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Autore: _eco    01/01/2014    6 recensioni
A Gabry
[Mrs.Everdeen centric]
Mentre mescolava la zuppa acquosa con un mestolo logorato dal tempo, Helen rideva in silenzio.
Non so dire quanto sale vi fosse nella zuppa di cavolo, tra quello che Helen vi spargeva durante la cottura e le lacrime che occasionalmente, all’improvviso, vi versava.
Tuttavia, si sentiva forte anche allora. Con la paura del buio e la luce di Jillian che ne rischiarava gli angoli più tenebrosi.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mr. Everdeen, Mrs. Everdeen, Primrose Everdeen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Gabry, perché era ora che le dedicassi qualcosa. 
A Gabry e alla sua dolcezza. ♥
Forgiveness.
[Mrs.Everdeen centric]


I’m lost and scared to live this life
I thought I’d always be strong
This rage this dark side I don’t want to see
lays there… lays there… lays there…
There on the bottom inside looking lost like a child
but I know that you’re mine
 
[…]
 
Forgiveness our key to the world
Forgiveness I’m frightened to deserve
Forgiveness all that we need
it’s Forgiveness I am not sure I know…

Forgiveness, Elisa.
 
Molte volte, nella sua vita, Helen si è sentita forte. La prima volta di che ne abbia memoria è stata quando, all’età di sette anni, è stata l’unica ad alzare la mano per rispondere a una domanda della maestra riguardo alle miniere di carbone. Qualcosa che aveva a che fare con le ferite o i malesseri che più facilmente ci si può provocare lì sotto.
Helen sapeva. Non aveva certo dimenticato la tosse del signor Finch né le scottature, i cui segni non sarebbero mai svaniti, del giovane Ritchie Morris.
Helen ricorda ancora lo sguardo compiaciuto della maestra, le espressioni a metà fra l’invidioso e l’adorante di alcuni suoi compagni, le occhiate annoiate e scocciate dei più. E ricorda la sensazione di essere forte, un passo avanti rispetto agli altri. Le piaceva, quella sensazione.
Ne ha un disperato bisogno. Proprio ora, mentre si lascia cullare come un automa, raggomitolata nella sedia a dondolo di legno, che fa parte ormai di un’altra vita, di un’altra Helen. Ne ha bisogno, ma non lo dice. A cosa servirebbe, poi?
Molte volte, nella sua vita, Helen si è sentita forte. Quando Jillian la prendeva per i fianchi sottili e la faceva volteggiare a qualche centimetro da terra, per esempio. Lo faceva spesso, e a Helen piaceva. Sentiva come una spinta che partiva dal terreno e le percuoteva il corpo. Una risata che si librava dall’erba verde e le scuoteva il ventre, il petto, sin quando non trovava il modo di sfuggirle dalle labbra.
Buffo, no?, il fatto che Helen si sentisse forte nel momento in cui Jillian le faceva mancare la terra sotto ai piedi, letteralmente. La rendeva vulnerabile, priva del suo equilibrio, eppure mai come in quei momenti si sentiva al sicuro. Sempre un passo avanti agli altri – con Jill. E a qualche centimetro da terra, sì.
Si è sentita forte anche quando le sue bambine hanno scalciato contro – anzi, dentro – di lei; quando ha incontrato lo sguardo di cenere di Katniss e si è persa negli occhi quasi trasparenti di Prim; ma, ancora di più, si è sentita forte quando ha creduto di essere sul punto di morire, mentre accompagnava le sue bambine alla vita e Jillian le stringeva la mano.
Certo, si è anche sentita debole, scoraggiata. Ma nel piatto della bilancia, sino a qualche tempo fa, pesavano più i momenti di gioia e appagamento.
 
Mai come ora, tuttavia, ha avuto tanta paura.
 
Jillian portava con sé una lanterna di luce calda, accogliente e rassicurante. Rischiarava gli angoli più bui e marci del suo animo, le sue più oscure paure, le sue insicurezze.
Tornava a casa sempre con quel suo sorriso stanco ma incoraggiante. E quel bagliore… quelle scintille nei suoi occhi che sembravano sempre coperti di un velo di cenere, quasi la miniera e il carbone non lo lascassero mai davvero. Quella luce che le diceva: “Domani sarà un giorno migliore.”
 
