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Autore: boobsrauhl    01/01/2014    1 recensioni
Gli avrei voluto gridare “Addio”, ma non era un addio. Lo avrei rivisto ogni giorno a scuola, seduto accanto a me, nella stessa comitiva, nello stesso locale, in ogni fottuta festa organizzata dalla scuola. L’avrei rivisto.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Scooter Braun
Note: Lime | Avvertimenti: Bondage
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Chapter Three;

La prima ed unica cosa che pensai non appena suonò la campanella fu avvisare i miei genitori che mi sarei intrattenuta a scuola un po’ più del previsto e, naturalmente, gli avrei rimandato le spiegazioni in un momento più adatto.

Teo mi guardò per un attimo rannicchiata sul banco immersa nei miei sogni e mi disse: “Mi dispiace.”
“Per cosa? Non hai fatto nulla, perché dovresti essere dispiaciuto?” Corrugai la fronte e alzai lo sguardo verso il suo che mi era così familiare ormai. Sorrise un po’ a disagio. “Perché lo meritava quello schiaffo.” 
Scrollai le spalle e fissai a lungo il vuoto totale, cercando una distrazione o qualunque altra cosa non mi ricordasse il fatto che tutta la classe aveva assistito a quell’inutile discussione. Dio, chissà che pena hanno provato per me! 

“Allora io vado…” Lo salutai col capo e un po’ delusa perché adesso mi toccava restare lì e respirare la stessa aria di Justin e vedere le medesime cose che i suoi occhi vedevano. Era il destino che mi voleva male? 

Cercai subito dopo a tastoni una monetina nel mio zaino per colmare con del cibo spazzatura la mia povera voglia di mangiare. Delusa, mi accorsi di averli spesi tutti in quella dannata caffetteria e adesso sarei dovuta rimanere –come se non bastasse- anche digiuna. Ero sola nell’aula e mi chiesi dove si fosse cacciato Justin, ma probabilmente era a cercare qualcosina al bar e a scroccare una sigaretta per fumarla in santa pace. E beato lui! 

Quando sentii dei leggeri scricchiolii alla porta che si stava per aprire, il mio cuore accelerò improvvisamente il ritmo e sentii una strana fitta allo stomaco. Ma…no. Era il professore che ci avevano assegnato per controllarci e fare in modo che la punizione avesse i suoi effetti. 
Poco dopo entrò anche lui. Aveva tra le mani il suo cellulare e una barretta energetica e nelle tasche gli usciva il pacco di sigarette appena aperto. Si schiarì la voce e ingoiò velocemente e alla fine disse: “Non sono in ritardo, vero?” 
Il professore lo scrutò con aria severa e, tutt’un tratto, la sua faccia cambiò in una maschera di divertimento.
“Accomodati pure.” E non se lo fece ripetere due volte che si accomodò proprio ai primi banchi.
Abbassai il viso e misi il broncio e desiderai di essere a casa mia con un bel piatto di pasta o magari con qualcosa di surgelato, insomma qualsiasi cosa che era sinonimo di cibo.

“Signorina, perché non si siede anche lei qui avanti?” Probabilmente ero diventata rossa perché mi guardavano tutti e due con uno sguardo di compassione.
“Sto bene qui.” Annunciai, ma quel professore aveva tutto l’intento di farmi stare avanti e fui costretta a sgomberare il mio amato posto e mi sedetti quasi accanto a Justin. Non mi guardò neppure quando –per sbaglio- gli colpii il piede con il mio zaino. Sussurrai uno “Scusa”, ma come temevo non ebbi alcuna risposta.

“Comunque chiamatemi Jake. Sono lo psicologo di questa scuola e mi hanno assegnato il vostro caso. Mh…che avete combinato per stare qui oggi?” Lo guardai dritto negli occhi e mi chiesi se quella era tutta una messa in scena, come avevano osato –senza il nostro consenso- dichiarare che avevamo un disperato bisogno di aiuto da uno psicologo? Era una presa in giro?
“Io non sono uno psicopatico. Forse lei sì, ma io no.” Che cosa aveva detto? Mi aveva davvero data della psicopatica? Ma come osava?
“Dio, ti riempirei la faccia di pugni e schiaffi!” E feci proprio per alzarmi, quando Jake mi bloccò il pugno e fui costretta a ritirarlo indietro perché iniziava a farmi male. Mi accarezzai subito dopo le nocche e incrocia con straordinaria rabbia lo sguardo di Justin.
“Vede? E’ psicopatica.” Cercai di respirare e di non reagire ancora una volta perché stavo arrivando –a poco a poco- ad uno stato davvero irriconoscibile. 
“Fai schifo.” Gli dissi invece e mi guadagni un rimprovero da parte di Jake. 
“Dopo questa sceneggiata, volete davvero ancora farmi credere che non avete un bisogno di aiuto?” Lo guardai e lui guardò me e per un momento vidi nei suoi occhi qualcosa di compassionale, ma come sempre era stata una mia illusione. Lui non poteva essere compassionevole con me. 

