Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: Deb    10/01/2014    8 recensioni
L’osservo allontanarsi con Johanna. I miei sensi sono in allerta, ma continuo a guardarla finché la sua persona non scompare tra la vegetazione di questa nuova arena. Vorrei andare con lei, vorrei essere con lei. [...]
Non so cosa sia successo, poi, è stato tutto un via vai di avvenimenti strani, l’adrenalina che ha cominciato ad aumentare, le scene che si susseguono nella mia mente sono confuse, sospinte dalle mie azione mosse senza pensarci. [...]
«Peeta!» Alzo lo sguardo, distogliendolo dal corpo di Brutus.
«Katniss!» Urlo di rimando, cominciando a correre da dove sono venuto.

{Peeta Centric! Everlark ♥ | Ambientato in Catching Fire | A Sunflowerbud}
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Presidente Snow
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A Sunflowerbud ♥
questa è tua fanfiction
senza di te non sarebbe nemmeno nata,
grazie mille, tesoro.
Per tutto. Per la tua sconfinata dolcezza,
le tue parole sempre di conforto,
per l'essere te stessa,
per il tuo amore per Peeta,
per tutte le nostre chiacchiere,
perché mi sopporti,
l'elenco potrebbe essere infinito, quindi mi fermo qui.
ti voglio bene

Non preoccuparti. Andrà tutto bene. Ti amo.

«Nei miei incubi di solito ho paura di perdere te, e sto bene quando vedo che ci sei».
- Catching Fire

L’osservo allontanarsi con Johanna. I miei sensi sono in allerta, ma continuo a guardarla finché la sua persona non scompare tra la vegetazione di questa nuova arena. Vorrei andare con lei, vorrei essere con lei.
Non riesco ad essere rilassato, per quanto lo si possa essere nell'arena. Era giunto il tempo di dividerci da quest’alleanza così eterogenea, ma non ho voluto. Io. Ho pensato che dovessimo provare a seguire il piano di Beetee, ma ora non ne sono così sicuro. Avrei dovuto ascoltarla. C’è qualcosa che non va in tutto questo, c’è qualcosa che mi rende nervoso, ma forse è soltanto dato dal fatto che sono lontano da lei.
Mi avvicino a Beetee e Finnick, li osservo. Hanno uno sguardo strano negli occhi, sono sicuri, fieri, determinati. Sento scorrere il sangue veloce nelle mie vene, sperando di poter riabbracciare nuovamente Katniss al più presto.

