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Autore: Haney Jardin    02/01/2014    5 recensioni
Chissà perché, quando si cerca di raccontare l'amore, si finisce inevitabilmente per parlare di
sofferenza, di sentimenti non corrisposti, di abbandoni, di incomprensioni.
Forse, però, è anche questo il bello dell'amore: ci coinvolge totalmente e ci fa sentire vivi, non solo nel momento in cui siamo innamorati e felici, ma anche quando il cuore fa male!
Un SakuSasu (e tanti altri) carini, molte incomprensioni e tanti pianti.
Munitevi di fazzoletti all'americana, o voi ch'entrate!
*Storia in stato di revisione*
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Hidan, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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-La fine della pace apparente.



 

 

 

I suoi respiri annegavano. Lenti, poi celeri, poi sempre più affannosi. Lei si rigirava e rigirava nel letto, il sudore scendeva veloce lungo le tempie bollenti, il petto era in fiamme.
Non stava avendo nessun tipo di incubo, Sakura, semplicemente, stava iniziando a ricordare.

''Papà, dov'è papà?''.
Una bambina dai lunghi capelli rosati, lisci come seta, forse un po' rovinati per via della trascuranza di alcuni giorni senza un pettine, continuava disperatamente, e anche inane, a chiedere a qualcuno dove fosse finito il suo papà. La turba di gente che passava di lì, lungo il corridoio sterile e vuoto, non la degnava di un solo sguardo; la bambina minuta ed esile, con il suo orsacchiotto stretto tra le mani tremanti, girava attorno a sé stessa senza sosta, sola e letteralmente terrorizzata.
Era successo tutto durante la notte: la madre l'aveva trascinata via dal suo guscio protettivo, il letto, ed erano corse in ospedale, lì dove lei lavorava. Ame aveva detto a Sakura che il suo papà si era sentito male, e finché la mamma non sarebbe tornata, avrebbe dovuto aspettare in quel corridoio. Da sola. Così, senza nemmeno poterle chiedere altre spiegazioni, quella bambina di soli sei anni era rimasta senza una parola ed una confusione totale in testa. Non sapeva nemmeno quanto fosse passato, da quando la madre si era allontanata, girando l'angolo della lunga sala e non tornando più. Si sentiva stordita, ma soprattutto impaurita.
Ad un certo punto, le sue gambe iniziarono istintivamente a muoversi, accelerando sempre di più. Sakura, la bambina di sei anni, iniziò così a correre in quell'immenso spazio, andando spesso a sbattere contro altre persone, finché non giunse davanti ad una grande porta chiusa e rossa; aveva due ante, con due oblò scuri come finestre, e appeso al muro, accanto, c'era un divieto d'accesso; lei si fermò proprio davanti a quel cartello.
''Qui ci sono la mia mamma e il mio papà'', mentre appunto lo diceva, un uomo con il volto coperto da un cappuccio della felpa grigia, si avvicinò silenziosamente verso la bambina. La prese per mano senza esitare, e quando ella lo ebbe guardato spaventata e sorpresa, lui si limitò solo a sorriderle.
''Non sei papà!'', urlò Sakura, cercando di far scivolare via la mano tenuta da quello. Mentre si dimenava, le porte si spalancarono e ne uscì una donna affannante.
''Sakura!'', gridò, correndo verso la bambina e tirandola via dall'uomo misterioso. Non riuscì a vedere chi fosse in volto, ma indignata, mentre prendeva in braccio sua figlia, Ame gli disse: ''Cosa stavi pensando di fare, eh?, chi dannazio-''.
''M-mamma, lui non è il mio papà!'', Sakura interruppe la madre, indicando l'uomo.
''No, non sono tuo padre, Sakura-chan... ma nemmeno lui, lo è'', quello indicò un uomo coperto da un lenzuolo steso su un lettino, portato da alcuni uomini con il camice verde, la mascherina alla bocca e i guanti perlopiù macchiati di sangue, che nel frattempo si stavano avvicinando proprio verso Ame.
''C-cos-'', la donna riuscì giusto in tempo a posare delicatamente per terra sua figlia, perché poi, il panico s'impossessò completamente di lei. Iniziò ad urlare, il suo volto divenne completamente rosso, i nervi del collo erano più che evidenti, le lacrime uscivano a dirotto.
''Haruno-sama, m-mi dispiace, ma lui non ce l'ha fatta...'', il chirurgo poggiò una mano sulla spalla di Ame, la quale era entrata nella più completa delle disperazioni. Sakura continuava muta a fissare la madre; non riusciva a decifrare cosa avesse detto esattamente quel signore, ma quel pianto, lo sapeva, la stava contagiando. Poi, dopo le prime grida della donna, l'orsacchiotto della rosa, infine, cadde per terra.


