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Autore: Victoria93    09/01/2014    4 recensioni
Tratto dalla storia:
-"Stai dicendo che sono io la tua ossessione, signor detective...?" gli sussurrò, di nuovo vicinissima alle sue labbra.
"Non lo so...ma mi stai impedendo di pensare. E nessuno era mai riuscito a ottenere un simile risultato nei miei confronti. Direi che le probabilità che tu sia diventata la mia ossessione sono intorno al 62%".
"Odio le tue stupide percentuali" replicò lei, senza riuscire a trattenersi dal ridacchiare.
"E io amo te".- Elle è pronto per dedicarsi al caso Kira, e ben presto incontra gli agenti giapponesi e si prepara allo scontro con il colpevole, come da programma, ma stavolta...il coinvolgimento di un nuovo agente dell'FBI nelle indagini lo porterà a cambiare notevolmente le sue prospettive, in un modo che nemmeno la mente più geniale del mondo avrebbe mai potuto calcolare e prevedere. Una storia d'amore, intensa, passionale, contro cui quasi niente sarà in grado di opporsi...
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'SUGAR AND PAIN'
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 Capitolo 2- La partita ha inizio
 
Quella voce metallica e tecnologicamente modificata le provocò un nuovo brivido lungo la schiena: Elle era tornato. Non avrebbe saputo spiegare perché quella semplice presenza astratta le donasse una sensazione del genere, eppure il solo ascoltarlo le provocava una piacevole percezione. Forse perché lo considerava come qualcosa di simile alla giustizia incarnata…sì, non lo avrebbe mai ammesso con così tanta facilità, ma nutriva una sorta di adorazione, se non di addirittura di venerazione, nei confronti di quella specie di entità.
In ogni caso, si sentiva fiera e orgogliosa che lui avesse chiesto proprio di lei, soprattutto considerando che si trattava di un caso così importante come quello del serial killer Kira.
Interrompendo il filo dei suoi pensieri, il direttore dell’FBI premette il tasto che azionava il microfono della comunicazione, poco dopo aver voltato completamente lo schermo del computer verso tutti i presenti.
“Elle, siamo in ascolto”.
“Perfetto. Watari mi ha appena comunicato che l’FBI si dichiara pronta a prestarmi la sua collaborazione per il caso Kira”.
“È esatto” confermò Van Hooper.
Dalla sua postazione, Penber sbuffò con aria di sufficienza, ma nessuno gli prestò attenzione.
“Ottimo. Appurato ciò, vorrei poter esser certo che le mie disposizioni verranno seguite” proseguì Elle.
“Te lo possiamo confermare fin da subito. Il Presidente ha ricevuto immediatamente notizia della tua chiamata, e la Casa Bianca ci ha autorizzato a proseguire. Attendiamo ordini”.
“Per il momento, ciò che mi interessa è capire quali saranno le prossime mosse di Kira; e per farlo, ho intenzione di costringerlo a venire allo scoperto”.
Quella dichiarazione provocò reazioni sorprese e persino rumorose, portando gli agenti dell’FBI a scambiarsi occhiate stralunate.
“E come hai intenzione di fare? Stando ai nostri dati, si tratta sicuramente di un individuo schivo, prudente e capace…non sarà troppo semplice strappargli un passo falso, non trovi?” domandò Van Hooper, circospetto.
“Non se riesco a comprendere fino in fondo il modo in cui pensa. In ogni caso, non appena avrò ottenuto quello che mi serve, avrete la conferma che Kira si trova realmente in Giappone. Anzi, a dire il vero, ve ne darò fra poco dimostrazione. Non appena ne sarete convinti, vorrei che iniziaste immediatamente i preparativi per la partenza degli agenti dell’FBI che dovranno dirigersi sul posto. In particolar modo…” effettuò una piccola pausa, che lasciò tutti in attesa “Vorrei che l’agente Yasuba partisse oggi stesso per raggiungere Tokyo. La sua presenza nel Kanto è di vitale importanza”.
Tutti i presenti indirizzarono alla moretta sguardi stupiti e colpiti allo stesso tempo, ma lei li ignorò: l’unica cosa in grado di attirare la sua attenzione, in quel momento, era lo schermo che le era di fronte.
“A proposito, gradirei parlare direttamente con lei. Immagino che sia presente, non è vero?”.
“Evidente. Provvedo subito, Elle” acconsentì il direttore, alzandosi in piedi e cedendo il posto alla ragazza, che gli rivolse un sorriso breve e deciso, prima di sedersi e di premere nuovamente il pulsante del microfono.
“Elle, sono Misaki Yasuba. In ascolto” gli disse, ferma e concisa.
Non poteva proprio negare a se stessa che parlargli era ancora un’emozione, persino dopo tanto tempo. Diamine, non aveva mai permesso a nessuno di metterla così in soggezione, ma quel tipo era così formidabile!
“Agente Yasuba, sono lieto di sentirla. Dal fatto che ha deciso di parlare con me, deduco che il suo superiore le abbia riferito la mia richiesta”.
“Si capisce. E naturalmente, sono stata ben lieta di accettarla”.
