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Autore: Cat in a box    09/01/2014    1 recensioni
Yuki Kuroi, attuale luogotenente della Quinta compagnia, si sentiva inadeguata a ricoprire quel ruolo che un tempo era appartenuto alla sua migliore amica d’infanzia. Quando era rientrata alla Soul Society, nulla era più come prima: tre capitani avevano disertato e la Camera dei Quarantasei non esisteva più. Le brigate erano state riorganizzate in breve tempo e ora, una nuova minaccia che portava il nome di Arracar era comparsa sulla Terra. Una guerra è alle porte e una vendetta deve compiersi, ma nessuno sa, che tutto questo è solo un piano di Aizen per posare le mani su qualcosa di più prezioso. Qualcosa che solo Yuki può custodire e proteggere, ma riuscirà a non piegarsi alle sue minacce? Anche quando i suoi amici non saranno più con lei, quando sarà sola, abbandonata nella fredda Las Noches, in balia di un cinico carceriere? 
Pairing: [Ulquiorra Schiffer x Nuovo personaggio] e [Ukitake Jushiro x Hinamori Momo].
Genere: Avventura, Comico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinamori Momo, Hitsugaya Toushirou, Nuovo personaggio, Schiffer Ulquiorra, Sosuke Aizen
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mukasi no Hikari – The Rise of the Guardian Spirit'
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Capitolo 4. Shiroi Akuma, il coraggio di Yuki  
 

Riaprii lentamente gli occhi.

La luce mi stava accecando, così cercai di proteggermi la vista dietro il palmo della mano, aspettando, a poco a poco, di mettere a fuoco l’ambiente.

Mi trovavo supina sul morbido manto erboso, sotto ai rami cadenti di un ciliegio in fiore. – Com’è possibile… - pensai, voltando la testa per analizzare l’ambiente - … che mi trovi in un posto del genere? – mi drizzai a sedere.

Ero circondata da un tappeto d’erba e dai profumi della Primavera. Un cielo a pecorelle mi sovrastava, riportandomi a delle vecchie memorie che avevo di un luogo simile e di una certa promessa.

«I fiori di questo mondo appassiscono quando non sei sicura di te stessa…» sentii prorompere una voce baritonale. Mi guardai intorno con circospezione, ma non vidi nessuno.

«Chi sei?» chiesi, alzandomi in piedi.

«Tu chiedi a me chi sono? Dovresti conoscere il mio nome…»

Una bianca figura comparve davanti ai miei occhi.

Aveva le fattezze di un uomo, né vecchio né giovane, dai lunghi capelli argentati. I lineamenti del viso erano delicati, quasi femminili e la testa era sormontata da due corna caprine arricciate. La sua pelle era nivea, persino diafana in alcuni punti; tanto da riuscire quasi a confondersi con i suoi indumenti del medesimo colore. Solo gli occhi, creavano un forte distacco in tutto quel bianco; infatti, le iridi erano di un acceso rosso carminio, mentre le sclere erano completamente nere. 

«Shiroi Akuma*!» esalai, riconoscendo lo spirito della mia zanpakuto.

«Lo sai che il coraggio è come un albero che cresce, fiorisce …» disse, poggiando una mano sulla corteccia dell’albero « …e se è forte, riesce a sopravvivere anche a lunghi inverni e alle intemperie.»

«Quello… sarebbe il mio coraggio?» chiesi ingenuamente, indicando il ciliegio.

Il demone si limitò ad annuire.

Scrutai l’albero, che a giudicare dalle sue cospicue dimensioni, stava a dimostrare che non ero nient’affatto una codarda. Però, qualcosa non andava. Alcuni rami, ricoperti di gemme, sembravano malati.

«Perché le sue gemme stanno appassendo?» chiesi al demone.

«Perché hai paura.» Quella parola mi suscitò un brivido. «Quando vacilli, il tuo mondo interiore appassisce, crolla, si spezza...» Shiroi Akuma sprofondò la mano nella corteccia dell’albero, oltrepassandola e cercando di afferrare qualcosa dall’interno «… io posso lenire le tue paure, darti gli strumenti per combatterle… ma tu, Yuki, dovrai diventare più forte.»

