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Autore: Emily Doe    20/11/2004    8 recensioni
Quando si è in difficoltà, quando si è disperati, quando i soldi, che per alcuni sembrano la cosa più importante, scarseggiano e quando tutto sembra contro di te... è allora che molti mollano tutto, abbandonano la lotta. Ma per loro non fu così: lottarono insieme, spinti dalla cosa più importante: l’amore. Perché l’amore è tutto, il resto non importa.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Arthur Weasley, Molly Weasley | Coppie: Arthur/Molly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Una vecchia, vecchissima storiella dedicata ad Arthur e Molly Weasley.
Disclaimer: I personaggi qui citati appartengono di diritto a J.K.Rowling ed alle rispettive case editrici. Non scrivo questa fanfiction a scopo di lucro, ma per puro divertimento personale. “Livin’ On A Prayer” (wow, è del 1986: è più vecchia di me!) è una canzone dei Bon Jovi e non è stata adoperata interamente come sfondo per questa fanfiction (nel senso che c’è una strofa che non ho inserito).
   




Livin’ on a Prayer
 



Once upon a time
Not so long ago
Tommy used to work on the docks
Union’s been strike
He’s down on his luck… it’s tough, so tough
 


Un giovane uomo camminava lentamente sul marciapiede innevato, lasciandosi dietro una scia di stanche tracce. Il vento sferzava la sua figura, i capelli rossi svolazzavano scompigliati; era avvolto in una giacca consunta, le sue scarpe avevano i lacci lisi e le suole così rovinate che scivolava di continuo. Cercando di stringersi addosso il più possibile la piccola sciarpa rattoppata, seguitava a procedere, negli occhi nessuna luce, nessuna speranza.
Più e più volte aveva ripensato all’azione compiuta… e più e più volte si era, puntualmente, sentito tremendamente in colpa: non ce l’avrebbero fatta, i soldi mancavano, ed era esclusivamente colpa sua se anche lei era stata coinvolta in tutto ciò.
Non avrebbe dovuto sposarla.  

*** *** ***  

Gina works for diner all day
Working for her man, she brings home her pay
For love – for love
 


Avrà avuto su per giù ventitré anni, ma già a quell’età, poco più che una ragazzina, si dava da fare, si impegnava per portare a casa un po’ di soldi, aveva il carico di una donna adulta sulle spalle. È vero, non erano affatto messi bene: i vestiti ormai erano da buttare, li aveva ricuciti più e più volte, ma quelli continuavano a strapparsi, logori, forse perché erano gli unici che avessero. Avevano fame, avevano freddo, erano stanchi ed avevano paura. Paura di non riuscire più a venir fuori da quel cunicolo in cui erano incappati. Molly aveva lunghi e boccolosi capelli color fiamma, una simpatica manciata di lentiggini sul visino pallido e magro, ed osservava attentamente un maglione nella vetrina di un negozio di vestiti usati – di pessima qualità, ma era quello il meglio che potevano permettersi, mentre la gonna leggera – troppo per quel clima – si gonfiava ripetutamente per opera del vento.
“Ad Arthur servirebbe proprio un maglione nuovo, quello che ha ormai non va più bene neppure come scolapasta: i buchi sono troppi!” bisbigliò tra sé e sé, poggiando le piccole mani sulla vetrina, appannandola un poco. “Certo, non è il massimo, ma è pur sempre un maglione. Meglio di niente…”
Sorrise intenta a pensare alla reazione che Arthur avrebbe avuto alla vista del regalo: come sempre, sarebbe arrossito in zona orecchie. Si erano sposati tre anni prima, ma lui era sorprendentemente rimasto il ragazzo timido ed impacciato di sempre.
Finalmente Molly aveva trovato qualcosa cui pensare che non fosse solo ed esclusivamente il suo lavoro. Aveva ritrovato Arthur. Ed aveva ritrovato un piccolo gesto d’affetto: doveva comprare quel maglione. Troppe volte, da quando i soldi avevano cominciato a scarseggiare, avevano sofferto, troppe volte avevano pianto, troppe volte non avevano avuto il tempo di pensare a loro stessi in qualità di coppia innamorata. Non che l’amore mancasse, mancava invece quella serenità che aveva caratterizzato il loro rapporto, fin dal primo giorno in cui si erano conosciuti, e quel piccolo - insignificante, direbbe qualcuno - gesto, il semplice comprare un regalo al suo amato, le donava tutto ciò che contro la sua volontà lei ed Arthur avevano perduto.
Molti le avevano chiesto perché avesse scelto di sposarsi ed andare a vivere con un uomo del tutto squattrinato. Non avevano parenti che potessero aiutarli. Perché aveva deciso di rischiare? Perché aveva scelto la fame ed il freddo?
Per Molly Weasley la risposta non poteva essere più semplice: per amore.  