Come quando un uomo affoga e tirato su con forza dall'acqua si aggrappa ai più profondi respiri per liberare i polmoni, così Sakura scattò dal letto piegando il bacino ed iniziando a urlare forte. Qualcosa la opprimeva, i suoi occhi erano ancora pesanti, semichiusi. I ricordi del sogno erano troppo violenti, troppo vivi, troppo veri, e fottutamente confusi. Che significava?, ne era sicura, quell'episodio era successo quando suo padre era morto, eppure, per quanto fosse tutto spiegabile, la cosa che la inquietava era l'uomo dalla felpa grigia e il suo ''ma neanche quello è tuo padre''In quel momento Sakura iniziò a tremare, e stranamente nervosa, si rannicchiò su sé stessa iniziando a piangere.
Aveva bisogno di spiegazioni, si sentiva tradita senza motivo, tradita da Suigetsu, dalla madre, tradita da sé stessa, e allo stesso tempo, ma non meno grave, si sentiva totalmente sola. Hidan dov'era? Dov'era stato fino ad ora? Non c'era stato e non c'era tutt'ora.
Poi ci mancavano solo Sasuke e quel suo dannato bacio, quella dannata confusione in testa, quei dannati sensi di colpa. Scoppiare era l'unica soluzione possibile e che le riuscisse perfettamente, infatti abbandonarsi da sé stessa le riusciva molto bene, da sempre.
Sicuramente si sarebbe sentita meglio, dopo aver vomitato tutti quei sentimenti confusi, e avrebbe avuto più forza per poter reagire alle nuove incognite che quelli dai quali si sentiva tradita custodivano segretamente.
Avrebbe chiesto spiegazioni a sua madre e a Suigetsu, dopodiché avrebbe chiamato Hidan (a vederlo ci aveva perso le speranze), gli avrebbe detto che non aveva più senso continuare la loro storia, e come ciliegina sulla torta, sarebbe passata da Sasuke e si sarebbe scusata per il bacio, purtroppo intenzionale, ma fin troppo istintivo. L'idea parve ancora più solida quando realizzò che quel giorno si sarebbe tenuto il raduno di motociclisti al quale Hidan le aveva proibito di andare. Un sorrisetto spontaneo le disegnò le linee della bocca, e i suoi respiri iniziarono a diventare più regolari.
Sakura sarebbe andata a scuola, avrebbe chiesto conferma per il favore ad Hinata, e da lì sarebbe subito corsa in centro, nel cuore della città di Phoenix, dove si teneva il grande motoraduno.
Quando si alzò dal letto le sue gambe ci misero un po' ad abituarsi, ma dopo nemmeno qualche secondo la rosa era già in azione in mezzo all'armadio a scegliere i suoi abiti. Prese due cose alla svelta, indossò dei blue jeans che le arrivavano in vita, una maglietta bordeaux dalle maniche corte ma il collo lungo che le arrivava giusto un po' prima dei blue jeans, lasciandole scoperta un lembo di pelle lattea, e infine un cardigan di un blu piuttosto acceso che le teneva calde le braccia fredde. Le sue scarpe nere, per finire il corredo, e il capello del medesimo colore le rendevano un tocco di pura spontaneità.
Nonostante il suo colorito in volto non fosse dei migliori, le sue labbra, accorgendosene allo specchio, erano di un rosso ciliegio molto forte, e questo le aveva appena creato un problema: Sakura aveva sempre avuto questa piccola particolarità che quando baciava un ragazzo, le sue labbra, per un certo periodo dopo, divenivano più scure, in modo semplice e naturale. Hidan non se ne sarebbe accorto, lei ne era sicura, ma quel colore le dava un senso di tristezza, di ricordi troppo vicini che lei doveva già allontanare, ma anche se ci avesse messo tutta la forza del mondo, lei, non voleva ancora dimenticare.