Non so cosa sia successo poi, è stato tutto un via vai di avvenimenti strani, l’adrenalina che ha cominciato ad aumentare, le scene che si susseguono nella mia mente sono confuse, sospinte dalle mie azione mosse senza pensarci.
Finnick se n’è andato, si è allontanato. È corso via. Beetee si è nascosto da qualche parte ed ora mi ritrovo faccia a faccia con Brutus. Corro più veloce che posso, sperando che la gamba artificiale non mi faccia brutti scherzi. Allontano Brutus dall’albero del lampo affinché non rovini il piano di Beetee. Voglio provare ancora a fidarmi di lui, non so realmente il perché.
Il pugnale è serrato tra le mie dita. Lo stringo talmente forte che le mie nocche sono bianche, lo circondo con il palmo della mano come se tenerlo così stretto faccia sì che io rimanga concentrato, come se da un momento all’altro avessi paura di perdere la lucidità mentale. Il mio cuore aumenta i battiti ed il sangue scorre più velocemente all’interno delle mie vene. Penso a Katniss, a dove sia, a cosa stia facendo. È arrivata alla spiaggia? Ma a che pro? A differenza del piano iniziale, Brutus ci ha attaccati all’albero, quindi non ha più senso quello che volevamo fare.
Brutus scatta verso la mia direzione. Ho paura che quell’ultimo sguardo sia stato un addio. No. Non posso arrendermi, devo tornare da lei. Sono certo che stia bene, che stia ritornando da me.
Come spinto da un altro me, vedo Brutus cadere esanime al suolo. L’ho sconfitto. L’ho ucciso. E sono stato io a farlo. So che non avevo altra scelta, ma quasi mi dispiace perché se fosse per me non ucciderei nessuno. Ma sono dentro gli Hunger Games. Non posso rimanere la persona dai buoni principi. Non posso morire ora; prima devo assicurarmi che Katniss stia bene, poi, quando rimarrà l’ultima, mi ucciderò come avrei dovuto fare l’anno scorso.
«Peeta!» Alzo lo sguardo, distogliendolo dal corpo di Brutus.
«Katniss!» Urlo di rimando, cominciando a correre da dove sono venuto. Ora che l’adrenalina è scemata e che sono un po’ più rilassato avendo ascoltato nuovamente la sua voce, sento i muscoli delle gambe tendersi, provocandomi fitte di dolore ad ogni passo, ma cerco di ignorare tutto. Cerco di raggiungerla. La gamba artificiale mi dà problemi, probabilmente dovuti per i crampi alla coscia.
«Peeta!»
I miei palmi incontrano la terra. Annaspo in cerca d’aria, e cerco di riprendermi un attimo. La mia voglia di vederla mi spinge a combattere contro il mio stesso corpo, che vorrebbe stendersi e riposarsi. Mi alzo, aiutandomi con il tronco di un albero. Le gambe mi tremano e urlo nuovamente il suo nome per farle sapere che sto bene.
Continuiamo così per un po’, annaspo, urlo, cammino, cerco di correre nella sua direzione, poi mi ritrovo nuovamente inchiodato al terreno perdendo l’equilibrio. La terra trema, un boato si espande per l’arena e nella mia testa si accende la preoccupazione.
«Katniss!» Grido nuovamente, non riuscendo però ad alzarmi. «Katniss!»
Per tutto il tempo riesco soltanto ad urlare il suo nome, al quale interno ci sono nascoste altre mille parole: dove sei? Stai bene? Ti vengo a prendere. Non preoccuparti. Andrà tutto bene. Ti amo.
Non ricevo più alcuna risposta e l’ansia mi assale. Chiedo mentalmente a chiunque sia in ascolto di far sì che Katniss stia bene, sia salva, sia vincitrice. Il silenzio, ora, dopo l’esplosione, dopo aver sentito il mio nome gridato dalle sue labbra è diventato peggiore del rumore, assordante e malinconico. È come se fossi rimasto da solo, ma devo sperare e credere che stia bene. Che anche Katniss, come me, sia inchiodata al terreno, senza forza per parlare visto il tremore del suolo ed il boato. So cos’è successo, l’arena si è spaccata.
Mi alzo nuovamente, il fiato corto e le gambe doloranti non agevolano i miei momenti. Vedo un hovercraft in cielo e la mano d’acciaio scendere. Il cuore accelera i suoi battiti ancora una volta. Stanno recuperando un corpo e spero ardentemente che non sia quello di Katniss perché lei non può essere morta. Semplicemente non può. Cerco di convincermi che sia quello di Beetee che so con certezza fosse nascosto in prossimità dell’albero del lampo. Non dovrei o vorrei pensare una cosa del genere, ma tutto è meglio che pensare che Katniss sia morta. Uccisa da qualcuno che probabilmente era nella nostra alleanza.
«Katniss». Sussurro, senza la forza di urlare, con le lacrime che mi offuscano la vista. Vorrei averla davanti a me, vorrei abbracciarla, stringerla contro il mio corpo e proteggerla. La chiamo a mo’ di preghiera, sperando che sia viva, sperando che stia bene, sperando che l’abbiano salvata.
Riprendo il cammino, poi i miei sensi mi avvertono e mi accuccio dietro una siepe. Li osservo correre, prima in lontananza, poi sempre più vicini. Come se conoscessero quest’arena come le loro tasche, si fermano davanti a me. Non serve a nulla nascondersi perché il localizzatore che ho sotto la pelle mi rende un puntino rosso su uno schermo, molto probabilmente. Potrei cercare di scappare, ma mi ritroverebbero in poco tempo, a meno che non mi incida la carne. Dovevo pensarci prima, ormai è tardi. Sono troppi e non posso combatterli, sono troppo stanco e disidratato. Spero però che Katniss sia stata abbastanza intelligente da fare ciò che non ho pensato io, ma so con certezza che lei l’abbia fatto, che lei sia salva. Lo spero, lo desidero e devo continuare a pensarlo perché immaginarla stesa a terra esanime è quanto di più doloroso possa concepire la mia mente.