*** *** ***  

Tutti i sacrifici che avevano fatto e che facevano, tutte le delusioni ricevute in campo lavorativo e non solo, visto che le amicizie, non appena la situazione era andata peggiorando, erano svanite, tutti quei giorni grigi in cui l’anima era tormentata dalla paura di non arrivare all’indomani… tutte quelle notti trascorse a tremare battendo i denti sotto quell’unica coperta, gli occhi spalancati nel buio, perché addormentarsi significava sognare cose orrende o cose belle, troppo belle per essere raggiunte, e questo faceva ancora più male, perché era dura svegliarsi e rendersi conto che, allo svanire di quell’illusione, era tutto come prima. Era dura accettare il fatto che la fortuna non fosse dalla loro parte, era dura. Non c’era una via di mezzo, per loro due era tutto bianco o tutto nero. No, non avevano neppure questa scelta: tutto era irrimediabilmente color pece. Ed allora come avevano fatto a resistere? Come avevano fatto a tirare avanti fino a quel giorno? E come avrebbero fatto per il futuro?
Probabilmente sembrerà strano a molti, a coloro che ancora non hanno avuto la fortuna di amare così fortemente una persona, ma ad Arthur e Molly Weasley bastava una preghiera.
Una semplice ed unica preghiera: restare insieme. Non chiedevano altro. Non pretendevano soldi o vestiti, quelli volevano guadagnarseli e sapevano di doverlo fare, domandavano semplicemente – gli occhi disperati rivolti verso il cielo, ma, in realtà, verso i loro cuori, perché era una preghiera appartenente alle loro anime e non ad una qualche divinità, qualunque essa fosse - che l’altro fosse lì, al fianco del compagno, pronto a sorreggerlo nei momenti di difficoltà.
Ora e per sempre.
Molly ed Arthur Weasley erano sempre state due persone semplici.
Molly ed Arthur Weasley erano sempre state due persone oneste.
Molly ed Arthur Weasley erano sempre state due persone che avevano lottato per quello che avevano e che avrebbero avuto.
A Molly ed Arthur Weasley bastava una preghiera per darsi forza.
Molly ed Arthur Weasley vivevano in una preghiera, con una preghiera, di una preghiera.
E questo era sufficiente per andare avanti.  

*** *** ***  

She says: We’ve got to hold on to what we’ve got
‘Cause it doesn’t make a difference
If we make it or not
We’ve got each other and that’s a lot
For love – we’ll give it a shot
 

