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Autore: Luu    17/01/2014    3 recensioni
[Le mani tremavano e gli occhi guardavano ciò che la mente non riusciva a comprendere. L’aveva uccisa, aveva ucciso la sua Bulma…]
In questa fiction, ambientata un anno dopo la sconfitta di Majin Bu, Vegeta è tormentato da incubi insopportabili che lo porteranno, con l'aiuto di un coraggioso dottore, a riflettere sulla sua vita passata e sull'importanza di quella attuale... Non aggiungo nient’altro se non un invito a leggere questa storia un po’ improvvisata, ma piena di significato ^^ Buona lettura
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Nuovo personaggio, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 4

La sveglia iniziò a suonare, come ogni mattina, alle 7.00 in punto, portando Bulma a dischiudere gli occhi e ad allungare il braccio verso il comodino per disattivarla. Vegeta era solito alzarsi all’alba per cominciare i suoi estenuanti allenamenti ed il fatto che stesse ancora dormendo, era la netta dimostrazione di che orribile notte avesse passato. Poi, però, si soffermò a guardarlo e non riuscì a non rimanerne incantata. Se ne stava prono con le braccia sotto al cuscino ed il viso rivolto verso di lei, con un’espressione così rilassata da far credere che fosse definitivamente guarito. Decise di lasciarlo in pace ed iniziò a prepararsi: doveva andare a quella dannata riunione di lavoro, ma prima avrebbe accompagnato Trunks a scuola perché, anche se suo figlio era un bambino fuori dal comune, che poteva benissimo volare e raggiungere i compagni in un batter d’occhio, Bulma preferiva andare con lui ed evitare questioni inutili con i maestri, che si sarebbero fatti sicuramente delle domande nel vederlo arrivare ogni giorno senza un adulto al suo fianco.
Così, dopo aver fatto colazione e dopo essersi data una sistemata, era salita in macchina insieme a Trunks, lasciando Vegeta da solo a riposare…

Era in ginocchio dinanzi a Freezer, con il sangue che ribolliva nelle vene. Quel mostro non era mai soddisfatto delle missioni svolte dalla sua squadra e continuava a prendersi gioco di lui.
“Inutile scimmione!” quel tono sprezzante e deluso preannunciava solo una cosa: torture. Lo spietato tiranno si era voltato verso il guerriero dalla lunga treccia, che sostava in piedi alla sua destra.
“Zarbon! Quanto ci avreste messo tu e Dodoria ad impossessarvi di quel misero corpo celeste?”
“Credo, mio signore, che tre giorni sarebbero bastati a compiere una missione tanto banale”. Impossibile. Nessuno, eccetto Freezer, poteva farcela in così poco tempo. Nessuno sarebbe riuscito a conquistare quel pianeta, abitato da uomini addestrati al combattimento, in meno di una settimana. Ghignava, il prediletto del mostro. Si credeva superiore al principe della stirpe saiyan. Ma era buono solo a leccare il culo al suo padrone, ad abbassare la testa in segno di sottomissione, ogni volta che la lucertola apriva bocca. Ma lui, l’erede della grande dinastia Vegeta, non era così. Lui non abbassava mai la testa. Lui guardava in faccia il padrone dell’universo nonostante la posizione alla quale era costretto. Perché lui era diverso. E la diversità lo condusse alla rovina.
“Non è possibile!” nell’udire quel tono imperioso, Freezer lo fulminò con i suoi occhi rossi.
“Cosa hai detto?!” la verità. Aveva semplicemente detto la verità. Si era alzato in piedi, avanzando verso Zarbon. Errore.
“Nessuno ne sarebbe capace. Nemmeno tu con il tuo amichetto mostruoso, frocio del cazzo!” sputò quelle parole in faccia al guerriero dalla chioma verde. Madornale errore. Rideva, infatti, Zarbon mentre la coda di Freezer prese a stringere il suo collo, mozzandogli il fiato.
“Come osi alzarti dinanzi a me?!” la morsa si fece ancor più stretta “Come osi contraddire chi ti è superiore?!” lo lanciò contro la parete, che inevitabilmente si distrusse. Riuscì a riemergere dalla polvere a fatica.
“S…superiore?!” non aveva intenzione di demordere, la lingua premeva per diffondere giustizia. Sorrideva nonostante l’atroce dolore provocato dal mostro, che lo fissava come se fosse del tutto impazzito, come se avesse deciso di andare incontro alla morte.
“Come può essere giudicato ‘superiore’ un guerriero che non fa altro che pettinarsi i capelli e farselo mettere al culo?!” gli occhi di Zarbon si ridussero a due fessure; in un secondo fu addosso al saiyan ed iniziò a picchiarlo a sangue. Spietato, senza ritegno. Ma prima che potesse mandarlo all’altro mondo, Lord Freezer intervenne.
“Smettila, Zarbon!” il guerriero si staccò immediatamente dalla sua impudente vittima. Troppo era il terrore che trasmetteva il supremo dominatore. Il principe non sembrava più in grado di muovere un solo muscolo.
“Se lo uccidi, uccido te! Nessuno deve permettersi di agire senza il mio consenso!”  e Vegeta questo lo aveva compreso fin troppo bene. Riverso a terra in una pozza di sangue, non poteva fare altro che sorridere vittorioso. Aveva ragione, Zarbon era solo un leccaculo…


