Chiudi gli occhi, lentamente. Sai benissimo di avere tutto il tempo del mondo.
Hai paura, ma l'hai già fatto. E' così ogni volta e, come ogni volta, sai come fare. E' come tuffarsi in piscina essendo consapevoli che l'acqua, non appena la toccherai, ti congelerà, per poi , però, avvolgerti completamente, facendo scomparire tutto.
L'appoggi contro la carne, la senti: è fredda, quella lama, gelida come il ghiaccio e continua a premere contro il tuo polso, senza lasciargli tregua.
Dopo pochi attimi l'idea di tagliare quella parte di te non è più così spaventosa. Puoi farcela e lo sai.
Ecco.
La pelle pizzica, sembra che milioni di piccoli aghi vi si stiano conficcando dentro; le lacrime, che scendono giù, danno la sensazione di una scia di fuoco che ti scava nelle guance; sei quasi convinto che, alzando lo sguardo allo specchio del bagno, tu possa vedere dei solchi rossi sulle tue guance, simili, magari, a tutte le cicatrici che hai sul corpo.
Però non riesci a guardare la tua immagine riflessa, che, tanto, dovrebbe essere distrutta. Non è, forse il riflesso che guardi negli specchi lo specchio stesso dell'anima? Ma la tua è distrutta da tempo, ormai.
Quindi non alzi lo sguardo, troppo preso ad osservare il liquido cremisi che, lentamente, macchia te e il lavandino sul quale sei poggiato da non sai quanto tempo.
E' quasi divertente: il sangue stesso sembra essere consapevole di avere tutti i minuti, le ore o i giorni che vuole per defluire dalle tue vene.
A pensarci ora il taglio che hai fatto non è poi così tremendo, vero?
Hai patito dolori peggiori, in fondo.
Devo ricordarti quali, o ce la fai da te?
No, non vuoi ricordare.
Infatti la lama torna a tagliare, ancora, ancora, ancora e ancora..