***


Quando Sakura arrivò a scuola, da subito gli occhi dell'intera scolaresca furono puntati su di lei. Stessa cosa valeva per la ragazza, i suoi occhi senza sosta continuarono disperatamente a cercare gli occhi di Sasuke, che mai, ciononostante, riuscì ad incontrare. Le lamentele dei suoi professori, per la prolungata dimenticanza della sua divisa scolastica non bastarono a farla distogliere dai suoi pensieri, per l'intera durata di scuola lei non pensò ad altro se non al discorso che avrebbe dovuto fare ad Hidan. Aveva accennato qualche saluto ai suoi compagni; non aveva fatto domande riguardo l'assenza di Sasuke, Hinata e Naruto. Un po' le parve strano che mancassero, soprattutto Hinata, ma per quanto era presa dai suoi crucci, non ci si era soffermata più di tanto. Dopo le lezioni comunque non si sarebbe fermata, il fatto che Sasuke e Naruto non ci fossero, le agevolava la situazione, e quando sarebbe tornata a scuola, se le avessero chiesto perché non si fosse presentata in orario extra-scolastico, lei avrebbe risposto che pensando a Sasuke e Naruto e alla loro assenza, lei sarebbe stata giustificata a non rimanere.
Finalmente, quando la campanella dell'ultima ora suonò, Sakura scattò dalla sedia e senza nemmeno dare il tempo al suo professore di aprire la porta dell'aula, lei lo aveva già fatto al suo posto ed era già sfuggita all'ammasso di studenti che si stava formando nei corridoi.
Calcolando i tempi di distanza, la rosa constatò che se l'autobus fosse arrivato subito, in un'ora lei sarebbe stata già in centro. Prendere la metropolitana era stata l'altra ipotesi, ma il mezzo era arrivato quasi subito perciò non ci pensò due volte e salì immediatamente.
Mentre osservava il paesaggio sulla strada trafficata, la ragazza si accorse poi che un consistente gruppo di motociclisti, schierati in colonna, sfrecciava a tutta velocità in mezzo alle altre macchine. Le scappò un sorriso automatico, morbido ma allo stesso tempo molto fioco. Pensò subito ad Hidan, a quando impazziva mentre lo stringeva forte perché lui in moto accelerava troppo, o quando per poco non si addormentava perché quando stavano in gruppo andavano sempre troppo piano. Lei non voleva rinunciare a quello, non voleva rinunciare ad Hidan. Ma sapeva che doveva rinunciare a quello che il gruppo era diventato, a quello che Hidan, era diventato. I ricordi appartenevano ancora a loro due insieme, a loro tutti insieme, ma quelli di ora non appartenevano più a nessuno. Ed era difficile da accettare, ma era così, era così che doveva andare; nessuno lo avrebbe mai immaginato, il giorno che doveva arrivare, e lei era stata la prima, a rifiutarci di credere, ma il giorno era arrivato, e con esso, stava arrivando anche Sakura. Stava arrivando anche Hidan. Stavano arrivando loro due, insieme; il gruppo, l'intero Akatsuki's gang. Sì, stavano arrivando. Ma alla fine. Al capolinea. Quello che l'Haruno aveva appena raggiunto. Al centro della città di Phoenix, dove era in corso il motoraduno più famoso degli ultimi tempi.

