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Autore: Hitsuki    04/01/2014    6 recensioni
{ based on Death should not have taken thee! by JesusP feat. Kagamine Rin&Len | comico, fantasy, avventura | accenni Rin/Len, Kaito/Meiko e alla fine Rin/Miku/Meiko, Kaito/Miku e Len/Miku, varie altre }
«…  Un attimo, dov’è Kaito? E mio padre?».
Meiko, che fino a quel momento non era stata affatto interessata al discorso – come di solito -, fece spallucce.
«Boh, non li troviamo più».
E il bello è che erano molto affiatati. Indubbiamente.
×
L'Eroe sbagliato che combatte nel momento sbagliato in compagnia dei suoi fidati - più o meno - compagni. Riuscirà a riportare la pace in nome di Sua Maestà, possibilmente non nel momento sbagliato?
[ • new character: Giangiovanni Kagamine ]
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Len Kagamine, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Level 3 – Non mi alletta affatto l’idea di balzare di città in città correndo come un idiota.

 

Sua Maestà si buttò sul trono di peso, chiudendo gli occhi per un attimo. Per qualche secondo poté fuggire dalla realtà e rifugiarsi in un mondo parallelo senza problemi e in cui lei non doveva gestire un intero Regno. Premette con violenza la mano sinistra – l’altra impugnava con troppa forza lo scettro – dopo averla posata sulla fronte. Strinse con forza, strizzando le palpebre e distorcendo la bocca fino a far scricchiolare i denti. Poggiò su un bracciolo del trono i piedi e li scosse facendo balzare per aria le scarpe pregiate, rimanendo scalza.
«S-signorina! Ma che fate?» una voce femminile si era intromessa fra la pace della stanza. Mai nessuno che la lasciasse un attimo in pace, fuori da problemi e balli di gala.
Sbuffò visibilmente annoiata e rispose con tono infantile.
«Ho caldo!»
«… Alla pianta dei piedi?»
«Sì, e con questo? A te non è mai capitato di avere caldo ai piedi?»
«Certo, Signorina. Ma questo non le permette di far saltare per aria le vostre costosissime scarpe».
Sua Maestà, indignata, tolse i piedi dal bracciolo e puntò il dito indice nella direzione della donna.
«Sei tu che hai insisto a comprarmele!» replicò, sempre più nervosa «te l’ho detto che volevo delle ciabatte». Incrociò le braccia all’altezza del petto e gonfiò una guancia, voltando il capo per ignorare l’altra.
«Tu che ti puoi permettere tutto…» sospirò questi «… ma preferisci scorazzare in giro con delle ciabatte». Si mise una mano alla fronte, disperata.
«Oh, be’, se è per questo mi vanno benone anche le babbucce»
«No, non è per questo! Sei troppo viziata».
Sua Maestà divenne rossa dalla rabbia. Sciolse le braccia e strinse a sé lo scettro, con la corona penzolante da un lato che si intersecava fra i ciuffi d’oro dei suoi capelli.
«Ricordati che io sono la tua Governante e tu la mia umile consigliera!» disse, arrabbiata. Poi assunse uno sguardo sornione che fece impallidire la donna. «Oppure dovrei chiamarti per nome… Luka?».
A queste parole il volto della consigliera assunse tinte più pallide delle precedenti e i capelli rosato le ricaddero disordinatamente sulle spalle. Sbarrò gli occhi.
Quanto odiava quel nome. Quanto odiava quel nome.
«No, grazie» rispose con assoluta calma, l’esatto opposto di ciò che avrebbe desiderato Sua Maestà «si ricordi solamente, Signorina, che anch’io conosco il suo nome». Si diresse verso il corridoio per abbandonare la stanza.
La giovane strinse i pugni, battendoli sui braccioli quasi fosse una bambina – che dopotutto ancora in parte era data l’età che possedeva, quella in cui si abbandonano ai giocattoli per lasciare spazio a “cose più serie”. Ahhh, Luka aveva sempre qualcosa da ridire, e non si ritirava dall’opporsi alle sue scelte affrettate ed impulsive! Voleva solamente far giustizia, senza fermarsi davanti a persone socialmente più in alto di lei. La donna l’aveva accudita fin dalla più tenera età: Luka sapeva tutto di lei e lei sapeva tutto di Luka, dei segreti che si intersecano per rinfacciarsi a vicenda nei loro amichevoli - le seccava ammetterlo, ma era davvero affezionata a quella donna – battibecchi che mai sarebbero usciti dalle solide mura del Palazzo. 
«… Ehi» disse, con le labbra tese e lineari, screpolate dalle continue morsicchiature date dall’adolescente. La consigliera si bloccò, le scarpe col tacco si posarono fermamente sul pavimento quasi a far perno – nonostante fossero coperte dalla lunga gonna, si poteva dedurre dall’eco che si ripercosse per l’intera sala. «quadrato Nero. Torre a sinistra».
La donna annuì, la veste purpurea ondeggiò creando nuove pieghe soffocate poi dalla cintura in pelle di Luka allacciata sui fianchi slanciati.
«Direzione obliqua, immagino» rispose, con un tono piuttosto grave.
«Indovinato. Ah, danni causati da Alfieri». Confermò e aggiunse Sua Maestà, rimettendo a posto la corona dorata e assumendo uno sguardo serio che pareva innaturale nel suo volto dai lineamenti ancora giovanili accentuati dai suoi riccioli biondi e ribelli.