“Bene, molto bene. Avrei richiesto anche la collaborazione di Naomi Misora, ma per quanto mi risulta, ha lasciato l’FBI tre mesi fa…”.
La giovane rivolse uno sguardo di puro odio a Penber, che si limitò a ignorarla, prima di tornare con lo sguardo sul monitor.
“Sì, è la verità. Dovremo cavarcela da soli”.
“Poco male. Abbiamo già diversi elementi in mano. Ma prima di esporle la mia teoria, vorrei sentire la sua opinione personale sul caso; secondo lei, che cos’abbiamo?”.
Quella domanda la portò a spalancare gli occhi per un istante: stava DAVVERO chiedendo la sua libera idea su quella serie di omicidi? Senza pronunciarsi in niente, lasciandole carta bianca in quel modo? Che cos’era, un trucco per metterla alla prova? In effetti, sarebbe stato da Elle…forse cercava di sondare in qualche modo il terreno…
Con un nuovo sorriso determinato dipinto in volto, incrociò ancora le braccia e inarcò leggermente un sopracciglio sulla fronte bianchissima: bene, gli avrebbe dato quello che voleva.
“Beh, non è certo semplice delineare un profilo ben definito del nostro uomo, con i pochi dati che abbiamo in mano, ma mi sono fatta un’idea generale. Il soggetto è senz’altro un individuo apparentemente normale, il tipo che ben si integra nella società in cui vive, forse perfino un cittadino modello…la sua nevrosi è nascosta nel quotidiano, e probabilmente è sconosciuta perfino a chi lo circonda in modo più intimo. È senza dubbio abituato a stare al centro dell’attenzione, ma finge che questo non gli piaccia; tuttavia, un comportamento di questo tipo ha probabilmente fatto nascere nel suo subconscio una discreta mania di protagonismo megalomane, che potrebbe averlo condotto a desiderare un’attenzione sempre maggiore su di sé. Ma non è certo questo che è alla base dei suoi omicidi. Kira è infantile, sicuramente convinto di agire nel giusto: il suo operato è spinto da un senso della giustizia morboso e malato, che lo conduce a considerarsi come un essere superiore, in grado di giudicare gli altri. Per farla breve, direi che abbiamo di fronte il caso di un cosiddetto ‘pazzo lucido’, a cui piace parecchio giocare a fare Dio. Per quanto riguarda il suo modus operandi, devo ammettere che mi ritrovo nel buio totale. Ma ho notato qualcosa…forse non è importante, ma…”.
“L’ascolto” la incitò a proseguire Elle, dall’altro capo.
La giovane sospirò profondamente e chiuse per qualche istante gli occhi, prima di proseguire.
“Secondo la mia ipotesi, Kira è in grado di uccidere a distanza; in effetti, senza affermare questo, come sarebbe possibile spiegare le morti di così tanti esseri umani, avvenute quasi in simultanea in parti del globo così lontane fra loro? Il modo in cui riesca a farlo è ancora da definire, ma…credo di aver capito di cosa abbia bisogno per attuare i suoi omicidi. Ciò di cui Kira ha bisogno…è un volto e un nome. Non so ancora come, ma probabilmente gli basta questo, per uccidere”.
 
In quello stesso momento, in un luogo sconosciuto e lontano, in cima a un palazzo sontuoso, Elle sorrise soddisfatto. Accovacciato vicino al computer che giaceva al suolo, stava ascoltando le oltremodo soddisfacenti risposte che l’agente Yasuba si stava rivelando in grado di dargli, e non poteva fare a meno di avvertire un brivido d’eccitazione lungo la schiena. Nel corso della sua carriera, aveva lavorato a centinaia, migliaia di casi, e spesso aveva provato una notevole compiacenza, nel giungere a capo di un mistero e nel consegnare i colpevoli alla giustizia, ma nessuna sensazione era paragonabile a quello che aveva provato all’idea di spedire Kira in galera, non appena era venuto a conoscenza del caso. Subito dopo aver cominciato a lavorarci, si era reso conto d’aver bisogno della collaborazione dell’Interpol, che senz’altro lo avrebbe profumatamente pagato, e…beh, l’FBI aveva rappresentato una scelta inevitabile.
Inoltre…non aveva potuto fare a meno di ripensare al caso di Los Angeles, e alla grande collaborazione che lui e quelle talentuose agenti dell’FBI erano stati in grado di stipulare; era stato con notevole disappunto che aveva appreso che Naomi Misora aveva dato le dimissioni poco tempo prima, ma fortunatamente aveva potuto constatare che Misaki Yasuba era ancora in attività. E, adesso poteva dirlo, era più in forma che mai…
“Che ne pensa, Elle?” gli domandò lei, dall’altro capo del collegamento.
Elle sorrise di nuovo e avvicinò ancora le labbra al microfono.
“Penso che la sua teoria sia perfettamente stabile, e posso garantirle che è identica alla mia. Un’ottima deduzione, agente, se posso permettermi”.
“Grazie” replicò lei.
Non poté fare a meno d’avvertire un tono compiaciuto nella sua voce; senza nemmeno capire perché, questo gli strappò un ulteriore sorriso soddisfatto.