«Lo diventerò!» promisi «Diventerò più forte per proteggere le persone che mi sono vicine!»
 
Il demone piegò gli angoli della bocca, in quello che sembrò un sorriso compiaciuto, che mostrava appena la sua dentizione perfetta e un paio di affilatissimi canini. Poi, con un movimento rapido, estrasse qualcosa dal tronco dell’albero.

Era un’ombra, nera come l’inchiostro.

L’aveva afferrata per un lembo e la teneva ben stretta nella morsa creata dalle sue dita lunghe e affusolate. Sapevo molto bene che cos’era: una reiatsu negativa, una materializzazione delle mie paure. Da quando l’aveva tirata fuori, i rami malati del ciliegio erano guariti istantaneamente.

L’ombra iniziò a dimenarsi come un serpente, sibilando e contorcendosi in modo spasmodico, tentando di divincolarsi dalla sua presa. Shiroi Akuma la strinse nel pugno, finché questa, con un gridolino soffocato, esplose.

«Era ora di fare pulizia.» Disse sogghignando, mentre stringeva ancora qualcosa nel pugno.

Si avvicinò a me, a passi lenti e calibrati, poi, mi lasciò qualcosa tra le mani.

Sentii un debole pulsare, come il battito d’ali di un uccellino che tentava di spiccare il volo, e un piacevole tepore. Aprii le mani e vi trovai una piccola fiammella bianca, che un istante dopo, svanì nel nulla.

«Che cos’era?» domandai con disappunto.

«Il tuo nuovo potere.» Rispose, con un’espressione indecifrabile. «Quando vorrai usarlo, dovrai dire: ‘scudo di luce dello spirito guardiano’.»

«… dello spirito guardiano?» ripetei un po’ stranita, cercando qualche spiegazione; ma Shiroi Akuma, così com’era arrivato, era già sparito, lasciandomi in balia di numerose incertezze.

 
Mi voltai verso il ciliegio, che ora fioriva robusto e rigoglioso.
 
«Grazie.» dissi con un fil di voce, sicura che da qualche parte, nel mio mondo, il demone bianco avrebbe sentito.
 
Chiusi gli occhi e presi un lungo respiro.
 


 

A poco a poco, sentii ogni estremità del mio corpo iniziare a formicolare, riuscii a muovere una mano e a sentire il tepore delle coperte che mi avvolgevano. Mi stavo risvegliando.
 
Riaprii gli occhi.
 
«Yuuuuu-kiiiiiii!!!» Mi sentii assalire dalla squillante voce di Rangiku, che con ben poca delicatezza, mi stritolò come un piovra in un abbraccio, rischiando di soffocarmi tra i suoi seni giganteschi. «Sono così contenta che Yuki-chan sia ancora viva!»
 
«Lo sarà ancora per poco se continuerai a tenerle la faccia là in mezzo!» proruppe con tempismo Toshiro.
 
«Ops!» esclamò la bionda, allentando la presa e permettendomi di liberarmi da quell’eccessivo contatto fisico. Finalmente, annaspai con avidità la mia prima boccata d’aria.
 
«Sai, Yuki, il capitano è stato molto in pensiero per te…» mi informò la bionda.
 
«Ehi! Non esagerare!» sbottò freddamente l’albino, il quale, si stava preoccupando che troppo sentimentalismo avrebbe potuto rovinare la sua immagine di capitano del Gotei 13.
 
Mi drizzai a sedere; ma non con poche fatiche, visto che ogni mio movimento era seguito dalle fitte che avevo un po’ in tutto il corpo.
 
«Come ti senti?» si preoccupò Shiro-chan.
 
«Come se un Arrancar gigante mi avesse appena pestata…» risposi schietta, ma vedendo l’espressione preoccupata di Rangiku, cercai subito di sdrammatizzare «… comunque sto bene.»
 
«Dove sono gli umani?» chiesi un attimo dopo, quando mi balenarono in mente Chado e Ichigo, i quali erano ridotti piuttosto male dopo l’incontro «Come stanno?»
 
«Sono vivi, grazie a te.» mi informò l’argentato.
 