~

Len era confuso. Confuso ancor più di quando assunse il titolo di Nuovo eroe del Regno. La testa era soppressa da qualcosa di astratto, che fluttuava nell’aria come un essere invisibile per poi poggiarsi sul suo capo. Sconvolto, boccheggiò tentando di formulare una misera frase, ma ciò che fuoriuscì dalle sue labbra semiaperte fu solo anidride carbonica che si condensò nell’aria gelida e pungente. Aveva sprecato le sue forze solamente nel dire un debolissimo “Padre…?”. No, non aveva provato dolore in nessun muscolo né organo. Era la sua psicologia, che gli impediva di parlare prima di essersi calmato. La sua coscienza aveva ragione. Doveva tranquillizzarsi, non fare domande troppo impulsive e neppure trarre conclusioni affrettate. Magari suo padre era lì solo per pura casualità… perché mai smentire la verità? Era chiaramente successo qualcosa, forse anche non in quella zona – certamente non fuori dal Regno.
«Stai bene, figliolo? Sei pallido come un cencio!»
«Mio padre è arrivato senza preavvisi durante un mio importante incarico. Figurarsi, sto benissimo». Gli rispose con rimprovero, quasi fosse lui il vero adulto. Subito però si zittì, vedendo lo sguardo severo del genitore.
«Non è il momento di scherzare» disse lui, osservando attentamente il figlio e guardando la sua armatura tentato dal sgridarlo «ero preoccupato per te. Chi ti ha permesso di compiere questo “importante incarico”?» era seriamente terrorizzato dl fatto che Len fosse in pericolo.
«Mi ha obbligato Sua Maestà» rispose lui, abbassando il capo per non incrociare lo sguardo del genitore e strisciando i piedi - calzanti delle scarpe piuttosto scomode – sul terreno arido privo di ciuffi d’erba. «Sai, quando sono dovuto andare ad avvisarla. Il giorno dopo sono partito con il titolo di Nuovo Eroe del Regno».
Meiko s’intromise con poca femminilità e in tono burbero pose una domanda a Len.
«Scusami, ma perché proprio tu saresti dovuto andare ad avvisare Sua Maestà?».
Len fece per parlare, ma l’uomo appena arrivato lo bloccò con un braccio. Il ragazzo poté notare che erano presenti molti graffi, che si estendevano fino alle spalle. Fortunatamente erano lievi e il sangue si era coagulato creando una crosta ruvida sulle aree della pelle ferite.
«E’ un’antica tradizione di noi contadini» squadrò Kaito in modo acido e questi rimase impassibile e sorridente «quando c’è da avvisare Sua Maestà, si fa una grande partita di sasso-carta-forbice fra le famiglie. Chi perde va ad avvisare Sua Maestà». Osservò il figlio sorridendo e gli scompigliò i capelli con la grossa mano. Len strinse gli occhi, per evitare di vedere gli sguardi divertiti di Kaito e Meiko. Non era colpa di suo padre, bensì erano quei due quelli insopportabili. Per un gesto d’affetto potevano fare un putiferio. Certo però che anche il padre talvolta esagerava, eh.
«La nostra famiglia perde quasi (non siamo così mediocri, tsk) sempre. Noi preferiamo gli scacchi, vero Len?».
Questi annuì convinto sotto gli occhi stupiti della generale e del mago. Era un bravo giocatore e assieme alla famiglia l’unico del villaggio che conoscesse quel gioco tanto nobile. Tutto perché possedevano lontani parenti guerrieri, che si esercitavano prima delle guerre giocando a scacchi. Amava quel gioco, basato sulla strategia - e non sulla fortuna come sasso-carta-forbice -, in cui i tasselli bianchi e neri e le pedine stuzzicavano l’intelletto del giocatore facendo basare le sue azioni sulla logica, puntando vivamente  sulla calma ed il sangue freddo.
«Comunque» l’uomo si schiarì la voce e tolse la mano dal capo di Len, per poi rivolgersi a lui. «ti sei cacciato in un bel guaio. Ma guarda il lato positivo: potrai viaggiare in un lungo e in largo! Ah, che bello».
Len scosse leggermente la testa in segno di affermazione.
«Sì» commentò «ma tu perché sei qui?».
Il padre smise di sorridere per avvisare il figlio dell’accaduto.
«Ho avvisato Sua Maestà. I mostri stanno distruggendo i campi. Mi sono diretto qui per avvisare il fantomatico “Eroe del Regno”. Tutti sapevano che si trovasse nella Città Brillante. In villaggi piccoli come i nostri le novità sono sulla bocca di tutti e tutti pendono dalle labbra di chi parla di pettegolezzi. Ovvero tutti.»
«Padre, evita di tentare di dire frasi filosofiche. Sull’ultima parte dei pettegolezzi non ho capito niente». Len toccò l’armatura per evitare di scoprire durante la lotta spiacevoli sorprese – perdere improvvisamente pezzi di quella scomoda veste, per esempio.
L’uomo finse di non aver udito. «Incamminiamoci immediatamente!» disse, la serietà che non accennava a scomparire dal suo volto e non andava a depositarsi su quello di un qualsivoglia passante. Tra l’altro, la città pareva disabitata. Il genitore posò poi lo sguardo sulle altre due persone, come se fossero arrivate solo in quel momento. «Venite anche voi?».
«Sì, certamente! Combattere e ammazzare mostri è stupendo» rispose eccitata la ragazza.
Il padre di Len rimase per un istante allibito nel vedere parlare in tal modo una femmina. Certo, era una guerriera, ma pur sempre una femmina. Il ragazzo accanto a lei invece pareva piuttosto annoiato. Lo incitò con una leggerissima pacca sulla spalla – tanto leggera che fece ribaltare Kaito così che rischiò di sfiorare il terriccio con la punta del naso. Il giovane mago si ricompose e pettinò alla bell’e meglio i capelli sconvolti dall'accaduto. Il contadino si ricompose, mostrando un ampio sorriso a trentun denti.
«Se siete amici di mio figlio» Len tentò di negare, ma il padre non si accorse dei suoi gesti e movimenti pari a quelli di un Helper Animal selvatico «siete anche miei amici. Inoltre, più si è meglio è. Forza, si parte; in marcia!».