“Ora, considerando queste premesse, e considerando che è molto probabile che lei abbia ragione, riguardo a ciò che diceva sulla necessità di Kira di conoscere il nome e il volto delle sue vittime per ucciderle, la prego di porre la massima attenzione sul mantenere segreta la sua identità il più possibile. E naturalmente, lo stesso vale per gli altri agenti dell’FBI coinvolti in questo caso. Evitate di esibire i vostri distintivi con troppa facilità; non sappiamo ancora con precisione di cosa sia capace questo omicida”.
“Naturalmente”.
“Passiamo agli aspetti tecnici: quando potrà recarsi in Giappone?”.
“Partirò stanotte con il primo volo. Ma se permette, vorrei domandarle ancora come fa a essere del tutto sicuro della sua ipotesi riguardo alla posizione di Kira”.
Elle si pronunciò in un altro sorrisetto.
“Ci stavo giusto arrivando. Signori, sto per mettervi in collegamento con un annuncio che sta attualmente andando in onda in una specifica regione che ho selezionato personalmente. Assisterete alla diretta in questo medesimo istante. Watari si occuperà dei dettagli…sono sicuro che non rimarremo delusi nel nostro intento. Dopodiché, agente Yasuba, vorrei essere tenuto costantemente informato sui dettagli del suo viaggio e dei suoi successivi spostamenti. Inoltre, sarà bene che riceva tutti i dati relativi al trasferimento della squadra FBI in Asia, non appena gli ultimi particolari saranno definiti”.
Ci fu una lunga pausa: infine, la ragazza parlò di nuovo, in trepidazione.
“Elle, che cosa…”.
“Avvierò un nuovo contatto non appena la trasmissione sarà finita. E naturalmente, gradirei che in seguito lei mi fornisse le sue impressioni al riguardo, agente Yasuba”.
“Elle…”.
“A più tardi”.
Il detective chiuse in modo secco la comunicazione, apprestandosi a chiamare Watari, che rispose immediatamente.
“Watari”.
“Sì?”.
“Diamo inizio allo spettacolo”.
“Molto bene”.
 
Nel quartier generale dell’FBI di Washington, Misaki Yasuba scosse la testa: proprio il comportamento tipico di Elle, non c’era che dire.
"Ma di cosa diamine stava parlando?" commentò un agente nelle vicinanze, perplesso. 
"Cosa significa?" replicò un altro.
La giovane donna sorrise ancora, soddisfatta, e si rilassò sulla sedia; qualunque cosa avesse in mente, era sicura che Elle avrebbe mantenuto la sua promessa: non sarebbero rimasti delusi. 
"Significa..." rispose poco dopo "Che Elle è tornato in azione. Se volete la mia opinione, sono sicura che questo ci condurrà presto alla condanna a morte di Kira".
"Credo che lei abbia ragione, Misaki" replicò James Van Hooper, sorridendole in modo paterno.
La ragazza notò che l'uomo sembrava a disagio, e gli rivolse un altro sorriso per confortarlo e spingerlo a proseguire con il discorso; lo conosceva fin da quando aveva tredici anni, e ben presto aveva finito per rappresentare il padre che non aveva mai avuto, accogliendola nell'FBI con tutti gli onori e riconoscendole sempre tutti i meriti che le spettavano...forse era proprio in virtù dell'affetto che nutriva per lei che stava assumendo quell'atteggiamento?
"Che cosa c'è, direttore?" gli si rivolse, noncurante "Qualcosa la preoccupa?".
L'uomo si passò una mano dietro la nuca calva, e prese un po' di tempo per rispondere.
"Sono convinto che collaborare con Elle sia la cosa migliore che possiamo fare. Ma questo caso...è diverso da tutti quelli con cui abbiamo avuto a che fare finora. Il serial killer che abbiamo di fronte non ha nulla a che vedere con i criminali che abbiamo consegnato alla giustizia, fin da quando l'FBI è nata. Certo, non abbiamo mai mancato di esporci a notevoli e numerosi rischi, durante le nostre indagini, ma se lei ed Elle...beh, se avete ragione, riguardo a ciò di cui Kira ha bisogno per uccidere, allora significa che ci stiamo esponendo a un pericolo mai corso prima. Signori" proseguì, fissando molto seriamente anche tutti gli altri "Voglio che a tutti voi sia chiaro ciò a cui state andando incontro: gli agenti selezionati per questo incarico vedranno la loro vita messa a rischio, e probabilmente questo varrà anche per le loro famiglie. Chi non se la sente, è libero di sottrarsi a questo caso. In effetti, agente Yasuba" aggiunse, tornando a guardare la giovane dritto negli occhi "Forse avrei dovuto chiederle di rifletterci meglio, prima di accettare. È sempre in tempo per cambiare idea, voglio che ne sia consapevole".
Misaki gli sorrise, scuotendo il capo.
"Non mi rimangio mai la parola data, signore".
"Ma agente...".