Scesa dall'autobus, insicura e con le gambe che le continuavano ad offrire la possibilità di ritirarsi, si addentrò nei meandri della città, ottenendo varie informazioni dai passanti per la via corretta verso l'evento. Non ci volle molto prima che arrivò nel centro; moto e bancarelle brulicavano ovunque, motociclisti che sbraitavano, ragazze con la giacchetta di pelle e un casco che barcollava appeso alle loro braccia; tantissima gente passeggiava per quelle vie osservando quelle scene di motociclisti ubriachi divertita. Sakura non si degnava molto di osservare il paesaggio, l'unica cosa che continuava a cercare imperterrita era un qualcosa, magari una scritta, che le potesse accertare che l'Akatsuki's gang fosse lì. Solitamente, ai motoraduni, tutti i gruppi si stanziano dove meglio vogliono montando tendoni, tavoli e sedie e per identificarsi portano con sé un grande striscione appeso ad una delle loro grandi tende con su scritto il nome del gruppo motociclistico. Sakura quindi cercava disperatamente quello striscione, quel gazebo, con su scritto ''Akatsuki's gang''.
Dopo svariati chilometri, finalmente, mentre la rosa passeggiava sulla lunga strada principale, adornata da una grande quantità di altissimi pali della luce, bar e negozi colorati, gente che passeggiava chiacchierando animatamente e moto di ogni genere, intravide di sfuggita un membro del gruppo di Hidan, Deidara. Istintivamente le sua gambe accelerarono, e attraversando in mezzo alla turba di persone, giunse a pochi metri più distante da quel ragazzo, e prima di rendersene conto si era già avventata contro.
''Tu!'', urlò, afferrandolo per la maglietta bianca di seta e impostando dei pugni ben saldi.
''Deidara! Tu eri uno di quei ragazzi dell'altra se-''.
''Ehy, vacci piano!''- Deidara si riprese subito dall'intrusione improvvisa della ragazza, e senza nemmeno pensarci due secondi, le aveva afferrato i polsi e con lo sguardo torvo iniziò ad avvicinarsi pericolosamente all'orecchio dell'Haruno- Cosa ci fa un confettino come te in un posto del genere? Non sapevi che avresti corso pericoli, così? Non sarà facile tornare dalla mammina, ora che...''.
''Sa-Sakura?'', una voce interruppe immediatamente Deidara, che di scatto si girò, osservando la figura posta a pochi passi da lui e dalla ragazza che, esattamente in quel momento, mentre si girava, divenne completamene dilavata.
''Cosa cazzo ci fai, qui, eh?'', continuò, stavolta avvicinandosi e duramente colpì il petto di Deidara facendogli lasciare la presa sui polsi di Sakura; la afferrò subito, afferrandole le spalle e stringendogliele forte.
''Ti avevo detto che non saresti dovuta venire, cazzo! Tu, Deidara, stalle lontano!'', il ragazzo, ormai chiaramente identificabile, e quindi Hidan, si girò definitivamente verso la ragazza e la guardò dritta nelle pupille dilatate degli occhi.
''Sakura, non voglio spiegazioni sul perché sei venuta qui; voglio che tu sparisca all'istante, senza fiatare, ora!'', la lasciò andare e con un braccio indicò la parte dalla quale lei era arrivata.
''Va', ora!'', continuò, con lo sguardo corrugato e linee di preoccupazione che gli impregnavano la fronte oltre a leggere goccioline di sudore. Sakura, però, continuò ad osservarlo, un po' ancora sconvolta per il comportamento di Deidara, e un po' perplessa per quello che le stava dicendo Hidan. Così, visibilmente delusa e infuriata, picchiò contro il suo petto e lo guardò dritto negli occhi:
''Hidan, ma chi cazzo ti credi di essere, eh? Ma come osi darmi degli ordini, così? Io resto qui quanto mi pare e piace, non devo sottostarti in alcun modo e poi... sparisci così, senza dirmi niente, non mi hai mai chiamata, non ti sei degnato di sapere mai, come stavo... proprio ora, che sta succedendo tutto così inspiegabilmente; e poi sei tu quello che mi deve delle spiegazioni, a partire dal fatto che l'altra sera per poco non venivo aggredita da nientepopodimeno che Deidara, Sasori e Kakuzu... e tu, tu dov'eri? Non hai saputo niente di tutto ciò, non è ve-''.

''Oh sì, sì che lo sa'', l'infuriata di Sakura, che ora si trovava a sbraitare contro il ragazzo, con un dito puntato al petto e il viso flebilmente rosso, fu interrotta dalla voce di un altro ragazzo, Pain, che, sghignazzando silenziosamente, si stava avvicinando ai due.
''Non è vero, eh, Hidan?'', continuò, puoi, fermandosi e sorridendo con uno sguardo perverso e perfido allo stesso tempo.
''C-che significa, Hidan?'', chiese fiocamente Sakura, osservando prima Pain e poi soffermandosi di nuovo sul volto immobile dell'uomo di fronte a lei. Hidan era rimasto muto, ma le sue pupille continuavano acidamente a guardare dalla parte dell'altro uomo, e
quel suo silenzio micidiale era semplicemente un odio che stava per esplodere.