Girando le chiavi arrugginite nella toppa di quella porta sgangherata, Arthur sospirò. Un treno passò, sferragliando, nella galleria lì accanto, facendo vibrare i vetri opachi di quella che lui e Molly chiamavano casa. Con un colpo secco ma delicato, onde impedire che la porta cominciasse a traballare più di quanto già non facesse, entrò e poggiò il vecchio cestino da pranzo sul tavolo scheggiato. Lo aprì e controllò che dentro ci fosse mezzo panino e mezza brioche, metà del pranzo che Molly tentava di preparargli ogni giorno, con quel poco che avevano. E quella metà era per lei. Il suo stomaco reclamava prepotentemente altro cibo, ma la sua Molly valeva ben oltre un sacrificio così piccolo.
Arthur sorrise debolmente richiudendo il cestino, poggiò la testa sulle braccia e chiuse gli occhi.
Quando sentì una folata gelida interrompere il sogno (in ogni caso brutto, visto che lui e Molly erano finiti a vivere sotto un ponte, in quell’incubo. Ci manca poco così… pensò con i sensi ancora intorpiditi) aprì gli occhi assonnati e solo dopo aver battuto le palpebre due o tre volte riconobbe la figura esile e piccola che si richiudeva cautamente la porta alle spalle, cercando di fare il minor rumore possibile.
“Ehi,” sussurrò mentre un sorriso gli increspava le labbra, pallide per il freddo.
Molly si girò di scatto, con un’espressione dispiaciuta.
“Oh, mi dispiace, Arthur, non volevo svegliarti,” disse con voce sottile, stringendo al petto un pacco dalla carta marrone.
Arthur si alzò massaggiandosi il collo dolente e le si avvicinò sfiorandole una guancia con un dito, senza scordarsi di arrossire debolmente anche per quel semplice gesto.
“Non fa niente,”
Rimasero a fissarsi senza dire nulla per qualche secondo, come se quel silenzio fosse pieno di parole incomprensibili al mondo intero, eccezion fatta per loro due.
Ecco, ora sì che le cose andavano meglio. Ogni giorno, lavorando, venivano presi dalla tristezza, dalla malinconia, dalla depressione, ma quando si ritrovavano, quando le due metà di quell’amore assoluto si riunivano, tutto sembrava svanire. Le cose brutte si allontanavano da loro, ovattate, alla velocità della luce, e per il cuore, la mente ed il corpo di ognuno non c’era che l’altro.
“Scusa per il ritardo,” sussurrò poi la ragazza, i grandi occhi azzurri sembravano brillare per la felicità. “Mi sono attardata a prendere questo.” protese delicatamente verso di lui il pacco che aveva tenuto stretto come il più prezioso dei tesori. “Volevo fosse una sorpresa per stasera, ma non fa niente.” sorrise osservando l’espressione sorpresa del giovane marito.
“Cos’è?” chiese lui, fissandola smarrito negli occhi.
“Aprilo e vedrai!” squillò in risposta lei, congiungendo le mani emozionata, come un bimbo piccolo alla vista di qualcosa di incredibile.
La sua voce era nuovamente allegra, quasi spensierata, ed i suoi occhi… quegli occhi che Arthur aveva tanto amato e tanto ancora amava si erano finalmente accesi di vita. Il giovane si sentì travolto da un sentimento che somigliava decisamente alla felicità, nonostante per i due fosse difficili ricordare cosa fosse esattamente la felicità. Molly, la sua Molly era la stessa di prima. Con le mani tremanti per il freddo aprì il pacco e sollevò un maglione di un forte color prugna, troppo grande per lui e dalla stoffa alquanto rovinata. Spostò lo sguardo su lei, che lo fissava con quella luce negli occhi, e quel sorriso splendido sul suo volto, le guance leggermente arrossate per quella che doveva essere per lei un’emozione molto forte, e sorrise.
“Grazie, è bellissimo, tesoro,” poggiò con delicatezza il maglione sul tavolo e la abbracciò dolcemente, posandole un tenero bacio sulle labbra.
“Ti piace davvero?” chiese conferma Molly, passandogli le braccia attorno al collo ed inclinando il capo verso destra. “Il colore non è il massimo, lo so, ma…”
Lui le poggiò un indice sulla bocca.
“Shh,” sussurrò con dolcezza. “Non importa. È bellissimo.” esitò semplicemente per guardarla negli occhi, completamente rapito da lei, la persona che più amava al mondo. “Tu sei bellissima…”
Molly rise sommessamente poggiandogli la fronte sul torace.
“Molly…”
“Hn?” fece lei, respirando lentamente il suo profumo.
“Come… come l’hai comprato?”
La ragazza si irrigidì per un secondo, sapendo la reazione che lui avrebbe avuto alle sue parole.
“Dimmi la verità,” soggiunse con delicatezza Arthur.
Lei sospirò e si distaccò leggermente da lui per fissarlo negli occhi.
“Ho usato i soldi che avevo guadagnato l’altro mese,” disse con vocina sottile sottile.
