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Autore: Yvaine0    10/01/2014    4 recensioni
Cosa succede quando Niall Horan ha una cotta per qualcuno, Liam Payne un piano – e non un piano qualunque, ma un piano geniale! - e Zayn Malik viene coinvolto senza possibilità di replica?
Succede che Dixie scambia Liam per un maniaco, Niall fugge in ogni dove nel disperato tentativo di svicolare e Ruth si guarda attorno cercando di capire cosa diavolo stia succedendo, mentre le vite di tutti loro si intrecciano irrimediabilmente.
Dixie è un'eccentrica fangirl tendente al nerd («Ti ho già spiegato che i nerd non esistono!»), Ruth una Welma di Scooby Doo in versione atletica («Giù dalle brande, si va a correre!»).
Liam è un ragazzo caparbio – forse appena un po' tonto – («Il problema è un altro: non hai capito cosa intendo»), Zayn indiscutibilmente un buon amico («Cosa c'è che non va in te?»).
Il denominatore comune di queste due coppie è senz'altro il povero Niall («Offro io!»), che non ha nessuna colpa se non quella di essere innamorato e un po' confuso.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Niall Horan, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10
Insicurezze –niente più, niente meno
 
 
Il treno correva lungo le rotaie attraverso il nord dell'Inghilterra, alle nove di mattina del giorno seguente, diretto a Sheffield.
Violet Dixon, seduta accanto al finestrino di uno dei vagoni, tamburellava nervosamente le dita sul bracciolo del proprio sedile, lo sguardo perso nel paesaggio che correva veloce e il labbro inferiore stretto tra i denti.
«Tutto bene?» domandò Liam seduto di fronte a lei, le sopracciglia leggermente aggrottate a manifestarne la sincera preoccupazione.
La ragazza annuì, trovando persino il coraggio di abbozzare un sorriso. In realtà, non andava tutto bene; non tutto, sicuramente. Si sentiva estremamente stupida ad aver chiesto proprio a Liam di accompagnarla fino a casa per recuperare la macchina, ma una parte di lei sapeva che non avrebbe trovato il coraggio di chiederlo a nessun altro. In una nuova conoscenza c'è sempre quel pizzico di libertà in più, quella consapevolezza che la persona che si trovava davanti non si aspettava assolutamente nulla da lei, perché doveva ancora scoprirla e ci avrebbe messo del tempo per imparare a conoscerla. Il fatto che Ruth e Niall conoscessero Dixie così bene le rendeva difficile lasciare che loro intravedessero anche Violet, che notassero il lato premuroso e insicuro dietro quell'atteggiamento distaccato e scostante da fangirl. In questi momenti, in cui i suoi tormenti repressi tornavano a galla rischiando di palesarsi davanti a tutti, sentiva di aver bisogno dei suoi amici, ma allo stesso tempo non riusciva a mostrar loro quel lato di sé che aveva sperato di lasciarsi alle spalle, rinchiuso dentro le mura della casa in cui era cresciuta.
Certe volte Violet andava a far visita alla nuova se stessa– più o meno ogni volta che uno dei suoi fratelli decideva di farsi vivo–, mettendo sottosopra la sua nuova vita e tutto il castello di carta in cui aveva preso dimora stabile. Si trattava di un nascondiglio precario, forse, ma era quello il meglio di cui era stata capace; quel rifugio si dimostrava piuttosto solido e accogliente, almeno finché le due Dixie erano rimaste separate.
Poi era arrivato Liam. Liam che aveva iniziato a guardare il suo castello di carte da fuori, con sospetto, cercando di capire, con le sopracciglia aggrottate e il labbro inferiore sporto all'infuori, come facesse a stare in piedi senza avere alcuna solidità. Era naturale, secondo lei, che non lo avesse capito: era ancora troppo inesperto per comprendere a fondo la potenza dello shipping, del fandom e della realtà alternativa in cui lei viveva.
