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Autore: Chara    05/01/2014    18 recensioni
«Non puoi.»
«Troverai qualcos’altro con cui passare le giornate.»
«Il tendine è compromesso.»
«Avrai qualche altro hobby.»
«Sei solo un cigno con le ali spezzate.»
«Non so come dirtelo, ma con la danza hai chiuso.»
«Potrai solo insegnare, dopotutto la teoria è il tuo forte.»
«Ci dispiace dirtelo, ma la tua carriera si ferma qui.»
«E non serve essere sani se poi vivere è tragico.»
«Non ascoltarli, Marianne, anche i lampioni sembrano stelle quando non c’è il sole a brillare su di essi.»
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima ballerina

 

 

 

«Non puoi.»

 

Marianne si spazzolava con cura la lunga coda color miele, osservando con critica consapevolezza il suo riflesso nello specchio. Non aveva mai perso la manualità nel raccogliersi i capelli nello chignon perfettamente simmetrico che la sua vita aveva sempre richiesto. Non l’aveva persa, nonostante fossero passati mesi – un anno, quasi – dall’ultima volta in cui ne avesse realmente avuto bisogno.

 

«Troverai qualcos’altro con cui passare le giornate.»

 

In effetti, non poté negare di essere estremamente masochista nel lasciarsi coinvolgere in tutta quella dimostrazione di immaturità, ma non le importava. Non aveva più nient’altro, vivere iniziava a essere tragico.

Lanciò uno sguardo al biglietto dai bordi argentei che le avrebbe consentito l’ingresso e sorrise appena, con freddezza e superiorità. Quando lo aveva trovato nella buca delle lettere, non aveva avuto dubbi nemmeno per un momento su chi fosse il mittente. Era l’umiliazione ciò che Jeanette cercava di propinarle, ma il suo orgoglio le avrebbe impedito di dargliela vinta: anzi, le avrebbe reso pan per focaccia, e, a differenza sua, avrebbe avuto successo.

 

«Il tendine è compromesso.»

 

Sapeva come comportarsi alla prima di uno spettacolo, nonostante avesse sempre vissuto quelle occasioni dalla parte opposta rispetto al pubblico, così acconciò i capelli con maestria – e non poté impedirsi di pensare che Jeanette aveva sempre avuto bisogno di lei per lo chignon. Uscì di casa, dove un taxi l’attendeva da pochi minuti, e salì con decisione, sapendo che non avrebbe più potuto avere ripensamenti, che in ogni caso erano ben lungi da lei.

Aveva recuperato perfettamente l’uso della caviglia, poteva addirittura indossare dei modesti tacchi, ma non avrebbe più potuto dare al piede destro il peso che la danza necessitava, il peso di tutto il corpo e non solo, anche quello impalpabile della responsabilità di rimanere in perfetto equilibrio davanti a centinaia e centinaia di occhi in attesa di un minimo fallo.

Ci aveva provato, certamente. L’orgoglio le aveva impedito di arrendersi, ma non era riuscita a fare altro che riprendere l’uso normale di un ammasso inutile di muscoli, tendini e ossa. A cosa servivano i piedi, se non a ballare? Come poteva muoversi da una parte all’altra di un palcoscenico, se non volteggiando? Camminare era per gli inetti.

 

«Avrai qualche altro hobby.»

 

Uno sbuffo attirò l’attenzione del tassista, ma Marianne scosse il capo senza preoccuparsi di rivolgergli qualunque cenno che giustificasse quell’espressione. Era troppo immersa nei pensieri di una vita tragica per rendersi conto anche della gente che aveva intorno.

La danza non era un hobby, non lo era mai stata. Per questo con Jeanette la competizione era così aspra, per questo quella sera l’avrebbe data vinta solamente a se stessa e non a quel petulante anatroccolo che aveva la pretesa di diventare un cigno: il cigno che lei era.

 

«Sei solo un cigno con le ali spezzate.»

 

Pagò il suo accompagnatore senza una parola e alzò lo sguardo verso il teatro in cui tante volte si era esibita, in cui tante volte era stata la stella più luminosa. Sapeva che avrebbe brillato anche quella sera, che tutti l’avrebbero riconosciuta e avrebbero parlato di lei nonostante per la prima volta si trovasse dall’altra parte, così si stampò sulle labbra un sorriso di circostanza e sventolò il suo biglietto bordato di filigrana argentea davanti ai manichini imbellettati che controllavano l’ingresso.

 

«Non so come dirtelo, ma con la danza hai chiuso.»

