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Autore: Laylath    15/01/2014    4 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 10. Duello tra indipendenti.


 
Nei libri che amava tanto leggere Vato, un duello si sarebbe svolto in una vallata deserta o in qualche altro posto suggestivo, durante l’alba o nel mezzo di una forte tempesta con tutta l’attenzione focalizzata sui due protagonisti. Questi avrebbero utilizzato le loro armi migliori, magari portate da uno scudiero o un paggio e, sicuramente, prima di iniziare a combattere sino alla morte di uno dei due, si sarebbero scambiati frasi emblematiche, cariche di significato profondo.
Non c’era niente di tutto questo nel campo abbandonato dove Roy e Riza attendevano l’arrivo di Jean. L’erba alta profumava piacevolmente ed i fiori selvatici erano mossi da una leggera brezza particolarmente calda nonostante fosse autunno. Il duellante dai capelli neri non aveva nessuna arma, considerato che il suo taglierino era al sicuro dentro la tracolla e non veniva usato certo per questi motivi; inoltre non indossava armatura o mantello, ma semplici pantaloni e camicia a maniche arrotolate.
Anche la sua testimone non rispecchiava proprio il canone dei libri con la sua gonna al ginocchio, il maglioncino a collo alto, la sua posizione seduta e contrariata… ed il fatto che avesse tredici anni.
Decisamente un lettore sarebbe rimasto molto sorpreso da questo particolare duello, più simile ad una lite tra due adolescenti, se non fosse stato per l’innegabile determinazione presente negli occhi del ragazzo.
Proprio questi si strinsero pericolosamente quando vide il suo rivale arrivare.
Jean abbandonò il sentiero a grandi passi per entrare nel campo dello scontro, trascinandosi dietro un bambino che chiaramente voleva essere ovunque meno che in quel posto.
“Ma quello è Kain!” esclamò Riza, alzandosi in piedi e affiancandosi a Roy.
“A che gioco sta giocando?” si chiese il ragazzo, mentre i due si avvicinavano.
“Eccoci qua.” dichiarò Jean, fermandosi a pochi metri da loro.
“Lascialo andare! – esclamò subito Riza, facendosi avanti a prendendo Kain per un braccio – Perché l’hai portato qui?”
“Serviva un testimone per parte, no?” rispose con noncuranza il biondo, mollando la sua presa sul bambino e permettendogli di allontanarsi di qualche metro assieme a Riza.
“Mi ha praticamente trascinato via da scuola.” spiegò Kain mortificato, ma anche sollevato da quel salvataggio, volgendo lo sguardo da lei a Roy.
“Non mi sembra un testimone volontario…” commentò quest’ultimo.
“Non è mica lui che deve combattere. – scrollò le spalle Jean, ritenendo questo dettaglio ormai risolto – Che c’è, Roy? Ti vuoi nascondere dietro questi particolari?”
“Non ci penso nemmeno! – sibilò il moro – Ma pensavo che fossi più maturo da evitare di coinvolgerlo anche in questa storia. Il duello si fa in ogni caso, non temere, ma lui non lo accetto come testimone!”
“Certo! – disse una voce – Il testimone sono io!” 
Girandosi di scatto Jean si illuminò in viso nel vedere Heymans che scavalcava agilmente la staccionata ed entrava nel campo. Il rosso sorrise furbescamente mentre si accostava all’amico e gli diede un lieve pugno sulla spalla: potevano anche aver litigato, ma in questi momenti di necessità la coppia sapeva riunirsi e superare quanto li aveva tenuti separati. Il fatto che Heymans fosse venuto voleva dire che per lui l’amicizia con Jean era veramente  importante e questo al biondo bastò per spazzare via qualsiasi nube di offeso orgoglio dal suo cuore.
Adesso che il suo migliore amico era tornato non aveva dubbi su chi avrebbe vinto quell’incontro: con il sostegno morale di Heymans poteva fare tutto.
“Contento, Roy?” chiese in tono beffardo, tornando a rivolgersi al suo avversario.
“Meglio così; Kain, tu stai con Riza.”