Liam era però riuscito a trovare un varco nelle mura di carta e aveva sbirciato all'interno; aveva visto Dixie di fronte al suo amato pc, in contatto con persone provenienti da mezza Inghilterra, intente tutte insieme a delirare a proposito di questa o quella coppia di personaggi immaginari –e non. Si era mostrato per ciò che era veramente, un imbranato di prima di categoria, e a lei era piaciuto; lo aveva guidato per quel gioco di shipping, in cui loro erano i Cupidi e Norah e Niall la coppia fanon da rendere canon. E, sì, lei lo sapeva che lui non aveva idea di cosa quei termini volessero dire, ma andava bene così ad entrambi.
Si erano divertiti, in fin dei conti, tanto che Dixie aveva iniziato a lasciare la porta del suo castello aperta, sperando che a lui venisse voglia di entrare a fargli compagnia. Lui l'aveva fatto ed era stato proprio in una di quelle occasioni che aveva assistito ad un crollo –la sera precedente. Anche in quel momento, in treno, continuava a vedere le carte cadere, fluttuando tristemente a mezz'aria, per poi scivolare placide al suolo; vedeva il castello tremare ed infrangersi senza poter far niente per evitarlo.
Ma a Dixie andava bene anche così. La sua presenza al proprio fianco, la sera precedente e in quel momento, il suo sguardo rassicurante e il suo discreto interessamento la convincevano che dopo tutto lui era disposto a starle accanto, anche mentre tutto il castello crollava loro addosso, anche se non la capiva, anche se non riusciva mai a raggiungerla, anche se non sapeva cosa aspettarsi da lei, anche se non la conosceva. Nonostante tutto, lui era lì e lei gliene era grata.
Non aveva dovuto pensarci su molto prima di chiedergli di accompagnarla, ad essere sinceri: semplicemente lui aveva preso il discorso e lei si era finalmente aperta con qualcuno, chiedendogli quel favore che mai e poi mai sarebbe riuscita a domandare a Ruth o Niall. A loro no, ma a Liam sì; perché lui era buffo, imbranato, impiccione e incredibilmente sfigato, ma Dixie sentiva di potersi fidare.
«Ne sei sicura?» insistette, turbato dall'incessante picchiettare nervoso delle dita della ragazza sul bracciolo del sedile. Dixie irradiava agitazione da tutti i pori fin da quando era uscita di casa decisamente prima del solito, mentre probabilmente le sue coinquiline ancora dormivano.
L'unica risposta che ricevette fu uno sguardo a metà tra il divertito e il rassegnato e bastò. «Tornare a casa mi mette agitazione».
«Per via dell'incidente?» azzardò lui, dopo solo qualche attimo di silenzio.
Dixie prese un respiro profondo e annuì. «Sì, anche. Ma... diciamo che sono cambiata molto, da quando non abito più lì. I miei genitori non sembrano rendersene conto, però».
Niall e Ruth sapevano a grandi linee ciò che era successo a suo fratello, sapevano del suo terrore della guida, sapevano che non le piaceva guidare da sola per via di ciò che era accaduto. Liam invece la sera precedente era stato messo al corrente ogni cosa: era a conoscenza delle sue pressioni perché i genitori regalassero a Gordon quella stupida moto, dell'amicizia con Olly, dell'innata complicità tra lei e il fratello, della festa, dell'incidente, dei sensi di colpa e della fobia per la guida. Sapeva anche della fuga di quella mattina, senza avvisare nessuno della sua imminente partenza, della paura che i suoi scoprissero dell'attacco d'ansia per cui aveva preferito prendere il treno e lasciare l'auto nel parcheggio dietro casa. Gli aveva raccontato tutti i dettagli che aveva celato persino ai propri più cari amici, confidando a qualcuno per la prima volta in quegli anni come realmente si sentisse a riguardo.
Liam non aveva detto una parola, si era limitato ad ascoltare, mentre Dixie giocherellava con le chiavi dell'appartamento, di fronte al portone del palazzo; era rimasto in ascolto per quasi due ore senza emettere un fiato – rapito, confuso, turbato e sempre più consapevole di ciò che le frullava per la testa. All'una e cinquanta si erano salutati con un timido sorriso e la promessa di rivedersi cinque ore dopo per andare a recuperare l'automobile. Senza stare a pensarci troppo, prima di andarsene, Liam l'aveva abbracciata, poi si era incamminato verso casa, la testa piena di nuove informazioni su cui riflettere.