"Senta, direttore" sospirò lei, fissandolo intensamente e con serietà "Sicuramente lei ha ragione, questo caso rappresenta un rischio che nessuno si è mai ritrovato a dover correre; e sono dell'opinione che lei sia stato estremamente corretto, nel cercare di metterci in guardia. Ma questo caso...non possiamo abbandonarlo e basta. Ho appena giurato che consegnerò Kira alla giustizia, ed è quello che farò. L'aiuto di Elle mi sarà di vitale importanza; sono convinta che insieme riusciremo ad arrestarlo. Per quanto riguarda il pericolo a cui stiamo andando incontro, beh...io non ho famiglia, e non ho niente da perdere...".
"Agente Yasuba...!!".
"È il mio lavoro, direttore, ed è l'unica cosa di cui mi importi. Non posso permettere che questo criminale la faccia franca, perciò si rassegni. Potrebbe, pertanto, cominciare a dare disposizioni per la mia partenza? Gliene sarei molto grata...come ho detto, ho intenzione di prendere il primo volo per Tokyo".
"Ma agente...non preferisce aspettare che Elle...".
"Elle è il detective migliore del mondo: di conseguenza, sente necessariamente il bisogno di confermare le sue teorie con prove schiaccianti. Questo gli fa onore, ma comunque mi fido di lui, e mi assumo la responsabilità anche di questo. Per favore, potrebbe occuparsi del volo, direttore? La prego...vorrei poter iniziare il prima possibile".
Van Hooper allargò le braccia.
"Se è questo ciò che realmente desidera, vedrò di accontentarla. Nel frattempo, vorrei che tutti coloro che non desiderano assolutamente essere inclusi nella lista dei candidati che indagheranno al caso lascino a loro volta questa stanza".
Uno alla volta, molti agenti uscirono all'esterno, silenziosamente imbarazzati; quando Van Hooper alzò di nuovo lo sguardo, dodici persone lo fissavano impassibili. La tredicesima, Misaki, gli stava addirittura sorridendo.
"Bene, direttore, direi che la sua squadra è stata formata" commentò la ragazza.
"Misaki, tu pensi...insomma, pensi davvero che riusciremo a catturare Kira?" domandò a un tratto uno dei presenti, che non aveva aperto bocca fino a quell'istante.
La giovane gli rivolse uno sguardo gentile: Dylan Johnson era entrato a far parte dell'FBI solo l'anno precedente, e ancora si dimostrava spesso insicuro e malfermo sulle sue posizioni. Tuttavia, aveva deciso di rimanere e di mettere in pericolo la propria vita, pur di arrestare Kira...e questo, non faceva che renderlo ancora più gradevole ai suoi occhi. 
"Non posso esserne sicura al 100%, Dylan, lo sai bene. Ma sono fiduciosa".
"Ma voglio dire, questo Elle...tu ci hai lavorato insieme, giusto? Pensi che ci possiamo davvero fidare di lui?".
"Figuriamoci..." sbottò Penber, facendo voltare i presenti verso di lui "Tu ti fideresti di un computer e di uno che non hai mai visto in faccia, Johnson?".
"ELLE ha un curriculum che tutti gli invidiamo fin da quando eravamo dei fottuti embrioni, Penber" lo zittì Misaki, gelida "Magari è proprio per questo che ti piace così tanto parlare di lui a sproposito".
Ray Penber mosse qualche altro passo verso di lei, ancora più minaccioso di prima.
"Si può sapere come mai lo difendi tanto, Yasuba? Che c'è, ti ha scelto per collaborare con lui perché gliel'hai sbattuta in faccia, non è vero?".
"PENBER!!! Veda di calmarsi e di moderare subito il linguaggio, o la esonero dal caso!!!" sbottò Van Hooper, scattando in piedi.
"Non si preoccupi, direttore" lo tranquillizzò Misaki, senza smettere di fissare Penber con lucido sarcasmo e disprezzo "Penber, so bene che la tua opinione riguardo al fatto che io sia una donna ti conduce a pensare che possa ottenere qualcosa solo comportandomi da puttana, ma ti confesso che questo tuo atteggiamento non è altro che la conferma di quanto tu sia consapevole di essermi inferiore. Se Elle mi ha appositamente scelta, è perché, proprio come me, è un vincente, e non desiste mai dal suo obiettivo. Riguardo al fatto che ci sarei andata a letto, oh beh...scopare con un computer potrebbe rivelarsi un'esperienza stimolante, non c'è che dire. Farò tesoro del tuo consiglio, imbecille".
Quella risposta sagace e intelligente portò gli altri agenti a ridacchiare e a fissare la collega con soddisfazione: non per niente, era una fra i migliori, e senz'altro la più arguta profiler che avessero mai avuto fra le loro fila.
Prima che qualcuno potesse pronunciare un'altra parola, sul monitor del computer apparve l'immagine di un uomo giovane, dotato di una folta chioma nera e lunga e di un paio di glaciali occhi azzurri, che a Misaki ricordarono proprio quelli di Penber...era vestito in modo molto elegante, e alle sue spalle svettava, inconfondibile, il logo dell'Interpol. Sulla scrivania a cui era seduto, proprio di fronte a lui, troneggiava la scritta 'Lind L. Taylor'.
*L?!* non riuscì a trattenersi dal pensare la ragazza *Ma come, non è...non è possibile...*.
Dunque, quell'uomo sarebbe stato Elle?! Quello?! Quella brutta copia di Ray Penber? E perché diamine stava mostrando il suo volto?