''Hidan, allora, non dici niente, a Sakura Haruno? Non mi sembra educato, da parte tua, comportarti così'', il ragazzo dai capelli di un intenso color arancione si avvicinò minacciosamente a Sakura, e mentre Hidan lo guardava ancora più acidamente, ma ancora immobile, le afferrò un braccio, tirandola verso il suo lato.
''Pain, non la toccare!'', finalmente, l'altro dai capelli brizzolati e gli occhi di un particolare colore violaceo, iniziò a muoversi verso il provocatore, preoccupato per Sakura.
Quest'ultima, visibilmente turbata e assolutamente sconcertata, fissò il ragazzo che si avvicinava, poi fissò Pain che le teneva un braccio, e dopo nemmeno qualche secondo lo strattonò per liberarsi così da cominciare ad andarsene. Mentre lei se ne andava, arrivò di corsa Suigetsu, che si posizionò accanto a lei e la fissò tristemente negli occhi. Lei gli degnò uno sguardo pieno di amarezza e delusione, forse un po' troppo pesante e trucido. Ma ad un certo punto, mentre camminava lentamente, fu afferrata da Sasori, che era apparso improvvisamente dalla sua parte, e girandosela le aveva portato un coltello accanto alla gola. Quando Sakura cacciò un urlo, Hidan e Suigetsu si girarono verso la sua parte, e subito allarmati iniziarono a correrle in contro, chiamandola, ma, prima che potessero arrivare, Pain si posizionò di fronte al ragazzo brizzolato, mentre Deidara e Kakuzu di fronte a Suigetsu.

''Pain... tu, stronzo!'', Hidan si avventò contro, ma anche altri membri del gruppo, un tempo subordinati del ragazzo, si immischiarono e così iniziò a crearsi una folla spessa e movimentata, che lasciava poca visuale alla rosa che continuava disperatamente ad urlare in un tentativo che qualcuno accorresse in suo aiuto.
''Sasori, dannazione, lasciami andare.. ma perché, perché sta succedendo questo...'', la sua voce era roca, sibilava quasi, per via dei denti che stringeva fortemente, allarmata dalla lama fredda che le carezzava la pelle lattea.
Intravide, nella folla, Hidan, sentì più volte chiamare il suo nome, sentì Suigetsu che gridava frasi senza senso, collegate al loro gruppo che non esisteva più, che era cambiato, che tutti stavano sbagliando. Ad un certo punto, dalla turba di gente che accorreva, con un sorriso soddisfatto stampato in volto, ne uscì Pain, che mentre avanzava verso Sakura portò una mano accanto alle labbra per lavare via una piccola goccia di sangue fresco e scuro. Arrivato accanto a Sasori, osservò la ragazza.
''Ora vieni con noi, senza fare storie''. Detto ciò, s'incamminò tranquillamente sulla strada ormai svuotata per via di tutta l'attenzione da parte della gente sulla rissa, e poco dopo qualche passo, deviarono passando attraverso un corto stretto vicolo, alla fine del quale li attendeva un furgoncino anonimo e completamente bianco.
Sasori, così, lasciò il suo braccio e portò il coltello appena dietro la schiena della ragazza; poco dopo, quando la porta anteriore del mezzo fu aperta, la incitò ad entrare in maniera alquanto brusca, e una volta spinta dentro, si sedette su un materasso abbastanza rovinato, iniziando a giocherellare con il grande coltello. Pain era rimasto fuori, e, sempre vestendo il piccolo ghigno, osservava compiacente la ragazza seduta malamente a terra, nel furgoncino. Ad un certo punto, Sakura sentì le portiere del furgone sbattere violentemente, e così direzionò lo sguardo verso Pain, corrugando la fronte.