«Dixie, perché l'hai chiesto proprio a me? Perché non a Niall o a Ruth?»
«Perché... Ho fiducia in te».
 
Quanto Dixie era tornata a casa, quel sabato pomeriggio, aveva trovato Ruth in lacrime, seduta sul divano di fronte ad una televendita, con una barretta di cioccolata aperta accanto e un cuscino stretto tra le braccia. L'aveva sgridata, Ruth, perché era stata così cretina da uscire all'alba senza avvisare, dopo essere rientrata così tardi che sia lei che Babs si erano già pesantemente addormentate, facendosi trovare con il telefono scarico, totalmente irraggiungibile. Le aveva fatto una ramanzina in piena regola, con il volto umido e arrossato, gli occhi gonfi e lucidi e tra le mani un fazzoletto sporco che usava per pulirsi il naso al termine di ogni frase –se Dixie non fosse stata spiazzata e impietosita da quella scenata, probabilmente le avrebbe riso in faccia.
Poi però, una volta che la sua amica si era calmata, era riuscita a chiederle che cose le fosse successo, e Ruth era scoppiata di nuovo in lacrime. Le aveva spiegato tra i singhiozzi che quella mattina, non essendo riuscita a contattarla in nessun modo, era andata al pub per chiedere sue notizie a Norah; qui aveva scoperto dall'altro cameriere che quella si era presa una giornata libera dopo essere uscita con il “rumoroso biondino irlandese”. Ruth, be', semplicemente non aveva retto il colpo.
 
Era ormai domenica pomeriggio ed erano due giorni che Dixie si alzava dal divano della sala solo per portare qualcosa da mangiare a Ruth, sostituire il DVD nel lettore e andare in bagno. Aveva cacciato Babs con una buona dose di sarcasmo dopo che aveva proclamato, a mo' di consolazione, che “il mare è pieno di pesci, tesoro”. Aveva abbracciata Ruth ogni volta che scoppiava a piangere; le aveva raccontato nei dettagli di Liam, del loro appuntamento, del viaggio in treno e del successivo in macchina – pur tralasciando tutti i particolari riguardanti la propria famiglia.
Ruth aveva pianto tutte le sue lacrime, invece. Aveva passato la fase della disperazione, quella della rabbia, del rifiuto, del totale taglio dei ponti. Aveva giurato che non avrebbe più rivolto la parola a Norah né Niall, che sarebbe tornata a casa dei suoi il prima possibile e avrebbe saltato tutte le lezioni del semestre pur di non vederlo.
Poi era entrata in fase di autocommiserazione, chiedendosi perché fosse stata così sciocca da non accorgersi prima dei propri sentimenti, perché non avesse nemmeno provato a farsi avanti finché ne aveva la possibilità.
In seguito si era arrabbiata, perché quello stupido irlandese non aveva alcun diritto di stravolgere così la sua vita, visto che non potevano nemmeno considerarsi amici, se non aveva detto loro di aver intenzione di uscire con quella ragazza.
Infine era scoppiata di nuovo a piangere, mentre Dixie avviava il quinto film d'animazione Disney di fila, su espressa richiesta della sua amica.
Avevano dormito sul divano e ricominciato a parlare di ogni cosa, la domenica mattina, come ormai non facevano più da un po' di tempo. Se da una parte quei due giorni di isolamento e depressione erano stati tragici, dall'altra avevano permesso loro di ritrovare quell'amicizia che sembrava essere stata sepolta dalla valanga di novità dell'ultimo periodo.
«Ma... ti ha baciata?» domandò Ruth con un filo di voce, il volto affondato in un cuscino che Dixie si era mentalmente annotata di non toccare mai più, per via di tutto il moccio che doveva aver assorbito durante quei due giorni.
