un crossover fra Labyrinth e la saga di Santa Clause con Tim Allen (sopratutto il terzo film, "Santa Clause è nei guai", anche se lo precede cronologicamente - è ambientata poco dopo che Scott Calvin è diventato Babbo Natale, quindi subito dopo il primo film), "contaminato" però anche con altri film come "Polar Express", "SOS Befana" e i romanzi della serie di Artemis Fowl.
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jareth, Nuovo personaggio, Sarah, Toby
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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*** Molte lune dopo ***

“Madre? Hai sentito quello che ti ho detto?”

La voce di Trisha la strappò bruscamente ai suoi pensieri. Sarah alzò lo sguardo dalla piccola sfera di vetro che aveva fissato fino a quel momento, ma senza vederla davvero.

“Scusami”, rispose, sorridendo debolmente. “Ero…”

“… distratta, sì. La tua mente volava al passato.” Trisha aggrottò la fronte. “Però non sembravi felice di cavalcare la ruota del tempo al contrario. Erano ricordi tristi?”

“Solo la prima parte. In realtà, pensavo al giorno in cui ho rivisto tuo padre per la seconda volta in vita mia.”

“Che strano”, osservò Trisha, come parlando fra sé. Sarah le rivolse un’occhiata interrogativa.

“Non capisco… perché strano?”

“Perché in genere, quando pensi a lui, il tuo viso si illumina e i tuoi occhi sorridono. Stavolta invece eri avvilita.”

“Sai, non… è stata una decisione semplice. Avrei voluto che anche tuo zio Toby venisse con me, e lasciarlo mi ha fatto soffrire.”

“Ma madre, tu lo rivedrai fra un altro ciclo delle stagioni, a Samhain”, puntualizzò Trisha, puntellandosi i fianchi con i pugni chiusa; quella posa la faceva assomigliare straordinariamente a Jareth. “Se nell’Aboveground non vivevate insieme, dov’è la differenza?”

“Be’... se lui e tua zia Charlotte vivessero qui, li potrei vedere ogni giorno.” Sarah non se la sentiva di parlare dell’altro, e ben più importante motivo, per cui avrebbe voluto il fratello con sé. Quell’anno, ad Halloween, era rimasta di stucco vedendo che i suoi capelli, un tempo biondi e poi sale e pepe, ormai erano quasi del tutto bianchi. E Charlotte aveva lo stesso sorriso, ma le sue mani erano contratte dall’artrite e le dita sembravano dei lunghi ragni pallidi. Lei invece era rimasta identica a quando aveva trent’anni; e Trisha – per cui il glorioso, dorato cammino nell’età adulta era appena cominciato - sembrava aver da poco superato la ventina, quando in termini umani avrebbe dovuto avvicinarsi più ai cinquanta che ai quaranta.

Io e Toby non sembriamo nemmeno più fratello e sorella, si era detta Sarah, con il cuore pesante. Chi ci vedesse adesso potrebbe credere che lui è il padre e io e Trisha le sue figlie. Però Toby non le aveva parlato di volersi trasferire nell’Underground, e neanche Charlotte aveva tirato in ballo l’argomento… anche se Sarah aveva sperato fino all’ultimo che lo facessero.

Trisha non poteva capire. Lei era nata immortale, non aveva mai scelto di diventarlo. A volte Sarah provava una sottile punta di invidia nei confronti del marito e della figlia; per loro il tempo era davvero privo di significato, mentre per lei – anche adesso che non era più soggetta alle sue regole – continuava a rimanere una minaccia vaga e indefinita, un’ombra scura che aleggiava sopra gli affetti del fratello e della cognata. Sentiva che non sarebbe mai stata in grado di pensare – o di non pensare – al tempo come facevano Trisha e Jareth.

“Se ti manca così tanto, perché non gli fai percorrere il Labirinto?”, chiese la figlia, che l’aveva osservata in silenzio.

Sbalordita, Sarah la fissò senza capire.

“Ma di che parli?”

“Dello zio Toby”, rispose spazientita Trisha, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Trasporti lui e zia Charlotte nel Labirinto e glielo fai attraversare in tredici ore. Loro perdono, restano a vivere qui, e il problema è risolto.”

“Stai scherzando?”, scattò Sarah, incredula. “Perché se è uno scherzo, ti avverto che non è divertente!”

Trisha socchiuse le palpebre.

“Non scherzerei mai su un argomento che ti sta tanto a cuore, madre.”

“Ma io… tu…”

“Il Labirinto esiste per questo, no? E tu vuoi che lo zio Toby venga a stare nell’Underground.

“Io non voglio costringerlo a vivere qui!”, protestò Sarah, mentre il sangue le affluiva alle guance.

“Ho parlato di costringerlo?”, ribatté Trisha, inarcando un sopracciglio sottile. “Il Labirinto non è una prigione invalicabile. Se lo risolve per tempo, può tornarsene nell’Aboveground.”

“Io ci sono riuscita per un pelo, e non avevo neppure la metà degli anni che ha lui”, insorse la madre, fuori di sé. “Scordatelo, Trish. Non voglio neppure sentirti dire una cosa del genere.”

“Che peccato”, osservò Trisha, stringendosi nelle spalle. Prese la sfera di vetro dalle mani di sua madre e la fece roteare – danzare – con le stesse movenze ipnotiche che Sarah conosceva tanto bene. “Se avessi voluto farlo, ti avrei aiutata volentieri.”

“Sì, certo.” Sarah fece una smorfia. “E non credi di dimenticare qualcosa?”

Trisha alzò gli occhi su di lei, con un lampo di ostilità nello sguardo.

“Cos’avrei dimenticato, secondo te?”, sibilò.