Quella mattina si era alzato verso le 11.00, era incazzato, nervoso come non mai. Non riusciva a credere che sua moglie se ne fosse andata senza avvisarlo e soprattutto non riusciva a credere che il suo corpo avesse ceduto alla malattia, facendolo dormire fino ad un orario a dir poco inaccettabile.
Scendeva le scale di corsa e, ad ogni scalino, imprecava a denti stretti. Il mal di testa sembrava essere migliorato ed aveva intenzione di chiudersi nella Gravity Room e massacrarsi di allenamento. Quel sogno gli aveva ricordato chi era e come si comportava un vero saiyan nei momenti di difficoltà. Ciò che non aveva previsto, però, era la presenza di una suocera un po’ troppo premurosa, che dopo aver saputo dell’influenza del “bel fusto”, non lo avrebbe lasciato in pace neanche per un secondo...

-Vegeta, caro! Dove stai andando così di corsa? Non vuoi fare una bella colazione?- quella donna lo avrebbe mandato al manicomio prima o poi.
-No! Lasciami in pace, donna!- ma quest’ultima gli si era avvinghiata al braccio e non sembrava avesse intenzione di demordere.
-Ma Veggie, dopo la brutta influenza che hai avuto, non dovresti andare ad allenarti! Ho preparato pietanze di tutti i tipi e se non le mangi tu, andranno sprecate!- a quella parola, il saiyan non poté far finta di nulla. In effetti erano più di 24 ore che non metteva qualcosa sotto i denti, aveva una fame terribile e non sopportava che del cibo di alta qualità come quello che sapeva cucinare quell’oca di sua suocera, andasse buttato via solo perché i terrestri non erano in grado di mangiarlo tutto. Diede un’occhiata alla tavola piena di deliziosi dolcetti, uova, bacon, croissant, brioches, frittelle e quant’altro fosse in grado di contornare la “colazione perfetta”. Lo stomaco iniziò automaticamente a brontolare accompagnato dal risolino di Bunny. Riuscì, con un po’ di difficoltà, a liberarsi dalla morsa affettuosa della donna, alla quale avrebbe volentieri fatto saggiare la sua ira saiyan, ma poi chi gli avrebbe preparato quei deliziosi manicaretti? Così si sedette a tavola ed iniziò ad ingurgitare ogni cosa gli capitasse tra le mani, ignorando lo sguardo innamorato della bionda ed i suoi futili discorsi su quanto fosse affascinante. Fino a quando…
-Veggie caro! Sei davvero un bel ragazzo, sai? Sicuramente i tuoi genitori dovevano essere splendidi!- quella frase lo investì in pieno ed il mal di testa iniziò ad aumentare. Non aveva più ripensato a loro, non voleva rivivere i dolorosi ricordi della sua infanzia felice, rovinata dall’arrivo di quella maledettissima navicella sulla quale era stato costretto a salire e sulla quale aveva detto addio alla libertà.
Ricordava il volto di sua madre, era bellissima. Sì, quell’oca petulante aveva ragione, era in assoluto la saiyan più bella di tutto il pianeta, degna consorte del re. E ricordava anche il giorno in cui la vide urlare disperata contro gli uomini di Freezer che la trattenevano impedendole di raggiungere suo figlio, il suo piccolo cucciolo che la stava abbandonando. Ricordò anche il momento esatto in cui la uccisero davanti ai suoi occhi ed il giorno in cui ricevette la notizia della morte del re e dell’esplosione di Vegeta-sei.
-Figliolo, stai bene?- la voce squillante della bionda lo riportò alla realtà. Di risposta, il saiyan si alzò da tavola senza dire una parola e si rinchiuse, come sempre, nella Gravity Room.