Dixie arrossì e scosse il capo, un po' impacciata. Nonostante la confidenza riscoperta, continuava a sentirsi a disagio a parlare dei propri sentimenti con qualcuno –checché ne dicesse, infatti, parlare di feelings e di sentimenti era completamente differente. «No, ma mi ha abbracciata, prima di andarsene».
«Ti ha abbracciata
«Sì».
«Un abbraccio come quelli di Niall?» Ruth nascose il naso in un fazzoletto, sperando intimamente che il suo tono lamentoso fosse passato inosservato.
Mentre la sua amica guardava in alto nel tentativo di non lasciar scendere di nuovo le lacrime, Dixie non riuscì a reprimere del tutto un sorrisetto sognante. «No, è del tutto diverso. Molto più... caldo. Niall è caloroso di temperamento. Liam invece è... caldo».
Ruth le lanciò un'occhiata divertita. «Caldo» ripeté ridacchiando in modo un po' stridulo mentre si soffiava il naso. «Caldo!» esclamò di nuovo e inarcò un sopracciglio in modo eloquente.
Dixie non riuscì a non ridere, visto il fraintendimento causato dalle sue stesse parole. «Se avessi voluto dire “sexy”, avrei detto “sexy”».
«No, non l'avresti fatto».
La ragazza fece schioccare la lingua, seccata, e alzò gli occhi al soffitto. «Okay, forse non avrei usato quel termine, ma avrei reso meglio il concetto. Quello che voglio dire è che...»
«Che?»
«Che mi ha scaldata».
«So hot!»
Dixie arrossì vistosamente; per quale motivo non riusciva a spiegarsi in maniera decente? Non che Liam non fosse “caldo” anche in quel senso, ma non era questo il concetto che voleva esprimere al momento. «Oh, avanti, non è questo che voglio dire!» protestò, sapendo che l'amica aveva capito cosa intendeva, ma si stava divertendo a prendersi gioco di lei, una volta tanto.
Anche Ruth ridacchiò, strofinandosi un occhio con il pugno chiuso. «Allora cosa?»
«È stato un abbraccio caldo. Nel senso di accogliente, mi ha fatta sentire... bene» ammise infine, lo sguardo fisso sul pavimento ormai coperto di fazzoletti sporchi e il capo leggermente inclinato da un lato, mentre incrociava le gambe sul divano.
Ruth, dopo qualche istante di silenzio, scoppiò di nuovo a piangere perché, insomma, si trattava di «una cosa così tenera!». E Dixie sospirò, non vedendo l'ora, per la prima volta in vita sua, che fosse lunedì per poter andare a lezione e staccare la spina almeno qualche ora da quel continuo piagnisteo.
 
Ogni domenica casa Payne-Malik diventava un centro di ritrovo per “tutti i poveri idioti annoiati e troppo pigri per studiare che capitavano nei paraggi”, come a Louis piaceva etichettarli. A questa definizione non rispondevano altri che i nostri cinque amici, stretti quel giorno sul piccolo divano dello spoglio appartamento condiviso da Liam e Zayn, armati di bottiglie di birra, cartoni ormai mezzi vuoti di pizza da asporto e un paio di pacchetti di patatine formato famiglia.
«Quello, signori miei, è un fuoriclasse» commentò Harry indicando col collo della bottiglia l'uomo nel televisore, che aveva appena mandato la pallina da golf in buca con un solo colpo.
«No», si premurò di correggerlo Louis: «questa è una rottura di scatole immensa».
Harry per un attimo provò persino ad offendersi per quel commento, ma la sua espressione mutò da offesa a profondamente divertita nel giro di un paio di secondi.
Fu allora che Niall Horan trovò acuto osservare che «Il golf è un gioco che solo i veri uomini sanno apprezzare», cosa che avrebbe dovuto colpire Louis molto più di quanto in realtà non fece.
Lui infatti scoppiò a ridere e con un gesto incurante della mano lo zittì. «Sei davvero simpatico, Niall» tagliò corto; si sistemò a sedere più diritto sul divano ignorando le risate di Zayn e Harry, con il suo tipico atteggiamento di superiorità. Allo stesso modo pensò bene di confermare la propria mascolinità con un quasi casuale commento sul sabato sera appena trascorso: «Eleanor non si è affatto lamentata della mia virilità».