Levai un sospiro di sollievo, sentendo il cuore essersi appena tolto un macigno di dosso. Erano vivi, ero riuscita a salvarli…
 
«No…» dissi dopo un po’ «… di certo non grazie a me.» Ammisi, scorgendo un’ombra dietro al paravento e riconoscendone il profilo.
 
Mi alzai in piedi, cercando di trattenere una smorfia di dolore ogni volta che avanzavo un passo in direzione della porta. Rangiku, preoccupata, cercò di convincermi a tornare a letto, ma me ne infischiai.
 
Aprii la porta scorrevole, rivelando che le mie supposizioni erano corrette.
 
«Ohayoo gozaimasu* Yuki-san! Vedo che ti senti meglio.» Mi salutò solare Urahara, che come di consueto, era vestito stravagante, con tanto di cappello a righe e ventaglio in mano.
 
«Io…» mi sentivo così imbarazzata che non sapevo nemmeno da che parte cominciare. Se non fosse stato per il suo intervento, sarei stata carne morta da ore e i ryoka sarebbero andati incontro al mio stesso infausto destino.
 
«Io volevo ringraziarla…» presi coraggio «… di averci salvati tutti.»
 
«Non c’è di che.» Disse semplicemente, lasciandomi di sale.
 
«M-ma…?» boccheggiai. Che razza di risposta era ‘non c’è di che’? Non riuscii a pensare come ribattere, che sentii dei passi in corridoio avvicinarsi a noi.
 
 
«Yuki!» mi sentii chiamare.
 
Mi voltai e vidi Renji, insieme al resto della squadra: Rukia, Ikkaku e Yumichika.
 
«Sgancia!» disse di punto in bianco Ikkaku, tendendo una mano verso Renji «Te l’avevo detto che si riprendeva dopo il primo giorno.»
 
Il rosso sbuffò e tirò fuori dalla tasca un sacchetto di monete.
 
«Avete scommesso su di me???» chiesi, mentre mi sentivo avvampare per la rabbia.
 
«Trentamila Yen che ti saresti ripresa dopo il primo giorno!» vuotò il sacco Yumichika «L’idea è stata mia, geniale?» mi fece l’occhiolino.
 
«BAKAAA!!» lo misi K.O. con un gancio ben assestato alla mascella «Ci ho quasi rimesso le penne! Dove cavolo eravate tutti?» domandai furibonda.
 
«Siamo rimasti a scuola.» intervenne Rukia «Non abbiamo percepito nessuna reiatsu degli Arrancar e per un certo momento, neanche la divisione scientifica è riuscita a rilevare qualcosa…» spiegò, scavalcando con nonchalance il corpo esanime di Yumichika «… è stato quando abbiamo sentito la tua reiatsu indebolirsi, che abbiamo pensato che qualcosa non andasse.»
 
Rimasi un attimo a pensare.
 
In effetti, ora che ci facevo caso, le reiatsu degli Arrancar non le avevo percepite, ma le avevo viste per via dell’aura e soprattutto perché mi trovavo nei paraggi.
 
«A quanto pare hai un potere davvero interessante, Yuki-san.» convenne Urahara, dandomi l’impressione di avermi appena letto nel pensiero.
 
«E lei come ha fatto a sapere degli Arrancar?» domandai sospettosa.
 
«Un caso fortuito.» Rispose. «Ho sentito la reiatsu di uno shinigami che se la stava vedendo brutta e il mio emporio si trovava a pochi isolati dal parco.» Spiegò, anche se non riuscii del tutto a convincermi.
 
«Che fine hanno fatto i due Arrancar?» Mi informai.
 
«Sono tornati con la coda tra le gambe dal loro padrone.» Intervenne Yourichi, che era sbucata fuori all’improvviso alle spalle di Toshiro, facendo pigliare un mezzo infarto al giovane capitano.
 
«Scusami piccolino, ti ho spaventato?» domandò innocentemente la donna, spettinando scherzosamente i capelli a Toshiro (altro gesto che lui detestava).
 
Ebbi un singulto.
 