Neanche il tempo di iniziare i suoi estenuanti esercizi, che la voce acuta di sua suocera giunse prepotente alle sue sensibili orecchie saiyan, facendolo trasalire.
-Veggie, tesoro! Non vuoi un succo d’arancia?- il principe si voltò verso il monitor, che mostrava la figura di Bunny con in mano un bicchiere colmo di liquido arancione e dovette fare appello a tutto l’autocontrollo di cui disponeva per evitare di far esplodere l’intera struttura.
-NO! E adesso vuoi lasciarmi in pace?!?!- la donna sorrise, trovando estremamente affascinante il tono sgarbato del suo interlocutore. Così spense la comunicazione, assecondando apparentemente la volontà del bel fusto.
Vegeta sospirò profondamente, quella donna lo innervosiva più di sua moglie quando era in“quei giorni”…

Dopo circa mezz’ora qualcuno bussò sulla porta metallica interrompendo nuovamente i suoi allenamenti. Non ci voleva di certo un genio per capire chi avesse deciso di andare all’altro mondo. Così, convinto si trattasse di nuovo dell’oca bionda, preferì ignorarla continuando a sferrare calci e pugni all’aria, nonostante si sentisse particolarmente affaticato. Quel fastidioso ticchettio alla porta, però, non tardò a farsi sentire nuovamente e a mettere a dura prova la sua pazienza. Così disattivò il regolatore di gravità e, in un impeto di rabbia, spalancò la porta metallica, ringhiando ed imprecando ad alta voce.
-Che diavolo vuoi ancora, donna?!?! Non voglio la tua stupida aranciata!!!- ma la persona che si ritrovò davanti non era sua suocera, bensì un uomo biondo, non molto alto, dalla barba incolta e con un espressione di puro terrore dipinta sul volto.
-Ehm… s…salve! Lei è… lei è il signor Briefs?- Vegeta lo scrutò da capo a piedi.
-Se cerchi il vecchio, non so dove sia!- detto questo, si voltò richiudendosi la porta metallica alle spalle. Ma l’uomo insistette, bussando nuovamente e parlandogli dal corridoio.
-No, non sto cercando il dottor Briefs, cercavo il marito della figlia, un certo Megeta, Fegeta..!-.
E nel sentir pronunciare il suo nome in quel modo ridicolo, non poté trattenersi oltre.
In un secondo l’uomo si ritrovò contro il muro, incapace di respirare. L’avambraccio del saiyan premeva con forza sul suo torace impedendogli qualsiasi movimento, impedendogli persino di tremare dalla paura. Gli occhi neri e profondi osservavano quelli verdi e terrorizzati, come se volessero conservare nella mente quell’istante di pura follia omicida. Perché è questo quello che l’uomo lesse in quello sguardo di tenebra, solo morte.
-Ascoltami bene, razza di essere inferiore!- la sua voce si ridusse ad un sibilo inquietante oltre ogni dire e l’uomo non era mai stato così vicino a temere per la propria incolumità.
-Il mio nome è Vegeta, il nome della più grande dinastia dell’universo e nessuno, dico NESSUNO può permettersi di pronunciarlo in altro modo! Quindi, se non vuoi lasciare questo mondo, ti consiglio vivamente di dirmi che cazzo ci fai qui e cosa diavolo vuoi da me!!!- allentò leggermente la presa sull’uomo per permettergli di rispondere.
-I…io sono… sono il dottor Hans e sono qui per aiutarla!-.


  
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