''Sta arrivando...'', asserì Zetsu, un altro membro del gruppo di Hidan, probabilmente appena sceso dal mezzo. Pain lo guardò, poi, prese dalla tasca della sua giacca nera di pelle un pacchetto di sigarette, e ne tirò fuori una intenzionato a fumarla.
''Quante volte ti avrò detto di non fumarla...'', l'azione fu interrotta dalla voce di una donna che era sbucata fuori dal nulla, la quale fece scattare un automatico sorriso malizioso sulla bocca dell'uomo.
''Konan...'', mormorò lui, osservando la ragazza dai capelli blu notte e gli occhi di profondo giallo color luna.
''Ehy, quindi è davvero lei l'Haruno?- lei indicò elegantemente la rosa, regalandole un sorriso- Che ragazzetta, mi piace'', finito di commentare, e finita la sigaretta dell'uomo, ricordò a Zetsu di risalire a bordo, così, salutato Pain, entrò con l'altro nella parte davanti del furgone; Sakura, nel frattempo, sentì dei passi pesanti che si facevano sempre più vicini. Dopo nemmeno un minuto, il ragazzo dal sorriso malizioso scattò sull'attenti, e l'Haruno poté notare che una figura si era affacciata alle porte del mezzo e ora aveva iniziato a fissarla soddisfatta.
''Eccoti, finalmente...'', sibilò quell'uomo, coperto in viso da una luce scura.
''E tu chi saresti, ora?'', chiese subito la ragazza, sentendosi stranamente minacciata da quello sguardo misterioso che insistentemente continuava a fissarla.
''Garbata, la ragazza, eh, Pain?'', l'uomo cominciò a ridere fortemente, influenzando Pain e anche Sasori, che per poco la rosa non lo avrebbe preso a pugni, se non fosse stato per il coltello che teneva orgogliosamente in mano. Poco dopo il suono di un improvviso silenzio squarciò l'aria, e un'insolita paura pervase il cuore della ragazza.
L'uomo misterioso salì a bordo del mezzo, e ora facilmente visualizzabile, si avvicinò a Sakura. Lei lo fissò completamente: non superava la trentina d'anni, la sua carnagione era abbastanza chiara, la capigliatura abbastanza corta e i suoi occhi, invece, erano entrambi molto scuri. Il fisico era stazionario e piuttosto possente; indossava una maglietta nera di cotone, attillata, che gli lasciava intravedere dei pettorali ben fatti e delle braccia molto toniche, indossava, poi, una tuta abbastanza larga di un particolare grigio scuro e delle semplici scarpe da ginnastica di un bianco sporco. Sakura si soffermò su due particolari che la colpirono molto: la parte destra del viso era completamente coperta da grandi cicatrici, assomigliavano quasi a delle lunghe rughe, accompagnate in determinati punti da leggeri lividi violacei, invece, l'altra parte non presentava imperfezioni, se non qualche graffio pesante. Sakura notò anche che al collo indossava una catenina con una semplicissima lettera argentea, una ''R''.
Mentre, però continuava ad osservarlo, il volto dell'uomo cambiò, e al posto del sorriso sadico, le sue espressioni divennero d'un tratto completamente serie.
''Sakura... Haruno'', mormorò, avvicinandosi definitivamente e afferrandole il mento con le mani gelide. Lei lo osservò acidamente, cercando di trattenere la paura e tentando di dimostrare la sua calma.
''Tu mi conosci... sono l'uomo che ti ha rovinato la vita, che ti vuole morta... io sono... Obito, Obito Uchiha''. 
L'Haruno si sentì improvvisamente debole, strana e inspiegabilmente confusa. Osservò ancora, freneticamente, delle risposte nelle pupille color pece del ragazzo, chiedendogli mentalmente che cosa significasse tutto ciò, e soprattutto, perché stava succedendo tutto a lei. Mentre mille idee confuse si impossessavano del suo corpo, mentre delle lacrime di smarrimento completo ottenevano il libero arbitrio di dominare i suoi occhi lucenti, però, il suo flusso di pensieri e gocce di pianto furono bloccati da un improvviso colpo veemente dietro la nuca, e infine, prima di mormorare il suo centesimo ''perché'', chiuse gli occhi, svenendo all'istante.

 



 

   
 
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