Riuscii a prevedere in anticipo la reazione che avrebbe avuto: notai la sua faccia passare dal rosso vivo al viola lavanda, lo sguardo assottigliarsi minacciosamente in una delle sue classiche occhiate omicide e la mano avvicinarsi trepidante all’elsa della sua zanpakuto. Avevo sentore che di lì a un momento sarebbe scoppiato il pandemonio, così mi ritirai in fretta, tallonata da Rangiku, nella mia stanza, prima di sentire l’argentato gridare…
 
 
«Troneggia sui cieli ghiacciati… HYOURINMARU!!»
 
 
 

 
 


 
 
 
Nello stesso momento, a Las Noches, qualcuno stava cercando di affogare i propri dispiaceri con qualche amara risata.
 
«Un mucchio di stronzate!» Grimmjow batté un pugno sul tavolo fino a spaccarlo a metà. «Aizen-sama là! Aizen-sama qua! Grazie mille Aizen-sama, non la deluderò!» digrignò tra i denti, mentre i suoi Fracciòn* che lo circondavano stavano ridendo a crepapelle, trovando l’imitazione di Ulquiorra piuttosto divertente.
 
«Gli insegnerò io a stare al suo posto!» disse infine, alzandosi in piedi e sfondando con un pugno una parete della stanza e mancando di poco uno dei camerieri che stava passando di lì per puro caso.
 
«TU!» disse l’Espada dai capelli celesti «Sì! Proprio tu!» indicò il cameriere rimasto impietrito dalla paura nel corridoio «Vieni qua dentro e mettiti quella scodella sulla testa!» gli ordinò, mentre uno dei suoi Fracciòn gli porgeva una ciotola di ceramica bianca e gli indicava di mettersela sul capo.
 
Il cameriere impaurito eseguì l’ordine, suscitando ancora di più l’ilarità del gruppo.
 
«Bene! Adesso ripeti dopo di me – Sì Aizen-sama! Porterò io i suoi calzini sporchi in lavanderia! – mentre ti inchini.» gli ordinò Gimmjow con un sorriso sghembo dipinto sulla faccia.
 
Il cameriere ripeté l’azione perfettamente, senza neanche far cadere la scodella dalla testa. Tutti risero di gusto.
 
«E adesso ripeti – Aizen-sama, posso portare in lavanderia anche i mutandoni di Yami? – fallo!» il servitore eseguì anche questa umiliante azione, impeccabilmente. Qualche Fracciòn rise al punto da ribaltarsi all’indietro dalla sedia e continuando a sganasciarsi dalle risate sul pavimento.
 
«Sei patetico Ulquiorra!» sentenziò serio Grimmjow a un certo punto, ormai stufo degli scherzi, facendo regredire nel silenzio le risate dei presenti. Si alzò dalla sedia e scaraventò il cameriere contro una parete, uccidendolo sul colpo.
 
«Ti insegnerò io a stare al tuo posto!» ruggì di rabbia, mentre tutti i presenti lo fissavano, certi con timore altri con venerazione.
 
«Ho intenzione di andare sulla Terra a fare un po’ di casino…» decise « …voglio trovare quello shinigami dai capelli arancioni e ridurgli quella minuscola testa che si ritrova in poltiglia!»
 
Poi, rifletté per un istante, mentre un ghigno sadico si imprimeva nei suoi lineamenti, dando quasi l’impressione di proseguire la sua maschera da Hollow.
 
«Perché no... già che ci sono porterò anche quella shinigami per Aizen.»
 
 

 
 
 
 

 
 
Nel pomeriggio, ricevetti la visita inaspettata di Inoue, che per sdebitarsi del fatto che le avessi salvato la vita, mi aveva portato un piatto di daifuku* fatti in casa.
 
«Arisawa dice che la mia cucina è strana e che ho gusti bizzarri…» mi informò, dopo che avevo preso in mano uno dei dolcetti e lo stavo quasi per addentare «…ma spero che a Yuki-chan piacciano i miei dolci!»
 
Esaminai il dolce che avevo in mano. Beh, cosa avrei potuto rischiare mangiando un dolcetto così piccolo? E poi, aveva un aspetto invitante ed emanava un gradevole profumo di riso dolce e pasta di fagioli. Che male avrebbe potuto farmi?
 
Lo addentai. Masticai il primo boccone, assaporando tutti gli aromi che potevo riconoscere e oltre agli ingredienti tradizionali, sentii che c’erano anche della noce moscata, cannella, liquirizia, vaniglia, menta piperita, peperoncino, chiodi di garofano, canditi, anice e una generosa dose di zucchero. 
 