«Eleanor?» Harry, ormai quasi del tutto affondato sul divano, ne riemerse con espressione curiosa e si gettò sulle gambe di Zayn così da poter vedere Louis più da vicino. «Eleanor la cameriera di Starbucks?»
«Cosa?» Louis finse teatralmente di aver appena distolto l'attenzione dalla poco interessante partita a golf, giusto per non dimostrarsi troppo interessato ai propri amici. «Oh, sì, proprio lei».
«Le hai chiesto di uscire? Quando?»
«Sabato mattina passavo di lì e...»
Zayn sghignazzò, guadagnandosi occhiate interrogative o complici da parte degli altri. «Passavi di lì per caso» commentò, marcando di incredulità le ultime due parole.
Louis lo guardò male. «Non faccio mai niente per caso, per tua norma e regola» decretò celando la stizza dietro un sorrisetto ironico.
Il sarcastico «Ovviamente» di Zayn venne soffocato dalla risata divertita di Niall e dalle domande di Harry: «Dove l'hai portata? Che avete fatto? Sei arrivato al dunque?»
«Al ristorante, naturalmente. Che abbiamo fatto? Abbiamo...»
La risata di Niall coprì nuovamente ogni suono; «Che vuoi che abbiano fatto, Harry? L'ha rincoglionita di chiacchiere!»
Louis alzò gli occhi al cielo e si allungò oltre Zayn e Harry per rifilare una sberla all'irlandese: abbiamo già parlato di quanto odi essere interrotto? «Gesù, Niall, e tu che diavolo ci hai fatto al cinema con la tizia del pub? L'hai imbottita di pop-corn, rincoglionita di risate e riaccompagnata a casa subito dopo il film?»
Lui rise ancora, un po' più forte, poi piano piano sempre meno, fino a smettere del tutto. Aveva decisamente fatto centro.
«La ragazza del pub?» Harry saltò indietro fino a rimettersi dritto, rischiando nel mentre di dare una testata sul mento di Zayn, per poter vedere Niall dritto in faccia. «Sei uscito con una cameriera anche tu? Perché avete tutti una ragazza cameriera e io non ne so niente?»
«Perché sei un cameriere...» commentò Liam divertito, ma nessuno gli prestò attenzione.
Niall si scompigliò i capelli mentre scambiava occhiate colpevoli con gli amici. «No, non direi proprio che ho una ragazza. No».
Louis scoppiò a ridere di gusto: «Non dirmi che ho indovinato!»
«Più o meno. La stavo riaccompagnando a casa subito dopo il cinema, ma abbiamo incontrato Liam e Dixie, quindi...»
«Dixie?» lo interruppe Harry; ora era steso sulle gambe di Niall per poter guardare Liam dritto negli occhi. «Quella Dixie che abbiamo incontrato mentre correva al parco con l'amica?» chiese con lo stesso sorrisetto curioso di poco prima.
Niall si accigliò: «Correva?» domandò incredulo, le sopracciglia aggrottate in segno di confusione. Nessuno fece molto caso a lui, comunque: ora il centro dell'attenzione era qualcun altro.
«Davvero sei uscito con lei? E non hai detto niente?» sbottò Louis a gran voce, evidentemente contrariato – non bastava che lo ignorassero, ora gli tenevano persino segrete le cose!
«Sì, io...» Liam arrossì. Perché tutto d'un tratto si stava parlando di lui? «Abbiamo guardato un thriller orribile al cinema e poi abbiamo fatto quattro passi finché non abbiamo incontrato Niall e Norah».
«E come è stato?» insistette Harry, che proprio non aveva intenzione di accontentarsi di quel breve resoconto. Era sempre stato molto curioso, e anche un po' pettegolo, ma sosteneva fosse perfettamente normale quando si cresceva tra sole donne – teoria di cui Louis sembrava essere la conferma, nonostante tutti i tentativi di smentire quella diceria.
Liam si strofinò il collo con una mano, poi lasciò cadere la mano sulla coscia e si gettò contro lo schienale del divano. «Un po' strano, ma penso sia andata bene. Questa mattina l'ho accompagnata a casa dei suoi perché...»