“E’ un duello? – mormorò il bambino rivolgendosi alla ragazza che lo stava facendo allontanare ulteriormente – Davvero vogliono picchiarsi?”
“A quanto pare. – annuì lei, senza troppa approvazione, tenendogli le mani sulle spalle in un gesto protettivo – Se ci tengono così tanto che lo facciano pure.”
“Roy lo sta facendo per colpa mia?”
“Eh? Perché mi chiedi una cosa simile?”
“Non volevo dirtelo, – esitò lui con voce triste – ma… ieri Jean mi ha picchiato perché avevo parlato con Roy… non è che Roy ha preso le mie difese?”
Riza lo strinse d’impulso a sé, sentendo di detestare profondamente quei due stupidi carichi d’orgoglio che ora si guardavano in cagnesco, preparandosi a cominciare. Non se la sentiva dirgli che in qualche modo lui era stato usato come scusa per quel duello.
“Non ci pensare, – disse con severità – sono questioni tra indipendenti: tu sei troppo giovane e troppo maturo per queste cose.”
Accorgendosi che la sua amica sembrava parecchio contrariata da tutta quella situazione, Kain preferì tacere e spostò la sua attenzione sul terzetto a poca distanza da loro.
Heymans si portò tra i due contendenti, improvvisandosi giudice della gara. Lanciò un’occhiata interrogativa a Roy, come a chiedergli se accettasse questo suo ruolo ed il moro annuì.
“Vi ricordo le regole degli scontri tra indipendenti: – disse con voce chiara, squadrando i due avversari – niente armi, nemmeno raccolte da terra come sassi, rami o simili; ed i testimoni non vanno coinvolti fisicamente… ed in questo specifico caso la cosa si estende anche a Kain. Dovete stare entro i confini del campo, ma non c’è  limite di tempo: si termina quando uno dei due si arrende o è chiaramente impossibilitato a continuare… c’è qualche richiesta che volete fare in caso di vittoria?”
“Se vinco – disse subito Jean – dovrai presentarti a scuola e dire a tutti da chi sei stato battuto. Ed inoltre non ti dovrai frapporre tra me e Kain. Accetti?”
“Accetto solo perché so che ti batterò, Jean: – rispose Roy – altrimenti ti impedirei di rompere le scatole a quel ragazzino. Se queste sono le tue condizioni, allora le mie sono che se vinco tu lo lascerai definitivamente in pace.”
“Andata!” annuì lui.
“… ed inoltre, – aggiunse, includendo anche Heymans nel suo sguardo – voi due mi accetterete come vostro capo indiscusso.”
“Eh? – esclamò Jean – Ma come ti salta in mente?”
“La faccia tosta non ti manca, Roy.” mormorò Heymans con un sorriso furbo.
“La cosa ti crea problemi, Heymans? Hai paura che il tuo amico biondo perda? Se Jean ritira la parte su Kain allora io ritiro la mia su voi due.”
“Scordatelo! – sbottò Jean, in un moto d’orgoglio – Accetto tutte le condizioni!”
“Va bene anche per me. – annuì il rosso, facendosi indietro di qualche passo – Potete cominciare.”
 
Heymans sapeva che questo era lo scontro per eccellenza dove i contendenti avevano le stesse possibilità: per la prima volta in vita sua non dava per nulla scontata la vittoria di Jean.
Mentre i due avversari iniziavano a studiarsi, si accosto a Riza e Kain e li fece indietreggiare ulteriormente, verso la staccionata che delimitava il campo.
“Indietro ragazzi, – consigliò – questi ci andranno giù pesante.”
“Si faranno male! – disse Kain con preoccupazione – Heymans, dovremmo fermarli.”
“Stai buono, piccoletto. E’ uno scontro che non poteva essere rimandato a lungo, lo sapevamo da tempo. Mi dispiace solo che tu sia qui a vederlo dato che mi pari l’ultima persona che può capire queste cose: cerca di non impressionarti troppo.”
Il bambino scosse il capo: come aveva detto Heymans, lui proprio non riusciva a capire questa forma di competizione; le botte facevano male, che senso poteva avere un duello? Non si poteva risolvere la questione in un altro modo?