«Com’è?» chiese la rossa, che aveva iniziato a guardarmi con due occhioni acquosi da quando avevo addentato il dolcetto.
 
«Buonissimo!» commentai, finendo in un sol boccone il resto del daifuku.
 
«D-davvero?» a Orihime brillarono gli occhi «Non avevo mai incontrato nessuno a cui piacessero i miei dolci!» iniziò a gongolare.
 
 
Passammo diverse ore a parlare di ricette di dolci e della favolosa torta ‘cream pie’ che servivano in una tavola calda in centro città, e che Orihime frequentava almeno una volta alla settimana, per concedersi una doppia porzione della suddetta bomba di grassi idrogenati da quattromila calorie al grammo. Da lì, iniziai a capire perché la rossa si ritrovasse con un seno così sviluppato alla ‘tenera’ età di 15’anni (…superando di gran lunga la media femminile della scuola).
 
«Oh giusto!» Disse d’un tratto Orihime, battendo un pugno contro il palmo della mano, come se avesse appena ricordato qualcosa di importante che doveva fare. «Ero venuta qui anche per un’altra cosa…» si avvicinò «… posso rigenerare le tue ferite.»
 
«Rigenerare?» ribattei scettica.
 
Non conoscevo nessuno che avesse quell’abilità al di fuori del capitano della Quarta divisione, Retsu Unohana, la più anziana e saggia tra i capitani del Gotei 13. Inoltre, per padroneggiare un’abilità così complessa come la rigenerazione, ci volevano secoli di addestramento!
 
«Sì!» Annuì semplicemente la rossa. «Lascia che te le curi, come gratitudine per averci salvato.»
 
«Come vuoi…» risposi, anche se piuttosto scettica che possedesse per davvero un’abilità del genere. Le mie ferite, secondo Urahara, mi avrebbero costretta a letto per almeno altri cinque giorni e prima di allora, non avrei potuto camminare o fare eccessivi sforzi per evitare che si riaprissero.
 
Mi coricai. Inoue si mise in ginocchio e posizionò le mani in avanti, su di me.
 
«Ayame! Shunou!» gridò. Due fatine spuntarono fuori dai fermagli che aveva nei capelli e crearono una barriera dorata che mi avvolse completamente.
 
– Che razza di potere è quello? – cercai di darmi una spiegazione, mentre rapidamente sentivo il dolore affievolirsi sempre di più, fino a scomparire del tutto.
 
Le due fate svanirono così come erano apparse. Mi drizzai a sedere sul tatami* e notai che non avevo più nessuna fitta. Mi sciolsi le bende che avevo intorno agli arti e alla vita, dove avevo le ferite, ma non era rimasto nulla. Nemmeno il segno delle cicatrici.
 
«Va meglio?» chiese Orihime con un timido sorriso, rimettendosi a sedere di fronte a me.
 
«S-sì…» balbettai stupita «… hai un potere davvero straordinario!» commentai, guardando le misteriose spillette a forma di fiocco di neve da cui prima erano scaturite le fatine.
 
«Così, domani, anche Yuki-chan potrà tornare a scuola!» asserì, sorridendo soddisfatta.
 
 
 
D’un tratto, udimmo qualcuno bussare alla porta.
 
«Avanti.» Dissi.
 
La porta scorrevole si aprì e Rukia e Ichigo entrarono nella stanza.
 
«Inoue!» esclamò il ragazzo sorpreso nel ritrovarsi di fronte la sua compagna di classe «Non pensavo fossi qui…» si grattò la nuca e distolse lo sguardo, come se avesse trovato d’impiccio la sua presenza (o almeno, in quel momento).
 
«Kurosaki-kun! Io…» la rossa si alzò in piedi ed esaminò con una rapida occhiata Rukia e Ichigo, poi, comprese che era di troppo «… me ne stavo giusto per andare.»
 