~

Sua Maestà ignorò le sue scarpe che si erano pesantemente scaraventate sul pavimento. Si alzò dal trono, sempre senza poggiare lo scettro. A piedi nudi vagò per la sala, camminando senza un reale perché. Sentiva a contatto con la pianta del piede le piastrelle di marmo gelide. Tremò, e il brivido si ripercosse per tutta la spina dorsale piegata sotto il peso della corona, della sua mantella costosa, dei suoi problemi. No, non era il freddo del pavimento. Era la paura di deludere i suoi cittadini, di assistere allo sgretolarsi del suo Regno, frantumarsi come uno specchio che riflette ciò che stava accadendo. Mostri, terrore, lacrime. Ormai il vero “Sua Maestà” era il Caos.

All’apparenza vedere una persona nelle condizioni di Sua Maestà pareva qualcuno con praticamente tutte le rotelle fuori posto – e anche piuttosto bellicoso. Come avrebbero detto i contadini, uno sbronzo o un alcolizzato. Ma Luka preferiva chiamarli “dipendenti dall’alcool”. Inoltre sapeva bene che quando ella si comportava in modo tanto bizzarro era preoccupata. C’era chi si mangiava le unghie, chi strillava come una gallina impazzita e chi girava in tondo come un idiota – o come un cane che litiga con la sua coda – fino a formare un solco sul pavimento. Si era nascosta dietro a una parete per osservare il comportamento di Sua Maestà dopo che aveva finto di andare. Come aveva immaginato, era molto nervosa. Certo, era sconcertata anche lei dopo ciò che le aveva proferito. Era davvero terribile, anzi, mostruoso. Quando vide Sua Maestà tremare, si rattristò e congiunse le mani, stringendole con forza quasi a pregare.
«Fa’ che questo terrore finisca». Sussurrò, con il fiato spezzato e la voce incrinata. «Poni fine a quest’era buia, Nuovo Eroe del Regno».
Gettò un ultimo sguardo nella direzione di Sua Maestà. Aveva un’espressione così seria che le sue parvenze erano più adulte che infantili proprio come un attimo prima.

~

Era da un’ora che vagavano senza sosta. Tutti e quattro combattenti – due veterani, due improvvisati – avevano il fiato corto e non lo sprecavano in alcun modo per parlare, fino a quando non si levò una voce fra il gruppo.
«Scusatemi, ma come avete fatto a battere il mostro? Insomma, l’aria che si tramuta in veleno…» Len era esterrefatto dall’abilità di quelle due persone. Erano indubbiamente insopportabili, ma erano comunque buoni combattenti.
Meiko rispose al ragazzo mostrando una certa veridicità nelle frasi, l’unica volta dove dalle sue labbra non fuoriuscivano parole dense di superbia.
«In effetti» commentò «non era poi tanto debole. Anzi». Il silenzio sarebbe diventato a capo della camminata se non fosse per lo scalpiccio delle suole delle scarpe a contatto con il terriccio. Kaito prese le redini del discorso grazie alla sua intellettualità da buon mago.
«La capacità di modificare gli atomi che compongono l’ossigeno è palesemente di alto livello» disse con una certa nota di stupore. Mostri così forti non sono semplici da trovare in un boschetto. Be’, il padre di Len aveva certamente ragione: la loro famiglia attirava la sfortuna. Voltò lo sguardo per osservare Meiko e il tappo e notò che non avevano capito un emerito niente di ciò che aveva detto. O almeno, gli sguardi confusi e la bocca che tenta di formulare una frase collegata da un filo logico lo dimostravano. Sospirò, emettendo poi un versetto strozzato per l’ossigeno che stava scarseggiando nei polmoni – altro che mostri di qualsivoglia genere.