"Interrompiamo i programmi per mandare in onda, in diretta mondiale, un annuncio molto importante da parte dell'Interpol" disse la voce di un uomo, in sottofondo. 
In onda?!? Ma questo poteva solo significare...
"Cazzo, sta andando davvero in diretta mondiale!!!!".
Misaki cominciò a mordicchiarsi l'unghia del pollice, come faceva sempre quando era nervosa e quando cercava disperatamente di pensare in fretta: ma cosa diamine pensava di fare? Avevano appena concluso che Kira aveva bisogno di un volto e di un nome per uccidere, ed ecco che...
Un sorriso compiaciuto le scivolò sulle labbra: aveva capito. Come sempre, Elle era un genio.
"Cosa diavolo gli salta in mente?!? Vuole farsi...".
"Signori, vi prego" li interruppe Misaki, incrociando ancora le braccia e sorridendo con grande compiacimento "Godetevi lo spettacolo, guardate e imparate: state per assistere all'inizio dell'operato del più grande detective di sempre".
I suoi colleghi la fissarono perplessi, ma non replicarono, guardando a loro volta lo schermo; dal canto proprio, Van Hooper fissò perplesso la sua pupilla.
"Spero che sappia ciò che fa, Misaki...e soprattutto, spero che lo sappia Elle" le mormorò, concitato.
Misaki si pronunciò nell'ennesimo sorriso compiaciuto, senza staccare gli occhi dallo schermo.
"Mi creda, direttore...lo sappiamo perfettamente entrambi".
In quel momento, l'uomo chiamato Lind L. Taylor iniziò a parlare, zittendoli definitivamente. 
"Chi vi parla è l'unica persona capace di mobilitare la polizia di tutto il mondo" cominciò, lo sguardo cupo e serio fisso di fronte a sé " Il mio nome è Lind L. Taylor..." fece una breve pausa, per poi riprendere a parlare "...conosciuto...come Elle...".
Tutti gli agenti ripresero a bisbigliare fra loro, ma Misaki li zittì con un gesto impaziente della mano: non voleva perdersi nemmeno un secondo di quella scena.
"Ci troviamo di fronte a una serie di omicidi di pregiudicati" seguitò Taylor, con aria grave "Ciò rappresenta un crimine senza precedenti, che non sarà assolutamente tollerato; pertanto, giuro che ne catturerò l'autore, colui che viene comunemente soprannominato Kira".
Misaki si passò un paio di dita sulle labbra, pensierosa; Elle aveva detto di volerlo costringere a venire allo scoperto...che avesse avuto le sue stesse conclusioni, in merito al profilo psicologico di quel soggetto? 
"Kira, a grandi linee posso immaginare che cosa ti passi per la testa per agire in questo modo, ma sappi...che quello che stai facendo...è malvagio".
Ecco, forse erano appena arrivati al punto di rottura: una provocazione in piena regola. Forse Elle stava solo aspettando che Kira si manifestasse...
*Avanti, vieni fuori. Forza Elle, un'altra piccola spinta...* si ritrovò a pensare la ragazza, in trepidazione.
Un sorrisetto soddisfatto si dipinse sulle labbra di quello che era certa fosse solo un falso Elle; l'uomo continuò a parlare, ma ormai sapeva che ciò che stava dicendo non aveva più molta importanza. La mossa era stata effettuata, ora era solo questione d'attendere un piccolo segnale...
Esattamente quaranta secondi dopo, di fronte ai loro occhi si presentò una scena che li portò a strabuzzare gli occhi: l'uomo che si era presentato come il miglior detective sul pianeta lanciò un rantolo soffocato, le mani strette al petto e il corpo attraversato da convulsioni. Nell'arco di un paio di istanti, si accasciò sulla scrivania a cui era seduto, indubbiamente senza vita.
"Ma è morto!!!!".
Misaki sorrise ancora, quasi pronunciandosi in un ghigno di vittoria.
*Scacco, Kira...*.
"Non posso crederci, lo ha ucciso!!!" esclamò Dylan, sconvolto.
"Beh, a quanto pare..." sogghignò Penber, quasi compiaciuto "Il tuo adorato investigatore si è fatto fregare come un pollo alla prima occasione, eh, Yasuba?".
"Aspetta e vedrai, Penber, e poi VEDREMO chi è che si è fatto fregare come un pollo" lo zittì la ragazza, tagliente.
Ray fece per aggiungere qualcosa, ma in quel momento l'immagine di Taylor, il cui corpo stava già per essere portato via da alcuni uomini, scomparve di botto, sostituita da quella della grossa L scura che era apparsa poco prima su quello stesso computer. 
Solo allora, la voce del vero Elle tornò a parlare, più fredda e determinata che mai.
Misaki dovette trattenersi dall'esultare dall'entusiasmo: ce l'aveva fatta!!
"Incredibile..." iniziò Elle, con circospezione "Ho voluto provare proprio per sicurezza, ma...non avrei mai pensato ad una cosa simile. Kira...tu sei in grado di uccidere la gente a distanza".
Gli uomini alle spalle di Misaki si fissarono sbigottiti.
"Ma...ma questo che significa?!".