Questa volta fu Niall ad interrompere il racconto: «A casa dei suoi genitori?». Che non riuscisse a crederci era piuttosto evidente a giudicare dalla sua espressione, così sconvolta che Zayn si trovò a ridere solo guardandolo in faccia.
«Che c'è di così strano?»
Di strano c'era che Dixie non aveva mai portato nessuno nella sua città, a malapena parlava loro della propria famiglia. Niall sapeva solo che aveva un sacco di fratelli, uno di essi si chiamava Noah e le telefonava spesso, mentre un altro era in sedia a rotelle; sapeva che sua madre era a momenti alterni eccessivamente apprensiva o del tutto disinteressata, che suo padre sembrava essere quasi del tutto assente o privo di personalità, perché semplicemente non veniva mai nominato, nemmeno per sbaglio. E, sì, magari Ruth conosceva qualche dettaglio in più sulla famiglia di Dixie, perché le femmine sanno sempre qualcosa in più dei maschi (di questo si rendeva conto persino lui), ma comunque poco. Questo accadeva perché Dixie sembrava voler tenere amici e famiglia ben separati e Niall, nonostante non avesse idea del perché, non si era mai opposto a questa sua decisione.
«Chissà cosa nasconde!» esclamò Harry in tono sognante, come se già nella sua testa stesse vedendo il film della sua personale interpretazione dell'oscuro passato di quella bizzarra e divertente ragazza. La proiezione fu però interrotta dallo sbuffo sonoro di Louis. «Nemmeno io vi ho mai lasciato vedere le mie sorelle, non vuol dire nulla» decretò, deciso a mettere fine a quella parentesi e a riportare l'attenzione su di sé: aveva una serata coi fiocchi e i contro-fiocchi da raccontare!
Prima che qualcun altro potesse contraddirlo, Liam fece una smorfia e disse la sua: «In ogni caso non vuol dire niente: non ho visto i suoi familiari, non stiamo insieme, non l'ho nemmeno baciata. Lei stravede per Harry» decretò, imbronciandosi.
Il diretto interessato si rizzò sul posto e sgranò gli occhi, sconvolto da quella rivelazione. «In che senso?» domandò confuso. Non voleva mica dire che la ragazza di Liam aveva una cotta per lui, vero? Sarebbe stato piuttosto imbarazzante. E improbabile: non si erano nemmeno mai rivolti la parola direttamente!
«Nel senso che...» stava rispondendo lui, ma la risata fragorosa di Niall coprì del tutto la sua voce, costringendolo a rinunciare alle spiegazioni. «Stronzate!» abbaiò, tornando poi a ridersela di gusto, come se fosse stato l'unico a comprendere il passaggio fondamentale di tutto il ragionamento. Un passaggio discretamente comico, oltre tutto.
Louis, dal canto proprio, sembrava contrariato dalla mancata attenzione ai propri problemi; ecco perché, punto sul vivo da quella noncuranza nei suoi confronti, sibilò: «Si può sapere che hai da ridere tanto?»
Niall lo guardò, lo sguardo velato da lacrime ilari, e si rese conto di avere tutti gli occhi puntati su di sé. «Possibile che non capiate?» Forse solo Zayn capiva, indovinò notando l'espressione a metà tra il divertito e lo sconsolato sul viso dell'amico.
«Capire cosa?» chiese Harry. Non capiva cosa ci fosse di così divertente: lui era probabilmente invischiato in un bizzarro triangolo con un caro amico e una sconosciuta stramba, tutto ciò era... terribilmente imbarazzante. Okay, magari un po' divertente lo era, ma solo se lo si guardava con gli occhi di un sadico.
«Dixie non ha un debole per lui: ne è ossessionata».
Liam si pietrificò sul posto; Harry sprofondò sul divano, scoraggiato. Grandioso, pensarono entrambi, mentre le sopracciglia degli altri due scattavano verso l'alto.