Arthur non spalancò la bocca incredulo, come aveva creduto che avrebbe fatto, né la rimproverò bonariamente per aver speso quei soldi per lui. Si limitò a guardarla, mentre i suoi occhi si velavano rapidamente di lacrime.
“Quei soldi servivano a te, per la tua giacca,” mormorò con gli occhi lucidi.
“Ma no, guarda,” prese la giacca che aveva indosso tra le mani e la tese per mostrarla a lui “Vedi? È rovinata sì, okay, ha anche qualche buco, ma io non ho freddo, sai? No. Avevi più bisogno tu di me di qualcosa di nuovo.”
Aveva pensato prima a lui. E la consapevolezza di ciò che stava accadendo si sommò ai complessi di colpa che da tanto tormentavano Arthur, precipitando sopra di lui come un enorme macigno dal peso insopportabile.
“Mi dispiace. Mi dispiace di averti coinvolta in tutto questo, è stata tutta colpa mia… non avrei mai dovuto neppure lontanamente chiederti di sposarmi. Sapevo che sarebbe finita così,” due lacrime avevano già iniziato a scendergli lungo le guance. “E' colpa mia se adesso soffri la fame, il freddo, se sei costretta a lavorare tutto il giorno per uno stipendio che fa ridere. È colpa mia se stai male, se vivi come una zingara, è colpa mia… non posso sopportare di vederti in questa situazione. Ti amo, e non posso sopportare tutto questo,”
Lei sorrise dolcemente e gli prese il viso tra le mani, avvicinandosi fino a che le punte dei loro nasi si toccarono, e parlò:
“E’ proprio per questo che non devi sentirti in colpa: per l’amore che provi per me, capisci? Tu mi ami, ed a me basta questo. Non mi importa se non viviamo in un palazzo di lusso o se non mangiamo caviale e champagne tutti i giorni, non mi importa se non posso indossare i vestiti che indossano le altre ragazze della mia età. Capisci? A me non interessa nulla di tutto questo, perché l’unica cosa che mi interessa sei tu. E non importa se a detta di tutti non abbiamo nulla, perché in realtà non è vero che non abbiamo nulla, noi… noi, Arthur, abbiamo tutto. Tutto ciò che si può desiderare. Abbiamo il nostro amore.” Gli prese una mano tra le sue, piccole ma non fredde, come fossero state riscaldate da quel sentimento che sentiva costantemente crescere dentro di lei. “Abbiamo noi, e questo non è tanto, è tutto.”
Arthur chiuse gli occhi, le lacrime continuavano a scendere irriverenti ma liberatorie sulle sue guance. Per troppo tempo aveva represso tutti quei sentimenti, quel senso di colpa, cercando di essere forte per lei. Ed alla fine aveva inevitabilmente ceduto.
“Vedi, Arthur, se ritieni il nostro matrimonio una colpa… beh, allora non è solo tua. Secondo te perché ho accettato di sposarti? Lo sai, Arthur?” lui rimase in silenzio: capiva perfettamente ciò che cercava di dire sua moglie, ma aveva bisogno di sentirselo dire, ancora una volta, come quando erano a Hogwarts, come se quel periodo fosse tornato. “Se ci pensi, è semplice. Perché io ti amo. E per me, per me in quanto Molly, Molly Weasley” esclamò con enfasi ed orgoglio il cognome che da tre anni a quella parte li legava. “Per me è tutto. Il resto non importa. Non è importante. E sai come mai?”
Arthur deglutì, le guance ancora umide, la mano libera si stringeva quasi convulsamente su quelle della ragazza, nel desiderio di udire quelle parole da lei, da lei che amava alla follia.
Molly si sciolse in un altro sorriso, ma questo era diverso dagli altri, era semplicemente pieno d’amore. Era speciale. Era solo per lui. Ed in quel sorriso Arthur lesse tutto ciò che già sapeva.
“Perché l’amore è la cosa fondamentale, senza amore non si vive.” rispose lei, e per il giovane quelle parole furono vitali come l’aria, alzò la testa come chi per troppo tempo non ha respirato e si trova improvvisamente a ricevere una boccata di ossigeno puro. “Pensi che la felicità sia vivere in una casa agiata, piene di vestiti e gioielli, ma effettivamente soli ed infelici perché privi di questo amore, che invece noi abbiamo la fortuna di avere? Capisci, Arthur? Questo... non si può neppure spiegare a parole, non si possono esprimere e trasmettere certe cose se non le si ha mai provate,”
“Io capisco.” la interruppe passandosi frettolosamente una mano sugli occhi rossi e gonfi di pianto. “Capisco perché ti amo e tu, per me, sei tutto.”
Chinò il capo fino a che le loro labbra si incontrarono in un bacio dolce ed appassionato allo stesso tempo, sui visi di entrambi un sorriso incerto eppure deciso.
“Insieme vinceremo ogni battaglia, la nostra sarà una vita felice e piena d’amore,” disse Arthur contro le labbra di sua moglie, acquistando sicurezza. “Io te lo giuro.”  