La moretta scoppiò infine in una risata di trionfo, attirando l'attenzione degli altri; tutti poterono notare che le sue mani erano saldamente ancorate ai braccioli della poltroncina su cui era seduta, che le sue dita stavano tamburellando impazienti e che i suoi occhi erano accesi di una luce intensa, quasi inquietante, ma senz'altro...decisa e soddisfatta.
"Significa..." rispose lentamente lei "...che possiamo adoperare una parola che io uso molto poco di frequente".
Sorrise ancora, prima di riprendere a muovere le labbra.
"GENIO".
"Non ci avrei mai creduto, se non lo avessi visto con i miei occhi. Ascoltami bene: se sei stato veramente tu a uccidere Lind L. Taylor, l'uomo che è apparso in tv, sappi che era un condannato a morte la cui esecuzione era prevista per oggi. E non ero io...".
"Davvero molto astuto" convenne il direttore, annuendo "Direi oltremodo brillante. Non mi sorprende che lei lo ammiri a tal punto, agente Yasuba".
Misaki sorrise ancora, gli occhi che non si staccavano un secondo dallo schermo.
"La polizia aveva tenuto la tv e i giornali completamente all'oscuro della sua cattura..." proseguì Elle "Da ciò che vedo, pare che nemmeno tu sapessi della sua esistenza...".

A centinaia di chilometri di distanza, Elle avvicinò ancora la bocca al microfono e proseguì con il discorso rivolto a Kira.
"Ma io esisto davvero...forza, prova a uccidermi!! Forza, prova a uccidermi!!".

Misaki sorrise di rimando, quasi immaginandosi il detective che faceva lo stesso.
*Ti ha fregato, Kira!!*.
Sentirlo incitare il killer a ucciderlo le stava provocando ulteriori e numerosi brividi lungo la colonna vertebrale: quell'uomo era capace di scatenare in lei il vero e proprio brivido della caccia contro il male. Era così freddo, così professionale...ma rendeva tutto così dannatamente eccitante. 
"Che aspetti? Avanti, prova ad ammazzarmi...ti vuoi muovere?!? Uccidimi!!!!".
La ragazza immaginò i volti di migliaia di persone, intente a visionare lo stesso annuncio, in quell'istante, e non poté fare a meno di sorridere per l'ennesima volta.
"Che ti prende?" lo canzonò Elle "Fatti sotto, Kira!!!".
"Sta giocando su un terreno pericoloso..." commentò Van Hooper, scuotendo la testa "Non sappiamo quali siano le reali intenzioni di questo criminale...".
"Ha tutto sotto controllo, ne sono sicura" rispose Misaki, gli occhi ancora fissi sullo schermo "Stiamo a vedere...".
"Che c'è? Non ce la fai?" seguitò Elle, quasi compatendolo "Si direbbe proprio che tu non riesca a uccidermi...".
"Certo che no..." commentò Misaki, quasi sussurrando "Ed è perché avevamo ragione...formidabile come sempre, non c'è che dire".
"Quindi ci sono persone che non puoi uccidere?" continuò Elle, dall'altro capo "Grazie per il prezioso indizio...in cambio, però, lascia che ti spieghi un'altra cosa: questo annuncio è stato presentato come una diretta internazionale, ma in realtà è stato trasmesso solo in Giappone, nel Kanto".
"Ecco che cosa intendeva!!" commentò un altro agente, ammirato.
Misaki distese di nuovo le labbra e riprese a tormentarsi il labbro, gli occhi accesi.
*Bravo, Elle!!*.
“Avevo in programma di mandarlo in onda in altre regioni, ma ora non è più necessario…so che ti trovi nel Kanto”.
“Aha!! Colpito e affondato!!” esultò Dylan, rivolgendo a Misaki un sorriso raggiante, che la ragazza ricambiò, ma senza ancora staccare lo sguardo dal computer.
“E anche se la polizia non se n’è accorta, perché era un piccolo criminale…” proseguì Elle, con naturalezza “Io so che la tua prima vittima è stato il sequestratore di Shinjuku: con tutti i grandi criminali morti per arresto cardiaco, quella morte è sembrata una fatalità. Inoltre, aveva fatto notizia soltanto in Giappone…”.
 
Elle proseguì imperterrito, la sensazione di vittoria che avanzava ad ogni parola che pronunciava.
“…ed è grazie a questo che mi è stato facile arrivarci…”.
 
Tutta l’attenzione di ogni singolo abitante del Kanto era ormai sintonizzata sulle parole di Elle, ma per quanto esse stessero incidendo il proprio marchio nella memoria di ciascuno di loro, nessuno avrebbe mai potuto giurare di averle assorbite come stava facendo Misaki.
“Ho capito che tu sei in Giappone, e che quell’uomo, la tua prima vittima…è stato soltanto la tua cavia. Ho trasmesso nel Kanto perché è una regione altamente popolata, e ho fatto centro. Francamente, non mi aspettavo che le mie previsioni fossero esatte, ma…visti i risultati, il giorno della tua condanna a morte non è poi così lontano”.