Tuttavia, se da una parte pensava questo, dall’altra non  poteva fare a meno di restare ad osservare con un perverso fascino quei due ragazzi che si fronteggiavano a poca distanza da lui.
 
Jean Havoc era certamente un ragazzo impulsivo, ma una delle doti che l’avevano portato a vincere tanti duelli, oltre all’indiscussa forza fisica, era la capacità di saper ragionare e valutare l’avversario, senza lanciarsi immediatamente in attacchi dettati dalla foga.
Roy Mustang aveva fatto meno combattimenti, essendo uno che preferiva stare maggiormente sulle sue, ma in tutti aveva dimostrato una grande forma di furbizia e freddezza, riuscendo a prevalere anche su chi era più grande di lui. Era molto rapido nei movimenti e in genere tendeva a chiudere l’incontro in pochi minuti colpendo determinati punti che facevano crollare l’avversario.
Pur non essendosi mai scontrati tra di loro entrambi avevano una vaga idea del tipo di avversario che si trovavano ad affrontare; ma la loro iniziale esitazione era anche dovuta all’importanza fondamentale che questo duello era andato ad assumere: gli equilibri tra gli indipendenti erano appesi alle sorti di quel combattimento.
A spezzare l’attesa fu Roy, con un gesto così rapido e improvviso che quasi colse di sorpresa Jean.
Con uno scatto in avanti sferrò un pugno verso il costato del biondo e fu solo per i riflessi pronti di quest’ultimo che il colpo venne parato bruscamente dal braccio. Nonostante fosse stato costretto a questa difesa improvvisa e dolorosa, Jean riuscì anche a rispondere all’attacco e a dare un calcio alla coscia destra di Roy, sbilanciandolo leggermente e costringendolo ad arretrare.
I due si scostarono, guardandosi in cagnesco, con Jean che aveva una lieve soddisfazione dipinta sul viso per essere riuscito a mandare a segno il primo attacco. Ma sapeva benissimo che non voleva dire assolutamente nulla: Roy infatti si limitò a massaggiarsi lievemente la parte lesa, ma tornò immediatamente in posizione da combattimento.
I primi minuti di quello scontro passarono così, in relativo silenzio, con attacchi fulminei e studiati senza che nessuno dei due subisse qualche danno grave: si capiva perfettamente che volevano rendersi conto ciascuno delle possibilità dell’altro e la loro esperienza li spingeva a prendersi tutto il tempo possibile per portare avanti quest’analisi.
 
Heymans, poggiato pesantemente alla staccionata, fissava con grande interesse tutta la scena: per quanto fosse fondamentale a livello di future gerarchie, non poteva far a meno di studiare con attenzione quei due combattenti d’eccezione, apprezzando le qualità di entrambi e riconoscendo che, questa volta, Jean si trovava davanti ad un avversario perfettamente al suo livello.
Accanto al rosso Riza continuava a tenere Kain stretto a sé.
“Chi credi vincerà?” chiese all’improvviso.
“Non te lo so proprio dire: – scrollò le spalle Heymans – è un incontro perfettamente equilibrato.”
“E non sei minimamente preoccupato per il tuo amico?” lo sguardo di Riza era pieno di rimprovero. Proprio non riusciva a capire determinati atteggiamenti: per quanto lei fosse stata arrabbiata con Roy fino a qualche minuto prima, ora si sentiva in grande apprensione per lui, considerata la stazza fisica dell’avversario. Invece sembrava che Heymans avesse tranquillamente accettato il fatto che il suo miglior amico potesse uscire malconcio da quello scontro.
“Jean non è nuovo alle botte… - disse proprio il rosso, rispondendo alla sua domanda – e se ne esce ammaccato non sarà nulla di nuovo. E anche per Roy è così: tranquilla, bambina, quei due hanno una bella resistenza. E per ora si stanno solo riscaldando.”
“Ma si sono dati colpi così forti!” esclamò Kain, profondamente turbato. In confronto la sberla che gli aveva dato Jean il giorno prima sembrava una carezza…
“Forti? Kain, tu non hai mai visto…”
“Adesso basta giocare!”