Orihime ci salutò e uscii dalla stanza di fretta, quasi come se non avesse visto l’ora di andarsene. Era la prima volta che la vedevo comportarsi in quel modo e, probabilmente, doveva esserci sotto qualcosa. Rangiku era molto brava a capire questo genere di situazioni e incredibilmente, la bionda ci sapeva anche azzeccare. Peccato che io non avessi il suo ‘talento’, perché non so cosa avrei dato in quel momento per capire che cosa stesse succedendo tra Ichigo e Orihime.
 
Tuttavia, il loro non era l’unico comportamento ad incuriosirmi; anche Ishida era da qualche giorno che si presentava a scuola con le braccia ricoperte di lividi ed ecchimosi, un segno che aveva persino allarmato i professori. Dopotutto, Ishida era uno studente modello ed era l’immagine della scuola. Non sarebbe stato onorevole venire a sapere che facesse a botte fuori nel tempo libero, o magari si comportasse come un teppista di quartiere.
 
 
 
Rukia diede un energico spintone al ragazzo, facendolo avanzare fino al centro della stanza. Erano entrati già da qualche minuto e ancora non avevano proferito parola. Ichigo, tra l’altro, se ne stava ben piantato sui piedi, davanti a me, senza dire nulla.
 
«Volevi parlarmi?» chiesi, notando che Rukia si era ritirata di qualche passo indietro e stava fissando con uno sguardo severo il ragazzo, mentre se ne stava a braccia conserte, aspettando che facesse una mossa.
 
«Sì…» iniziò con tono incerto, grattandosi dietro la nuca «… io… ecco, io… » intuii che non sapeva nemmeno da che parte cominciare.
 
Rukia sembrò perdere quel poco di pazienza che aveva rimasto. Afferrò il ragazzo per la collottola e lo costrinse in un profondo inchino, poi, a gran voce gridò:
 
«IO, KUROSAKI ICHIGO, TI RINGRAZIO DI AVERMI SALVATO!».
 
Cercai di reprimere una risata per quella buffa scena che mi si parava davanti.
 
«E…» riprese lui «… volevo scusarmi per quello che ho detto all’inizio. Mi sono sbagliato sul suo conto, luogotenente Yuki Kuroi.»
 
Rukia mollò la presa, sembrando soddisfatta di aver sentito quelle parole e Ichigo poté rialzarsi. Indugiò con un’occhiata su di me, in attesa di una mia reazione o magari di una risposta.
 
Accennai a un sorriso, nel tentativo di allentare la tensione.
 
«Non chiamarmi luogotenente...»
 
Se Hitsugaya mi avesse sentita in quel momento, avrebbe subito pensato che fossi fuori di melone; ma cosa ci potevo fare in fondo se non riuscivo, o meglio, non volevo abituarmi al mio nuovo grado? Ero stata ufficiale per tanti anni ed ero sempre stata chiamata solo per nome; e poi, non mi piaceva farmi ricordare di aver preso il posto di Hinamori.
 
«…Yuki, andrà più che bene.» Dissi.
 
Alzai lo sguardo su Ichigo e ancora una volta, analizzai la sua aura.
 
Le due reiatsu continuavano a respingersi a vicenda, ma questa volta, con forza eguale. Sembrava che avessero raggiunto una specie di equilibrio e che non fossero più in lotta tra loro.
 
Non sapendo come altro spiegarmi quell’inaspettato cambiamento, associai il fatto alla presenza di Rukia. Era un ufficiale degno della sua brigata, per via del suo carattere imperturbabile, deciso e talvolta, persino autoritario, come quello di un vero capitano. La qualità che più ammiravo in lei, era però la sua nobiltà d’animo, che faceva onore al motto della Sesta compagnia. Era l’opposto che si contrapponeva perfettamente a Ichigo, che seppure lo avessi osservato per poco tempo, ero riuscita a inquadrare in lui un carattere impulsivo, incontrollato e un modo di agire spontaneo, senza premeditazioni o senza aver prima soppesato la situazione. Come lo dimostrava il fatto che si fosse gettato in combattimento contro l’Arrancar gigante, senza valutare la situazione o pensare a quante chance avrebbe avuto di sopravvivere. Rukia era in grado di dargli quella sicurezza di agire, che lui, normalmente, non possedeva.
 
Insieme, erano una squadra davvero affiatata.
 