“Lei pensa che in una settimana può cambiare radicalmente la nostra vita e i nostri problemi di fondo?” 
Problemi. Di problemi ne avevo parecchi. Ed anche Justin non ci scherzava. Per un attimo fui contenta di avere qualcuno che voleva aiutarmi, ma poi ripensai a che vergogna avrei provato a rivelare ogni mio problema davanti ad un tipo spavaldo come Justin. Rabbrividii al solo pensiero.
“Esatto. Sei sveglio, allora.” Gli disse con un alto tono di sarcasmo e subito dopo si accomodò dietro la cattedra e tutta la stanza si congelò in un silenzio da far paura.

Passarono pochi minuti e Justin, impaziente ed anche un po’ scocciato, disse con il suo solito modo di fare da altezzoso prepotente: “Ma che dobbiamo fare, adesso?” 
Jake sussurrò una risata e ci guardò come per farci leggere la risposta nei suoi occhi.
“Sto aspettando che vi decidiate a parlarmi dei vostri problemi. Siete così orgogliosi che non avete neppure osato dir qualcosa.” 
Se ero orgogliosa? Da morire. E in quel momento di cose ne avrei volute dire così tante da consumare il fiato, eppure non venivano fuori in nessun modo.

“Sabato ci siamo mollati. Io l’ho mollato.” Mi corressi subito dopo e mi sentii un po’ a disagio.
“Mh…la vostra prima volta?” Justin per poco non si affogò con la sua stessa saliva e lo guardò in un modo come per dire “Ma sei serio?!”.
“Io avevo tredici anni.” Sbottò poi, riaggiustandosi il colletto della giacca e mettendosi una mano liberamente tra i capelli rendendoli ancora più voluminosi e belli da vedere.
“No, intendo proprio tu e lei.”
Quella volta fui io ad affogarmi e iniziai a tossire e a sperare che le mie guance non avessero assunto un colorito simile al rosso o al porpora.
“Ah…mai.” Grazie tante, avrei voluto dirgli. 
“Per fortuna.” Dissi poi, schiarendomi la voce che era anche debole e facendo un ghigno molto simile ad una risata di vendetta.
“Non sei brava a baciare, non vorrei immaginarmi a letto.” Ricominciava? Di nuovo? Strinsi forte i pugni per evitare di scattare in un mio momento di rabbia e mi graffiai con le mie stesse unghie. Ahi, mi ero fatta davvero male. 
“Non che tu sei un buon baciatore. Anzi, hai sempre le labbra troppo secche. Probabilmente nessuno ha il coraggio di dirtelo.”
“O forse stai solo mentendo perché non vuoi ammettere la realtà?” Il sangue mi bollì e a momenti rischiavo di scoppiare in una rissa senza fine, avrei voluto farlo stare zitto, avrei voluto gridargli in faccia che –comunque- per un milionesimo di secondo era stato felice quando mi aveva baciato la prima volta, avrei voluto gridargli di quando, quel sabato sera, era corso a casa mia in cerca di conforto. Ma sarebbe stato inutile perché lui era così. Lui non provava niente. A lui non importava niente. Avrei solo fatto l’ennesima figuraccia.
“Quale sarebbe la verità?” Sbottai semplicemente e un po’ curiosa di scoprirlo. Qual era la verità?
Ma quella volta il momento di ribattere fu di Jake che dichiarò la seduta –per quel giorno- conclusa perché bisticciando non gli eravamo affatto di aiuto. Ed aveva ragione. 