Il mio incubo peggiore è diventato realtà. Sogno la morte di Katniss e svegliandomi la situazione non cambia, continuo ad essere terrorizzato da questa eventualità. Non è con me. Non la vedo. Non so dove sia o cosa stia facendo.
Dopo l’arrivo dei Pacificatori, sono stato scortato fuori dall’arena, ammanettato come se fossi la persona più temibile sulla faccia della terra, come se io potessi attaccare tutti quegli uomini armati che mi accerchiavano. Non sono così pazzo, ma forse avrei dovuto fare qualcosa per farmi uccidere. Non voglio vivere in un mondo nel quale non ci sia Katniss. Ma non potevo farlo, non potevo morire, non posso morire perché prima devo avere la sicurezza che lei stia bene.
Ho come l’impressione che questi settantacinquesimi Hunger Games si stiano espandendo fuori dalle mura dell’arena. Dovremo combattere gli uni contro gli altri in tutta Panem.
La flebo mi idrata, nutrendomi delle sostanze che il mio corpo richiede. Comprendo dove sia dopo un po’, prima, forse, ero troppo debole per potermene rendere conto. Sono al centro d’Addestramento, al dodicesimo piano. Alzo lo sguardo e m’immagino di essere ancora sul tetto, con Katniss appoggiata alle mie gambe che mi dice che per lei va bene rimanere per sempre lassù, fermando il tempo. Soltanto io e lei.
Mi volto di scatto quando sento la porta aprirsi e sgrano gli occhi nel vederlo entrare. L’ho sempre visto da lontano, anche se so che Katniss ha avuto modo di parlargli da vicino, anzi, è stata minacciata da vicino. Non credo che la mia sorte sarà differente. Cercherà di inculcare dubbi nella mia mente non ancora del tutto ristabilita.
Non so esattamente come lo stia osservando, forse con odio, perché lo vedo sorridere divertito.
Avvicina una sedia al letto nel quale riposo, si siede ed appoggia le mani sulle sue gambe.
«Signorino Mellark, ben ritrovato. Come si sente?»
Sento puzza di sangue e nel mio viso si forma una smorfia. Ho convissuto con quell’odore per così tanto tempo nell’arena che vorrei poterlo non sentire più. Vorrei anche chiedergli come sta Katniss. So che non dovrei parlargli, ma potrei chiedere come stia lei anche ad un masso tanta è la mia disperazione nel non sapere dove sia e come stia.
«La signorina Everdeen è viva, non si preoccupi per lei».
Sospiro di sollievo, socchiudendo gli occhi, rilassandomi per quell’informazione datami dal mio peggior nemico, ma non ha senso mentirmi. Non ora che sono completamente nelle sue mani. Se avesse voluto uccidermi l’avrebbe già fatto e so che dovrei preoccuparmi per ciò che mi succederà, perché sicuramente non mi sta rimettendo in forze per il mio bene o per la sua bontà. Ma non importa ciò che mi farà fintanto che Katniss stia bene.
«Sa, l’hanno presa i ribelli. L’hanno portata via ed hanno lasciato lei. La signorina Everdeen l’ha abbandonata a quanto pare». Si umidifica le labbra con la lingua ed osservarlo mi fa venire il voltastomaco. È possibile odiare tanto una persona? Probabilmente. Dopo tutto ciò che ha fatto a noi Tributi ed ai Distretti, è normale provare un tale sentimento d’odio.
«Non mi ha abbandonato», rispondo come se dovessi giustificarla. «Mi ha cercato, fino all’ultimo, come io ho cercato lei».
«L’amore che prova per lei è così forte, così nobile. Lei, d’altro canto, ci ha messo un po’ ad amarla, a contraccambiare i suoi sentimenti». Fa una pausa, sorridendomi. «Ma l’amore, soprattutto quando è così forte, può essere una debolezza. Può essere… manipolato». Pensa bene alle parole da utilizzare, come se ogni frase che pronuncia abbia un significato più nascosto che io non riesco a comprendere. I miei pensieri sono rivolti tutti a lei che è stata salvata dai ribelli, che è al sicuro. Probabilmente Haymitch è con lei, portato anch’esso via da loro o, con più probabilità, lui era già parte di loro ed ha scelto di salvare Katniss proprio come aveva promesso.
«Devi promettermi la proteggerai anche a scapito della mia sopravvivenza».
«Te lo prometto».