L’esclamazione di sfida lanciata da Jean riportò l’attenzione del terzetto verso lo scontro. Fecero in tempo a vedere il biondo che si scagliava contro Roy a testa bassa. La testata colpì il moro in piena pancia tanto da mozzargli il fiato: finirono entrambi a terra e a quel punto i pugni ed i calci iniziarono ad essere scambiati con molta più forza e foga.
La fase di studio era finita.
“Roy!” esclamò Riza d’impulso, lasciando Kain e muovendosi in avanti per andare in soccorso del ragazzo.
Ma prima che potesse muovere un altro passo Heymans la prese per il braccio e la tenne ferma.
“Niente intromissioni, Riza: se lo fai lui non te lo perdonerebbe mai.”
La ragazza scosse il capo con angoscia: era la prima volta che vedeva Roy combattere veramente contro un avversario difficile; vederlo con il fiato mozzato per quella testata l’aveva fatta sussultare interiormente come mai le era successo. Vedere come il volto avvenente avesse perso tutta la solita arroganza per diventare teso, impegnato e sofferente la sconvolse più del previsto.
Jean era una vera e propria furia ed i suoi colpi erano andati a segno più volte. Ora che la fase di studio era finita stava dando sfogo a tutta la rabbia repressa che aveva: se Roy Mustang sarebbe diventato il suo capo, avrebbe pagato a caro prezzo un simile onore… ed in ogni caso, lui era pronto a fare di tutto per impedirglielo.
Heymans, continuando a tenere la mano stretta attorno al braccio di Riza, guardava lo scontro con grande ammirazione: avevano due modi di combattere estremamente differenti e non riusciva a fare pronostici su chi avrebbe ceduto per primo.
Roy aveva uno stile che cercava di dare colpi ben mirati che facessero profondamente male; Jean invece non cercava simili perfezionismi, ma andava più sulla quantità e sulla forza. Questa differenza si ritorceva su entrambi: Roy prima di poter sferrare un colpo ne subiva molti di più da Jean, il quale, tuttavia, una volta colpito accusava maggiormente il dolore.
 
“Ti faccio ingoiare tutta la tua arroganza, maledetto!” sibilò Jean, mettendo Roy al tappeto e afferrandogli la chioma corvina sporca di terra ed erba.
“Non così in fretta, Havoc!” mormorò lui, riuscendo a dargli una forte sberla e a liberarsi della presa. Del sangue uscì dal labbro del suo avversario e gli macchiò la camicia bianca e sporca di terra: fu un avvenimento che li bloccò entrambi per qualche secondo.
“Primo sangue, eh? – constatò Jean, passandosi un braccio sul taglio come se niente fosse – Peccato che quello che conti sia l’ultimo!”
“E anche quello sarà mio!” esclamò Roy riuscendo a rotolare via dalla sua presa e a ribaltarlo a terra. Sembrava una situazione favorevole, ma in realtà fu una mossa che favorì l’avversario: sfruttando la maggior forza fisica Jean non ebbe difficoltà a sbalzarlo a un paio di metri da lui, facendogli battere pesantemente la schiena a terra.
“Tappati la bocca, maledetto!” gridò furente.
La fatica ed il dolore non impedivano ai due di insultarsi.
 
Dopo diverso tempo, Jean si mise a quattro zampe scosso da conati per il forte colpo che aveva ricevuto allo stomaco. Il suo avversario non stava meglio, considerato che si lasciò crollare seduto a terra, ansimando faticosamente.
“Ti stai arrendendo?” mormorò Jean, lanciandogli un’occhiata dolorante ma carica di sfida.
“Piuttosto preferisco morire! – ansimò Roy – Sei tu che devi arrenderti: guardati, stai per vomitarci tutto!”
“Vomitare non è considerata sconfitta! – dichiarò il biondo, prima di avere un sussulto e rigettare violentemente sul prato – Vai… vai al diavolo… Roy Mustang!”
“Basta così! – dichiarò Heymans, facendosi avanti – Nessuno dei due è in grado di battersi ancora.”
“Non sono io quello che sta annegando nel proprio vomito!” protestò Roy.