We’re half way there
Livin’ on a prayer
Take my hand, we’ll make it – I swear
Livin’ on a prayer
 

Molly sorrise timidamente giocherellando con una ciocca dei rossi capelli del giovane uomo.
“Arthur?”
“Dimmi,” la sua voce era dolce e calda.
“Posso pregarti di una cosa?”  

We’ve got to hold on ready or not
You live for the fight when it’s all that you’ve got
 

Lui la osservò enigmaticamente.
“Combatterai sempre assieme a me, vero?”
“Sempre.” rispose, cingendole i fianchi con le braccia ed avvicinandosi per baciarla.
Arthur Weasley aveva respirato, di nuovo.  

Livin’ on a prayer  

Quelle semplici parole, quel semplice discorso che poteva sembrare stupido o addirittura banale a qualcun altro, qualcuno che non credeva all’amore, aveva avuto la capacità di riportarlo in superficie dal profondo abisso in cui stava affogando, perché anche se sapeva, aveva avuto bisogno di una conferma. Una conferma di quell’amore, di quel credere ciecamente nella sua forza, da ciò cui tutto il suo amore, tutto se stesso, era rivolto.
Poco prima che le loro labbra si sfiorassero, la ragazza lo interruppe di nuovo.
“Arthur?”
“Sì?”
“Mi giuri che non lo chiameremo Jeremy come tuo zio? Senza offesa, ma sembra il nome di un cane…”
Arthur Weasley, ventisei anni, sgranò i grandi occhi azzurri in un’espressione così incredula e sorpresa da risultare persino comica; Molly si morse piano, in un gesto infantile a metà tra l’imbarazzato ed il divertito, il labbro inferiore, sorridendo felice, le gote imporporate.
“Sono incinta.” disse in un soffio.
Arthur non rispose nulla. La baciò con tenerezza e passione, facendola delicatamente scivolare sul letto lì accanto, testimone di quel miracolo, il futuro arrivo del frutto del grande sentimento che li legava.
Ed il resto fu amore.  

We’re half way there
Livin’ on a prayer
Take my hand, we’ll make it – I swear
Livin’ on a prayer
   
 
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