 
Sul fare della sera, l’emporio si svuotò e tutti, a parte Renji, tornarono alle rispettive case. In quanto a me, non avevo un motivo per prolungare la mia degenza, ora che le mie ferite erano guarite; ma, avendo visto come aveva combattuto Urahara contro gli Arrancar, decisi che gli avrei chiesto di allenarmi e magari, di insegnarmi qualche nuova tecnica.
 

«È permesso?» bussai alla porta della sua stanza.
 
«Ah sei tu Yuki-san! Prego, entra.» Rispose la sua voce dall’altra parte del paravento.
 
Aprii la porta scorrevole ed entrai. Lo trovai seduto nella penombra, su un cuscino da genuflessione, davanti a un tavolino basso e rotondo, mentre sorseggiava una tazza di tè. Notai, che il tavolo era apparecchiato per due.
 
«Mi scusi Urahara-sama, stava aspettando qualcuno?» domandai, pensando che da un momento all’altro Yourichi avrebbe fatto il suo ingresso.
 
«Non necessariamente...» rispose con fare misterioso «… tengo sempre una tazza in più per gli ospiti. Gradisci del tè bianco?»
 
«No, grazie.» Declinai l’offerta. «Veramente, io ero venuta qui per chiederle una cosa…»
 
L’uomo sorseggiò la sua tazza. Feci caso che non indossava più quel bizzarro cappello a righe, rivelando un’ispida chioma biondo cenere che terminava circa all’altezza del mento e alcune ciocche sbarazzine che gli ricadevano sul naso.
 
«Non vorrei chiedere troppo, ma… » presi un profondo respiro per allentare la tensione «… potrebbe allenarmi a combattere contro gli Arrancar?» dissi quasi tutto d’un fiato.
 
Urahara posò la tazza sul piattino e poi, alzò lo sguardo su di me.
 
«Perché vieni proprio da me a chiedermi di allenarti?» 
 
«Si dice che lei sia stato capitano della Dodicesima divisione, più di un secolo tempo fa… » mi inchinai in segno di rispetto «… ora che l’ho vista combattere non ho alcun dubbio. La prego, mi insegni, Maestro
 
«E cosa vuoi che ti insegni, precisamente, Yuki-san?»
 
«Come sconfiggere un Arrancar.»
 
«Non so cosa ti faccia pensare che io sappia come sconfiggerne uno, ma ... devo confessare che sono incuriosito da alcune abilità della tua zanpakuto.»
 
Il mio viso si illuminò.
 
«Se non vado per errato, è una Soul Slayer elementare di tipo luce.» disse, esaminando la guardia della katana da cui affiorava un lembo di reiatsu che emanava una calda luce dorata.
 
«Giurerei di averla vista cambiare colore diverse volte durante il combattimento…»
 
«Mi ha vista combattere!?» esclamai sbalordita «Ehm... sì, comunque cambia colore e intensità a seconda delle mie emozioni. Questo è il suo potere.» Cercai subito dopo di recuperare, per non dare a vedere che la cosa avesse un certo peso per me. Essere guardata in combattimento da un ex-capitano del suo calibro, era quasi come ricevere un complimento da Kuchiki Byakuya in persona! Cercai in tutti i modi di non montarmi la testa.
 
«Questo è il suo potere, dici?» ripeté «Ne parli come fosse una cosa separata da te, quando al contrario shinigami e zanpakuto dovrebbero diventare una sola entità. È così che uno shinigami raggiunge il bankai.»
 
Quell’affermazione mi fece impallidire e allo stesso tempo si stupii.
 
«Mukasi no Hikari non è solo un compagno di battaglia, Yuki-san. Ricordalo, sempre.»
 
«Come fa a sapere il suo nome?» domandai sbigottita, non ricordando di averglielo mai rivelato.
 
«Semplicemente perché te l’ho sentito pronunciare in combattimento.»
 
«Ah… giusto…» sentii una vampata di calore sulle guance.
 
«Sono disposto ad allenarti…» disse di punto in bianco, dopo quella che sembrava una profonda riflessione durata appena cinque secondi «… ma in futuro mi dovrai un favore.»
 
«Sì! Grazie mille Urahara-sama!» mi inchinai.
 