- Cos’hanno preparato di buono le mie donne? – chiedeva, abbandonando le scarpe da lavoro davanti all’uscio.
- Zuppa di cavolo anche stasera. – rispondeva Helen, il più delle volte.
- Mmh. – commentava lui, massaggiandosi il ventre piatto e affamato, e leccandosi le labbra con un sorriso entusiasta.  
A volte, quando era ancora bambina, Katniss nascondeva uno sbuffo seccato.
- Ehi, scoiattolina, guarda che è un signor piatto, la zuppa di cavolo della mamma. – le mormorava allora lui, sfiorandole il naso con un buffetto.
Mentre mescolava la zuppa acquosa con un mestolo logorato dal tempo, Helen rideva in silenzio.
Non so dire quanto sale vi fosse nella zuppa di cavolo, tra quello che Helen vi spargeva durante la cottura e le lacrime che occasionalmente, all’improvviso, vi versava.  
Tuttavia, si sentiva forte anche allora. Con la paura del buio e la luce di Jillian che ne rischiarava gli angoli più tenebrosi.
 
Adesso c’è un cumulo di nero che la circonda e la riempie. Ha la guance scavate di Prim e lo sguardo deluso di Katniss. Ha l’espressione di sconcerto di suo marito, le sue mani che battono con furia contro il vetro indistruttibile che li separerà per sempre, la sua voce che le urla di reagire.
 
La cenere ha seppellito le scintille negli occhi di Jillian ed Helen brancola nelle tenebre.
Si dondola nella sua sedia di legno. No, qualcuno la sospinge. Non è così forte, lei.
- Mamma? –
La sua bambina. Le sue guance scavate, il suo sguardo che sta iniziando a somigliare sempre più a quello di Katniss. È forse rassegnazione, quel grumo di sporcizia e impurità che vi scorge a tratti?
- Mamma? –
La sua bambina. Le sue piccole manine divorate dalla fame che la spingono con dolcezza.
- Mamma? –
La sua bambina. I suoi capelli stopposi, rovinati, color del grano. Sciolti.
Le piaceva intrecciarli con maestria nelle più graziose ed eleganti acconciature. Helen se lo ricorda.
- Te ne ho conservato un po’. Katniss voleva portarlo tutto al mercato, ma so che ti piace. Te ne ho conservato un po’, mamma. –
Le dita sottili di Prim le sfiorano le labbra di carta vetrata. Un sapore salato e gustoso le pizzica la lingua ruvida: formaggio. Helen lo mastica lentamente, e quasi sorride mentre il cubetto le si scioglie in bocca.
Com’è che si chiama la capretta di Prim? Deve chiederglielo.
L’ha dimenticato… ha dimenticato il nome della capretta… la capretta di Prim… la sua bambina…
- Grazie. – sussurra.
È la prima parola che articola da due giorni. Le sembra di sentire un sorriso modellarsi sul viso di sua figlia.
Perdonami, bambina mia. Perdona le mie mani, che non conoscono più i tuoi capelli di grano. Impareranno di nuovo. Te lo prometto.

 
 
Angolo autrice.
Ebbene sì, non vi lascio in pace nemmeno a Capodanno. Ma se l'ispirazione bussa alla porta, perché chiuderla fuori? 
Sapete bene che nutro un amore incondizionato per la signora Everdeen e il signor Everdeen. Sono la dolcezza. ♥ *sparge amore*
Ma io li faccio soffrire sempre ewe lol
Questa canzone, il cui tema è appunto il perdono, mi ha fatto pensare a lei. Ed è ovvio - sì, è ovvio - che, a stesura ultimata, abbia deciso di dedicarla a Gabry, perché anche lei ama questa canzone. 
Bene, spero vi sia piaciuta e non sia troppo noiosa. 
Vi abbraccio tutti. 
S.

P.s: Deb mi ha fatto notare che c'è una piccola incongruenza cronologica: la capra di Prim viene acquistata quando la signora Everdeen è già sulla buona strada per uscire dallo stato di depressione. Vabbé, voi fate finta che non sia così xD
  
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