La giovane Misaki sorrise ancora, facendo velocemente mente locale su cosa dire al detective non appena avesse avuto modo di parlare di nuovo con lui del caso e della sua strategia. Inoltre, con quei nuovi elementi, forse sarebbe riuscita a elaborare un profilo psicologico ancora più complesso…non ci poteva credere, stava DAVVERO lavorando di nuovo con Elle!!
“Kira…sono proprio curioso di sapere come fai a commettere quegli omicidi…”.
 
Dall’altro capo del mondo, Elle si concesse un altro sorrisetto, passandosi una ciocca di scompigliati capelli neri dietro l’orecchio destro.
“…e non sarà facile, perché per farlo…dovrò prima catturarti. Ci vediamo…Kira…”.
Il detective interruppe la comunicazione di botto, passando subito a un nuovo collegamento con Watari.
“Elle”.
“Watari. Mettimi di nuovo in contatto con l’FBI”.
“Ricevuto”.
 
Subito dopo l’interruzione del messaggio di Elle, al quartier generale dell’FBI giunse una nuova chiamata da parte del diretto interessato.
“Agente Yasuba, è meglio che risponda direttamente lei”.
Misaki non se lo fece ripetere due volte, e premette immediatamente il tasto della ricezione, seguito da quello del microfono.
“Elle, in ascolto”.
“Allora?” domandò lui dall’altro capo.
Misaki sorrise per l’ennesima volta, lo sguardo determinato e soddisfatto.
“Una mossa incredibilmente perspicace, se sta chiedendo la mia opinione. Ho già chiesto al direttore Van Hooper di mettere a punto gli ultimi dettagli per la mia partenza. Mi ha appena comunicato che potrò essere su un aereo speciale per Tokyo la cui partenza è prevista per le cinque del mattino, ora statunitense”.
“Perfetto. Ho dato istruzioni adeguate a Watari: quando giungerà al Ronald Reagan Airport, troverà ad attenderla un agente dell’Interpol, che le consegnerà quanto le sarà indispensabile per comunicare con me. Si tratta di dispositivi che possono essere utilizzati anche a bordo di un aereo, dalla tecnologia altamente all’avanguardia. Non appena sarà atterrata, mi comunichi la cosa: troverà già Watari ad attenderla sul posto, lui l’accompagnerà all’albergo che mi sono permesso di prenotarle”.
Alle sue spalle, Misaki udì Penber malignare subdolamente sul motivo per cui Elle avesse deciso di prenotarle una stanza d’albergo prima ancora d’aver saputo che avrebbe accettato il caso, ma la giovane decise di ignorarlo diplomaticamente: certo aveva ben altro a cui pensare.
“D’accordo. La polizia giapponese è già stata informata?”.
Per la prima volta, notò che Elle stava esitando.
“Elle…?”.
“Ho informato gli agenti d’aver richiesto la sua particolare e speciale collaborazione, ma per quanto riguarda il resto…per il momento, la mia decisione è relativa al tenerli all’oscuro della cosa”.
Gli agenti si scambiarono occhiate perplesse, e la stessa Misaki aggrottò le sopracciglia.
“Posso chiederle il perché?”.
“Perché la polizia locale non sopporta mai l’intervento dei federali, specialmente quando questi devono agire esternamente alla loro quotidiana area di competenza”.
“Stupidaggini” bofonchiò Penber “L’area di competenza dell’FBI riguarda tutto il globo”.
“Signor Penber” gli si rivolse a un tratto Elle, sorprendendo tutti “Magari le piacerebbe essere consapevole che i dispositivi di cui dispongo sono in grado di trasmettere le onde sonore e di ricevere qualunque segnale, in qualsiasi punto del globo. In effetti, il microfono che la sua oltremodo competente collega sta utilizzando è solo una comodità, nient’altro. In ogni caso, se proprio è così convinto della sua brillante teoria, le suggerisco di uscire dal suo guscio e di sperimentare di persona cosa significa aver a che fare quasi quotidianamente con l’Interpol. Forse si renderà conto che la sua organizzazione non è così ben vista, e non solo dai poliziotti statunitensi”.
Ray divenne rosso come un peperone, ma un’occhiataccia da parte del suo superiore lo costrinse a mordersi la lingua.
“Agente Yasuba” proseguì Elle, tornando a rivolgersi alla ragazza “Le garantisco che la collaborazione dell’FBI non rimarrà a lungo un segreto fra me e voi, ma per il momento le cose non devono cambiare di un millimetro. Se facessimo qualche mossa avventata, questa potrebbe rivoltarsi contro di noi. Se si spargesse la voce che Elle ha direttamente richiesto il vostro coinvolgimento, la notizia potrebbe trapelare con una facilità non indifferente. Inoltre, non possiamo fidarci fino in fondo di nessuno, e vorrei che i vostri agenti potessero rivelarsi un valente asso nella manica, al momento opportuno. Perché questo avvenga, la segretezza rimane qualcosa di vitale…capisco che lei possa trovarlo deplorevole, ma…”.
“Sono d’accordo con lei” lo interruppe Misaki, determinata “Farò come mi dice, detective”.
“Bene, allora siamo intesi. Per qualsiasi inconveniente, mi contatti all’istante. Terrò aggiornata questa linea in merito alle disposizioni riguardanti le prossime mosse della squadra FBI. Entro quanto credete che potranno essere sul posto?”.
