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Autore: LetShizueGo    29/05/2008    1 recensioni
Sono felice della mia nuova vita.
Devo molto a colui che mi ha creata, chiunque esso sia, anche se mi ha abbandonata...
Non faccio fatica ad uccidere. Perchè dovrei reprimere il mio essere?
Il tempo mi ha plasmato, la fatica ed il dolore sono i miei maestri, ma il sentimento è la mia forza.
Nulla mi può ostacolare, nemmeno un eventuale
DIO [Ripresa per illuminazione divina xD || Stato REVISIONE capitoli 0/5]
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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 A nessuno la vita è stata data in possesso, a tutti in usufrutto.

Vienna, 1700

Era una serata tetra , la tempesta infuriava fuori dal palazzo e il rumore della pioggia sul vetro faceva da sottofondo. Nulla le era apparso più bello della pioggia che vìbatteva violenta sui vetri, così irrequieta e contrastante col suo animo così tranquillo e sereno che le faceva venir voglia di sorridere beffarda, aveva vinto anche sulla natura, riusciva a stre calma quando lei infuriava e imperversava. La vittoria ormai era una sua prerogativa, nessuno gliela toglieva.
Elisabeth era lì, al chiaro di luna che passava debole attraverso le nuvole nere, illuminando seppure un poco quel paesaggio così tetro e così infinitamente bello.
Si fissava allo specchio a parete , in piedi, aggiustando di tanto in tanto una piega del vestito di damasco e velluto che aveva scelto per il ballo. Un ballo importante dove avrebbe potuto dar sfoggio ai suoi abiti migliori e alla sua ritrovata felicità.
Era il 14 gennaio del 1700. aveva da poco compiuto 350 anni di esistenza. Elisabeth si era trasferita in Austria da ormai due anni, ed era già l'attrazione principale di tutta l'Austria, tutti la desideravano, persino la regina aveva parlato di lei.
I suoi occhi erano brillanti, segno che si era appena nutrita.
Fissava lo specchio ed i suoi stessi occhi. I suoi pensieri la fecero sorridere, un sorriso beffardo, che non si addiceva ad una ragazza come lei, ecco, aveva dato sfogo alle sue voglie, quel sorriso che così naturalmente le nasceva sul volto, una raggazza così tremenda che tutto era tranne che la dolce pulzella che tutti volevano, quello lo era solo fuori.
La porta si aprì e lei si ricompose subito nei suoi lineamenti dolci, senza alcun' ombra di pensiero. Non voleva destar alcun pensiero nella servitù, sarebbero state solo noie inutili.
-Milady, la carrozza è pronta-, disse una ragazzina dalla soglia della porta.
-Certo Clarisse, arrivo-. Fu la risposta mielata di Elisabeth. -Vammi a prendere il mantello-.
-Si, Milady-, disse la giovane dai capelli scuri e si chiuse la porta alle spalle, immergendo di nuovo la stanza nell'oscurità perfetta della notte.
Elisabeth però uscì da quella camera scura per riapparire in corridoio, scese le scale lentamente, sfiorando appena la ringhiera della scalinata, e attese nell'ingresso che Clarisse le portasse il mantello e l'ombrello per evitare di bagnarsi. Odiava l'acqua sui vestiti, li rendeva più scuri e non le andava a genio, il colore dei vestiti doveva esser quello naturale.
Dopo pochi minuti però Clarisse entrò nell'atrio con in mano il mantello e l'ombrello, entrambi neri.
-Grazie Clarisse-.
Aprì l'ombrello e si sedette in carrozza, dando ordini precisi al cocchiere sulla direzione; Il palazzo reale.
Era cambiato molto, 350 anni di vita ti fanno diventare unica.

Ero una ragazza comune, con un parde mezzo alcolizzato ed una madre poco istruita, ora sono contessa, una ragazza che tutti conoscono come la più affascinante creatura di Vienna, peccato che nessuno sa cosa sono io, veramente...


Ricordava bene la fine e l'inizio, come quel ragazzo l'aveva risparmiata e poi salvata, come quella stessa persona per vigliaccheria l'aveva abbandonata, ma di questo non se ne doleva, anzi lo ricordava con piacere... O almeno così credeva, così voleva credere, perchè sapeva di mentire a se stessa, sapeva che aveva delle ferite che non aveva ricucito facilmente, voleva dimenticare ma non poteva, cercava di far finta di nulla, di crearsi una nuova vita ma i riverberi del passato la stavano soffocando. E lei annegava nel amre dei ricordi...

***

Parigi, 1370

- MA MERE!°-

Era il subbuglio, la casa a soqquadro, sei cadaveri stesi sul pavimento, quelli della famiglia di Elisa.

Sola, sono completamente sola. Tutto questo per un padre che non sapeva cosa voleva dire ragionare...
Non ha più senso vivere, ora.


Una figura alta e sottile si stava avvicinando anonima verso l'unica sopravvissuta della famiglia De Roches.
Ormai nella mente di Elisa non vi era altro che il desiderio di raggiungere la sua famiglia, coloro a lei più cari. Non era possibile che nel fiore della giovinezza la morte l'avesse raggiunta e non voleva pensare che in quel momento eli stava per morire per nulla, quando lei non sapeva nemmeno il perchè quasi. Ma voelva morire da donna, come le eroine delle storie che aveva scritto, fiere ed orgogliose, accettate e rispettate da tutti.
Il pugnale che lei aveva in mano cadde sul pavimento, il rumore prodotto echeggiò per tutta la casa come oscuro presagio do dolorosa morte.
La figura era sempre più vicina, sempre più assetata...
-Tranquilla, non sentirai nulla-.
Elisa sollevò una mano e con quella si spostò i capelli biondi sciolti sulla camicia da notte candida, piegò la testa di lato scoprendo il collo diafano.
-Fa' quel che devi, vampiro, non soffermarti sul mio dolore- disse la ragazza seria e coincisa, non tradendo alcun sentimento, ricordando l'alterigia dei suoi personaggi inventati e pensando che forse questo gesto sarebbe stato ricordato nel tempo dal suo assassino, forse non per forza il suo nome doveva morire con lei.
Ma il morso non provenne dal ragazzo che aveva di fronte.
Il vampiro non ce la fece ad ucciderla, colpito dalle sue paorle, e la salvò dal suo compagno, ma la lasciò, agonizzante, perduta... Troppa paura lo invase. Se avessero scoperto che lei era viva, sarebbe morto, oltre a lei.

° madre




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