«Comunque». Si schiarì la voce, che per un attimo era diventata flebile tanto da poter essere cancellata dai fili di vento e trasportata nel Palazzo di Sua Maestà. «L’abbiamo battuto grazie a me» non resistette a rivolgere uno sguardo compiaciuto alla stratega pallida dall’ira.
Len era dubbioso riguardo alle doti di quello lì.
«E sentiamo, come avresti fatto?»
«facendo ritornare l’aria ossigeno. Ah, posso riprodurre all’infinito ogni cosa che abbia a che fare con la natura ad una condizione: deve essere davanti a me».
Len spalancò gli occhi. Raccolse tutta la sua più grande sincerità per dire ciò che realmente pensava a Kaito, lasciando da parte l’orgoglio personale. «Complimenti. Davvero complimenti. E… cos’altro sai fare?» si stava incuriosendo riguardo ai poteri magici come mai successo.
«Non te ne sei accorto, quando ci ha separato? Far lievitare le persone». Meiko si era intromessa nel dialogo, anche lei realmente interessata. Qualcosa di divertente per ammazzare il tempo – l’avrebbe veramente voluto ammazzare, con la sua bellissima Spada Larga di livello 21.
«Ma allora Kaito non ci può far volare adesso per evitare di camminare?»
«Primo: levitare per pochi secondi è un conto, per un intero viaggio un altro paio di maniche» dal lessico dotto e raffinato passò a frasi rudi e colloquiali. «Secondo: è levitare, non volare. Terzo: certo che sei proprio pigro, eh».
Il padre di Len s’intromise nel discorso istruttivo.
«Non voglio fare il rompiuova, ma siamo arrivati e i contadini hanno bisogno di aiuto». Indicò con il grosso e leggermente peloso indice un villaggio in preda al terrore, infiammato dalle lingue di fuoco che correvano lasciando dietro di sé una scia di cenere. I terreni dei campi erano ormai privi di sali minerali e miracolosi fertilizzanti ed erano stati sostituiti da piccoli fuochi che si espandevano sempre più  fino a unirsi alle altri fiamme brucianti per seminare ansia e paura – e non lenticchie come sperava invano Len.
«Solo una cosa». Disse Kaito rivolto al padre di Len «Non si è ancora presentato».
Meiko maledì il mago: ormai nella sua mente era abituata a chiamarlo Padre-di-Len, Len Senior o altri nomignoli poco gentili nei confronti dell’uomo.
Egli rise facendo gonfiare il suo grande petto e rispose a Kaito con tranquillità.
«Oh, che idiota! E’ vero. Mi chiamo Giangiovanni[1]».
Meiko rivolse uno sguardo esterrefatto a Len, come per domandargli se suo padre stesse scherzando o meno. Lui scosse quasi impercettibilmente la testa per far notare solo a Meiko che l’affermazione del padre era colma di veridicità.
«Bel nome!» commentò Kaito, senza che poté trattenere un sorrisetto spropositato.
«Togliti quel sorrisino da babbeo borghesino dalla faccia o te lo strappo io a forza». Giangiovanni sorrideva ancora e si compiacque quando il “babbeo  borghesino” divenne improvvisamente serio e vivamente interessato ad osservare la lotta che imperversava nel villaggio.