Niall non si spiegava il perché di quei musi lunghi e dei cipiglio scettici di Louis e Zayn, per cui ripeté mentalmente la frase appena detta. Quando decise che il senso era più che chiaro e non sarebbe stato in grado di esprimere meglio il concetto, si strinse nelle spalle. «È una cosa positiva» commentò con ovvietà, come a dar loro il via: ora potevano tranquillizzarsi.
Louis a quel punto si schiarì la voce. «Lascia che te lo dica: non so come funzioni nella tua madrepatria, amico, ma usare il cervello non è un reato perseguibile dalla legge inglese» trovò carino ricordargli. Possibile che, tra tutte le cose che avrebbe potuto dire, Niall Horan avesse deciso proprio di smontare ogni speranza a cui Liam avrebbe potuto appigliarsi? Non era solito prendere a cuore le storie d'amore degli altri, ma era palese che Dixie e Liam sarebbero potuti essere la coppia più esilarante del secolo– quindi perché farla scoppiare ancora prima che si formasse? Tutto ciò era ridicolo e dannatamente irritante. Niall Horan era dannatamente irritante. E, sì, forse addirittura gli dispiaceva vedere il volto di un suo amico trasfigurato in quello di un cucciolo abbandonato. «E tu fammi il favore di toglierti quell'espressione dalla faccia!» sputò, acido, puntando un dito proprio contro a quest'ultimo.
Vista l'improvvisa– be', più accentuata del solito– isteria di Louis, il sesto senso di Niall si attivò, partorendo un minuscolo senso di colpa; «Perché, che ho fatto?» si informò, infatti, trovando in fretta rifugio nello sguardo di Zayn.
Lui, dopo aver preso un profondissimo respiro, scosse il capo e prese le sue difese: «Avete presente quel genere di nerd che passa tutta la giornata davanti al pc o alla consolle? Il genere di asociale che parla sempre e solo dei suoi videogiochi preferiti, anche quando non sembra?»
Louis lo fulminò con lo sguardo. «Non ti sembra un po' megalomane parlare di te stesso in terza di persona?»
«Tranquilla, principessa, poi ci racconterai della tua Eleanor» lo freddò Zayn, con sommo divertimento di Harry, senza nemmeno cambiare tono. «Dixie è una fangirl: a loro non piacciono le cose, loro si ossessionano» concluse poi.
«Ecco!» esclamò Niall, felice che qualcuno avesse finalmente capito il suo punto di vista. Era così complicato?
Ora, Louis Tomlinson non era mai stato una persona paziente, mai e poi mai da quando era venuto al mondo; per cui quando si sentiva preso in giro tendeva a rispondere a tono, pur mantenendo sempre un certo contegno volto a denotare la propria superiorità rispetto a qualunque altro essere vivente. Un sorrisetto di scherno era il suo strumento di difesa preferito, mentre per l'offesa prediligeva il sarcasmo. C'erano momenti in cui, però, le situazioni erano così ridicole che lui non aveva bisogno dell'uno né dell'altro, perché le persone sembravano insultarsi da sé.
Ecco, probabilmente quello era uno di quei momenti; di fatto Louis scoppiò a ridere fragorosamente, del tutto incurante –anzi compiaciuto– della palese irritazione che il volto di Zayn Malik manifestava. Il tutto, com'era ovvio, mentre Harry si guardava intorno corrucciato, chiedendosi se non fosse l'unico a non aver capito come le spiegazioni dei suoi amici avrebbero dovuto tirar su loro il morale, e Liam pregava intimamente il cielo di fulminarlo.
«Si può sapere qual è il tuo problema?» domandò Zayn, in un tono pacato così pacato da rendere più che lampante la sua rabbia –cosa che divertì a dismisura il caro Louis.
«Niente, niente, continuate pure a scavare la fossa, Liam vi ringrazierà!»
Zayn sbuffò, contrariato, e si rivolse al suo migliore amico: «Lei si ossessiona con le persone e ci scrive fanfiction. Questo non vuol dire che ne sia innamorata».
«Solo artisticamente, dice lei» aggiunse Niall, per rendere il concetto ancora più chiaro – forse, perché iniziava a dubitare della propria capacità di espressione.