“No, hai ragione: tu sei quello che non riesce nemmeno ad alzarsi in piedi per le vertigini; – sogghignò il rosso – riesci ancora a vederci con entrambi gli occhi neri?”
“Roy, resta seduto! – lo bloccò Riza, accostandosi a lui – Sei pallidissimo!”
“E stai buono anche tu, Jean; – consigliò Heymans, battendogli alcune pacche sulla schiena – aspetta che la nausea passi.”
“Chi ha vinto?” chiese l’amico.
“Vinto? Beh, direi che è patta.”
“Non esistono i pareggi!” disse Roy, scuotendo lievemente il capo con il concreto risultato di sbiancare ancora di più.
“Credo che da oggi ne esista uno, fatevene una ragione entrambi. Questo è il mio parere di giudice e testimone; Riza, tu che sei la testimone di Roy, confermi il mio verdetto?”
“Sì, confermo! Basta che la smettano!” esclamò lei con urgenza, spaventata dall’estremo pallore dell’amico.
“Ma che dici?” brontolò Roy, gemendo leggermente quando la ragazza gli posò la mano sulla fronte.
“Per favore… - mormorò Kain avvicinandosi a lui, con gli occhi pieni di lacrime – per favore smettetela. Vi siete fatti troppo male…”
“Pareggio, eh? – borbottò Jean, gattonando lontano da quanto aveva rigettato e lasciandosi cadere a terra – Direi che ci può stare… per adesso!”
“Sì, per adesso!” sospirò il suo avversario, imitandolo nel lasciarsi cadere pesantemente sdraiato.
Entrambi rimasero a respirare profondamente ad occhi chiusi, mentre i tre spettatori si guardavano tra di loro, chiedendosi cosa fare.
“Dovremmo riportarli a casa.” propose Riza.
“Non credo ci sia altra scelta.” ammise Heymans.
“Ma non sono in grado di camminare!” constatò Kain.
“No, non da soli. – Heymans guardò pensoso i due duellanti allo stremo delle forze e valutò il problema – Va bene, c’è una sola soluzione. Riza, passami la tracolla di Roy e aiutami a sollevarlo: lo riportiamo a casa… il paese è molto più vicino rispetto a casa di Jean e non ci dovremmo impiegare molto. Faremo una piccola deviazione per evitare di passare davanti scuola, va bene?”
“Certo! – annuì lei, sollevata che qualcuno avesse preso in mano la situazione – Coraggio, Roy, passa il braccio sulle mie spalle.”
Con qualche difficoltà i due riuscirono a mettere in piedi il bruno che era mezzo incosciente ora che la scarica di adrenalina era passata.
“Kain, - chiamò ancora Heymans – io torno qui appena riaccompagniamo Roy. Tu stai assieme a Jean, va bene?”
“Io? – sbiancò il bambino – Ma…”
“In queste condizioni dubito che ti possa picchiare, no?” sogghignò il rosso, lanciando un’occhiata maliziosa all’amico steso a terra e poi al bambino. E senza aspettare risposta iniziò ad avviarsi assieme a Riza.
 
A Kain non rimase che guardare quelle tre figure che si allontanavano lentamente: con quell’andatura ci avrebbero impiegato più tempo del previsto, ma era chiaro che non potevano fare altrimenti.
Quando furono spariti dal suo campo visivo, il bambino si costrinse ad abbassare lo sguardo verso Jean che ancora stava a terra ad occhi chiusi e con la bocca semiaperta per il respiro difficoltoso.
Era strano vedere il suo aguzzino in condizioni tali che lui avrebbe potuto tranquillamente prendersi qualche piccola vendetta. Ma se mai quel pensiero passò nella testa di Kain, se ne andò prima che lui potesse prenderne davvero coscienza.
“Jean…” mormorò accovacciandosi accanto a lui. Si arrischiò persino ad allungare l’indice e toccargli la fronte.
“Che vuoi…?” ansimò lui all’improvviso, tenendo gli occhi chiusi.
Kain ebbe un sussulto e cadde seduto all’indietro.