Meiko estrasse la sua spada, assetata di sangue nemico. Kaito rimase in silenzio, senza avere il coraggio di osservare Giangiovanni che intanto combatteva con le sole mani mentre il figlio con le sue, di mani – anche piuttosto pallide rispetto a quelle del padre -, teneva con enorme sforzo la sua Spada Media di livello 1.
«I mostri sono di livello 15 e sono tutti uguali» disse Kaito, studiandone i dettagli. Ogni mago che si rispetti deve conoscere il nemico, questo è il motto dei possessori della Saggezza Magica.
Len era stato catapultato in una lotta composta da mostri nettamente superiori a lui, ma si impegnò al massimo. Spostò le iridi a destra a sinistra, ma non scorgeva nessun nemico. Un forte vento trasportò il fumo davanti all’Eroe, facendolo tossire violentemente e appannandogli la visuale. Con la coda dell’occhio vide che un altro piccolo fuoco si era animato. Spalancò le palpebre, incurante del fumo che continuava a insidiarsi nei suoi bulbi oculari.
«Ma scusa, dove diavolo è il nemico?» il Padre di Len era visibilmente confuso.
«Padre! Passatemi un secchio d’acqua!»
«E dove lo trovo un secchio d’ac…»
«Presto!» subito Giangiovanni si dileguò comprendendo che il figlio aveva scoperto chi era il fantomatico nemico.
Il nemico è il fuoco. Len chiuse le braccia attorno al volto per ripararsi dal fumo. Probabilmente erano dei piccoli Demoni. Sì, indubbiamente. Era così preoccupato dal coprirsi che osò pensare di aver percepito qualcosa di caldo nel suo petto. Un tepore sempre più insistente che gli fece bruciare il cuore che già pulsava freneticamente.
I Demonietti di fuoco si possono insediare negli angoli più remoti e appiccare incendi!
«Meiko! Kaito!» Len gridò con così tanta forza che inalò una grande quantità di fumo misto a cenere che si ostinava ad aleggiare nell’aria. Tossì ancora con estrema forza e delle piccole gocce rosso corallo andarono a cadere sul terriccio bruciato. Sangue.
Meiko lo squadrò.
«Non l’hai ancora capito? I mostri sono dei Demonietti!»
«Togliti l’armatura! Te e Kaito!»
La generale lo osservò come se fosse impazzito. Il mago era intento a scaraventare contro le fiamme indomabili onde ricche di detriti per spegnere e soffocare il fuoco.
«Toglietevela, se non volete diventare lanterne viventi!».
Len era già in calzamaglia – togliere la sua pregiatissima armatura usata era indubbiamente semplice – quando Meiko e Kaito balzavano da un campo vandalizzato all’altro tentando di togliere la propria. Riuscirono nell’intento proprio quando esse appiccarono fuoco e bruciarono tali e quali a un falò.
«Mi mancherai, mia bellissima Armatura Placcata di livello 18». Mormorò per un’ultima volta in tono solenne Meiko prima di riprendere la lotta.
Sotto a Len si formò una pozza liquido-viscosa dalle sfumature metallizzate. Fece spallucce. Non era certo dell’Antico eroe del Regno. O almeno, secondo lui quella tirchia di Sua Maestà mai gli avrebbe donato l’armatura dell’Antico Eroe del Regno originale.
«Len, ecco il secchio!» Giangiovanni correva nella direzione del Nuovo Eroe del Regno. Con la mano destra teneva un grosso secchio d’acqua trovato alla fontanella mezza sfasciata del villaggio e con la sinistra tentava di allontanare il fumo come una persona normale farebbe a scacciare una zanzara che gli ronza attorno.
«Portalo a Kaito, padre!» subito l’uomo arrivò dal mago e gli fece una smorfia intimidatoria che fece rabbrividire il povero giovane. Non ebbe bisogno di spiegazioni, si mise subito all’opera.
Con le sue tipiche parole incomprensibili, che all’orecchio di Giangiovanni parevano insulti diretti alla sua persona, pronunciò una formula.
Il secchio si riprodusse numerose volte, mentre si staccava lentamente dal terreno. Levitò nell’aria, barcollando. Poi Kaito spalancò gli occhi e indicò i nemici. I secchi si scaraventarono su di essi, come un’enorme onda anomala lo farebbe alla piccola nave di turno. Il fumo si fece sempre più denso, fino ad obbligare Len, Meiko e Giangiovanni a strizzare gli occhi e tentare di ripararsi.
Len sorrise nonostante le folate di vento che si fecero sempre più violente. Non era poi così difficile combattere. Era come una grande partita di scacchi.
Il buio più totale abbracciò gli spiriti inquieti dei quattro combattenti.