«L’allenamento inizierà domani mattina all’alba.» sentenziò, rovesciando dell’altro tè nella tazza «Potrai fermarti qui per la notte, se vorrai. Tessai ti darà una stanza.»
 





 
 •°¤*(¯.. Note dell’Autrice da strapazzo..´¯)*¤°• 

Confesso che questo capitolo è stato un parto! @__@ Ho dovuto fare i tripli salti mortali con avvitamento all’indietro questa settimana per trovare il tempo di scrivere. Non voglio farla tanto lunga, quindi parlerò solo dei punti salienti del capitolo e se avete curiosità o domande, sapete che potete mandarmi un messaggio privato o scriverlo nella recensione. ;) Dunque, l’idea del coraggio che viene rappresentato dal ciliegio in fiore è un allegoria, che ho preso ispirandomi a una canzone dei The Rasmus che faceva: “Fear is like a three that grows inside of me silently…”, mentre qui è il coraggio ad essere l’albero che cresce nel mondo interiore di Yuki. Uh sì! Come avete trovato la parte in cui Shiroi Akuma estrae dal nucleo del ciliegio quell’ombra nera che si dimenava come una biscia? *^* Spero che qualcuno l’abbia apprezzata, perché questa volta ho lavorato di fantasia! Se volete sapere qualcosa sul demone bianco, leggete sotto nel dizionario, perché ho scritto qualche riga in più sulle sue caratteristiche. Bene, finalmente la storia prende una nuova svolta! Yuki sarà allenata da niente po’ po’ di meno di Urahara Kisuke… chissà, ci sarà un motivo per cui l’ex capitano ha accettato di allenare Yuki? E quale sarà il favore che chiederà in cambio? Oddei!! Non pensate subito male! Non fate i Rangiku, vi prego! O.O Poi, riguardo Grimmjow, penso che sia assolutamente scontato a chiunque che farà la sua comparsa nel prossimo capitolo, che guarda caso si intitolerà…

 
5. La vendetta di Grimmjow
 
Il prossimo capitolo sarà pubblicato tra una settimana, quindi verso giovedì o venerdì, se non prima (dipende dal tempo che trovo ^^' ).

E tanto perché siamo in tema di Grimmjow (e perché non trascinare anche Ulquiorra), ho ripescato questa simpatica vignetta dalla mia cartella immagini… bollicineee!! ^o^
 
 

 
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*Shiroi Akuma: ‘shiroi’ = bianco, ‘akuma’ = demone; quindi “Demone Bianco”. Il suo carattere è mite, riflessivo, misterioso e taciturno. Non fatevi ingannare dal fatto che sia un demone, perché è tutto fuorché malvagio, sadico, doppiogiochista e tutto quello che vi potrebbe passare per la testa. Anzi, Shiroi Akuma, a dirla tutta, ha anche un codice d’onore fondato sul coraggio, la giustizia e il bene. Più avanti saranno rivelati altri interessanti dettagli su di lui.
*Ohayoo gozaimasu: in giapponese significa ‘buona mattina’ o ‘buongiorno’, è un saluto informale.
*Baka: vuol dire ‘scemo’ o ‘idiota’, anche se non è un gran offesa, considerata la moltitudine di volte in cui viene usata in svariati manga e anime, anche in contesti come di due amici che bisticciano tra loro per questioni frivole.
*Fracciòn: tradotto dallo spagnolo vuol dire “frazione”, connotazione giapponese per “ufficiali subordinati”; infatti sono Arrancar che prendono ordini da un Espada (un po’ come gli elfi domestici in Harry Potter… “ma che cazz’ centra?” nda___ Tite Kubo ).
*Daifuku: dolce giapponese fatto di riso glutinoso e pasta di fagioli rossi dolce (detta ‘anko’). Hanno l’aspetto di palline colorate, bianche, rosa o verde pallido e di solito nel ripieno si possono mettere anche pezzi di frutta. La sottoscritta le ha provate una volta al Wok e devo dire che non sono affatto male. ^o^
*Tatami: pavimento giapponese tradizionale fatto di pannelli rettangolari realizzati con paglia di riso intrecciata poggiate sul pavimento. Si vedono in molti film nipponici.
   
 
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