«Abbiamo parecchio lavoro da fare con lei. E vedrà, signorino Mellark, poi sarà una persona completamente diversa e comprenderà quanto il suo amore per la giovane Everdeen sia una debolezza».
Non attende alcuna risposta, si alza, lasciando la sedia vicino al mio letto, e se ne va. Non prima di avermi guardato ed avermi augurato una buona guarigione.
Ed allora capisco cos’abbia voluto dirmi. Non so ancora quello che mi faranno con precisione, ma so che sicuramente sarà peggio della morte. Cercheranno di cambiarmi ed è proprio ciò che non avrei mai voluto succedesse e, forse, rimpiangerò il fatto che i ribelli non abbiano salvato anche me.
L’importante è che Katniss stia bene, ricomincio a pensare, cercando di esorcizzare la paura della minaccia velata, ma nemmeno troppo, del Presidente Snow.
Non preoccuparti. Andrà tutto bene. Ti amo e ti amerò sempre, qualsiasi cosa succeda.

---


La storia nasce perché nel film di Catching Fire non hanno inserito un dialogo secondo me importantissimo. Quello degli incubi di Peeta. Perché è una scena importante che andrà a contrapporsi a ciò che Snow gli farà. Dopo, lui non avrà più quegli incubi, non si sveglierà e non starà bene sapendola viva. Quindi ci sono rimasta malissimo che non l’abbiano inserita minimamente :(
Ma non solo, mi sarebbe piaciuto che avessero inserito anche i loro urli nell’arena, quando si cercano e non si trovano. Quando urlano l’uno il nome dell’altro. Perché sarebbe stata una scena toccante, un addio. Ho sempre visto quel cercarsi e non trovarsi, loro che urlano i rispettivi nomi dell’altro, come se non volessero dire soltanto i nomi. Almeno Peeta. Ho sempre pensato che, in quei “Katniss” urlati, Peeta ci mettesse tutto il suo amore per farlo arrivare a lei e, quindi, anche per questo sono rimasta delusa T_T
L'idea mi è arrivata parlando con Sunflowerbud del film, ovviamente, e del nostro amore sconfinato per Peeta, quindi trovo che questa sia la sua fanfiction. :) Nata, per l'appunto, da cose che ci siamo dette ♥ Grazie mille, cara. ♥
Ringrazio anche Ili91, ovviamente, che è la mia beta ufficiale che mi sopporta. XD A volte mi dimentico di scriverlo, ma tutte le fic me le beta lei. :) Grazie! ^^
Spero vi sia piaciuta!
Baci
Deb
   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Deb