“Ecco... – disse dopo una lieve esitazione – vuoi bere un po’ d’acqua? Ho… ho la mia borraccia e forse sciacquarti la bocca ti aiuta a far passare la nausea.”
“Ma fottiti!”
“Q… quando stavo male mi aiutava molto. Perché non ci provi?” si trovò ad insistere.
Jean non rispose, sfinito com’era e Kain, interpretando la regola del chi tace acconsente, frugò nella sua tracolla fino a tirare fuori la piccola borraccia; levò il tappo e la avvicinò timoroso al viso del biondo.
La mano gli tremava così tanto che un po’ di liquido cadde sulle labbra del ragazzo.
“Ohi! Scusa!” esclamò.
“Dammi quella borraccia!” ordinò Jean, aprendo gli occhi e leccandosi le labbra.
“Tieni… ma fai piano, mi raccomando.”
Vide con ansia il ragazzo che prendeva il contenitore e se lo accostava alla bocca: i primi sorsi vennero sputati a terra, con l’acqua leggermente rossastra per qualche traccia di sangue, ma gli altri vennero mandati giù, fortunatamente senza scatenare alcun conato.
Dopo essere riuscito a levarsi dalla bocca parte del sapore di vomito, Jean riuscì a respirare meglio e si mise in posizione più comoda.
“Se non fosse stato per quel cavolo di calcio che mi ha fatto vomitare, avrei vinto... quel maledetto stava cedendo.”
“Vi siete picchiati così forte…” mormorò il bambino, richiudendo la borraccia quasi vuota e rimettendola nella propria tracolla.
“Ci sa fare, glielo concedo. Pareggio… ancora non ci posso credere!”
“E cosa succede quando si pareggia?” chiese Kain perplesso.
“Non lo so… ora sta zitto: ho la testa che mi scoppia e la tua voce è l’ultima cosa che voglio sentire.”
“Scusa.” mormorò il piccolo, sistemandosi a gambe incrociate accanto a Jean e predisponendosi ad attendere il ritorno di Heymans: si rendeva perfettamente conto che avrebbe potuto scappare via, senza che nessuno potesse rimproverarlo di una simile decisione.
Ma non lo fece: non poteva lasciare solo il suo aguzzino.
 
“Che succede in caso di pareggio?” chiese Riza, mentre lei ed Heymans trasportavano di peso Roy.
“Bella domanda. Non ne ho la minima idea: ci dovremo inventare qualcosa non appena si riprendono.”
“Non vorranno scontrarsi di nuovo, spero!”
“Non per i prossimi giorni, considerate le loro condizioni. Eccoci arrivati… sei mai entrata in questo posto?” chiese con una leggera esitazione negli occhi grigi, guardando l’ingresso di quel locale particolare.
“No, mai… io e Roy non siamo mai stati l’uno a casa dell’altra.” scosse il capo lei, effettivamente timorosa della fama che aveva quel posto.
“Dovremmo bussare od entrare direttamente?”
“Io non lo so… – ammise Riza perplessa e intimorita – ma del resto non è proprio una casa, no? In un locale non si bussa, o forse in questo caso è diverso?”
Heymans guardò Roy che era praticamente incosciente tra di loro e, pregando di non vedere niente di equivoco lì dentro, si fece coraggio e spinse con la mano libera la porta.
Di mattina il locale era silenzioso e quieto, con le sedie messe sopra i tavoli ed il pavimento appena lavato: sembrava un comunissimo bar o ristorante. Non c’era nessuno nella grande sala o dietro il bancone e così, con un misto di sollievo e timore, i ragazzi portarono dentro Roy senza che nessuno li vedesse.
“Metti giù una delle sedie, - consigliò Heymans, caricandosi maggiormente il peso del giovane – così lo possiamo mettere comodo.”
Annuendo Riza si accostò ad uno dei tavoli e fece quanto le era stato detto.
Fecero sedere il ferito che respirava con grande difficoltà, le braccia abbandonate sui fianchi.
“Dovremmo fargli bere acqua, mettergli dei tamponi freddi sugli occhi… - constatò il rosso guardando con attenzione il viso pallido e segnato – Hai la vaga idea di dove si possano trovare queste cose?”