Misaki si scostò per lasciar parlare il suo capo, che si avvicinò al microfono con circospezione.
“Posso assicurare con certezza che dodici agenti arriveranno in Giappone entro cinque giorni, Elle”.
“D’accordo; provvederò a istruire Watari anche in merito a questa faccenda. Agente Yasuba, attendo sue notizie. A presto”.
La chiamata s’interruppe bruscamente un’altra volta, ma il silenzio nella stanza non cessò: gli occhi di tutti, in un modo o nell’altro, erano puntati sull’unica donna presente.
Ma prima che qualcuno potesse pronunciare una parola, Misaki si alzò in piedi, più decisa che mai, già pronta ad afferrare la sua giacca.
“Direttore, sarà meglio che mi diriga a casa a fare i bagagli. Raggiungerò l’aeroporto direttamente da là, a meno che lei non abbia altro da comunicarmi o da farmi presente”.
Van Hooper la fissò con espressione triste, anche se concisa, e le posò le mani su entrambe le spalle, trattenendosi dal sorridere con malinconia.
“L’unica cosa che voglio che le sia ben presente è il rischio a cui sta andando incontro…”.
“È un rischio a cui stiamo andando incontro tutti noi, direttore…”.
“No, agente, e lei lo sa. Il suo incarico prevederà un coinvolgimento molto più diretto, dato che dovrà lavorare con lo stesso Elle”.
“Rimarrà comunque una collaborazione a distanza, signore…ormai, sa com’è fatto Elle…”.
“Anche se così fosse, non voglio che lei sottovaluti la cosa. Questo serial killer…”.
“Non gli permetterò di metterci i bastoni fra le ruote, se è questo quello a cui sta alludendo. Le ho già detto più di una volta che lo spedirò sul patibolo, fosse l’ultima cosa che faccio. E io non mi rimangio mai la parola, signore, questo dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro. Riguardo alla mia incolumità, le prometto che non farò sciocchezze. C’è altro che ha bisogno di dirmi?”.
Van Hooper la fissò dritto negli occhi, per poi scuotere il capo e darle le spalle, distogliendo lo sguardo.
“No, agente, nient’altro. Vada pure. Si ricordi che contiamo tutti su di lei”.
Misaki gli rivolse un saluto formale e poi dedicò un cenno a tutti i colleghi, tranne a Penber, per poi avviarsi verso l’uscita.
“Agente Yasuba” la richiamò indietro la voce di Van Hooper, facendola voltare.
L’uomo non aveva cambiato la propria posizione, continuando a darle le spalle, lo sguardo fisso fuori dalla finestra.
“Buona fortuna” lo udì pronunciare.
Misaki sorrise per l’ultima volta, prima di lasciare la stanza.
“Grazie…” mormorò infine.
Dirigendosi verso l’uscita dell’edificio, riuscì a sentire distintamente scatenarsi un gran trambusto alle sue spalle, composto dalla voce del suo capo che dava direttive ai suoi subordinati, tutti intenti a cercare documentazioni sul caso e a rimettere in ordine i propri fascicoli, in vista dell’imminente partenza.
Dal canto proprio, sentiva il cuore batterle all’impazzata, gli occhi animati da una nuova luce: sapeva che avrebbe dovuto essere spaventata per ciò a cui stava andando incontro, sapeva quanto tutto ciò fosse pericoloso, eppure…non riusciva a smettere di pensare a quanto si sentisse onorata e fortunata. Il più grande criminale di cui si fosse mai sentito fino a quel momento…e lo avrebbe catturato. Lei ed Elle, insieme, lo avrebbero catturato.
Ripensando ancora a quella voce metallica, non poté fare a meno di domandarsi che tipo fosse, quella mente geniale e assolutamente imprevedibile.
*Magari è un tipo in là con gli anni…in fondo, con tutti i casi che ha risolto, deve averne, di esperienza…forse è piuttosto attempato, chi lo sa…*.
In ogni caso, dubitava che avrebbe mai risolto un mistero di quel genere: per quanto desiderasse acciuffare il colpevole, era restia a credere che Elle avrebbe mai ceduto all’idea di mostrare ad altri il proprio volto. Soprattutto considerando le premesse che riguardavano specificamente quell’indagine…Beh, poco male. In fondo, collaborare con lui era l’unica cosa che le interessasse davvero; quanto all’incontrarlo, se ne sarebbe fatta una ragione, considerando che un’evenienza del genere non si sarebbe mai verificata.
*Tutto ciò che voglio…è catturare Kira. E ci riuscirò…insieme a lui, ci riuscirò!!*.
 
Continua…
 
Nota dell’Autrice: Eccociiiii!! Siamo già al secondo capitolo, che cosa ne pensate? Spero che la storia vi stia piacendo almeno un po’, se a qualcuno è capitato di darci un’occhiatina!! Mi auguro che qualcuno mi faccia sapere che cosa ne pensa, va bene anche uno sputo in un occhio, eh! XD Prometto che tornerò presto ;) Al prossimo capitolo, bella gente!! Baci, Victoria 
 
   
 
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