“Per esempio”, intervenne una voce divertita alle loro spalle, “che fino a prova contraria, quello che decide a chi far attraversare il Labirinto sono io.”

Trisha non tradì alcuna sorpresa. Solo il suo viso si irrigidì per un attimo, mentre sua madre si voltava verso il proprietario della voce.

Appoggiato a una colonna, le braccia pigramente incrociate sul petto, c’era Jareth; indossava l’abito da cerimonia e sfoggiava un ghigno compiaciuto. I capelli gli ricadevano sulle spalle come una cascata di luce, incorniciando gli occhi astuti e penetranti che il Re dei Goblin aveva trasmesso alla figlia.

“Devi sempre cogliere la gente di sorpresa, tu”, lo rimproverò scherzosamente Sarah.

Jareth inclinò la testa da un lato.

“Davvero ti ho colto di sorpresa, mia preziosa? Non capisco. Eppure sei stata tu a pronunciare il mio nome, solo un attimo fa…”

“Io non ho pronunciato il tuo nome!”

“Forse non a voce alta… ma con il pensiero l’hai fatto”, le assicurò lui. Poi il suo sguardo si spostò su Trisha, che era rimasta immobile come una statua, i pugni stretti lungo i fianchi. “E tu, mia cara? Avevi forse previsto che avrei interrotto la vostra discussione?”

La giovane Fae scosse la testa, irritata, e i suoi capelli scuri catturarono la luce.

“Sapevo che zio Toby non avrebbe affrontato il Labirinto… non oggi, perlomeno”, aggiunse, fulminando Sarah con un’occhiataccia. “Poteva significare che mia madre si sarebbe opposta o che tu non l’avresti permesso.”

Jareth si finse meravigliato.

“Ammirevole… sapevi tutto questo e hai tentato ugualmente di convincere tua madre a fare a modo tuo?”

“Il futuro non è statico e immutabile”, lo rimbeccò aspramente lei. “Da ogni nostra azione si diramano innumerevoli file di possibilità… e finché non si sceglie da che parte andare, sono tutte ugualmente valide. Io ho solo incoraggiato mia madre a scegliere il sentiero che reputavo migliore.”

“E naturalmente il tuo incoraggiamento era del tutto disinteressato, vero?”, suggerì Jareth, beffardo.

“Lo fai suonare come se avessi dei secondi fini per volere mio zio nell’Underground”, ribatté Trisha in tono ti sfida. Il ghigno sul volto di suo padre si allargò.

“Tutto questo improvviso interesse per tua madre e tuo zio Toby… Stai forse diventando sentimentale, mia cara? Oppure questo è solo l’ennesimo tentativo di scavalcarmi?”

Trisha strinse i pugni e scoccò un’occhiata velenosa al Re dei Goblin, che gliela restituì con altrettanta freddezza. L’aria intorno a loro vibrava di collera a stento trattenuta; sarebbe bastata una parola o uno sguardo sfrontato di troppo, a scatenare il finimondo.

“Vediamo di calmarci”, intervenne Sarah, correndo subito ai ripari. Posò una mano sulla spalla del marito, più per trattenerlo che per placare la sua ira, e disse con decisione; “Trisha non stava cercando di convincermi a fare proprio un bel niente… anche perché sa benissimo che non ci riuscirebbe”, puntualizzò, fissando la figlia dritta negli occhi come per sfidarla a protestare. “Stavamo solo parlando di questioni senza importanza.”

Trisha aveva ancora l’aria vagamente bellicosa, ma l’occhiata ammonitrice della madre la spinse a distogliere lo sguardo e indietreggiare.

“Niente da ridire?”, la stuzzicò Jareth. Sarah gli sferrò una gomitata.

“La decisione è stata presa”, rispose Trisha a denti stretti. “Niente che io dica può influenzare… o alterare lo svolgersi degli eventi.” Sputò quella parola come se fosse stata velenosa, esitò e poi concluse amaramente; “Quindi… immagino che quelle di cui parlavamo fossero a tutti gli effetti questioni senza importanza.”

Per il momento, pensò, fissando con rabbia la punta degli stivali di Jareth.

Come se niente fosse, il Re si voltò verso Sarah e le porse il braccio. “Vogliamo andare, mia preziosa? Il ballo sta per iniziare.”

“D’accordo”, rispose in fretta lei. “Vieni, Trisha.”

“Devo proprio?”, mormorò svogliata la giovane Fae. “Preferirei aspettarvi qui, se non è un problema.”

Jareth sogghignò.

“Non credo proprio. Sarebbe una tentazione troppo forte per te, aggirarti vicino al trono.”

“Non lo faccio mica saltare in aria”, ribatté lei, acida.

“L’ultima volta che ci siamo assentati hai cercato di attirare due mortali nel Labirinto”, le ricordò il Re. “Solo che le cose non sono andate esattamente come avevi previsto, vero?”

Furiosa, Trisha raddrizzò le spalle.

“E’ stato un incidente! Non sapevo chi fossero quei mortali, non mi ero preoccupata di studiarli. Ho sbagliato, va bene? Vuoi rinfacciarmelo per tutta l’eternità, padre?”

“Spero di cuore che non ci vorrà così tanto, prima che tu diventi una Regina responsabile.”

Finitela!”, sibilò Sarah, pilotando con fermezza il marito in avanti per un braccio. “Possiamo dare un taglio alle discussioni, almeno per oggi?”

“Mia preziosa, dovresti sapere che ogni tuo desiderio è un ordine, per me”, rispose Jareth. A Trisha non sfuggì il modo, del tutto intenzionale, con cui aveva sottolineato quelle due parole.

“Obbedisco al volere della mia sovrana e signora madre”, sibilò, come a precisare che era solo merito di Sarah se aveva lasciato cadere lì la questione.

 
  
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