“No.”
“Ehi, Roy! – lo scosse leggermente Heymans – Dai, riprendi i sensi! Non è che possiamo muoverci liberamente in questo posto e…”
“Non ti sembra di essere troppo giovane per un simile locale, carotino?”
Quella voce tagliente e beffarda fece saltare il cuore in gola ad Heymans e anche Riza si catapultò dietro di lui, aggrappandosi alla sua maglietta. Facendosi coraggio e girandosi il rosso vide un donnone scendere dalle scale che stavano dietro il bancone: indossava una pesante vestaglia ed il viso era impassibile, con gli occhi scuri che lo guardavano attentamente. Tra le labbra aveva un bocchino d’oro con una sigaretta accesa; i capelli neri erano tirati indietro per ricadere in una stretta coda sulle ampie spalle.
“Ecco… io… io… - si trovò a balbettare Heymans alla presenza di Madame Christmas – non sono qui per…”
“Mh? Ehi, Roy – boy! Che diamine hai combinato per ridurti così?” chiese la donna con divertimento, accostandosi al nipote e prendendogli il mento tra le mani.
“Non gli faccia male!” disse Riza d’impulso per essere immediatamente trafitta da quegli occhi penetranti.
“Che hai, colombina? Sei preoccupata per il ragazzo? Ha la pellaccia dura questo qui… era da parecchio che non lo vedevo tornare a casa pesto per qualche rissa. Ma qui c’è andato giù pesante.”
E senza attendere risposta andò verso il bancone: trafficò con una bottiglia ed un panno pulito e poi tornò davanti al nipote, passandogli il tampone sul labbro spaccato.
“Aaahii! Piano!” protestò Roy, aprendo gli occhi.
“Oh, vedi che ti riprendi, ragazzo? – ridacchiò la donna, pulendogli la ferita – Fidati, il liquore brucia, ma è il miglior disinfettante!”
“Liquore!?” sgranò gli occhi Heymans.
“Che c’è, carotino? Ne vuoi bere qualche sorso?”
“No, ma…”
“Lascia stare, Heymans, – borbottò Roy, ormai cosciente – ci sa fare.”
“Andiamo, irresponsabile, – dichiarò Madame, prendendolo in braccio come un fuscello – sdraiato a letto andrà meglio. Vuoi venire anche tu, colombina? Considerata l’età di questo furfante vai meglio tu come infermierina… anche perché le ragazze sono tutte nel mondo dei sogni a quest’ora. E non fare quella faccia: le bambine come te mica le mangio!”
Riza esitò e lanciò un’occhiata disperata ad Heymans, alla cui maglietta si teneva ancora aggrappata, quasi a pregarlo di non lasciarla sola in quel posto.
“Resterei, Riza, ma devo tornare al campo: – scosse il capo lui, sciogliendosi gentilmente da quella presa e levandosi la tracolla di Roy dalle spalle per dargliela – ci sono Jean e Kain da soli.”
La ragazza sospirò e poi annuì debolmente; girandosi vide che Madame Christmas aveva già iniziato a salire le scale e così si affrettò a raggiungerla.
 
Kain fissava perplesso Jean che stava sdraiato a terra e sembrava dormisse. Non osava dire una parola dopo la sgridata che gli era stata rivolta, ma era molto preoccupato per il pallore nel viso del biondo: un grosso livido spiccava sotto l’occhio destro ed un taglio profondo gli spaccava il labbro inferiore… a ciò andava aggiunto un vasto assortimento di contusioni in tutto il corpo.
La mamma saprebbe come comportarsi, ma io non ho la minima idea di come agire…
Perché nonostante quel ragazzone l’avesse sempre bistrattato, anche in maniera violenta, Kain non poteva fare a meno di essere preoccupato per le sue condizioni: se c’era un ricordo che la sua prima infanzia gli aveva lasciato era la pessima sensazione che si aveva nello stare male; di conseguenza aveva una forte empatia per chiunque fosse malato o ferito e gli veniva istintivo aiutare come poteva.