 

~ Fine secondo livello.

Vuoi salvare i dati di gioco? Sì

Attendere, prego…

 

Note:
[1]Naturalmente non voglio offendere un qualsivoglia Giangiovanni né tutti i Giangiovanni presenti sulla Terra e oltre.

 

»Il cantuccio dell’Autrice.
LennoRiiieccoci e scusate per il ritardo! ;; Felice Anno Nuovo, comunque

So che sono ripetitiva e blablabla, ma… un grazie immenso. Per me questo è un grande traguardo, mi ha inoltre fatto entrare nel fandom dei Vocaloid e non credo abbandonerò mai la sezione perché ho mille idee sui nostri amati sintetizzatori vocali. Chiudo qui la parentesi, e sappiate che TIVIBBI’ FRANTELLI perché sì. ; w ;
Coome potete vedere il mio cantuccio è diventato più colorato! Anno nuovo, cantuccio nuovo. E’ sempre bello rinnovare e sperimentare ~
Sì, questo capitolo è una scemata dietro l’altra, e so che finalmente c’era una lotta e io la faccio finire con la logica e l’intelligenza di Lenno – chiamo così Len ♥ - e non con gli spargimenti di sangue (?), ma magari poi la lettura per voi diventava sfiancate (sbaglio o il capitolo è più lungo del solito?) e trovo che così il finale sia meglio. In seguito invece ci saranno più lotte, don’t worry. Parto col dire che credo che Giangiovanni si unirà completamente al terzetto e accompagnerà i nostri eroi fino al misterioso uomo che ha imprigionato la principessa. Bowser
Si è aggiunta Lukaaa! *A* Cielo, quanto amo quella donna. Ah, Kaito e Meiko (ma credo l’abbiate capito) in questa fanfiction sono ragazzi. Comunque, Luka è, per l’appunto, la consigliera di Sua Maestà nonché la persona che più comprende Rin, anche più di Rin stessa. Boh, trovo adorabile il loro rapporto, una specie di amicizia fraterna ♥ E Rin è pucciosissima. Poverina, sfiancata dalla sua carica ; A ; Ed è solo una povera adolescente. Ho scritto il capitolo ascoltando canzoni random di Touhou Project, videogame danmaku per computer stupendo e che pubblicizzo ♥
Spero che la lettura non sia stata troppo noiosa e di avervi strappato un sorriso.
~ Lady_Hitsuki_Who

  
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