Harry alzò una mano e attese il permesso di parlare, mentre con l'altra si grattava la testa con aria concentrata. «È una cosa normale?»
«Be', sì» sghignazzò Niall, mentre «Assolutamente no» lo contraddiceva Zayn. «Dixie è Dixie» conclusero in coro.
«Ah». Harry pensò bene di fingere di aver capito, mentre Louis ancora si contorceva dalle risate sul divano.
Liam, in ogni caso, non aveva capito niente: «Quindi?». Era molto interessante vedere Louis e Zayn battibeccare come due vecchie comari, sul serio, ma in certi momenti arrivavano ad essere davvero, davvero, davvero irritanti. Tipo in quel momento. Si sentiva così... così... frustrato e loro non facevano che punzecchiarsi. Sospirò e spinse il fuori il labbro inferiore, le sopracciglia già aggrottate dallo sforzo di raccapezzarsi tra tutti quei deliri.
«Quindi puoi stare tranquillo, Payno!» lo rassicurò Niall, battendogli forte una mano sulla spalla in segno di incoraggiamento.
«E io? Io posso stare tranquillo?»
«Tu che c'entri, Hazza?»
«Non lo so. Magari è una stalker».
Zayn sghignazzò. «No, non più di Liam».
Più a meno a quel punto le proprie risate spinsero Louis giù dal divano, cosa che lo riscosse abbastanza da riprendere un minimo di lucidità e il controllo della situazione. Quasi. «La vostra stupidità è uno spasso, altro che il golf!»
«Il golf è uno sport da veri uomini» gli ricordò Harry, che ci rimaneva sempre un po' male quando qualcuno criticava una delle sue attività preferite. O qualunque attività: lui le amava tutte, che fosse capace o meno.
«Lo pensi solo perché a calcio fai schifo, Harreh».
 
 

 
Morale della favola: se non capisci quel che il tuo amico cerca di dirti, fa' finta di niente e cambia argomento. LOL
La seconda parte del capitolo è un totale delirio, ma è la parte che preferisco. Lo so, lo so: non hanno finito nemmeno uno dei discorsi che hanno iniziato, ma cosa vi aspettavate? Ho quest'ossessione per i battibecchi Zouis che... aw! Gneh. Okay, basta. La cosa importante, comunque, è che Liam è ancora convinto che Dixie abbia un debole per Harry, perché, be', tonto!Liam is the way. (Almeno per me.)
Chiedo scusa per il ritardo, durante le vacanze avrei dovuto portarmi avanti (con lo studio o la scrittura, almeno una delle due cose!) e invece mi sono lasciata coinvolgere in tremila altre faccende e... niente, ho poltrito.
Secondo i miei calcoli a questo punto mancano solo due capitoli (oppure uno + prologo, in base a come riesco ad organizzarmi) alla fine della storia. Quindi visti i miei tempi di aggiornamento ci metterò tranquillamente tra i cento e centocinquant'anni, tranquille. XD
Oggi voglio fare spam, vi scoccia? Voglio consigliarvi una One Shot che una mia amica ha scritto a quattro mani con la sua migliore amica: Iris di telepatia. L'ho letta di notte, perché di giorno ero troppo impegnata a cazzeggiare, ma vi assicuro che è davvero, davvero carina! Het con OC, tutti i ragazzi sono presente e sono tutti - tutti! - meravigliosamente caratterizzati. Ho riso tanto e fangirlato anche più, leggendola. 
Poi, uhm, già che ci sono vi indirizzerei a Inevitabile, che invece è totalmente diverse: Zayn/OC, un mix di angst e fluff allo stato pure che prima o poi mi ucciderà di feelings.
Basta, vado a studiare un po' di grammatica latina per l'imminente esame - feels like Dixie, ew. Okay. 
Ringrazio tutti coloro che sono arrivati fino a qua, grazie di aver letto la mia storia, grazie del supporto silenzioso. Anche se siete pochi, vi sono molto grata - anzi, ho meno persone tra cui spartirla, quindi a voi ne tocca di più. <3
  
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