Avrebbe voluto bagnare un fazzoletto con l’acqua residua della borraccia e metterlo sulla fronte di Jean, ma era un azzardo troppo forte e la paura lo bloccava. Dunque si limitava a stare lì seduto, aspettando con impazienza il ritorno di Heymans.
“Eccomi, Kain!” esclamò dopo un po’ di tempo il rosso, scavalcando la staccionata e correndo affianco a loro.
“Oh Heymans, finalmente! – sorrise con sollievo il bambino alzandosi in piedi – Ci hai messo così tanto! Come sta Roy?”
“Sua zia e Riza si stanno occupando di lui. Ehi, ehi… Jean, come va?” scosse leggermente l’amico che gemette debolmente.
“Sono stato meglio…”
“Coraggio, adesso ti porto a casa.”
“Così mia madre finisce di uccidermi?” sorrise beffardamente con gli occhi ancora chiusi.
“Può darsi… ma non puoi stare qui. Forza, cerca di alzarti; Kain, tu prendi le nostre tracolle, per favore.”
“Certo.”
“Che ore sono…?” chiese Jean, gemendo mentre si rimetteva in piedi con qualche difficoltà, sostenendosi pesantemente all’amico.
“E’ quasi ora di tornare a casa: – disse Kain, guardando il sole – la mattinata di scuola è praticamente finita; credo che tra poco sentiremo la campana di fine lezione.”
“Oh cavolo! – rifletté Jean, mentre iniziavano a muoversi lentamente verso l’uscita del campo – Devo recuperare Janet.”
“In queste condizioni? – chiese Heymans – Scordatelo, non puoi presentarti a scuola così…”
“Non posso certo lasciarla a scuola, ti pare?”
“Beh, potrebbe andare lui.” propose il rosso accennando a Kain che avanzava qualche passo dietro di loro.
“Mi stai chiedendo di far affidamento su quel piccolo secch…” iniziò a chiedere il biondo con sospetto.
“Sì, te lo sto chiedendo perché so che mi posso fidare di lui. – lo bloccò Heymans con uno sguardo di sbieco – Si è preoccupato di tua sorella stamattina, dopo che l’avevi praticamente lasciata in lacrime all’ingresso: l’ha portata da me, nonostante fosse chiaramente terrorizzato all’idea che tu potessi di nuovo prendertela con lui. Mi sa proprio che gli devi un favore, Jean.”
“Due se la riporta a casa…” commentò seccato il biondo squadrando Kain che si stava accostando a loro.
“Vedi di deciderti in fretta.” gli consigliò l’amico, mentre la campana della scuola iniziava a risuonare.
“Mi restasse altro da fare. – protestò il ferito. Poi si rivolse a Kain – Ascolta nano, vai all’uscita di scuola e spieghi a mia sorella che io non  mi sono sentito molto bene ed Heymans mi ha riaccompagnato a casa.”
“Che? Oh, certo!” annuì il bambino dopo una lieve esitazione.
“E poi la porti a casa, va bene? Presumo che tu sappia dove sta l’emporio dei miei, no?”
“E’ distante… - mormorò Kain, riflettendo su quanto avrebbe dovuto allungare la strada; un fatto che l'avrebbe fatto tardare tantissimo, facendo preoccupare i suoi… per il secondo giorno di fila. Però che altro poteva fare? – Va bene, ci penso io.”
“Grazie Kain; - sorrise Heymans – dai, passami la mia tracolla e quella di Jean, le porto io.”
“Figurati. Allora io vado a prendere Janet… cercherò di fare il prima possibile!” assicurò, girandosi per andare verso la scuola.
“Bene – annuì Heymans, mentre si avviavano – cerchiamo di allungare il passo: cerchiamo di evitare di farci raggiungere da Kain e Janet; così tua sorella non si preoccuperà troppo nel vederti camminare così.”
“Nnnhg.” borbottò Jean mentre prendevano un’andatura più spedita.
E mentre si avviavano, Heymans vide con grande soddisfazione che le labbra tumefatte dell’amico sillabavano un grazie, sicuramente diretto a Kain.
Tutto sommato, anche se la questione con Roy era solo rimandata, questo duello non era andato così male.



  
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