“Adesso possiamo andare?” Dissi sotto un ghigno di notevole fastidio. “Domani ho un’interrogazione e un compito di matematica, ci vuole far perdere altro tempo?” 
Jake si guardò intorno in cerca del suo cellulare, lo prese, fece una strana faccia divertita e poi disse: “Mi dispiace, ma è passata un’ora sola. E voi dovrete stare qui per ancora altre due.” 
Perfetto. E chi avrebbe trovato la forza di studiare non appena sarei stata di ritorno a casa? Ingenuamente non avevo neppure un maledetto libro per ripetere perché che potevo mai saperne di quello che sarebbe successo? Tutta colpa sua. Era sempre colpa sua. Justin era una freccia, un macigno pesante gettato sulle spalle. Ed io volevo liberarmene? Non lo sapevo, ma ero convinta che ci sarei riuscita un giorno.

Poi mi feci coraggio e presi un quaderno a caso dallo zaino e provai, invano, a cercare di memorizzare e ricordare quelle maledette disequazioni fratte. Ma io e la matematica non eravamo per niente d’accordo sui risultati  ed io continuamente mi ostinavo a credere di avere sempre e solo ragione.

“Comunque non è vero che bacia male.” Riprese nuovamente la grandissima testa di cazzo. Ma…avevo sentito bene o le mie orecchie stavano fantasticando? Jake sorrise come per farci capire che avevamo davvero bisogno di lui.
“Ma sei bipolare?” La mia voce uscì con un disprezzo acido ed amaro e in realtà non avrei mai voluto pronunciarle così. Ero felice, in parte, di quella sua rivelazione. E in quel momento mi sentivo gioire dentro.
“Bipolare? E che significa?” Disse inarcando un sopracciglio e continuando ad avere lo sguardo fisso su Jake.
“Non sei bipolare. Continua pure.” Liquidò invece il discorso e come un bambino in cerca di caramelle cercava di non lasciarsi sfuggire una parola del discorso di Justin.
“Non saprei cos’altro dire. Mi sta sul cazzo da oggi. Oh, quello non posso negarlo. E rimango contento, comunque, di non esserci andato a letto.”
“Anche lui bacia bene…” Sussurrai e dimenticai dell’offesa che aveva appena pronunciato e sperai che nessuno mi avesse sentito e invece Jake mi invitò a ripetere nuovamente.
“Ho detto…che anche lui bacia bene.” Poi abbassai lo sguardo e giocai con i pollici sperando che non mi stesse fissando in quel momento.
“E cos’altro ti piace di lui?” Era impazzito? Non lo avrei mai rivelato, mai e poi mai, neppure per sogno! Balbettai qualcosa e poi per la milionesima volta Justin ci interruppe.
“Una volta Ryan mi disse che le piacevano i miei capelli e che non sempre aveva pensieri puri su di me.” Ed iniziò a sorridere con un’emerita faccia di culo. Bastardo. Non vedi che già sto morendo di mio? 
“E’ la verità?” Oh, sì che lo era. Ma come aveva fatto Ryan ad ascoltare i miei discorsi con Ginny e con Teo? Quel ragazzo girava sempre dietro di me e iniziava a farmi davvero paura.
“No. Cioè ha dei bei capelli, ma…nient’altro è vero.” E mi mordicchiai il labbro sperando di non essere apparsa ridicola.
“Perché l’hai lasciato?” Mi chiese infine ed io non potetti far altro che incrociare lo sguardo di Justin e notai che tutt’un tratto divenne una maschera seria e rigida. Elizabeth, avrei voluto rispondere. Ma non dissi nulla perché entrò il bidello e mi avvisò del fatto che i miei genitori mi erano venuti a prendere per una visita medica e che quella sarebbe stata l’ultima volta che mi avrebbero lasciata uscire prima poiché ero in punizione. Rimisi il mio quaderno nello zaino e ringraziai i miei genitori per avermi salvato, anche se ero convinta che la visita medica era stata tutta una messa in scena. Probabilmente non accettavano il fatto che la loro bambina avesse fatto qualcosa di davvero grave.

“Ci vediamo domani.” Annunciai poi, ma ebbi risposta solo da Jake. Chissà cosa avrebbe detto Justin di me, non l’avrei mai e poi mai saputo. 

Eppure, mi sentivo al settimo cielo per tutte le cose che mi aveva detto (anche se implicitamente). Gli piace il modo in cui bacio, ripensai ed iniziai a sorridere come una bimba.

  
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