 

No, mai. Una fitta a livello dello sterno le suggerì che quel “mai” era finalmente arrivato, ma non volle dargli ascolto e sedette nelle prime file, attendendo che il sipario si alzasse.

Quando giunse il momento, Marianne accavallò le gambe, sentendo l’abito tendersi sui fianchi. Il tutù non costringeva il bacino, ma bloccava il seno e le scarpette dolevano alle dita dei piedi, con lo stesso tipo di dolore di cui erano preda in quel momento le dita delle mani, strette attorno al biglietto ormai inguardabile, spoglio di ogni dignità e dell’eleganza che inizialmente possedeva. Stropicciato, maltrattato. Come il suo orgoglio, che bruciava insieme al tendine teso dai tacchi dei sandali che indossava.

 

«Potrai solo insegnare, dopotutto la teoria è il tuo forte.»

 

Si ritrovò a sorridere, pensando a ciò che le era stato detto. Ne aveva sentite tante, ma chiaramente nessuna sentenza era stata azzeccata quanto quella. A Jeanette avrebbe potuto insegnare tante cose, come ad esempio che non bisognava mai distrarsi mentre si danzava davanti a una platea gremita di gente. Quando la vide, chiaramente sorpresa nonostante fosse stata proprio lei a spedirle il biglietto, perse mezzo giro e l’espressione stoica che il balletto richiedeva. Il volto della direttrice divenne una maschera di ghiaccio e le parve di sentire la sua voce gridare che Marianne non avrebbe mai commesso un errore tanto dozzinale.

Fu una vittoria per lei, l’ennesimo colpo a favore del suo orgoglio bisognoso di rivalsa, ma non si sarebbe di certo aspettata di più da una come lei, dalla ballerina mediocre e dalla persona squallida che si era sempre dimostrata.

 

«Ci dispiace dirtelo, ma la tua carriera si ferma qui.»

 

Era vero, lo sapeva. La sua corsa per l’Opéra e il Boston Ballet si era conclusa, il suo obiettivo di paragonarsi prima o poi a Carla Fracci si era dissolto, il suo orgoglio si era miseramente frantumato, ma niente sembrava riportarlo in vita come l’inquietudine di Jeanette dall’inizio alla fine dell’esibizione.

Eppure, nonostante quella soddisfazione, continuava a non essere lei quella sotto gli sguardi di tutti, non era lei quella sul palco a fare ciò che meglio al mondo le riusciva. Stracciò in due il biglietto, e poi in quattro, puntando ostinatamente gli occhi sui passi che conosceva meglio di chiunque, tra loro, li stesse eseguendo. Si chiese perché fosse lì, con un piede in grado di camminare, ma non in grado di vivere. Sano, ma tragico.

 

«E non serve essere sani se poi vivere è tragico.[*]»

 

Si risvegliò dai suoi pensieri funesti grazie allo scrosciare delle mani attorno a sé e si unì a quel fasullo tentativo di complimenti e congratulazioni. L’applauso fu discretamente lungo; Marianne non distolse mai lo sguardo dagli occhi piccoli della sua rivale e, proprio al momento in cui calò il sipario, si accorse di un ciuffo che sfuggiva dallo chignon di quella che per tutta la sera si era spacciata per la punta di diamante del corpo di ballo. Portò così una mano alle tempie, fingendo di sistemare l’acconciatura che, invece, su di lei era perfetta. Vide Jeanette sbarrare gli occhi e l’ego di una prima ballerina mediocre frantumarsi, quell’ego di qualcuno che avrebbe fatto strada solo a causa dell’eclissi della stella più brillante.

 

«Non ascoltarli, Marianne, anche i lampioni sembrano stelle quando non c’è il sole a brillare su di essi.»

 

Così, quando se ne andò, seppe che tutti la stavano guardando, che l’avevano riconosciuta e che parlavano di lei, nascondendo i pettegolezzi dietro la mano. Le sembrò anche di sentirli commentare l’esibizione paragonandola a quando, la stagione precedente e quelle ancora prima, era stata lei la prima ballerina che aveva reso onore alla sua scuola. Di certo, ben diverso da ciò che era successo quella sera.

Il rimpianto di non essere dietro i pesanti tendoni bordeaux cresceva e la caviglia doleva, come a ricordarle di non gioire troppo per una vittoria insignificante, per una vita che rimaneva tragica, ma l’orgoglio ululava su ogni altra sensazione: di nuovo, per l’ennesima volta, la prima ballerina era lei, e Jeanette continuava ad arrancare in quella misera vita all’ombra della sua grandezza.

 

 

 

*

 

 

 

[*]Verdena

 

 

 

   
 
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